Capitolo 2 –
“Matrimonio alla Tana”
Quando la morsa all’ombelico – ormai solo un fastidioso
solletico – cessò, Harry seppe di essere arrivato a destinazione, la Tana.
Anche se i suoi pensieri erano rivolti alla signora Figg, il ragazzo si
rallegrò alla vista dei lunghi campi arati della campagna inglese che
precedevano la Tana e istintivamente prese un bel respiro, godendosi
quell’odore di terra tipico degli ambienti agresti.
Poco dopo Harry si voltò verso il suo ex professore di
Difesa contro le Arti Oscure fissandolo con due occhi smeraldo angosciati.
“Remus…” iniziò, ma la sua voce fu subito surclassata da quella decisa e seria
di Lupin che gli disse: “Vado a cercare aiuto. Tu vai alla Tana, senza indugi.
Lì sarai al sicuro.”
Harry annuì: “Va bene. Ma fai…”
Il licantropo gli sorrise brevemente e in un attimo si
smaterializzò davanti ai suoi occhi. Harry rimase fermo per un momento,
guardando il vuoto. “…in fretta” completò la frase. Remus era uno dei membri
più in gamba dell’Ordine e svolgeva con minuzia ogni incarico a lui affidato e
s’impegnava sempre con costanza quando si trattava di aiutare il prossimo: la
sig. Figg era in buone mani.
Grazie a questo pensiero rassicurante, l’apprensione di
Harry per la Magonò si affievolì e i muscoli del collo si distesero. Harry si
incamminò a lunghe falcate verso la casa dei Weasley, la numerosissima famiglia
di pel di carota, che in pratica lo aveva adottato.
La Tana, così era chiamata la piccola costruzione in legno
dove viveva la famiglia, era per Harry l’unica casa dopo Hogwarts, la scuola di
Magia e Stregoneria che quell’anno non avrebbe più frequentato.
Scuotendo lievemente la testa, contrariato dalla piega che
avevano preso i suoi pensieri, affrettò ancor di più il passo, impaziente di
potersi rilassare coi suoi amici, Hermione e Ron, e finalmente di poter
assaporare i dolci appena sfornati della signora Weasley.
Harry arrivò ben presto alla porta amichevole della Tana.
Bussò e attese.
“Chi va là?” chiese una nervosa voce femminile da dentro
casa, voce che Harry identificò come quella di Molly Weasley.
“Sono io signora Weasley” rispose Harry, acquattandosi un
poco in modo che la madre di Ron lo potesse vedere dal basso spioncino.
“Oh, Harry
caro…”
Il giovane mago udì il rumore del chiavistello, ma la porta
non si aprì, anzi, la voce possente d’un uomo – Arthur Weasley – fermò la
moglie, rimproverandola. “Molly… la parola d’ordine!”
“Ma Arthur, è solo Harry, e mi sembra una buffonata così…”
la voce si alzò di un decibel, e il tono con cui Molly Weasley si rivolse al
marito divenne più tagliente “E va bene, Arthur, se proprio insisti, lo farò.”
La voce mutò ancora, diventando quasi di zucchero filato. “Scusa, Harry caro,
ma mi sapresti dire il nome del primo animaletto domestico di Hagrid?”
Harry sorrise tra sè ripensando a come Molly detestasse
tutti quei cerimoniosi sistemi di protezione. “Aragog.” Rispose e finalmente
l’uscio si aprì.
Neanche passato un millisecondo Harry fu abbracciato di
slancio dalla tarchiata mamma di Ron, che quasi pianse dalla contentezza nel
vederlo lì, al sicuro. Ormai anche per i signori Weasley Harry era come un
figlio adottivo; e per quanto Harry adorasse tutti e fosse felice di questo, le
dimostrazioni della signora Weasley erano sempre... imbarazzanti. Ma piacevoli,
a modo loro. L’affetto era ciò che gli era mancato nella sua infanzia.
“Oh, caro, eravamo così… preoccupati…” singultò, mentre
Harry, imbarazzatissimo, tentava di calmarla con piccole pacche affettuose
sulla schiena, balbettando: “Sto bene, signora Weasley…”
A salvarlo venne prontamente il signor Weasley. “Fai
entrare il povero Harry, Molly, sarà stanco per il viaggio.”
“Oh, certo, certo…” La signora Weasley si spostò di lato,
lasciandolo libero di respirare, e Harry entrò finalmente in casa. “Accomodati
pure, Harry caro. Tra dieci minuti sarà pronto…”
“Ottimo. Salve signor Weasley, Charlie…” salutò Harry
togliendosi il mantello e appoggiandolo su un appendiabiti che il giovane mago
non aveva mai visto. Guardandosi bene intorno notò che tutta la casa era stata
rassettata di recente, anche se l’arredamento non era cambiato. Eppure a Harry
pareva meno polverosa e più ordinata di quanto fosse stata in quei sei anni.
Charlie, il maggiore dei sette fratelli Weasley, sorrise
divertito osservando lo stupore di Harry, che continuava a girare su sè stesso
come una trottola, sorpreso.
“È inutile che tenti di scavare un buco nel pavimento per
rovinare il lavoro di mamma, Harry. Ha messo un incantesimo contro sporcizia e
disastri domestici generali…” lo avvertì, ridacchiando leggermente.
Harry aprì al bocca, ma da questa non uscì alcun suono.
“Ah, se cerchi Hermione e Ron sono nel retro…”
“Grazie Charlie…” riuscì finalmente a dire Harry,
precipitandosi, non poco incuriosito da quel strano fattore, verso il retro
della casa, dove sperava di trovare i suoi migliori amici, nonché compagni di
mille avventure: Ronald Weasley e Hermione Granger. La gioia di poterli
riabbracciare gli fece dimenticare sia l’apprensione per la signora Figg che la
curiosità di sapere cosa era mai avvenuto in quella che era sempre stata la
disordinatissima Tana.
Harry si mise quasi a correre quando sentì due voci molto
famigliari borbottare tra loro, stuzzicandosi come al solito. Il ragazzo scosse
la testa, tra il divertito e l’esasperato, mentre si fermava dietro ad un
cespuglio per sbirciare i suoi amici, trattenendo una risata nel vedere in
quale stranissima situazione si erano andati a cacciare: evidentemente Ron era
riuscito a convincere Hermione, in qualche assurda maniera, a salire su una
scopa magica.
Ad Hermione volare non era mai piaciuto perché,
probabilmente, non eccelleva al massimo nelle lezioni di Volo, che, a dirla
tutta, rappresentava per lei la “materia incubo”. Intelligente, sensibile,
coraggiosa, come ogni degno Grifondoro, ligia allo studio e pignola era quasi
l’esatto contrario di Ron, che invece era pigro, spontaneo, coraggioso, ma
l’amico più leale del mondo. E appunto, mentre assisteva di nascosto alle
lezioni private che Ron stava impartendo ad Hermione, Harry si rese
piacevolmente conto di come due opposti si attraggono.
Tuttavia, il ragazzo rimaneva all’oscuro del motivo, se per
orgoglio, timidezza, gelosia o che cos’altro, per cui non si fossero ancora
dichiarati, nonostante l’ovvietà dei sentimenti, ovvietà forse solo per occhi
esterni. Ma anche Harry Potter, che non era particolarmente sensibile alle
faccende romantiche, aveva identificato la loro dannata e ossessiva gelosia
come “cotta” o addirittura “innamoramento”. Ma il ragazzo si ritrovava
puntualmente in mezzo a questi due esseri innamorati persi e inconsapevoli.
Questa situazione gli aveva quasi fatto guadagnare
un’emicrania perenne e Harry, rinunciato di rendere partecipi i due dell’ovvio
affetto che provavano per l’altro, aveva preferito cedere questo arduo compito
al corso naturale delle cose. E qui si presentava una buona occasione…
“No, Hermione, devi essere più decisa nel chiamare a te la
scopa.”
“Io sono decisa, Ron!” Hermione, una scopa appoggiata a
terra al suo fianco, incrociò le braccia sul petto, sdegnata.
Ron si grattò il mento, pensieroso, non notando – o
fingendo di non notare – l’atteggiamento scontroso della ragazza. “È sbagliato come lo fai tu, Herm, devi essere
più… non deve essere un obbligo… la scopa non è qualcosa senz’anima” Hermione
inarcò un sopracciglio e le orecchie di Ron assunsero una colorazione purpurea
“volevo dire che ha una sua… come dire… sensibilità. È magica, Hermione, non
dimenticarlo. Devi voler davvero imparare a volare.”
Harry era indeciso su cosa fosse più divertente: Hermione
che tentava di volare o Ron che le faceva da maestro.
“E se io non volessi?!”
Ron alzò le spalle. “Andiamo Herm! Tu devi aver desiderato
almeno una maledettissima volta di saper volare!”
Ecco che cominciano ad innervosirsi…pensò amaramente
Harry.
“E se il pensiero di volare non mi avesse neppure sfiorata?
Non tutti vivono per essere il Re del Quiddicth, Ron.” Ribatté Hermione con
quel suo tono di sussiego che Ron odiava.
Ron esplose, le si avvicinò allungando le gambe lunghe e la
scosse leggermente: “Diamine, Herm, vuoi dire che non hai mai invidiato me ed
Harry, o Ginny mentre volavamo in alto? Non hai mai voluto provare le brezza di
non stare coi piedi per terra, di sentire il vento schiaffeggiarti la faccia?!
Mai, mai, mai?!!”
Hermione non rispose.
Harry dal suo nascondiglio emise un piccolo fischio
d’approvazione. La perla di saggezza di Ronald Weasley. Una perla preziosa, una
su dieci contro le nove su dieci di Hermione Granger. Eh bravo il nostro Re…
Ron rimase un attimo in piedi vicino all’amica. “Oh, va al
diavolo!” Ron si voltò e fece per andar via, quando successe una cosa che Harry
non si sarebbe mai aspettato: la mano di Hermione lo trattenne per il polso.
Ron si voltò, il volto in fiamme, guardando con gli occhi azzurri sbarrati la
sua migliore amica mordersi un labbro nervosamente.
“…io… l’ho desiderato più di una volta Ron.” Hermione
confessò questo con estrema lentezza, come se ogni parola le costasse uno
sforzo immane. “Ma non ce la faccio, ci ho provato al primo anno, e anche due
estati fa, con Victor… non ce la faccio, Ron, non ne sono capace…” la tristezza
con cui disse questo toccò Harry quasi quanto toccò il suo migliore amico.
Hermione abbassò lo sguardo, dispiaciuta e amareggiata,
tormentandosi ripetutamente il labbro. Ron le posò l’indice della mano destra
sotto il mento, alzandolo in modo che i loro sguardi si incrociassero. “E se
provassimo insieme…?” le suggerì dolcemente.
Hermione tirò su col naso e annuì, un grosso sorriso
stampato in faccia. “Va bene…”
Sotto gli occhi increduli di Harry, il suo migliore amico
le strinse forte la mano, mentre Hermione ordinava con tranquillità alla scopa:
“Su”
La vecchia Stellafreccia di Ron si alzò in volo, a circa un
metro d’altezza, per consentire al passeggero di salirvi. Hermione si voltò
un’ultima volta verso Ron, che sorrise e le strinse convulsamente la mano,
dicendole un muto “Io credo in te.”
