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Autore: Alice Moonriver    05/12/2011    0 recensioni
Tre anime incatenate in un corpo solo. Sophia.
Tre regni in ogni mondo: regno terrestre, regno dei cieli, regno degli inferi. Tre regni, moltiplicati per una infinità di mondi. A capo di tutti i mondi e di tutte le dimensioni vi è un’unica divinità, la divinità creatrice di tutto.
Gli specchi sono le porte tra i diversi mondi.
Non è possibile viaggiare a piacimento verso un mondo diverso dal proprio, ma è sempre possibile tornare al mondo di origine purché si abbia con sé qualcosa che appartiene a quella dimensione. Gli unici in grado di spostarsi a proprio piacimento sono i morti di ogni dimensione e regno ed i Sacerdoti della Creazione, servitori della Dea della Creazione.
Scoprire tutte queste cose, per una cantante da piano bar, può essere troppo.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino dopo Sophia dormì a lungo, avvolta dal tepore del letto caldo.
La domenica era l’unico giorno che poteva dedicare a sé stessa: durante la settimana lavorava come cassiera nel supermercato poco lontano dal suo appartamento, il sabato si esibiva al locale e ogni sera c’era sempre una scusa diversa delle sue amiche per portarla da qualche parte.
Si erano fissate che volevano trovarle un fidanzato a tutti i costi.

<< Sophia, sei così carina e ancora non ti decidi a trovarti un ragazzo come si deve! >> le dicevano sempre.
<< Se tu trovassi qualcuno con cui stare, potremmo fare delle belle uscite di sole coppie >>
Sua madre rincarava spesso la dose << Hai quasi 25 anni, dovresti smetterla di pensarla come una diciottenne che vuole godersi la vita. >> come se fosse tutte le notti a vivere la movida della città…

Ma Sophia all’amore non ci pensava neanche lontanamente. Aveva lottato tanto per guadagnarsi la sua indipendenza, perché barattarla proprio adesso? Dopo il diploma l’unico lavoro che era riuscita a trovare era lo stesso che portava avanti tutt’oggi. Per carità, era un lavoro tranquillo … ma non uno che ti permette di comprarti il guardaroba dei tuoi sogni, per esempio.
A fatica era riuscita, nel giro di qualche anno, a prendere in affitto il piccolo appartamentino dove viveva, tre stanzette appena.  Ikea l’aveva salvata da debiti altissimi per la mobilia si, ma doveva pur vivere … e la cara vecchia Firenze per quanto meravigliosa non era una delle città più economiche dove abitare.
Poi lei gli uomini non li capiva proprio.
Aveva dormito male quella notte, l’agitazione per l’aggressione che aveva subìto non era ancora passata del tutto. Master invece dormiva beatamente ai piedi del suo letto, acciambellato al calduccio, le zampette perse nel lungo pelo da Siberiano. Sentendo lo spostamento dei piedi di Sophia sotto le coperte si voltò seccato, emettendo un timido “meow”. Master era il suo migliore amico, l’unico che l’ascoltava sempre senza sommergerla di sentenze o, peggio ancora, delle sue chiacchiere vuote e inutili come faceva la maggior parte delle persone. Dopo averti sentito parlare per più di due minuti si sentivano in diritto di poterti rovesciare addosso tutte le loro lamentele e frustrazioni, sicuri del fatto che gli fosse più che dovuto.
Sophia uscì lentamente dalle coperte e si diresse immediatamente alla finestra, poi di nuovo allo spioncino della porta. Non c’era nessuno, per fortuna. << Adesso basta, non è successo niente di che, piantala >> pensò.

