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Autore: Kaho    26/07/2006    9 recensioni
[Fanfic a quattro mani scritta da Kaho e Samy]
Dopo il preludio in “Harry Potter e il Principe Mezzosangue” la Seconda Guerra si scatena ancora più violenta con terribili ripercussioni sul mondo babbano. Tra un’inarrestabile colonia di Dissennatori, squadroni di Inferi, draghi, giganti e sanguinolenti Lupi Mannari Harry Potter inizia la disperata ricerca di R.A.B. e degli Horcrux rinunciando al suo settimo anno. Ma nel bel mezzo di questo mondo travagliato dalle continue battaglie non manca il romanticismo e lo humor con l’amore inconfessato tra Ron e Hermione, l’affetto che nasce tra Harry e Ginny ostacolato dalla guerra e l’ambigua relazione tra Draco e una Mangiamorte.
“Ti ho disarmato, Harry Potter. Ora sei morto… ma prima…”
[Main Couples Hermione/Ron, Harry/Ginny, Draco/Samantha. Altre: Remus/Tonks]
Questo è un'ipotetica fine di Harry Potter, e tutto ciò che vi è narrato è un'invenzione delle autrici, perciò non vi sono Spoiler del vero settimo libro. Se qualche elemento coincide, è un puro caso.
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Past Legacy'
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CAPITOLO 2 – “MATRIMONIO ALLA TANA”

Capitolo 2 – “Matrimonio alla Tana”


Quando la morsa all’ombelico – ormai solo un fastidioso solletico – cessò, Harry seppe di essere arrivato a destinazione, la Tana. Anche se i suoi pensieri erano rivolti alla signora Figg, il ragazzo si rallegrò alla vista dei lunghi campi arati della campagna inglese che precedevano la Tana e istintivamente prese un bel respiro, godendosi quell’odore di terra tipico degli ambienti agresti.

 

Poco dopo Harry si voltò verso il suo ex professore di Difesa contro le Arti Oscure fissandolo con due occhi smeraldo angosciati. “Remus…” iniziò, ma la sua voce fu subito surclassata da quella decisa e seria di Lupin che gli disse: “Vado a cercare aiuto. Tu vai alla Tana, senza indugi. Lì sarai al sicuro.”

 

Harry annuì: “Va bene. Ma fai…”

 

Il licantropo gli sorrise brevemente e in un attimo si smaterializzò davanti ai suoi occhi. Harry rimase fermo per un momento, guardando il vuoto. “…in fretta” completò la frase. Remus era uno dei membri più in gamba dell’Ordine e svolgeva con minuzia ogni incarico a lui affidato e s’impegnava sempre con costanza quando si trattava di aiutare il prossimo: la sig. Figg era in buone mani.

 

Grazie a questo pensiero rassicurante, l’apprensione di Harry per la Magonò si affievolì e i muscoli del collo si distesero. Harry si incamminò a lunghe falcate verso la casa dei Weasley, la numerosissima famiglia di pel di carota, che in pratica lo aveva adottato.

 

La Tana, così era chiamata la piccola costruzione in legno dove viveva la famiglia, era per Harry l’unica casa dopo Hogwarts, la scuola di Magia e Stregoneria che quell’anno non avrebbe più frequentato.

 

Scuotendo lievemente la testa, contrariato dalla piega che avevano preso i suoi pensieri, affrettò ancor di più il passo, impaziente di potersi rilassare coi suoi amici, Hermione e Ron, e finalmente di poter assaporare i dolci appena sfornati della signora Weasley.

 

Harry arrivò ben presto alla porta amichevole della Tana. Bussò e attese.

 

“Chi va là?” chiese una nervosa voce femminile da dentro casa, voce che Harry identificò come quella di Molly Weasley.

 

“Sono io signora Weasley” rispose Harry, acquattandosi un poco in modo che la madre di Ron lo potesse vedere dal basso spioncino.

 

“Oh, Harry caro…”

 

Il giovane mago udì il rumore del chiavistello, ma la porta non si aprì, anzi, la voce possente d’un uomo – Arthur Weasley – fermò la moglie, rimproverandola. “Molly… la parola d’ordine!”

