Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Floramoss    05/12/2011    11 recensioni
Questa è un'altra one shot che ritrae un quadretto familiare tra Harry bambino e Severus suo tutore. E' cronologicamente antecedente a Lezioni d'amore e si basa sui medesimi presupposti. Ci avviciniamo a natale: è un momento in cui il senso di famiglia tende a farsi più forte. Come sarà per Harry e Severus alle prese con una convivenza non propriamente prevista?
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il naso del piccolo Harry era completamente schiacciato contro la vetrina

SANTA CLAUS IS COMING TO TOWN

 

 

 

Finché siamo amati dagli altri

oserei dire che siamo indispensabili. (R.L.Stevenson)

 

 

Il naso del piccolo Harry era completamente schiacciato contro la vetrina. Le sue mani coperte da due calde manopole di lana rossa erano appoggiate ai lati della faccia e il suo fiato aveva disegnato un bel cerchio sul cristallo tirato a lucido.

- Harry non appoggiarti a quel modo, non è educato. E rischi di rompere gli occhiali. – la voce cupa del professor Piton raggiunse le orecchie di Harry ma il bambino rimase fermo com’era.

- Severus è quella! E’ proprio quella, guarda anche tu! –

L’uomo si mosse appena, con la mano guantata di nero prese Harry per una spalla e lo scostò leggermente dal suo privilegiato punto di osservazione, facendolo indietreggiare di un passo e avvicinandolo a sé. Guardò all’interno e la vide, in bella mostra, completa di tutti gli accessori, la pista di automibiline radiocomandate più gettonata del momento.

- E’ un gioco babbano Harry. -

- Lo so, ma è bella anzi è strabellissima. –

- Non si dice strabellissima. Mi auguro tu non lo abbia imparato a scuola. –

- Lo dice sempre anche Ron. – e tornò a fissare il suo tesoro. – Pensi che Babbo Natale me la possa portare se sarò bravo? –

Severus grugnì impercettibilmente: avrebbe detto anzitutto ad Arthur di verificare il vocabolario del figlio. Poi pensò a Babbo Natale e alla scelta fatta con Silente di mantenere viva col giovane Potter questa credenza non propriamente magica: da poco più di  un anno Harry viveva con il pozionista, a metà tra il mondo babbano ed Hogwarts e non se l’erano sentita di tagliare definitivamente i suoi legami il  con l’ambiente da cui proveniva e in cui aveva vissuto per i primi cinque anni di vita. Nessuno prima di lui era mai stato accolto ad Hogwarts in così giovane età.

- Scriverai a Babbo Natale come faranno tutti i tuoi compagni e poi vedremo. Ma credo che esistano giochi magici ber più divertenti Harry. -

Harry si voltò verso il suo tutore con un espressione tra il broncio e la supplica: -A me piace quella.–