Hermione assunse un cipiglio deciso e montò sulla scopa,
muovendosi per un attimo incerta e incredula sul veicolo magico.
“Ricorda di non frenare bruscamente e di andare piano per
la prima volta, potresti cadere…” le diede un ultimo avvertimento Ron.
Hermione annuì nuovamente, afferrando saldamente con una
mano il manico di scopa, esitando prima di lasciare la mano di Ron, che solo in
quel momento parve accorgersi dell’atmosfera che si era venuta a creare. L’aria
ristagnava dell’elettricità che era scaturita dai due.
Le lasciò libera la mano, che andò a stringersi sul manico
di scopa. Hermione respirò profondamente. “Ok, ce la posso fare.” Si disse,
cercando lo sguardo di Ron. La ragazza sorrise e si diede una piccola spinta
verso l’alto, strizzando gli occhi per una manciata di secondi; li riaprì,
stupita e soddisfatta: non era caduta e
stava… volando!!
Ad Harry per poco cadde la mascella nel vederla librarsi in
aria, prima con qualche incertezza di troppo, poi man mano sempre più rilassata
e a suo agio, ridendo per la facilità dell’impresa che fino a pochi minuti
prima aveva reputato impossibile.
Ron se ne stava a terra, la mano sulla sua Tornado, pronto
a scattare in caso di minimo pericolo per Hermione; un sorriso allegro e
appagato gli illuminava gli occhi.
Questo, per Harry, era il massimo esempio di come i suoi
due amici fossero irrimediabilmente legati l’uno all’altra. E di questo non
poteva che rallegrarsene, la felicità di Ron e Hermione era la sua felicità…
Hermione e Ron erano la sua famiglia, ancor prima di tutta la famiglia Weasley,
perché erano stati i primi veri amici di Harry, non lo giudicavano perché era
il Bambino Sopravvissuto, ma lo apprezzavano perchè era Harry, semplicemente
Harry.
Che famiglia strana, pensò. Si chiese com’era una famiglia
normale, padre-madre-figli. In quel momento, il suo desiderio più nascosto,
quello più celato dal suo cuore, gli pizzicò la mente. Una famiglia. Lui voleva
avere una famiglia tutta per sè. E il pensiero della persona con cui
avrebbe voluto formarla lo riportò alla realtà, facendogli gemere il cuore.
“AAAAAH!!!”
La sua attenzione fu nuovamente catturata da un movimento
brusco di Hermione, che si sbilanciò in avanti; la ragazza aveva perso il
controllo sul mezzo e stringeva convulsamente il manico della scopa e gridava,
chiedendo aiuto. Harry tirò fuori dalla tasca dei jeans la bacchetta, pronto a
intervenire, ma si bloccò vedendo Ron raggiungerla velocemente sulla sua
Tornado. Ron si allungò verso Hermione, aprendo le braccia e portandola sul suo
manico di scopa; mentre scendevano a terra, la Stellafreccia – che
evidentemente per la sua età aveva perso molta stabilità ed era stata, forse,
la causa di quell’incidente – si schiantò a terra e si frantumò in minuscoli
pezzetti di legno. Hermione, i piedi a terra, osservava inorridita il punto
dove la scopa era caduta, spaventata, e si accoccolò tra le braccia di Ron,
piangendo. Inizialmente, Ron era impacciato e imbarazzato, indeciso; poi si
lasciò andare, abbracciò forte Hermione, accarezzandogli i capelli riccioluti,
sussurrando frasi che Harry non comprese, ma che immaginava dolci e
confortanti, poiché ebbero l’effetto di placare i singulti di Hermione.
Harry non poté trattenere un moto d’invidia verso i suoi
amici, pentendosi subito dopo di questo, e sentendosi un vero verme: invidioso
dei suoi migliori amici… in fondo, aveva voluto lui che la sua storia con Ginny
finisse no?! È meglio così, si ripeté inflessibile, meglio così…
“Harry, che ci fai lì accovacciato?”
Harry Potter si girò arrossendo lievemente e incrociò lo
sguardo interrogativo dei due gemelli di casa Weasley, Fred e George, che erano
già saltati al suo fianco, guardandosi intorno, curiosi di scoprire cosa stesse
osservando così segretamente Harry. Hermione e Ron, nel frattempo, si erano
staccati: Ron aveva il viso rivolto a terra, le orecchie uguali ai suoi capelli
rossi, mentre Hermione si asciugava velocemente gli occhi con la manica della
felpa grigia.
I gemelli sorrisero nella stessa maniera, con la stessa
angolazione della bocca, assomigliando vagamente a due statue identiche. “Ehi,
fratellino, non pensavo ti piacesse così tanto provarci in giardino con un
pubblico così nutrito!” esclamò Fred.
Ron ribatté velocemente. “Non è come sembra…”
George lo fermò: “Infatti è più di quel che sembra, vero
Fred?”
“Mooolto di più! È pronta la cena…” e sghignazzando i due
gemelli rientrarono in casa.
Harry si aggiustò sul naso gli occhiali, impacciato. “Ehm…
ciao, sono arrivato da poco…” esordì per rompere il ghiaccio, odiando il
silenzio imbarazzante che era calato tra il trio.
La prima a riprendersi fu Hermione, che lo raggiunse,
baciandogli la guancia. “Oh,
ciao Harry come stai?”
“Bene. E tu, Mione?”
“Molto bene, grazie… scusa se scappo, ma devo andare a… ad
aiutare la signora Weasley a servire! Ci vediamo dopo!” si congedò velocemente,
le guance che le andavano a fuoco a causa dello sguardo che aveva scambiato con
Ron mentre pronunciava “Molto bene”.
Quando fu sparita, Harry si rivolse al suo migliore amico
con un ghigno trionfale e insieme malizioso sulle labbra. Ron disse
frettolosamente: “Non fare commenti, Harry!” e si lanciò verso la porta per entrare
in casa. Harry lo seguì, seppur faticando a tenergli testa; quando lo raggiunse
inclinò il viso di lato e domandò in tono casuale: “Allora… che stavate facendo
tu ed Hermione tutti soli di fuori?”
Ron si affrettò a salire le scale e, spinto Harry dentro la
sua stanza – dove dormivano insieme – lo guardò quasi impaurito e gli chiese:
“Da quanto eri lì?”
Harry si portò l’indice sul mento, fingendo di rifletterci
un attimo. “Da poco… ma pochi attimi posso essere fatali, non trovi?”
La sottile allusione fu colta da Ron che si lanciò sul suo
letto, affondando il naso coperto da lentiggini nel materasso.
“Miseriaccia!”
Harry si sedette sul letto di fronte, le mani appoggiate
sulle ginocchia, e ghignò vedendo il suo amico così… smarrito. L’idea di Harry
era che entrambi non volevano accettare la realtà… ma prima o poi… il ghigno si
allargò.
“È morbida Hermione?”
Ron saltò letteralmente per aria, guardandolo come se fosse
un alieno, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua, le orecchie che si
coloravano già di rosso. “Io… lei… ecco…”
Harry
rise. Ron lo fulminò. “Oh, va a quel paese, Harry!” sbottò Ron girandosi
su un fianco, intenzionato a non parlare più con Harry, per punirlo della
stupida domanda.
Harry si alzò e si sedette sul bordo del letto di Ron, che
rimase zitto e immobile. “Oh, scusa, ho esagerato un poco, lo ammetto.” Ron non
diede segni di vita. “Scendiamo, prima che tua madre ci faccia lavare i piatti
alla maniera babbana come punizione per essere arrivati in ritardo a cena.”
Harry si alzò facendo molleggiare leggermente il letto, Ron
si girò su un fianco, osservando Harry da sotto un braccio, mentre questi
apriva la porta con falsa galanteria.
Ron sorrise. “Ok, perdonato!” uscì e aspettò Harry che
chiudeva la porta al suo fianco.
“Comunque… lei è molto morbida…” il tono era così
lieve che Harry faticò a sentirlo, ma, compreso, sorrise all’amico. “Lo sapevo…
ma sentirtelo ammettere è troppo esaltante…” gli confessò, guadagnandosi una
pacca amichevole sulle spalle.
Ma il buon umore di Harry non era destinato a durare per
molto…
“Buonasera, Harry.”
Harry sgranò gli occhi, il cuore che batteva forte, quasi
volesse uscirgli dal petto, causandogli un dolore sordo. “Ginny…”
Virginia Weasley – detta Ginny – era la ragazza che
affollava ormai da tempo i sogni di Harry e che lui aveva lasciato due
settimane prima pensando di poterla salvare dalla mano malvagia di Voldemort. E
ora era lì, davanti a lui, i capelli rossi, marca Weasley, sciolti sulle spalle
coperte da una felpa blu scuro che era appartenuta a Ron, gli occhi verde
chiaro, striati di marrone, che lo scrutavano facendolo sentire piccolo
nonostante la superasse di parecchi centimetri, e la bocca stretta in un falso
sorriso gioioso. Harry sentì la tensione tagliare l’aria.
“Muovetevi, è pronto.” Fu l’unica cosa che la ragazza disse
prima di precederli giù per le scale.
Harry rimase immobile davanti alle scale, Ron era già al
terzo gradino e lo guardava preoccupato. Poi il rosso fissò il punto in cui era
scomparsa la sorella, e si voltò verso Harry. “Ah, le donne… c’è un potere più
grande di loro?!” chiese ad alta voce.
Harry si trovò d’accordissimo. E con questa azzeccata
constatazione, seconda perla di saggezza, Harry si apprestava a rivalutare la
saggezza di Ronald Bilius Weasley.
*^*^*^
La cena fu consumata allegramente. Quattro tavoli furono
sistemati nel giardino in modo da farci stare tutti i commensali: Harry e
Hermione, la famiglia Weasley al completo, meno Bill (e ovviamente Percy) e
Fleur, che Harry aveva scoperto a Londra per provvedere agli ultimi preparativi
per il matrimonio che si sarebbe svolto lì alla Tana tra due giorni; ed ecco
svelato l’arcano dell’ordine.
A cena erano stati invitati anche Remus e Tonks, ora in
gran forma con i capelli rosa shocking corti che le cadevano sulle spalle, con
innovative ciocche bionde, e quell’allegria che a Harry era un po’ mancata
l’anno precedente.
“Ehi, Harry! Mi faresti un favorino?” gli chiese appena
incontrati.
Harry annuì “Quello che posso.”
Tonks sorrise divertita. “La prossima volta che devi fare
l’interrogatorio sulla relazione che ho con Remus, vieni da me. Quando è
tornato a casa era ancora mezzo sconvolto e continuava a ripetere: E’
incredibile come Harry sia diventato così simile a James, anche nelle battutine
smaliziate…!; secondo Remus hai ereditato la sua… come l’hai definita, Rem?
Ah già, ‘sfacciataggine!”