Si diresse più sollevata verso il bagno, tirandosi a malapena dietro le gambe. Allo specchio ogni domenica mattina era sempre la stessa storia: i capelli neri diventavano una massa arruffata che cadeva goffamente sulle spalle, gli occhi grigi si gonfiavano e il viso era ancora leggermente pasticciato dei residui di make-up della sera prima.
<< Santo cielo, perché non sono carina come quelle ragazze dei film che si svegliano perfette al mattino con tanto di eyeliner e fondotinta? >>
Cominciò pigramente a lavarsi i denti, poi il viso. Allungò una mano per aprire l’anta dell’armadietto del bagno che fungeva anche da specchio, vide qualcosa muoversi. Fece un passo indietro, incredula, poi ritentò. Lentamente tese la mano verso lo specchio, poggiò un dito sulla superficie macchiata di dentifricio e … << Ma che cavolo … succede … >>

Sul vetro apparvero tante piccole increspature concentriche, come se Sophia con il dito avesse toccato la superficie dell’acqua. Arretrò di nuovo, questa volta più allarmata. Non poteva credere ai suoi occhi.
Immediatamente dopo sentì un gran fracasso venire dalla cucina, seguito da un lamentoso miagolìo di Master. Corse allarmata in cucina, e se fosse stato un ladro? Dopo ieri sera non lo avrebbe certo escluso!
In realtà il micione aveva solo rovesciato le stoviglie che erano vicino all’acquaio, quasi sicuramente per bere dal rubinetto che perdeva.
Sophia sgridò sonoramente il povero gatto  << Accidenti a te Master, ma ti sembra il caso di fare una cosa simile? Vuoi far morire d’infarto la tua padrona? !>>  e ancora accaldata gettò il pigiama sul letto sfatto per cambiarsi. Non restare in pigiama l’aiutava ad attivare il cervello al mattino.
Tornò quindi in bagno, aveva già dimenticato del bizzarro movimento dello specchio. Dopotutto si era appena svegliata, sicuramente l’immaginazione le aveva giocato un brutto scherzo.
Prese la spazzola e cercò di domare la sua chioma, poi le cadde lo sguardo sui cosmetici ancora sparsi dalla sera precedente.
<< Ma si , un po’ di mascara ci sta sempre bene>>.
Svitò l’applicatore e cominciò a truccarsi con un’espressione non troppo intelligente sul volto.

Nel bagno echeggiò una risata cristallina.
Il mascara scivolò lentamente dalle mani di Sophia, rotolando per terra.
<< No non è possibile, io sto impazzendo>> si guardò intorno.
<< Andiamo che scherzo è questo, basta! Anna ci sei forse tu di mezzo? Hai nascosto qualche microfono, cimice o cazzate del genere? Potrei veramente incazzarmi!  >>
Silenzio. Da buona fifona aveva già un nodo alla gola, le veniva da piangere di nuovo.
Ancora niente, silenzio totale … che fosse ancora la sua immaginazione? Magari si era spaventata così tanto la notte scorsa da confondere i rumori.
Si chinò a raccogliere il piccolo contenitore del mascara e una lacrima, nonostante tutto, le scivolò su una guancia. Rimise al suo posto l’oggettino, sentendosi veramente sciocca e si asciugò la lacrima con il dorso della mano.
<< Mi dispiace molto. Non era mia intenzione farti piangere>>

Sophia alzò lo sguardo e vide nello specchio il volto di un giovane, incredula. Lo fissava a bocca aperta.

<< Ti chiedo ancora perdono, ma non ho saputo trattenermi. Puoi scusarmi?>> e dicendo questo allungò una mano fuori dallo specchio, increspandone la superficie proprio come era accaduto a Sophia poco prima.
<< Ma … ma … >> le tremavano le gambe << Com’è … possibile che… >>
<< Non avere paura, non voglio farti del male. Questa notte il mio compagno non è stato molto eloquente, so che ti ha spaventata e me ne scuso. Sai, non è abituato a … Oh!!! >>

La ragazza non aveva retto ed era caduta a terra rovinosamente, svenuta.

<< Oh accidenti Darda, per quale motivo dobbiamo occuparcene proprio noi? Questa ragazza non fa che urlare, piangere e sentirsi male. Sarà come buttarsi in mare con un macigno al collo. >>
<< E’ una fanciulla di un altro mondo e regno mio buon Raven, abbi pazienza con lei. Credo che dovrà svenire ancora molte volte, e piangere forse di più >>.
   
 
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