Ripresero a camminare in silenzio lungo la via cittadina che brulicava di un andirivieni di passanti. Non mancava molto a Natale, i negozi avevano esposto la loro merce insieme agli addobbi, al vischio e alle lampadine intermittenti. La neve era arrivata puntuale, non c’era nemmeno stato bisogno di crearla artificialmente sui vetri con spray o cotone. La gente che incrociavano sembrava non far caso a quella coppia, nonostante il lugubre abbigliamento di Piton. Ma a Londra fortunatamente nessuno, se non qualche turista, sembra badare a questi particolari. Potevano essere facilmente scambiati per un padre dall’aspetto un po’ arcigno insieme al figlio mingherlino, infagottato nella giacca a vento, che gli trotterellava tranquillamente al fianco. Erano diretti a Diagon Alley ma Harry aveva letteralmente trascinato Severus verso il negozio di giocattoli: all’esterno un enorme pupazzo di neve meccanico cantava motivetti natalizi invitando ad entrare. In effetti non era poi così male, ma assolutamente troppo babbano per il professore di pozioni più temuto di Hogwarts. Lui aveva lasciato quel mondo anni prima e non amava tornarvi se non per stretta necessità. Raggiunsero finalmente il quartiere celato dei maghi. Anche lì era tutto pronto per le feste imminenti, ma era tutta un’altra storia: le decorazioni degli abeti erano vive, l’aria sapeva di cose dolci, le vetrine cambiavano in continuazione. Piton tirò un sospiro di sollievo e tenendo Harry per mano si avviò lungo la via principale. Erano lì soprattutto per il solito rifornimento di ingredienti per il laboratorio: alcune erbe e infiorescenze erano fuori stagione e occorreva farle giungere dall’estero o da speciali coltivazioni in serra. Poi c’era da comperare qualche indumento nuovo per il bambino. Non che fosse cresciuto chissà quanto dalla prima volta che Severus se lo trovò di fronte: di certo i parenti non lo avevano allevato in maniera sana ed equilibrata.  Se poi Harry aveva preso da sua madre, come Severus si augurava fortemente, di sicuro non sarebbe mai diventato un gigante. Adesso comunque godeva di buona salute, col beneplacito di Poppy, aveva un colorito roseo e qualche chiletto in più addosso.  E quindi aveva bisogno di rinnovare il guardaroba. Il professor Piton non aveva certamente immaginato, diversi mesi addietro, che un giorno sarebbe entrato in un negozio di abbigliamento per vestire qualcuno che non fosse sé stesso. Voleva mandarci Poppy col bambino, o Minerva. Ma sfortunatamente Harry aveva voluto andarci con lui. Si era legato al professore in maniera seria, troppo, per il mago con l’aria da misantropo che fino ad allora non si era mai preso cura di nessuno così da vicino. Silente, ovvio, se la rideva. E a Severus si elettrizzavano i capelli dal nervoso perché lui non ci trovava nulla di divertente a giocare un ruolo tanto delicato nella vita di quel bambino. Nel negozio se la cavò anche troppo bene per uno alle prime armi. Harry non sembrava amare lo shopping di vestiario: sbuffava e diceva che ogni cosa gli piaceva solo per finire in fretta e tornare all’aperto in cerca di vetrine più interessanti. Madama Malkins vendeva tutta merce di qualità. E fortunatamente, in quei giorni un po’ affollati, aveva una ragazza sveglia e capace di trattare coi bambini che le dava una mano. Severus fu un paio di volte sul punto di rimproverare Harry ma si trattenne: non  in pubblico. Di ritorno a casa però lo avrebbe messo in castigo. – Non se la prenda troppo signore, qui ne vediamo di tutti i colori mi creda. Il suo bambino non è minimamente vivace rispetto a tanti piccoli teppisti che fanno visita al negozio. - La giovane commessa era davvero un’esperta: aveva intuito l’ansia e il malumore di Piton solo guardandolo.

- Non è mio figlio – precisò Severus molto seriamente ma senza essere scortese.

- Oh mi scusi, ma vi somigliate e l’avevo dato per scontato. – sorrise e tornò al bambino che stava litigando con il collo troppo stretto di un maglione.

Somigliare ad Harry? Una zazzera nera e una carnagione chiara non sono certo sufficienti a generare parentele! Come da abitudine tolse mentalmente punti alla ragazza. Contemporaneamente non potè evitare di sentire un piacevole senso di calore e osservò il piccolo: era buffo in certi momenti, ancora impacciato col mondo che lo circondava. Un handicap relazionale da recuperare a un’autostima completamente da costruire. Bel lavoro gli era toccato. Ma a Severus non era la mole di lavoro a preoccupare, tuttaltro. Ciò che temeva maggiormente erano i suoi  sentimenti verso quel bambino. Sapeva già in cuor suo che sì, alla fine  avrebbe comprato quella benedetta pista per automobiline. Poteva anche permettersi di viziarlo una volta l’anno, in fin dei conti si riteneva un tutore intransigente e severo. In realtà Harry lo adorava. Benché Severus si sforzasse di mantenere un certo distacco, benché si limitasse a svolgere, con la sua consueta professionalità,  il solo ruolo di educatore, il bambino non poteva non amarlo. Perché lui gli aveva dato una casa (non di sua spontanea volontà, beninteso), lui gli aveva dato attenzione e considerazione, lui lo aveva fatto finalmente sentire un bambino come gli altri. Poco importava se appariva spesso burbero e se non si prodigava in abbracci e carezze: nella scala dei valori di Harry Severus veniva prima di qualsiasi cosa avesse mai avuto.  Terminati gli acquisti il professore diede indicazioni per la loro consegna direttamente ad Hogwarts, pagò e poi si rituffò col bambino per le strade che profumavano di zenzero e cannella. Presero una bevanda calda, cioccolato per Harry, punch al rum per Severus, poi tornarono ad Hogwarts.