Tonks ridacchiò, Remus arrossì. “Beh… non è andata proprio
così, Ninphadora!”
“Sciocchezze… vado a salutare Molly!” e si allontanò.
Harry trattenne Lupin per la manica della giacca. Lo
sguardo triste che Remus gli rimandò non fu di buon auspicio. Harry sentì tutto
il suo corpo rabbrividire, quasi conscio della risposta alla domanda che stava
per porre…
“Remus… la signora Figg…?”
Remus gli poggiò una mano sulla spalla, il volto fattosi
incredibilmente pesante, si chinò a terra. “E’ scomparsa, il suo corpo non si
trova… ma Kingsley dice di aver visto una luce verde, prima di entrare. La luce
di un Avada Kedravra.” Fece una piccola pausa. “Mi spiace, Harry.”
Il sesto senso di Harry l’aveva in qualche modo preparato a
quell’ennesimo colpo… ma non poteva restare indifferente di fronte alla morte. Un’altra
vittima innocente. Harry sentì un forte peso sullo stomaco, la
responsabilità che gravava su di lui, il Prescelto. Sono l’unico capace di
fermare Voldemort…In quei momenti la responsabilità era tale da farlo
sentire più vecchio della sua età e, quasi, da poter toccare la corrente di
eventi che lo allontanava dall’adolescenza… e un terribile sconforto si
impossesso di lui.
“Non… non sentirti in colpa…” mugugnò Harry rivolto a
Lupin.
Remus lo scrutò a lungo, osservando ciò che si dibatteva
nei suoi occhi verdi e alla fine scosse la testa. “Lo stai dicendo a me o a te
stesso, Harry?”
Ora Harry era seduto accanto a Ron e teneva lo sguardo
fisso sul suo tacchino con patate, incapace di mandar giù un solo boccone a
causa dell’eco della recente conversazione con Lupin che continuava a
tormentargli la coscienza. Ron lo guardò a lungo, ma non gli disse niente, si
limitò a stringergli una spalla per una manciata di secondi. Harry gli fu
profondamente grato, il silenzio era quello di cui aveva bisogno ora. Forse
questo atteggiamento sembrava sbagliato, ma per Harry era un gesto di fiducia
da parte di Ron, come se rispettasse lo stato sconsolato e quasi inanimato che
si prendeva sempre più di frequente possesso di lui. Dalla morte di Silente era
più restio a mostrare i suoi sentimenti e prendeva molte più decisioni da solo,
estraniandosi inconsciamente, acquistando man mano un’indipendenza che lo
allontanava inesorabilmente dai suoi amici. Ma sapeva che Ron gli era vicino:
bastava uno sguardo e capivano di poter contare sull’appoggio dell’altro.
“Harry perché non mangi?”
Hermione, per contro, non capiva quando chiudere la bocca.
“…non ho molta fame, Hermione…”
“Non dire stupidaggini, non avrai ancora mangiato niente!”
esclamò stizzita la ragazza.
“Davvero Hermione, io non…”
“Mangia o mi costringerai ad imboccarti.”
Ron ridacchiò sottovoce. Harry sospirò, o meglio sbuffò, e
obbedì suo malgrado inghiottendo una patata e scoprendosi piuttosto affamato;
svuotò il piatto sotto lo sguardo ammonitore di Hermione e dovette mangiarne
anche una seconda porzione, che il suo stomaco accettò con fatica, sempre a
causa della maniacale apprensione di Hermione e della signora Weasley,
costantemente preoccupata per la nutrizione del ragazzo.
“Harry vuoi un’altra fetta di torta?”
Hermione gli porse un piattino con un invitante dolce ai
frutti di bosco. Peccato per lo stomaco di Harry che si era già trangugiato a
fatica due porzioni di tacchino con patate e una fetta di torta con una
manciata di biscotti al cioccolato.
“No davvero, sono pieno…”
Hermione gli mise sotto il naso il piatto e l’odore del
dolce gli arrivò alle narici, dandogli un lieve sentore di nausea. “Solo un
poco Harry…”
“Hermione, non ho proprio fame…”
Ron agguantò dal piatto la fetta. “Io però sì!”
Hermione s’accigliò, si allungò sul tavolo e gli tirò un
orecchio, facendolo diventare violaceo. “Era per Harry non per te, idiota.”
“Ahia!” Ron gli lanciò un’occhiata furiosa. “Ma se non la
vuole è un peccato sprecarla, no?!”
Hermione inarcò un sopracciglio. “Ma Harry avrà mangiato
poco o niente dai suoi zii, quindi è giusto che reintegri le energie.”
Harry si passò una mano sulla faccia, annientato:
l’episodio del pomeriggio non aveva affatto migliorato il rapporto tra i due,
per sua sfortuna!
La signora Weasley annuì. “Oh, giusto! E poi il cibo di
campagna è genuino, quello di cui hai bisogno. Harry caro, ti taglio una fetta
di torta? Sì?”
Un’altra. Sono perduto. Non che ci tenga particolarmente
alla linea, ma così non riuscirò nemmeno a salire su una scopa.
“Io…”
“Harry non è un maiale che deve andare al macello, mamma.
Se non ha fame, lasciatelo in pace.” Harry alzò gli occhi verso la sua
salvatrice che evitò con cura di guardarlo in faccia: Ginny aveva il volto
abbassato e tagliava col cucchiaio una mousse di yogurt. Il ragazzo cercò di
svincolare lo sguardo che fissava ostinato la rossa, ma ogni tentativo fu vano:
sembrava che avesse un paraocchi rigido che gli impediva di osservare altro, se
non il capo ramato di Ginny.
Il cigolio di una sedia trascinata sul pavimento gli fece
capire che Hermione si era riseduta a tavola. “Hai ragione, Gin.” Convenne la
sua amica aggiungendo: “Ma questo non significa che Ron si sia comportato da
benemerito cafone…”
Ron grugnì. E in quel momento gli occhi di Ginny si
fissarono su quelli di Harry. Il ragazzo fu attraversato da un brivido
indefinibile e d’istinto distolse lo sguardo. Si rivolse in fretta e furia a
Ron e Hermione, interrompendo il principio di un altro litigio: “Venite, devo
parlavi.”
I due lo guardarono un po’ straniti, ma si decisero a
seguirlo in giardino, salutando educatamente gli altri commessali. Harry gli
raccontò per filo e per segno tutto ciò che gli era successo nelle ultime
settimane, dalla sua decisione di non entrare mai più nella casa degli zii alla
morte della signora Figg.
“Oh, Harry…” singultò leggermente Hermione, appena seppe la
notizia. “Deve essere molto difficile da sopportare…”
“Lo è per tutti… è colpa di questa guerra” commentò Harry
cercando di sembrare forte e rilassato, in perfetto contrasto con ciò che in
realtà sentiva.
“Ma per te, ora che sai della Profezia, tutto deve pesare
almeno il doppio…” continuò Hermione.
Harry si allontanò dai due amici e ritornò verso la casa.
“Torniamo dentro, comincia a diventare freddo.”
Hermione e Ron non commentarono e lo seguirono dentro casa,
dove si sedettero vicino a lui, davanti al focolare acceso. Lupin li raggiunse
con un sorriso, accomodandosi accanto a Harry.
“Eccovi… ma dove vi eravate cacciati?” chiese.
Hermione alzò le spalle. “Un giro intorno alla casa a
parlare un po’…”
“Cose tra amici, vero?”
Tutti e tre annuirono. “Già…”
Harry avvertì lo sguardo apprensivo di Remus su di sè, ma
continuò a osservare il fuoco con testardaggine, leggermente imbronciato.
Voleva solo essere lasciato in pace. La compassione era l’ultima cosa di cui
aveva bisogno.
Lupin si sistemò meglio sulla poltrona rattoppata e tirò
fuori una pipa, la caricò e aspirò la prima boccata. Hermione sgranò gli occhi
color cioccolato, mentre Ron sorrise raggiante.
“Non ci posso credere… Remus non dirmi che fumi?!” esclamò
il rosso.
Lupin scrollò le spalle. “Alle volte. Solo pipa, però.”
Rispose.
Hermione intervenne decisa: “Ma non lo sai che è dannoso
alla salute?! È provato scientificamente che le difese dei fumatori sono
ridotte rispetto ad un individuo che non fuma e…”
“E chi te l’ha detto, Hermione?” le chiese Lupin.
Hermione si strinse nelle spalle. “Nel mondo babbano è
l’argomento del giorno, perchè sono in molti coloro che fumano e che
contraggono cancri al polmone o…”
“Sciocchezze.” Disse Ron.
Hermione si voltò verso di lui, incollerita. “Ron, ho letto
articoli su articoli su questo argomento da riviste dei miei genitori… non puoi
negare che il fumo fa male alla salute…” ribatté la ragazza.
Ron alzò le spalle. “Mai sentito che fa male.”
“Certo, oltre ai libri sul Quidditch non leggi
nient’altro!”
Ron si infiammò: “Il fumo magico non è nocivo! Leggiti
qualche deplian del San Mungo, sapientona!”
Lupin si mise una mano davanti alla bocca e rise piano.
“Per Merlino, voi due assomigliate terribilmente
a Lily e James… perfino quando ormai era palese l’attrazione che provavano
l’uno per l’altra non facevano che litigare…” commentò pacatamente, formando una nuvoletta di fumo.
“Non è vero!” tuonarono insieme Hermione e Ron, entrambi
rossi in viso.
Remus contenne una risata dietro un colpo di tosse e
ricominciò: “Eppure come Lily e James litigate per cose banalissime senza voler
mai ammettere di essere in torto. E molte volte, anche sposati, i signori
Potter litigavano ancora!”
Harry si scordò completamente il suo intento di estraniarsi
dal resto del mondo e rimase molto incuriosito e interessato da ciò che disse
Remus. Sapeva ben poco dei suoi genitrici e quindi si voltò verso Lupin
prestando la massima attenzione al racconto.
Ad Harry venne in mente il quinto anno ad Hogwarts quando
aveva preso lezioni di Occlumanzia dall’odiato Professor Piton ed era incappato
per sbaglio nel suo Pensatoio, assistendo alla pubblica umiliazione del
Serpeverde ad opera di James e di Sirius, e non aveva certo scordato la
compassione e il coraggio di sua madre nel difendere Piton e l’avversione e la
stizza nell’affrontare il padre. All’epoca aveva quasi provato un moto di pietà
nei confronti di Piton, vittima dei sotterfugi dei Malandrini, ma ora che aveva
avuto la prova del reale tradimento di Piton nei confronti dell’Ordine della Fenice
e soprattutto verso Silente, di cui era l’assassino, non poteva che approvare
incondizionatamente il comportamento di suo padre e di Sirius.
Al ricordo di quell’episodio gli venne spontanea una
domanda: “Remus… mi potresti dire quando mio padre e mia madre hanno iniziato a
frequentarsi?”
Remus prese una boccata con la pipa, pensieroso. “Quando è
nato il loro interesse l’uno per l’altra, intendi?” gli chiese, e Harry annuì.
Lupin sorrise. “Oh, tuo padre era cotto di Lily già dal quinto anno e non passava
gita a Hogsmade che tua madre ricevesse un invito da parte di James a uscire
con lui… Lily non era entusiasta della cosa perché vedeva James solo da un
lato: quello del bravaccio. D’altronde lui e Sirius erano dei veri idoli dentro
le mura di Hogwarts, venerati da tutti i Grifondoro (meno tua madre, ma te l’ho
detto: li vedeva solo da una prospettiva), rispettati da Corvonero e Tassorosso
e odiati dai Serpeverde. Lily non approvava come Ramoso e Felpato sfruttavano
il loro intelletto. In pratica amavano sfoderare ogni genere di incantesimo per
verificare il proprio talento e sostenevano che tormentare Piton allietasse le
loro giornate; per questo Lily scansava ogni invito di James. Ma tuo padre era
davvero molto ostinato e una volta aveva tentato persino di creare una pozione
d’amore… che Mrs Purr ingerì poi per sbaglio; a causa di questo disastroso
incidente James era stato perseguitato per due intere settimane da quella
gattaccia, facendo ingelosire parecchio Gazza.” Lupin alzò gli occhi al cielo,
Ron e Hermione risero insieme e ad Harry scappò un sorrisetto.
“E come… come ha fatto il padre di Harry a farla
innamorare?” chiese Hermione, appassionata dal racconto.
“La prima mossa fu un mazzo di rose rosse e un profumo di
Madama Magnolia, che avrebbe sicuramente funzionato se non fosse stato per la
dedica.” Remus fece una pausa per dare enfasi al seguito. “Alla mia
deliziosa secchioncella. Il tuo fighissimo James.”
Ron allargò gli occhi, poi si mise le mani sulla pancia e
si rotolò sul tappeto, commentando tra una risata e l’altra: “Nemmeno tu ed io,
Harry, potremmo mai raggiungere certi gradi di stupidità!!”
Hermione gelò Ron all’istante con un’occhiataccia: “Oh, voi
sapete essere molto più stupidi in questa materia, Ron.” Berciò la ragazza.
Harry rise.
“Vedo che la storia vi piace!” esclamò allegramente Lupin.
“Oh sì, la prego, continui!” pregò Hermione, dopo aver
zittito Harry e Ron.
Lupin continuò a raccontare: “Bene. Il secondo tentativo
fu, se possibile, ancor più disastroso.”
“Cosa ha combinato mio padre?” chiese Harry incuriosito.
“Organizzò una serenata.”
Silenzio. Harry e Ron si scambiarono uno sguardo di comune
sdegno per un’idea così sdolcinata, al contrario gli occhi color cioccolato di
Hermione si illuminarono. “Oh, che gesto carino!” sospirò la ragazza con le
mani giunte a preghiera. Harry e Ron, alle sue spalle, si misero
contemporaneamente un dito in bocca fingendo di vomitare.
Lupin alzò le spalle: “Immagino che per una donna possa
essere carino, ma Lily non era dello stesso parere… forse perché James non
l’aveva fatto in un posto intimo, ma bensì, come era nella sua natura di
esibizionista cronico, nella Sala Comune davanti a tutti gli studenti, vestito
stile Re Sole, stonato come una campana e con un coretto a dir poco disastroso:
Sirius era un baritono pessimo e Peter squittiva, anziché cantare. Soltanto io
e il mio clarinetto siamo scampati alle critiche delle settimane che
seguirono.”
Hermione fissava l’ex-professore inorridita. “Capisco
perché tua madre fosse in collera con lui, Harry.” Grugnì, mal celando una
smorfia.
“Sto cominciando a capirlo anch’io…” annuì Harry,
aggiungendo però: “Ma certe volte voi donne siete troppo pretenziose… insomma,
era carino… no?”
Hermione non rispose, ignorandolo volutamente.
Lupin si schiarì la gola. “Allora… dopo il suo totale
fiasco, James era depresso al massimo, fu allora che Sirius commise uno dei più
grandi errori della sua vita: gli diede lezioni di corteggiamento.” Lupin
sorrise tra sè, ricordando le notti insonni di simulazione per prepararsi al
corteggiamento di Lily Evans. “Sirius era un vero rubacuori, bello e
impossibile. Sirius diceva sempre che non c’era donna degna del suo fascino. E
poi ci fu la prova generale della conquista di Lily.”
“Ah… e come andò?” domandò Ron.
“Lily bestemmiò per la prima volta in sei anni.” Remus rise
per un attimo, scuotendo la testa. “Ooh, la scena era bellissima: James
indossava una giacca di pelle di drago, con tanto di jeans strappati e un paio
di occhiali scuri, e la aspettava addossato ad una colonna. Lily stava andando
in Biblioteca con me per una riunione dei Prefetti (momento perfetto secondo
James per agire, perché c’era poca gente; pessimo per me perché Lily era sempre
nervosina prima di una riunione… ma Ramoso era testardo e l’unico a cui forse
dava retta, purtroppo per lui, era Sirius) quando ci siamo visti spuntare dal
buio James in versione ‘uomo brillantina’, inutile invenzione babbana per gli
indomabili capelli di James Potter! Il povero Ramoso si era poi avvicinato a
Lily e aveva esordito con un “Ehi, pupazzola, ti va di rockeggiare con me?”.
Come ovvia conseguenza Lily imprecò in più lingue e mentre se ne andava, James
continuava a gridarle che era solo la prova generale e che il vero show era
fissato per il giorno dopo… Per una settimana Lily riuscì ad evitarlo.”
Harry non poté trattenersi dal ridere davanti ad un
racconto così esilarante quanto irreale; gli tornò il buon umore: non sapeva
quasi niente dei suoi genitori, eppure la storia di Remus e delle peripezie di
suo padre gli sembravano quasi rispecchiare la sua attuale situazione romantica
(anche se lui non avrebbe mai cantato di fronte a Ginny). Quel piccolo sprazzo
della vita dei suoi genitori era importantissimo per lui, così come lo erano i ricordi
di Sirius e l’unico amico di suo padre rimasto in vita, che ora lo stava
deliziando con tutti quei fantastici racconti.
Lupin aspirò una boccata dalla pipa, sorridendo. “Ma poi,
alla fine di luglio, io, tuo padre e Sirius ci trovavamo a Diagon Alley per
acquistare insieme i libri scolastici per l’ultimo anno di scuola. Vi confesso
che temevo la fine della scuola quasi quanto temo le notti di luna piena… avevo
paura che non avrei mai più ritrovato i miei amici, ma questo non è accaduto.”
Remus svuotò la pipa dentro ad un posacenere che aveva
trovato sul tavolo, immerso nei suoi pensieri e poi fece un gesto non curante con l’altra mano.
“Ma non è questa la storia. Allora… quel giorno entrammo al
Ghirigoro. Sapete, James e Sirius volevano farmi un regalo in ritardo, e
casualmente incontrammo Lily che cercava un libro sui Druidi dell’Antica
Gallia. La salutammo e James la invitò a prendere un gelato e Lily, forse
intontita dal tono gentile di James a cui non era abituata, annuì: il sorriso
di James è ancora un record imbattuto in ampiezza!” ironizzò Remus, anche lui
preso da un enorme sorriso “Beh, tutto sembrava procedere bene: io e Sirius
fingemmo di allontanarci con una scusa idiota, lasciandoli soli soletti.”
“Ma… come diavolo ha fatto a conquistarla in un
pomeriggio?!” chiese il rosso ammirato con gli occhi spalancati.
Hermione rispose per lui, zelante: “Ron è così chiaro.
Non ci si innamora così in un solo giorno, si vede che Lily già provava
qualcosa senza riuscire ad ammetterlo agli altri quanto a sè stessa.”
“Hermione, te l’ho già detto: sei una strega
incredibilmente dotata per la tua età.” Si complimentò con sincerità Lupin.
Le guance di Hermione si imporporarono leggermente.
“Grazie… ma sono soprattutto una donna e so come funzionano queste cose… anche
per mia esperienza…” dichiarò la ragazza, facendo girare Ron dalla sua parte.
“Che genere di esp…?” incominciò il rosso, titubante.
“Ma mio padre deve aver pur fatto qualcosa che ha colpito
mia madre.” Harry interruppe il suo migliore amico, salvando l’atmosfera
pacifica di quel momento.
Hermione lo guardò e mosse le labbra per ringraziarlo.
Harry ricambiò, ormai rassegnato ad una vita unicamente dedita a mediare tra
Hermione e Ron.
Remus annuì. “Oh, beh… diciamo che James ha mostrato a Lily
quanto tenesse davvero a lei, rinunciando ad una cosa che amava tantissimo e
dimostrando così a tua madre che aveva messo la testa a posto ed era maturato
un po’.”
“A cosa rinunciò?” chiesero in coro.
Remus chiuse gli occhi per un istante. “Torturare Severus
Piton.” Al nome dell’uomo, sia Remus che Harry si irrigidirono.
“James e Piton si odiavano a vicenda. Io penso ancora che
Piton lo invidiasse e che James odiasse il suo comportamento viscido, come
Sirius. Lily, invece, provava una gran pena per lui. Aveva un gran cuore tua
madre, Harry, ed era la persona più caparbia e generosa che abbia mai
conosciuto. Sapeva perdonare tutti, portava con fierezza il vezzeggiativo di
“mezzosangue” e combatteva per ogni suo ideale. Forse è proprio per questo che
James si innamorò di lei. Chissà.”
Remus sospirò. “Ad
ogni modo, tuo padre la portò a fare una passeggiata per Diagon Alley,
riuscendo addirittura a prenderla a braccetto. Io e Sirius, appostati dentro ad
un vicolo ci scambiavamo occhiatine compiaciute, ma ad un tratto vedemmo Piton
con in mano un pacchetto regalo avanzare a fianco di una donna molto magra e
con i suoi stessi occhi neri; fu un attimo. Lily e James stavano ridendo
allegramente, cosa che avrei reputato impossibile solo qualche settimana prima,
quando Piton investì Lily facendola cadere a terra. James le fu accanto per
soccorrerla, mentre la donna faceva lo stesso con Piton. James alzò gli occhi
da tua madre e, posso ammetterlo, non ho mai visto così tanto odio negli occhi
di James Potter come quel giorno.”
Harry
digrignò i denti. “Oh, lo capisco piuttosto bene…” bisbigliò
impercettibilmente.
Remus colse il bisbiglio di Harry, ma preferì non
commentare, forse perché anche lui temeva di esternare sentimenti di puro odio
verso Piton; così continuò a raccontare: “James cominciò ad insultarlo e a
pretendere le sue scuse. Ma ovviamente Piton rifiutò di farlo con disprezzo,
ribattendo che Lily era solo una sporca mezzosangue e che il suo posto era lì,
a terra e in mezzo alla polvere. James ci vide nero: chiuse le mani a pugno e
si allungò per colpirlo, ma Lily lo trattenne.”
Remus si fermò, per poi riprendere.