Quella sera Albus Silente si informò sugli esiti dello shopping.

- La parola shopping è gergalmente babbana Albus. -

Il Preside sorrise come era solito fare: perché trovava sempre tutto quanto così allegro? Piton sbuffò e lo guardò torvo.

- Hai ragione Severus, ma è come dire… perfetta per esprimere tutto quello che vuole esprimere.- Ed emise una risatina leggera ma Severus continuava a non  trovarlo divertente. In realtà sospettava che il Preside ridesse un po’ anche di lui, come per dire “te l’avevo detto che il ruolo di tutore alla fine ti sarebbe piaciuto”. Ma a lui non piaceva, assolutamente non piaceva. Maledizione, non era vero che non gli piaceva ma era quasi contronatura per lui dire il contrario.

- Allora quale regalo ha scelto il giovane Potter per Natale Severus? –

- Una pista per automobili radiocomandate. –

- Oh ma è fantastico, un giocattolo davvero azzeccato! –

- E’ un giocattolo babbano. –

- Oh quanta ostilità stasera ragazzo mio. Sei un po’ babbano anche tu, non scordartelo. –

- Proprio per questo mi crea un certo fastidio dovresti saperlo. Quel ramo della mia famiglia non ha certo aiutato la propria causa quando ero bambino. – Sullo scarso senso paterno di Tobias Piton e sulla sua crudeltà verso Eileen Prince il Preside era purtroppo al corrente: Severus era stato adottato da Hogwarts trent’anni addietro e sfortunatamente lì aveva conosciuto anche la perdita di un amore mai superata e la tentazione del potere. Quando ripensava a questo, Albus si inteneriva: a dispetto della scorza ruvida il suo miglior pozionista era un uomo dal grande cuore.

- Il divertimento nei giochi babbani sta proprio nel fatto che non sono magici… e quindi più intriganti no? –

- No, sono più noiosi. Limitati e facilmente soggetti a rottura. –

- Hai in mente qualcosa d’altro allora per il bambino? –

- Veramente non ci ho ancora pensato, ma provvederò. –

- Harry ha compiuto da poco sette anni, non lo possiamo ancora considerare un mago a tutti gli effetti. E poi valuta il fatto, Severus, che vorrà parlarne con i compagni di scuola. Come giustificherebbe un giocattolo magico? –

- Non credo che Ronald Weasley riceva giocattoli babbani. –

- Oh ti sbagli, Arthur Weasley adora le babbanerie…-

- Ovvio… - Severus era disgustato. – Non potrò far leva nemmeno su questo perché, guarda caso, la volta che la vicinanza di un Weasley potrebbe tornarmi utile si rivela invece deleteria. -

- Harry ha già scritto la sua letterina? – Albus continuava ad avere sulla faccia quella stupida espressione allegra.

- La scriveremo dopo insieme. Il bambino è ancora molto incerto con la scrittura, grazie allo stato selvatico in cui l’hanno tenuto i Dursley per quattro anni. – L’espressione allegra di Albus si spense. Bruciava ancora la  scoperta dei maltrattamenti che il piccolo Potter aveva dovuto sopportare.

- Sono certo che col tuo aiuto Severus la lettera sarà perfetta. – E i due si congedarono.

 

Harry era fiero di sé: Severus lo stava aiutando a scrivere la lettera per Babbo Natale e così  l’avrebbe spedita anche lui, come i suoi amici. L’anno precedente non l’aveva fatto, aveva appena iniziato la scuola e si era trasferito da poco ad Hogwarts: il Natale era trascorso un po’ confusamente fra tutti quei cambiamenti.

- Allora, hai deciso cosa chiedere? -

- Beh, sì, la pista. –  Piton borbottò ma senza farsi sentire.