“Non so cosa gli abbia detto Lily in quei dieci secondi, ma
James rinunciò ad ogni suo spirito bellico – non senza fatica, come disse poi a
me e a Sirius – almeno rinunciò per quel giorno. Piton si rialzò e si allontanò
con la donna che lo rimproverava per aver sporcato il vestito appena preso per
il suo compleanno. Da allora Lily cambiò atteggiamento nei confronti di James e
infatti, la prima volta che Ramoso le chiese di uscire lei acconsentì.”
“Io… ho sempre
considerato Lily e James come la prova che l’amore esiste veramente, la prova
che l’amore non è una storiella inventata come avevo sempre pensato io prima di
conoscerli e di vederli insieme. Ogni loro gesto, ogni sguardo… sembravano
quasi la stessa persona, nonostante i contrasti delle loro personalità… lo
trovavo sconcertante…”
Remus si grattò una guancia imbarazzato. “Beh…
incomprensibile fino ad ora che sto con Ninphad... Beh, ad ogni modo Harry”
aggiunse Remus scansando l’occhiata maliziosa del giovane Potter “voglio
prendermi la libertà di darti solo un consiglio: non scappare dai tuoi
sentimenti come ho fatto io per tanti anni, ma anzi, usali per costruire la tua
vita e il tuo trionfo.”
Harry sgranò gli occhi e Lupin sorrise.
“Lily e James avrebbero voluto che tu sapessi che loro sono
stati felici, disperati eroi ma sempre insieme. Ecco, volevo dirti solo questo…”
concluse Remus sempre più impacciato.
Harry boccheggiò con la mente che si rifiutava di formulare
qualsiasi parola di senso compiuto, ma impegnata invece a scolpire quelle
parole nella sua mente. “Io…”
Lupin scosse dolcemente la testa. “Non devi dire niente,
Harry.” Remus si alzò dalla poltrona e infilò la pipa in una falda del
mantello.
“Grazie, Lunastorta.”
Remus si voltò stupito, ma Harry aveva già voltato la testa
verso le fiamme arancioni del caminetto. Lupin sorrise dolcemente, quando…
“Bonsoir Weasley!”
Una vocina allegra echeggiò nel salotto e Harry si voltò
appena in tempo per essere avvolto dal profumo di colonia e per ricevere un
sonoro bacio sulla guancia. “Sciao Herrì cher…” lo salutò tutta
frizzante Fleur, mentre lui le rispondeva sorridente: “Oh, ciao Fleur… come
stai?”
“Oh, sono così emosionata, Herrì! Demain è il gronde
jorno!” gli confessò, baciando e salutando rispettivamente prima Ron e
poi Lupin (causando due rossori e facendo sì che Ron diventasse tutto ad un
tratto balbuziente).
“Ehi famiglia!”
Ron salutò calorosamente Bill Weasley, secondogenito dei
Weasley, dandogli un paio di pacche virili sulla schiena e esclamando ironico:
“Allora, pronto per il gran giorno, Bill, proprio tu che secondo mamma saresti
stato l’ultimo dei figli che si sarebbe sposato!? Anche dopo Fred e Geroge!”
Bill rise
forte. “Oh, mai stato più pronto di così.” Dichiarò e Fleur gli sorrise
dolcemente, somigliando ad un angelo dai capelli biondissimi.
Harry si alzò e strinse la mano a Bill. “Ciao Bill… come
stai?” gli chiese semplicemente.
Bill alzò le spalle. “Oh, si va avanti. Non saranno un paio
di cicatrici a fermarmi.” Gli disse con un po’ di amaro in bocca.
Bill era sempre stato il ribelle di casa Weasley, con
giacche di pelle, codino ed una sfilza di orecchini sulle orecchie,
disperazione della signora Weasley. Ora era il primo della famiglia a prendersi
un impegno gravoso come quello di un matrimonio con l’affascinante mezza Veela
Fleur Delacour, la campionessa francese con cui Harry si era confrontato
durante il Torneo Tremaghi tre anni prima, quando Voldemort era risorto; un
matrimonio che nessuno di loro si aspettava: tutti erano rimasti piacevolmente
sorpresi quando, poco tempo fa, Fleur aveva insistito per maritarsi con lui
nonostante fosse stato morso dal feroce Licantropo Greyback, che gli aveva
sfigurato metà della faccia.
Per Harry la storia di Fleur e Bill era un po’ come per
Lupin la storia dei suoi genitori: una storia di speranza.
Speranza. Una parola che era come linfa in quei tempi.
Harry sentiva che le seconda guerra magica era iniziata, al
contrario delle dichiarazioni del Ministro della Magia. E lui si sentiva in
obbligo di combattere.
“Allora” Esordì Hermione cercando di essere gentile con
Fleur e di celare il fastidio che aveva provato quando la mezza Veela aveva
sfiorato Ron. “Hai già deciso il vestito?”
Fleur squittì eccitata. “Oui, oui… è tutto pronto pour
la cerimonia nel giardino demain… tout plein di pizzi e con tonto
di velo… come una prinscipessa!” Fleur si avvicinò a Bill e lo abbracciò
scoccandogli un piccolo bacio sulle labbra. “Merci mon amour!”
“Bill!!”
Fleur si staccò dal prossimo marito, mentre Ginny gli
buttava le braccia attorno al collo e lo stringeva forte a sè. Bill rise e la
fece volare. “Ehi, piccola Gin! Come stai?”
Ginny gli diede un bacio sulla guancia e si staccò da lui
sorridendogli vivacemente.
Harry sentì un bruciore allo stomaco, ma lo ignorò
ricordandosi che Bill era il secondo fratello preferito di Ginny dopo Ron e
che… diamine, era suo fratello! Come si faceva ad esserne gelosi?!
“Benissimo e tu? Guarda che fai ancora in tempo a
salvarti!” gli disse, mentre Fleur si girava indignata e la fulminava con
un’occhiataccia che Ginny non degnò di uno sguardo. Bill rise.
“Sai che amo rischiare…” Fleur gli sorrise grata,
ricominciando a discorrere con la signora Weasley sui preparativi della
cerimonia. “Ma tu sei sempre la mia sorellina preferita!” Sussurrò Bill alla
sorella, scompigliando i lunghi capelli rossi di Ginny.
Harry si sentì sul punto di scoppiare, e fece due respiri
profondi.
Ron parve accorgersene e, sbadigliando, esclamò a voce
intenzionalmente alta: “Che sonno! Domani dobbiamo svegliarci presto per
preparare il giardino, Harry, che ne dici di andare a dormire?”
Harry sbadigliò in risposta. “Uh, d’accordissimo! Il
viaggio mi ha stancato…” disse a voce anche questa volta volutamente alta.
“Andiamo.”
“Bravi ragazzi, andate a letto!” acconsentì la signora
Weasley.
I due ragazzi si congedarono seguiti da Hermione. La
ragazza scuoteva la testa divertita mentre salivano le scale. “Siete degli
sciocchi, voi uomini. Pensate che Ginny non si sia accorta che tu volevi
allontanarti da lei, Harry?” gli chiese bonariamente, mentre il ragazzo le
rispondeva con un grugnito.
Ron si intromise: “Magari non l’ha capito, mamma non ci ha
fatto caso.”
“Ron sei uno sciocco!” ribatté Hermione. “Tua madre ha
occhi solo per il matrimonio di Bill in questo momento, ecco perché non se n’è
accorta. Non sottovalutare Ginny e le donne in generale.”
“Anche Ginny era impegnata con suo fratello.” Disse Harry,
cercando di acquietare il suo tono burbero.
Hermione lo fissò con i suoi disarmanti occhi cioccolato.
“Oh Harry, sei così cieco… comunque vi lascio, scendo ad aspettare Gin…”
“Da quando tu e Ginny siete così vicine?” le chiese Ron
incuriosito.
Hermione alzò e riabbassò velocemente la mano in un gesto
di non curanza. “Da un pezzo, Ron, Ginny è la mia migliore amica.”
“Pensavo che io e Harry fossimo i tuoi migliori amici!”
esclamò il ragazzo dai capelli rossi, corrugando la fronte e senza nascondere
una sorta di dispiacere.
Hermione sbuffò spazientita. “Ma certo che lo siete, ma
certe volte ho assoluto bisogno di un appoggio femminile… certe cose non si
posso dire a dei ragazzi.” Spiegò velocemente “E comunque, io e Ginny abbiamo
in comune molte cose… tra cui due ragazzi poco recettivi per certi messaggi.”
Dichiarò misteriosamente, scomparendo sulla rampa delle scale.
Harry e Ron si scambiarono un’occhiata.
“Secondo te che cosa dice a Ginny che non può dire a noi
due?” domandò Ron.
Harry scosse la testa in segno di diniego. “Non ne ho la
più pallida idea.”
“Lo immaginavo: neanche io ne ho la più pallida idea.”
I due ragazzi entrarono nella camera di Ron e si buttarono
sui rispettivi letti, sospirando all’unisono.
“Donne…”
Poi si guardarono e sogghignarono divertiti.
“Ti va una partita a scacchi?” gli chiese Ron.
Harry si alzò e prese la scacchiera che aveva regalato
all’amico due anni prima. “Certo… e
magari questa è la volta buona che ti batto!” esclamò appoggiando l’oggetto
magico sul letto di Ron e sedendosi a gambe incrociate sul materasso.
“Illuso… sono imbattibile in questo gioco! Non mi batterai
mai” si vantò Ron, prendendo le pedine nere e appoggiandole sulla scacchiera.
Harry rise sotto i baffi. “Mai dire mai, Ron…” lo ammonì
più divertito che serio, appoggiando le pedine bianche e queste si posizionarono
magicamente al loro posto, come quelle nere.
Ron ghignò pavoneggiandosi con ampi gesti delle braccia.
“Sulla mia invincibilità ci giocherei il mio poster dei Cannoni di Chudley…
forza Harry i bianchi iniziano per primi, almeno questo dovresti saperlo!”
Harry si concentrò, increspando la fronte. “Pedone in E6.”
“Dilettante.”
*^*^*^*^
Harry spalancò gli occhi e si voltò verso il comodino,
tentando di trovare bacchetta e occhiali.
“Lumos” mormorò e la bacchetta si illuminò
debolmente. A notte fonda Harry era stato svegliato da un’improvvisa voglia di
bere.
Sbuffò impercettibilmente e, facendo attenzione a non
svegliare Ron, s’infilò ai piedi due pantofole felpate e scese le scale fino
alla cucina.
Si guardò intorno, ma non sembrava esserci anima viva; così
aprì il frigorifero (invenzione babbana portata dal signor Weasley e che unica
fra tutte era piaciuta alla sua consorte) e, dopo una piccola ricognizione,
scelse un brick di succo d’arancia. La prese dal ripiano, tolse il tappo per poterlo
bere a canna e chiuse lo sportello e subito dopo sussultò sorpreso, bagnandosi
tutta la maglietta del pigiama.
“…Ginny?”
Davanti a lui Virginia lo guardava incuriosita, inarcando
un sopracciglio chiaro, e burlandosi silenziosamente della sua sbadataggine.
“Non credevo che le magliette soffrissero la sete.”
Commentò pacificamente con un mezzo sorriso.