- Sei proprio deciso allora… -

- Ho solo un dubbio … Dobbiamo dire a Babbo Natale che ho cambiato indirizzo. Non vorrei andasse a Privet Drive. – Fece una pausa perplesso. - Anche se lui veramente non sapeva che abitavo là, non è mai venuto. – E guardò Piton con un sorriso.

- Non è mai venuto a portare regali a Privet Drive? – Piton voleva sperare che fosse così, che non fosse stata una voluta esclusione del solo Harry. Fu ovviamente smentito.

- No, lui veniva da Dudley. E gli portava sempre un sacco di cose. Mi dicevano che a me non lasciava nulla perché non ero bravo. Ma secondo me era perché non sapeva che ero lì. Non avevo nemmeno una stanza! - E alzando le spalle come avesse detto una cosa per lui scontata tornò a concentrarsi sul foglio ancora bianco. Non vide lo sguardo di Piton confuso tra l’indignazione e la pena. Come avevano potuto comportarsi così con un bambino tanto piccolo? Anche lui, pur nella sua infelice infanzia, aveva goduto almeno di questi semplici piaceri . Severus osservava con grande attenzione le smofiette di soddisfazione che Harry si lasciava sfuggire: una volta che lettera venne ultimata, la mise in cartella come fosse un tesoro inestimabile e andò a letto perfino prima dell’ora stabilita al dolce pensiero che il mattino dopo l’avrebbe impostata nella cassetta preparata a scuola.

 

La sera della vigilia di Natale, quando ad Hogwarts i pochi abitanti rimasti erano già rinchiusi nei propri alloggi a godersi l’attesa davanti al fuoco scoppiettante del camino, Harry raggiunse il suo tutore. Si era fatto il bagno (e aveva giocato con le bolle di sapone, una delle sue scoperte da quando viveva con il professor Piton), si era lavato i denti, il pigiama era quello pulito. Trovò Severus al suo consueto posto: accomodato nella sua poltrona di velluto verde leggeva, come tutte le sere.

-Sono pronto per andare a letto. –

Il mago sollevò lo sguardo dal libro: - Bene Harry, buonanotte. Dopo passo a spegnere il lume. – Quello era il loro rito serale: Severus non era di molte parole ma prima di ritirarsi dava sempre un’ultima occhiata al bambino. La luce accesa nella cameretta era stata una sua intuizione: per una creatura cresciuta al buio di uno sgabuzzino la luce era rassicurazione e compagnia. Questa volta però Harry non sparì all’istante. Rimase immobile davanti a lui, la testa bassa e gli occhi fissi al pavimento.

-Qualcosa non va Harry?- Nessuna risposta. Piton sbuffò: perché si era ritrovato a fare da balia ad un bambino del genere? Ma si era accorto di provare tenerezza in fondo per quella creatura di cui fino a qualche mese prima non avrebbe mai voluto nemmeno fare la conoscenza.

- Harry ti ho ripetuto mille volte che non devi avere paura di dirmi le cose. Non ti punirò come facevano quei degenerati dei tuoi zii. – Piton sentì una voce piccolina giungere da quel mento nascosto: - E se Babbo Natale non passa? –

Tutto qua? Era questo il problema? Maledizione, Potter lo faceva preoccupare per niente. Da un bambino maltrattato non sai mai cosa aspettarti: credi di fare bene e magari invece hai commesso qualche passo falso. Cercando di rendere la propria voce più pacata possibile Severus disse ad Harry che aveva messo una candela fuori dalla finestra così Babbo Natale non avrebbe fatto fatica a  trovarli. Lo rincuorò anche sul fatto che se anche Harry non fosse stato proprio bravissimo in quell’anno, Babbo Natale sarebbe di sicuro venuto fin lì perché lui conosce bene i bambini  e sa che a quell’età può scappare di essere disobbedienti o di combinare qualche disastro. Così, trascinandosi nel pigiama un po’ grandino, Harry si infilò sotto le coperte e nel giro di qualche minuto prese sonno. Quando Piton passò a spegnere il lume, Harry sembrava il bambino più sereno del mondo.

 

La mattina successiva Severus venne buttato giù dal letto. Harry era entrato nella sua camera ignorando tutto quello che aveva imparato sulle buone maniere.

- E’ passato, è passato! – i suoi gridolini erano incontenibili inni alla gioia. Severus non ebbe nemmeno il tempo di reagire travolto dall’entusiasmo del piccolo.

-Vieni a vedere Severus, vieni… -: gli aveva afferrato una mano pescandola da sotto il piumone e adesso lo tirava  con una forza sorprendente per un bambino che pesava quanto un cesto di mele. Piton finalmente riuscì ad aprire bocca ribellandosi:

- Potter, da quando si irrompe nella mia stanza in questo modo! –Harry interruppe momentaneamente la sua piccola crociata: l’aveva chiamato per cognome, non era un buon segno.  Fissò il professore con gli occhi dispiaciuti. E, senza saperlo, vinse la guerra. Severus non aveva speranza di fronte a quello sguardo.

- E sia… vediamo cosa ha lasciato Babbo Natale.- mise i piedi a terra, raccolse dalla sedia la veste da camera ,  si passò una mano fra i capelli e seguì docilmente il bambino che ancora lo teneva per mano guidandolo nel soggiorno con rinnovato entusiasmo.

Davanti al camino, ai piedi di un albero di Natale che, contro ogni convinzione, il pozionista aveva finito con l’addobbare, un grande pacco regalo: i disegni sulla carta si muovevano e se si ascoltava attentamente era possibile udire un lieve scampanellio. Carta magica, almeno quella… Harry si voltò verso Piton: gli occhi non potevano essere più verdi di così. Improvvisamente sembrò ricordarsi le buone maniere, o forse temeva solo che ciò che stava accadendo non fosse reale. Non aveva mai, in vita sua, ricevuto un regalo il giorno di Natale. Era la gioia della scoperta e la realizzazione che lui, Harry, esisteva. Perché Babbo Natale si era fermato lì per lui.

-Avanti, aprilo, cosa aspetti…non hai più fretta? – Severus lo canzonava un pochino, non voleva che le insicurezze del bambino si trasformassero in compiacimento. L’esitazione di Harry svanì. Piton, in piedi e braccia incrociate sul petto, osservava non senza soddisfazione, il “ranocchietto” inginocchiato davanti al regalo; lo scartò quasi con adorazione, senza dire una parola. Quando ebbe fra le mani la scatola che conteneva la pista per automobiline ebbe un piccolo sussulto:

- E’.. è davvero per me? -

- Di sicuro non è per me. –

- E’ proprio lei… quella della vetrina… ma dobbiamo costruirla però! – e si mise ad armeggiare per aprire la scatola. Severus trovava tutta quella spontaneità sincera commovente. Ma non lo avrebbe ammesso mai.

- Harry prima facciamo colazione e ci vestiamo poi costruiremo la pista. –

- Costruiamola ora… per favore…. –

- Avrai tutto il tempo per giocarci. –

-Per favore…. – Maledizione, come si faceva a dirgli di no quando implorava così?

Un tocco alla porta mise fine alla disputa. Albus Silente si introdusse nel soggiorno deliziandosi del profumo di pino e di ceppo crepitante. Le stanze di Severus adesso erano decisamente più accoglienti.

- Buongiorno miei cari, e buon Natale! – Harry lo fissava a bocca aperta. Albus portava un abito rosso scuro stampato a rameggi dorati. Ai piedi un paio di pantofole di velluto color carminio con un grosso pon pon in punta. Gli mancavano solo il berretto e il classico “oh oh oh”.

- Harry quello è il Preside.- Severus pose fine al dubbio che sicuramente frullava nella testa al giovane Potter. Harry sembrò per un attimo deluso, ma si riprese immediatamente.

- Signor Silente guardi…! –

- Oh per tutti gli avvincini… una pista di automobiline radiocomandate…. Babbo Natale ha esaurito il tuo desiderio Harry? – e lanciò al suo insegnante di pozioni uno sguardo complice e giocoso che venne invece ricambiato con un’occhiataccia. Si chinò accanto ad Harry per guardare da vicino ciò che rappresentava una vittoria delle sue previsioni: Piton si stava rivelando esattamente il tipo di persona che Albus sapeva che fosse e, in questo caso particolare, il tutore più adatto che Potter potesse trovare.