Harry tossicchiò cercando di sciogliere il groppo che gli
dondolava nella gola. “Ehm… vuoi un po’ di succo d’arancia?”
È tutto quello che riesci a dirgli?! Sei proprio
un imbecille, Potter!
Ginny sbatté le palpebre meravigliata, poi annuì e gli
diede le spalle per andare a prendere due bicchieri dalla credenza. Harry
inclinò la testa e la vide alzarsi sulle punte dei piedi e aprire l’ultima anta
dell’armadio. Ginny era sempre stata piuttosto bassina, ma aveva un corpo ben
definito e un caratterino niente male, tali da attirare la sua attenzione.
Forse proprio il carattere improvvisamente vivace che aveva scoperto in lei li
aveva avvicinati. A differenza di Cho, Ginny non avrebbe mai pianto mentre la
baciava, non avrebbe cercato in lui un rifugio. Ginny voleva, al contrario,
essere il suo rifugio.
E lui l’aveva allontanata.
Idiota…
Ma è per il suo bene, dovevo farlo!
“Allora… hai già preparato l’abito per la cerimonia?” gli
chiese Ginny, mentre cercava di raggiungere il fondo del ripiano troppo alto
per lei. La ragazza sbuffò irritata. “Dovrò prendere una sedia, accidenti…”
Ginny si sentì afferrare improvvisamente la vita e fu
sollevata di qualche centimetro. Si voltò e guardò cautamente Harry, che aveva
il cuore in tumulto e un certo imbarazzo celato dal buio della stanza. “Dai, ti
faccio da appoggio.”
Ginny non commentò nè si divincolò dalla presa; afferrò i
bicchieri e subito dopo si ritrovarono ancora a specchiarsi l’uno negli occhi
dell’altra, in silenzio. Harry sentiva lo stomaco contorcersi violentemente in
una presa piacevole.
“Puoi farmi scendere adesso, Harry.” Disse Ginny. Harry
percepì nel tono un lieve tremore, e seppe di averla scombussolata.
Impacciato, come sempre quando si trattava di ragazze (era
sicuramente una tara genetica presa dal padre), rispose: “Oh… sì, certo” e fece
come ordinato.
Ginny appoggiò i piedi nudi sul pavimento e alzò la testa
per incrociare ancora il suo sguardo. “Grazie.”
“E di che?” rispose lui, con la testa che cominciava a
vorticare nella fantasia: erano davvero troppo vicini… si accorse di avere una
gran voglia di baciarla, di sentirla ancor più vicina a lui… Si inclinò
leggermente e sul punto di congiungere le loro labbra il suo stomaco borbottò
fermandolo appena in tempo.
Ridacchiò imbarazzato, allontanandosi. “La sete.” Spiegò e
le rubò un bicchiere sfiorandole le dita e sentendo un brivido percorsegli la
schiena. Si versò del succo, dandole le spalle e cercando di calmare i battiti
del suo cuore, dopo di che si girò vero di lei offrendole con un cenno di capo
un po’ della bevanda.
Ginny lo raggiunse stranamente silenziosa e gli porse il
bicchiere che lui riempì.
Bevvero in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
Harry continuava a guardarla di sottecchi e a serrare la mascella per placare
ogni slancio troppo audace.
“Harry…”
Il ragazzo si girò verso Ginny che aveva poggiato il
bicchiere sul tavolo e si stava avvicinando decisa.
“Ginny…” la richiamò lui, ipnotizzato dalla sua camminata
leggera.
Il verde dei suoi occhi, poco più tenue di quelli di Harry,
si illuminò di una luce decisa “Harry, devi smetterla di giocare con me.”
“Io non gioco con te” dichiarò Harry deciso.
Ginny alzò le sopracciglia e arricciò il piccolo naso
lentigginoso, in quell’espressione ironica e scettica che Harry trovava
adorabile. “Ah, no, eh? E
quello che hai fatto prima?”
Harry sostenne il suo sguardo. “Cercavo solo di aiutarti.”
Disse ferreo, sapendo bene di omettere gran parte della verità.
La ragazza chiuse gli occhi e sospirò scuotendo lievemente
la testa e facendo oscillare i lunghi capelli lucidi.
“Non capisci, Harry?” gli chiese. Il ragazzo negò
vistosamente, sinceramente estraneo ai dubbi della ragazza.
Ginny allungò un piede e gli fu vicinissima; iniziò ad
accarezzargli una guancia con gli occhi socchiusi.
“Non ce la faccio ad escluderti, se continui così.” Gli
disse, senza smettere di accarezzarlo, facendo avvampare un fuoco sotto il suo
tocco.
“Non voglio che mi escludi.” Rispose lui, intrecciando una
mano con quella libera di Ginny.
La ragazza sussultò e si allontanò bruscamente da lui.
Harry aveva gli occhi che luccicavano nell’oscurità della stanza e che
continuavano a seguire i movimenti nervosi di lei, che aveva preso a camminare
in tondo con le mani allacciate dietro alla schiena e i capelli che svolazzavano
al vento.
“Così non va, Harry, maledizione!” esclamò Ginny,
mettendosi le mani nei capelli.
Harry fece una smorfia. “E perché mai?”
Ginny si voltò con i lineamenti del viso contratti. “Non
puoi continuare ad illudermi, così non ce la faccio a vivere serenamente! Dimmi
cosa devo credere se quando siamo soli tu ti comporti come se stessimo ancora
insieme!?” gli urlò addosso additandolo.
Harry si sentì offeso. “Stai dicendo che sto cercando di
approfittarmi di te?” le chiese brusco; Ginny sobbalzò leggermente, fermandosi
di botto.
“Forse” gli rispose enigmatica con gli occhi che balenavano
per la stanza, indecisi e irrequieti, senza mai guardarlo. “Altrimenti non so
cosa pensare, se non altro che tu mi abbia lasciata solo per quel tuo sciocco
pensiero di dover proteggere tutti da Voldemort!” continuò a sbraitare lei,
riprendendo la sua camminata. “Te l’ho già detto al funerale di Silente: mi sei
sempre piaciuto anche e nonostante il tuo eroismo.” La ragazza sorrise
leggermente. “Ma non posso vivere aspettandoti, Harry. Davvero, non ce la
faccio più. Ho aspettato troppo.”
Harry si sentiva frastornato: davvero aveva pensato che lui
volesse approfittarsi di lei, Ginny, l’unica che l’aveva veramente stregato?!
Sentì il sangue ribollire dalla rabbia e, senza aver ascoltato niente dopo quel
‘Forse’, le bloccò il passo parandosi di fronte a lei con gli occhi verdi
incredibilmente scuri.
“Così pensi questo di me, eh? Che io sia un
approfittatore?!” le domandò strattonandole un braccio con forza. Ginny lo
fissò stordita.
“Harry, che diamine… molla subito la presa…” mormorò
debolmente, senza però sortire alcun effetto.
“Pensi davvero che potrei fare una cosa così spregevole,
così crudele, in particolar modo a te?! Non sono mica un Mangiamorte!”
sbraitò il ragazzo, stringendo la pelle della ragazza troppo forte.
“Dacci un taglio, Harry!! Stai iniziando a farmi
spaventare” strillò Ginny con voce tremante.
Harry la osservò stranito senza capire il perché di quello
sguardo impaurito e di quel tono vibrante. “Ginny…?”
La ragazza si scostò bruscamente da lui e si girò dandogli
le spalle.
“Ginny…” la chiamò debolmente, appoggiandole una mano sulla
spalla.
“Stai lontano da
me, Potter.” Sibilò Ginny con tono incredibilmente sprezzante. Si allontanò
verso l’uscita, lasciandolo nel centro della cucina ancora incredulo. Prima di
andarsene, Ginny indugiò sull’uscio della cucina. “Pensa bene a quello che sei,
prima di tirare in ballo paragoni ipocriti e banali tra te e un Mangiamorte.”
Disse con voce indecifrabile e scomparve.
Harry rimase ancora nella cucina, immobile, ascoltando i
passi frettolosi di Ginny affievolirsi.
“Cosa mi è
successo…?” chiese al vuoto.
*^*^*^*^*^
“…vi dichiaro marito e moglie!”
Il lavoro di Percy Weasley, per una volta, si era
dimostrato utile a qualcosa: la sua posizione all’interno del Ministero gli
permetteva di legalizzare un matrimonio e Bill e Fleur l’avevano scelto come
ministro per la loro unione (Fred e George andavano dicendo che i due sposi
erano stati messi sotto Imperio dalla signora Weasley).
Harry si alzò in piedi e applaudì insieme agli altri
invitati, mentre Fleur, fasciata nel suo abito rosa pallido che faceva
risaltare i suoi capelli biondissimi tenuti in una crocchia, e Bill,
rigorosamente in giacca e cravatta, si baciavano delicatamente sotto il gazebo
che la mattina lui e Ron avevano faticosamente assemblato.
La cerimonia era stata semplice e gli invitati erano
soprattutto parenti Weasley (tutti rigorosamente con i capelli rossi), membri
dell’Ordine della Fenice e pochi colleghi di lavoro che Bill aveva invitato. La
famiglia di Fleur non era potuta venire a causa dell’allarme dilagato in
Francia che non permetteva viaggi in Inghilterra, con grande dispiacere della
sposa.
I due sposini si guardarono negli occhi sorridenti e poi si
voltarono verso gli invitati agitando le mani; Charlie, testimone dello sposo,
fu il primo a muovere la bacchetta e a gettare addosso agli sposi una cascata
di riso, ridendo, imitato da tutti gli invitati, mentre Fleur e Bill scappavano
dalla folla su un lungo tappeto rosso e giallo, dirigendosi verso il buffet
poco più in là.
Gli ululati gioiosi degli invitati furono sovrastati
inaspettatamente dai poderosi singulti della signora Weasley. La madre dello
sposo non aveva fatto altro che versare lacrime addossata alla spalla del
marito, mormorando di tanto in tanto “Il mio bambino!”. Fred e George
sghignazzavano incontrollatamente nel vedere l’espressione spazientita del padre,
mentre questi dava pacche di incoraggiamento a Molly e nel contempo cercava di
asciugarsi l’unica camicia buona che possedeva. Vicino a Fred e George, Ron
applaudiva pigramente, ma con un sorriso invidioso, voltandosi di tanto in
tanto verso Hermione, fatto che la ragazza non notò per niente, con enorme
dispiacere di Harry. E poi c’era Ginny, l’ultima della combriccola; Harry la
osservò di sottecchi, sicuro di non essere visto a sua volta: aveva gli occhi
lucidi di commozione e le guance rosse per il caldo.
Il ragazzo deglutì nervosamente e riportò l’attenzione
sugli sposi che ormai guidavano il corteo verso il buffet. Ron si unì a lui e a
Hermione e subito i due si misero a battibeccare su un argomento che Harry non
afferrò, ma che doveva avere a che fare con l’importanza degli Elfi Domestici
nella Storia della Magia.
Aveva in testa un solo pensiero e doveva accantonarlo,
immediatamente!
Harry non ci mise molto a trovare un altro argomento degno
di tutta la sua attenzione: gli Horcruxes, Voldemort, la guerra…
Harry si sentì bruciare più che mai dal desiderio di
mettere fine a quella guerra e decise all’istante che il mattino dopo si
sarebbe recato a Godric’s Hollow da solo; lì sarebbe andato a visitare la tomba
dei genitori e chissà se avrebbe trovato anche qualcos’altro.
Poi fu un attimo: Harry riprese a pensare a Ginny e, in
contemporanea, la rossa incrociò il suo sguardo e fu costretta, almeno per
cortesia, a rivolgergli un sorriso debole e sforzato; ma si voltò quasi subito,
amareggiata.
Le gambe di Harry traballavano
vistosamente. Il ragazzo serrò le mani a pugno per trattenere la voglia di
sbattere la testa contro qualcosa di molto duro. Magari Ron lo avrebbe aiutato
se solo avesse saputo del terribile litigio che era infuriato la sera
precedente tra lui e la sua preziosa sorella.
Non ci può essere nessuno che stia
peggio di me…
*^*^*^*^*^*^*^
“Crucio!”
Il corpo di Draco Malfoy rovinò sul pavimento polveroso
della cella, procurandogli un altro strappo alla divisa scolastica che ancora
indossava dopo due settimane passate con Piton a nascondersi dagli Auror per
poi arrivare nel covo del Signore Oscuro e ricevere la giusta ricompensa.
Draco tossicchiò, sia per la polvere che gli era entrata
nella bocca sia perché quel pensiero suonava talmente insensato e ridicolo da
farlo sogghignare amaramente.
Il ragazzo si puntellò sulle braccia per alzarsi, stanco ma
determinato a non dare al suo torturatore la soddisfazione di vederlo
sconfitto; tuttavia le continue violenze che aveva subito, da quante ore?, lo
avevano spossato, avevano provocato una ferita abbastanza seria, ma non mortale
(Draco credeva che Voldemort avesse ordinato di non ucciderlo), sul ventre,
vari graffi, lividi e sbucciature sulle ginocchia e sui gomiti, e Malfoy non
riuscì a reggere il peso del suo corpo, seppur reso molto sottile da giorni di
quasi totale digiuno, e ancora stramazzò a terra pestando il mento sulla dura
pietra della prigione.
Un Mangiamorte incappucciato si avvicinò a lui sghignazzando,
profondamente divertito dal suo dolore. “Ma tu guarda… un Malfoy che si rotola
nella polvere… solo che a differenza di tuo padre, tu Draco, stai ruzzolando letteralmente
nella polvere. Anche se ad Azkaban le celle non devono essere un gran che…”
concluse ridendo sguaiatamente, come solo un boia crudele può fare al cospetto
della sua vittima.
Malfoy digrignò i denti e si costrinse ad ingoiare
l’orgoglio e la rabbia per evitare un altro Cruciatus. Tormentato dall’odiosa
risata isterica del Mangiamorte tentò nuovamente di alzarsi.
La risata cessò di colpo. “Dove credi di andare, ragazzino
impudente?!” tuonò il Mangiamorte dandogli un calcio all’addome.
Draco sussultò sentendo le costole incrinarsi per la
potenza del calcio e si contorse lontano dal losco individuo incappucciato che
non sembrava conoscere né la delicatezza, né la pietà o il rispetto. Con una
falcata il Mangiamorte gli balzò accanto. “Che c’è, Malfoy, già stanco?” gli
domandò sadico, infierendo nuovamente sull’addome; poi gli puntò contro la
bacchetta e, dopo un indefinito bisbiglio cinico, lo fece andare a sbattere
contro il muro.
Dalle labbra di Draco scappò un agghiacciante urlo di
dolore. Il ragazzo sentì aprirsi una voragine nella testa che pulsava forte
causandogli un male insopportabile; si lasciò scivolare lungo il muro fino ad
inginocchiarsi e si toccò il capo con le mani, annaspando, tentando di
scacciare la pressione che martellava da dentro la testa. Quando ritirò le mani
le vide scintillare di rosso, ricoperte dal suo sangue, il sangue dei Malfoy,
quel sangue di nobili origini per cui molta gente avrebbe venduto l’anima al
diavolo pur di sentirselo scorrere nelle vene; non era più così. Anche Draco in
quel momento di disperazione, estenuato da quella lunga e sadica tortura,
avrebbe desiderato non essere il figlio di Lucius Malfoy. Forse il dolore
cominciava a dagli alla testa… la vista si stava già appannando…
Il Mangiamorte sputò a terra, vicino alle gambe flosce del
ragazzo. “Che feccia, i Malfoy. Tu non sei migliore di tuo padre, quel fallito,
ma almeno Lucius sapeva pronunciare due semplici parole…” Il Mangiamorte rimise
nella tasca del mantello la bacchetta magica. Sorrise pericolosamente. “…Avada
Kedravra!!! Buon per te che non so fare gli incantesimi non verbali, se no
a quest’ora saresti già stecchito!” E si concesse una risata indecentemente
perversa.
Draco alzò faticosamente la testa, diventata di colpo
pesantissima da sostenere, e levò fieramente gli occhi grigi sul suo
torturatore. “Sempre meglio che essere dei luridi Mezzosangue, Cortess.”
Ribatté aspramente il giovane.
Gravius Cortess rimase in silenzio, gli occhi si
iniettarono di sangue e cinque secondi dopo fu addosso al ragazzo,
tempestandolo di pugni. Draco non sentì quasi i colpi: stava diventando
insensibile ad ogni dolore fisico e questo lo preoccupò perché significava che
le sue ferite erano più gravi di quanto pensasse… ma almeno era ancora lucido.
Stanco, ma lucido.
Rispondere di rimpetto a quell’invasato di Cortess non era
stata una grande idea, ma almeno gli restava la soddisfazione di averlo
umiliato.
Il Mangiamorte si bloccò e si allontanò scostandosi dal
volto i lunghi capelli scuri in un gesto quasi altezzoso, osservando
affascinato un rivolo di sangue che scendeva lento lungo la mascella a dir poco
cadaverica del ragazzo. Draco tossì.
Cortess sorrise cinicamente. “Sei uno sciocco, Draco
Malfoy, ma servi al Signore Oscuro” disse mortificato e alzò la bacchetta
guarendogli il taglio sulla fronte, vari graffi, e il viso tumefatto dal
precedente sfogo d’ira.
Draco si alzò con la testa che ancora martellava e una
stanchezza che non aveva mai provato: tenere aperti gli occhi era un’impresa
quasi titanica, ancor di più che durante le ore di Storia della Magia. “Almeno io
non sono un Mezzosangue.”
Cortess sghignazzò “Sapevo che avresti detto così, anzi,
speravo che l’avresti fatto, quindi non mi lasci altra scelta che…” Pausa. “… Crucio!!!”
Draco sentì il corpo sconquassarsi e tentò di opporsi alla
tortura, ma l’ultimo attacco di Cortess gli aveva prosciugato le energie e quel
poco di resistenza che gli era rimasta… così spossato, così stanco… a cosa era
servito diventare un Mangiamorte? A essere torturato?
D’improvviso gli tornò in mente Silente mentre tentava di
restare in piedi appoggiandosi ad un muro e gli proponeva di passare dalla
“parte giusta”. Perché non lo aveva denunciato al Ministero? Per salvargli la
vita, per evitare che Voldemort lo uccidesse… e lui, in cambio, aveva
complottato il suo assassinio.
Stupido inutile vecchio, non è servito a niente
il tuo sacrificio…
Draco rimase quasi basito realizzando che il suo pensiero
non era sarcastico, semmai quasi… triste… dispiaciuto…
“Crucio!”
Basta!!!
Draco sentì una nuova forte scossa attraversargli il petto
e si raggomitolò sul pavimento, abbracciandosi e rotolando in preda ad un
atroce dolore.
Aiutatemi…
“Forza Malfoy, sei un Purosangue! Un po’ di resistenza! Mi
piacerebbe sapere qual è il tuo tasso di sopportazione al dolore… Crucio!”
urlò più forte Cortess, ridendo.
Draco respirò affannosamente, sbattendo gli occhi. La
vista… era tutto così confuso…
“Avanti Malfoy, in fondo ti sto addestrando! Lezione numero
uno: sopportare un Cruciatus… a casa dei Purosangue non lo insegnano? Non mi
dire che il tuo papino non ha mai testato su di te un Cruciatus! Provvedo
subito: Crucio!”
Draco gemette forte, incapace di controllare il proprio
corpo, atrofizzato e assaltato da continue fitte lancinanti.
“CRUCIO!” continuò Cortess in prede ad un folle
divertimento. “CRUCIO, CRUCIO, CRUCIO, CRUCIO!!!”
Basta… voglio che questo dolore
smetta… Lo odio: questo Mangiamorte, Potter, Silente…Voldemort… vi odio tutti!
“Fermo!!”
Draco riuscì a udire una voce lanciare uno Schiantesimo in
direzione del suo carceriere e dei passi avvicinarsi. Sbatté le palpebre
cercando di mettere a fuoco: tuttavia non riuscì a vedere altro che una figura
sfocata; una mano calda gli fasciò il capo, alzandolo da terra e l’altra si
posò sulla sua guancia. Gli parve quasi di sentire qualcuno chiamarlo…
Chiunque sia è gentile e premuroso quanto mia
madre… magari è proprio lei…
*******
Draco riprese conoscenza dopo un tempo indefinito, sdraiato su qualcosa di
morbido. Il dolore del Cruciatus era ancora vivo sotto la sua pelle anche se
poco più attenuato. Le labbra e la gola arida sopportavano a stento la mancanza
d’acqua e lo stomaco reclamava a viva voce del cibo. Le palpebre erano sempre
dolenti e pesanti, per non parlare di braccia e gambe che soffrivano ancora gli
spasmi della maledizione.
Draco sentiva il suo corpo lontano, come qualcosa che non
gli apparteneva, qualcosa talmente inutile e fastidioso che sarebbe stato
meglio buttare via. Il ragazzo si ricordò dell’Auror senza braccio vittima di
Greyback che implorava disperatamente una morte veloce e istantanea e ora anche
lui, con quell’ammasso di ossa e carne che gli pulsava dal dolore, avrebbe
preferito gettarsi via come spazzatura; era stanco, senza energia, senza voglia
di vivere.
Sentì un leggero frusciò agitarsi accanto al suo giaciglio,
ma non aprì gli occhi. Forse era Cortess: era venuto per lui, per finire il suo
lavoro e Draco non glielo avrebbe impedito, anzi, sarebbe stato quasi felice,
come l’Auror che dopo essersi fatto divorare parzialmente da Greyback aveva
smesso di urlare ed era scivolato nella calma assoluta. Il ragazzo voleva
questo: tranquillità; e Cortess gliel’avrebbe data, doveva solo sopportare
ancora un po’ di dolore. Così si decise
a riaprire gli occhi: un’enorme delusione mista ad un pizzico di sollievo… fu
questo ciò che provò alla vista di Samantha Drake che, con i più premurosi dei
riguardi lo stava curando
“E’ un unguento che attenua gli strascichi del Cruciatus”
disse la Mangiamorte mostrandogli una bottiglietta dorata “Tra qualche secondo
il dolore svanirà del tutto e riuscirai a reggerti sulle gambe.”