-Adesso dovrete costruirla insieme, se no che gusto c’è, vero Harry? –

- Dopo colazione. – fu il commento secco di Severus.

- Va bene, sei tu che decidi adesso per Harry… - e si rimise in piedi.  – Caro Severus, vi aspetto da me per il pranzo. E visto che è una splendida giornata di sole, mi offro volontario per fare un giretto col bambino nel parco verso le 11. –

- Ovvio che non posso dire di no… - rispose Piton, piegando l’angolo della bocca in una smorfia di scherno.

- Ho sempre saputo di poter contare su di te… e a proposito, ti do un consiglio…. Costruiscila senza l’ausilio della bacchetta.. sarà più coinvolgente vedrai… - e fatta una carezza sulla testa ad Harry guadagnò il corridoio dei sotterranei canticchiando Jingle Bells.

- E’ davvero un omino buffo il Preside vero Severus? –

- Sei troppo gentile Harry. – fu la risposta di Piton mentre si dirigeva nella stanza da letto. – Vado a cambiarmi, poi tocca a te. – e sparì dietro alla porta di frassino.

Terminate le sacrosante cerimonie del mattino, mentre Harry fremeva per mettere le mani sul suo giocattolo, Severus cercava di mantenere la calma. L’ansia del bambino lo innervosiva da morire: possibile che non sapesse aspettare qualche minuto? L’aveva già rimproverato tre volte e non erano ancora le nove del mattino. Era così che accadeva in tutte le famiglie? E quando realizzò tale pensiero sentì qualcosa premergli sullo stomaco. I ricordi dei suoi Natali in famiglia erano lontani e sbiaditi. Benché Harry non fosse suo figlio (Merlino non lo volesse!) lui non avrebbe mai agito come Tobias. Raggiunse Harry che aveva già sparpagliato sul tappeto i pezzi della pista.

- Dovrò scrivere un’altra lettera a Babbo Natale sai Severus? –

- E perché mai? –

- Per ringraziarlo! –

L’ innocenza e la bontà d’animo di Harry lo stordivano. Andò a prendere la bacchetta. Quando fu sul punto di lanciare l’incantesimo esitò. Posò la bacchetta e si inginocchiò a terra. Harry lo guardava interrogativo. Poi capì: Severus era davvero un grande tutore!

Costruirono insieme la pista, alla maniera babbana, leggendo le istruzioni e andando un po’ a naso. Severus chiedeva i pezzi ad Harry che glieli passava orgoglioso del suo contributo. Alla fine, dopo qualche sbuffo e un paio di imprecazioni dette sottovoce, la pista fu pronta. Ma ormai erano le 11 e l’ora della passeggiata con Albus. Imbacuccò bene Harry (c’era il sole ma aveva nevicato), dicendo a sé stesso che quella non era premura ma solo previdenza. Albus arrivò puntuale, senza babbucce con pompon stavolta, e i due uscirono all’aria aperta. Poi venne l’ora del pranzo che si svolse in un clima festoso in un non meno festoso appartamento del Preside. Erano presenti anche Minerva, Poppy, la professoressa Sprite, Hagrid e il professor Vitious, gli unici che sapessero del piccolo inquilino ospitato nei sotterranei. E per Harry fu davvero un pranzo di delizie, non soltanto culinarie: coccolato da tutti (tranne da Severus ovviamente, che non trovava affatto salutare per il carattere del bambino tutta quell’attenzione in una volta sola) Harry visse così il suo primo vero Natale.

 

- Sei arrabbiato Severus? – Harry guardava dal basso in alto il suo tutore mentre scendevano le scale del sotterraneo. –

- No. – Ma era una risposta che ad Harry non bastava. Non voleva che Severus fosse arrabbiato o triste, invece l’aveva visto triste tante da volte da quando vivevano insieme e temeva sempre di esserne la causa.

- Perché non hai voluto giocare alla tombola salterina? –

- Non mi piace giocare. –

- Ma tu giocavi quando eri piccolo come me? –

Severus si chiese se fosse stato poco educativo mettergli un cerotto magico sulla bocca. Potter aveva la capacità di scovare proprio i punti più dolenti dei suoi ricordi.

- Giocavo pochissimo. Non avevo amici, tranne una bambina. –

- E dov’è adesso la tua amica? – Meno male che erano arrivati. Piton aveva la mano stretta stretta attorno alla bacchetta. Non rispose. Era tutto, troppo, paradossalmente doloroso.

Per fortuna che una volta entrati nel salotto Harry lasciò cadere il discorso, catturato nuovamente dalla pista che giaceva immobile sul tappeto di fronte al camino.

- Giochi? –

- Credevo di essere stato chiaro. –

Ad Harry dispiacque, ma era abituato al tono burbero e alla severità dell’uomo: non era come da zio Vernon, Severus, lui ne era certo, gli voleva bene. Si sedette a terra e iniziò a far correre le automobili sul circuito. Piton si sistemò sulla poltrona, un bicchiere di whisky incendiario sul tavolino e un libro sulla magia spontanea fra le mani. Lo attendeva finalmente un pomeriggio rilassante. Ma come poteva pensare di rilassarsi con un bambino di sette anni sdraiato sul pavimento che faceva gareggiare rumorosamente due bolidi accompagnandoli con incitazioni, versi, borbottii e discorsetti fatti a sé stesso, come se si rivolgesse ad un compagno di giochi immaginario accanto a lui? Dopo soli venti minuti la pazienza iniziò a sfuggirgli di mano. Ma la sua reazione non fu esattamente quella immaginata, come le relative conseguenze. Tra tutti gli incantesimi che avrebbe potuto utilizzare  solo uno gli venne spontaneo: con la bacchetta fece cambiare improvvisamente percorso ad una delle due auto da corsa deviandola dalla sua sede. Harry si fermò per qualche attimo sorpreso del fuoripista, poi gattonò fino all’automobile per rimetterla al suo posto. Ma Severus non seppe resistere alla tentazione: appena Harry si avvicinò, fece ripartire il modellino. Lo rifece altre due volte: Harry non faceva in tempo a toccare l’auto da corsa che questa sfrecciava in una nuova direzione, con testacoda e inversioni di marcia imprevedibili. Dopo un primo momento di stizza Harry ci prese gusto, proprio come ci stava prendendo gusto Severus. Il bambino aveva capito quello che stava accadendo e iniziò a ridere: quelle stanze non avevano mai risuonato di gioia come in quel momento. Sorrise anche il mago.

- Non vale, tu stai usando la magia! –

- Io sono grande e posso farlo. –

- Sei un imbroglione! – e gli si gettò in grembo, spiaccicando il muso contro il suo stomaco. Severus attutì il colpo con una smorfia di dolore, ma non allontanò Harry: lo sentì mugugnare “scusa non volevo dirlo” e allora se lo prese in braccio. Non l’aveva mai fatto da quando il moccioso era arrivato. Pensava che non sarebbe mai potuto accadere, non erano gesti che gli appartenevano. Possibile che stesse davvero entrando tanto bene nella parte? Harry dal canto suo non se lo aspettava: si era ritrovato improvvisamente sollevato e poi seduto cavalcioni sulle gambe di Severus. Ancora sorpreso il piccolo guardò per un attimo l’uomo in nero quasi a voler chiedergli il permesso, poi gli si accoccolò contro il petto circondandolo come poteva con le braccia. Severus chiuse le sue attorno al bambino: gli parve che il suo sangue iniziasse di nuovo a circolare dopo lunghi anni. Come quando Lily era accanto a lui. La lieve pressione che sentiva su di sé, il profumo di bambino che in quel momento respirava, la sensazione di essere importante per qualcuno indipendentemente da chi era o da chi era stato gli diede un gran senso di pace. Harry, inconsapevole delle onde che aveva provocato su un mare da troppo tempo senza vento, si sentiva felice. Non credeva che si potesse essere più felici di così: non era stato respinto, era stato accolto. Il suo piccolo mondo girava tutto intorno a quell’uomo per tanti aspetti oscuro. Senza staccare la guancia dalla veste del suo tutore, con un soffio disse: - Severus, facciamo finta che sia Natale anche domani? – Come se anche il cielo avesse udito la richiesta, fuori ricominciò a nevicare.

 

  
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Floramoss