All’idea di rimettersi in piedi e continuare quell’ingrata
esistenza, la poca felicità che Draco aveva provato grazie alla disperata
speranza di morire gli fu strappata via. Era già stato infelice in precedenza
con la prospettiva di dover soffrire molto, ma adesso si riteneva molto più
infelice, perché aveva l’esperienza del dolore con la certezza che non sarebbe
mai finito. Una persona che si era imposta sacrifici così grandi per proteggere
la sua famiglia e per continuare a vivere, poteva ben concedersi qualche
soddisfazione; ma Malfoy era l’eccezione che conferma la regola. Si sentiva
diverso dagli altri – dai suoi coetanei, persino dai Serpeverde e soprattutto
dai Mangiamorte – e quella sua capillare differenza – sia della ricchezza, o
del sangue, o della nobiltà, o del carattere, o della disperata situazione in
cui si trovava… - lo condannava alla solitudine.
Le sue infelici riflessioni furono bruscamente troncate
dalla pressione di una mano contro il suo stomaco. Draco sbatté le palpebre un
paio di volte e focalizzò la vista su Samantha Drake che stava agitando una
mano sotto la sua tunica.
“Che… che cosa stai facendo?” strepitò il ragazzo alzandosi
di scatto e sussultando a causa dello sforzo doloroso a cui aveva costretto i
muscoli delle braccia.
La Mangiamorte lo spinse delicatamente con l’altra mano,
costringendolo a stendersi di nuovo “Stai calmo” sussurrò lei “Ti ho salvato
dalle grinfie di Cortess, ma scommetto che non te lo ricordi. Eri già una trota
lessa quando sono venuta a fermarlo per ordine del Signore Oscuro.”
Draco sgranò gli occhi, perplesso. “Sì” accennò Samantha
“Il Signore Oscuro gli aveva ordinato di punirti, non di ucciderti. Ma non ti
devi preoccupare perché grazie alle mie cure sarai in forma, bello e pimpante
in pochi giorni. Però bisogna ammettere che Gravius Cortess è una vera bestia,
un incivile oserei dire. Guarda come ti ha ridotto, ti ha malmenato peggio di
come avrebbe fatto una banda di pugili ubriachi.”
Per tutto il tempo che aveva parlato a Draco, Samantha non
aveva smesso di strusciare la sua mano contro l’addome del ragazzo che,
ignorando il motivo di quel gesto, provava un misto tra disagio e una sorta di
lascivo compiacimento.
“Ecco fatto” dichiarò la ragazza scostando la mano dalla
pelle del ragazzo “Ti ho spalmato un po’ di unguento sullo stomaco, Cortess
l’aveva martoriato di calci.”
Draco era combattuto tra il pronunciare un sommesso
“grazie” o voltare il capo, indifferente alla gentilezza della ragazza. Ma
dopotutto era una Mangiamorte e per tutti quelli che portavano il Marchio
Oscuro – compreso suo padre ed esclusa sua madre – il ragazzo provava una
servizievole reverenza. Così si decise a mormorare: “Grazie.”
La Mangiamorte sorrise in un modo così tenero e fascinoso
da far sbigottire Draco “Di niente, Drago” sussurrò lei picchiettandogli un
dito sulla punta del naso.
Quel gesto così disinvolto fece acquietare l’aura di
Mangiamorte che Draco aveva designato alla ragazza. In fondo è solo una
novellina ed è anche molto giovane, si ritrovò a pensare lui, Magari non
è poi così diversa da me.
Mentre la Mangiamorte si apprestava ad andarsene, Draco
la trattenne esclamando con tono impertinente: “Ehi tu! Io mi chiamo Draco, non
Drago!”
Samantha si girò mostrando un sorriso ironico “Bel nome!
Immagino che sia frutto della tradizione medievale inglese. E a proposito di
nomi… io non mi chiamo ehi tu, ma Samantha.”
Draco sogghignò “Nome da Babbana.”
“Io non criticherei i nomi degli altri, caro Draco,
quando il mio è andato in disuso da tre secoli.”
“E’ un nome antico e importante, a differenza del tuo che è
banalmente comune e sciatto” ribatté sprezzante il ragazzo.
“Perché ti ho salvato da Cortess?” si chiese Samantha
digrignando i denti.
“Perché te l’ha ordinato il Signore Oscuro e i suoi ordini
non si discutono” mugugnò Draco.
“Come sei servizievole, mi sarei aspettata di meglio da un
Malfoy.”
“Allora sai chi sono?”
“Più o meno. La tua triste storia la conosco e mi
dispiace.”
Draco sbuffò “Non fare l’ipocrita. Lo sanno tutti che i
Mangiamorte sono degli egocentrici.”
“Magari non tutti” disse la ragazza “Ti avverto… Ho un
fratello che è un autentico campione nello stressare le persone e posso
orgogliosamente dichiarare che sono riuscita a sopportarlo per quasi vent’anni
senza impiccarmi. Quindi, se stai cercando di spazientirmi con il tuo
caratteraccio simulato, puoi anche abbandonare il proposito.”
“Fantastico, mi serviva davvero qualcuno da usare come
persona-sfogo” ironizzò Draco.
Samantha sorrise ancora “Scherza pure. Comunque io sarei
molto più gentile con l’unico medico efficiente che si possa trovare nel Covo
Oscuro.”
“Ti sbagli, c’è anche un altro medimago tra i Mangiamorte.”
“Per questo ho detto efficiente” puntualizzò
Samantha “Ho controllato le credenziali di quel tipo e sarebbe anche capace di
farti trangugiare della cicuta come rimedio per il mal di stomaco.”
“Beh, non m’importa se sei un medico efficiente,
tanto per usare parole tue” bofonchiò Draco.
“Dovrebbe importarti dato che ogni Mangiamorte in questo
covo sembra intenzionato ad usarti come persona-sfogo, tanto per usare
parole tue.”
Draco la fissò inacidito “Evidentemente vent’anni passati
con un fratello insopportabile ti hanno resa a dir poco insopportabile.”
“Tu invece sei sopportabilissimo” scherzò la ragazza “E
non hai fratelli o sorelle che ti stressano, giusto? Riconosco alla perfezione
la puzza da viziato di un figlio unico, caro Drago.”
“Pensala come vuoi, Amanda” sibilò il ragazzo “E
se la tua memoria è talmente infima da non ricordartelo, te lo ricordo
io: Draco con la C!”
“E anche se la tua memoria è talmente infima da
non ricordartelo, te lo ricordo io: Samantha non Amanda!” gli fece eco la
Mangiamorte, godendo dell’evidente esasperazione del ragazzo “Ma se ti garba mi
puoi anche chiamare Amanda; questo nome mi ricorda una mia amica” disse
Samantha nascondendo un sorriso schifato.
“E anche a te, Amanda, se ti garba potresti
chiamarmi Drago. Anche a me piace, mi fa apparire molto…”
“Animale” gli venne in aiuto Samantha “Oh macho? No
perché, se proprio vuoi apparire macho oltre che al nome ti servirebbe anche un
aspetto un po’ più virile. Eh, povero Drago, la natura non è stata molto
generosa nel donarti muscoli.”
“La sa una cosa, cara signora Amanda” borbottò Draco “Non
dovrebbe permettersi una tale confidenza con un ragazzo molto meno vecchio
di lei; che ne dice?”
“Ma la mia era solo una constatazione disinvolta, Drago.
Certo, un lattante dalla mente giovane e immatura come la tua potrebbe aver
frainteso tutto…”
“Arrivederci, signora Amanda, ora ho bisogno di un po’ di
riposo” sbottò Draco, stizzito.
“Hai ragione, ora meriti un po’ di riposo. Per prendere
sonno preferisci una tazza di camomilla o una bella ninnananna?”
Draco le rivolse un’occhiata sicuramente non infantile o
innocente.
“D’accordo, me ne vado” si rassegnò Samantha “Buona
notte, Drago, e sogni d’oro. Sogna tanti unicorni volanti.”
Draco si scompose appena nel letto “Buona notte anche a
te, vecchia megera.”
La Mangiamorte sorrise di gusto “Se ti comporti così
sembri proprio un bambino, lo sai?”
“Fuori” sbraitò Draco da sotto le lenzuola.
“Sto andando, sto andando!” esclamò sorridente Samantha,
mentre richiudeva la porta dell’infermeria alle sue spalle.
Una volta che fu tornata la calma, Draco si concesse un
sorriso leggero “Discretamente divertente.”
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Sprpr (sorella?): ciao Sory, siamo felici di averti ritrovata; ma sei tu? Ti ringraziamo calorosamente (cm sempre x i tuoi commenti)… nel prox chap ci sarà Draco, quindi nn puoi perdertelo (anke se soffrirà un po’) (ops, ti abbiamo dato un indizio sul prox chap -_^) Kiss KS
Charlotte Doyle: il tuo commento ci ha fatto gioire interiormente. Sei furba e dotta, come hai fatto a cogliere la discrepanza per quanto riguarda Petunia e la family Evans? Noi ci avevamo pensato, ma poi, per esigenze di copione, abbiamo preferito accantonare la questione. Non c’è pericolo di incoerenza con la storia della Rowling perché più tardi nella storia ci sarà una bella scena che spiegherà il motivo di questa scelta. Ancora complimenti per la tua arguzie. Speriamo di risentirti; guarda che ci contiamo. Peace KS
Hermione CH: ben arrivata; i tuoi complimenti sono super-apprezzati da Kaho. Speriamo di non deluderti cn il prox chap (impossibile ndKahoSamy). A’ bientot KS
James e Lily: innanzitutto, complimenti xké anke noi amiamo qst coppia (ProngsxLily,. Cn i Malandrini – escluso ovviamente il Sorcio di Fogna, alias Peter Minus – e *ç* ndKaho); non possiamo dare indicazioni precise sui prox chap ma c’è una bella combutta famigliare ke scoprirai continuando a leggere. Se sei una fan dei Mala non puoi perderti il prox chap (ops, abbiamo dato info top-secret) Kiss KS
Siangel187: ben tornata!! Siamo sempre felici di ricevere i tuoi complimenti ^///^; x la scena di Lupin: nn preouc, c’è ne saranno sicuramente altre altrettanto esilaranti (e imbarazzanti); sì, la Mangiamorte era propria Samantha; la faccenda psicologica di Samantha rimarrà un costante mistero fino all’ultimo chap di HP7… dopo capirai… Ciao KS
Evanescense87: grazie, grazie, grazie (!!!!!!!) Siamo molto felici e orgogliose (io direi esaltate ndKaho). Non c’è timore x il seguito della storia; siamo arrivate a 6 chap conclusi e il progetto trilogia è troppo importante, nn si può abbandonare, anke xké Samy nn vede l’ora di poter descrivere i figli dei nostri eroi (in particolare di 1 ndSamy)… ciao, baci KS