 

“Ma Arthur, è solo Harry, e mi sembra una buffonata così…” la voce si alzò di un decibel, e il tono con cui Molly Weasley si rivolse al marito divenne più tagliente “E va bene, Arthur, se proprio insisti, lo farò.” La voce mutò ancora, diventando quasi di zucchero filato. “Scusa, Harry caro, ma mi sapresti dire il nome del primo animaletto domestico di Hagrid?”

 

Harry sorrise tra sè ripensando a come Molly detestasse tutti quei cerimoniosi sistemi di protezione. “Aragog.” Rispose e finalmente l’uscio si aprì.

 

Neanche passato un millisecondo Harry fu abbracciato di slancio dalla tarchiata mamma di Ron, che quasi pianse dalla contentezza nel vederlo lì, al sicuro. Ormai anche per i signori Weasley Harry era come un figlio adottivo; e per quanto Harry adorasse tutti e fosse felice di questo, le dimostrazioni della signora Weasley erano sempre... imbarazzanti. Ma piacevoli, a modo loro. L’affetto era ciò che gli era mancato nella sua infanzia.

 

“Oh, caro, eravamo così… preoccupati…” singultò, mentre Harry, imbarazzatissimo, tentava di calmarla con piccole pacche affettuose sulla schiena, balbettando: “Sto bene, signora Weasley…”

 

A salvarlo venne prontamente il signor Weasley. “Fai entrare il povero Harry, Molly, sarà stanco per il viaggio.”

 

“Oh, certo, certo…” La signora Weasley si spostò di lato, lasciandolo libero di respirare, e Harry entrò finalmente in casa. “Accomodati pure, Harry caro. Tra dieci minuti sarà pronto…”

 

“Ottimo. Salve signor Weasley, Charlie…” salutò Harry togliendosi il mantello e appoggiandolo su un appendiabiti che il giovane mago non aveva mai visto. Guardandosi bene intorno notò che tutta la casa era stata rassettata di recente, anche se l’arredamento non era cambiato. Eppure a Harry pareva meno polverosa e più ordinata di quanto fosse stata in quei sei anni.

 

Charlie, il maggiore dei sette fratelli Weasley, sorrise divertito osservando lo stupore di Harry, che continuava a girare su sè stesso come una trottola, sorpreso.

 

“È inutile che tenti di scavare un buco nel pavimento per rovinare il lavoro di mamma, Harry. Ha messo un incantesimo contro sporcizia e disastri domestici generali…” lo avvertì, ridacchiando leggermente.

 

Harry aprì al bocca, ma da questa non uscì alcun suono.

 

“Ah, se cerchi Hermione e Ron sono nel retro…”

“Grazie Charlie…” riuscì finalmente a dire Harry, precipitandosi, non poco incuriosito da quel strano fattore, verso il retro della casa, dove sperava di trovare i suoi migliori amici, nonché compagni di mille avventure: Ronald Weasley e Hermione Granger. La gioia di poterli riabbracciare gli fece dimenticare sia l’apprensione per la signora Figg che la curiosità di sapere cosa era mai avvenuto in quella che era sempre stata la disordinatissima Tana.

Harry si mise quasi a correre quando sentì due voci molto famigliari borbottare tra loro, stuzzicandosi come al solito. Il ragazzo scosse la testa, tra il divertito e l’esasperato, mentre si fermava dietro ad un cespuglio per sbirciare i suoi amici, trattenendo una risata nel vedere in quale stranissima situazione si erano andati a cacciare: evidentemente Ron era riuscito a convincere Hermione, in qualche assurda maniera, a salire su una scopa magica.

 

Ad Hermione volare non era mai piaciuto perché, probabilmente, non eccelleva al massimo nelle lezioni di Volo, che, a dirla tutta, rappresentava per lei la “materia incubo”. Intelligente, sensibile, coraggiosa, come ogni degno Grifondoro, ligia allo studio e pignola era quasi l’esatto contrario di Ron, che invece era pigro, spontaneo, coraggioso, ma l’amico più leale del mondo. E appunto, mentre assisteva di nascosto alle lezioni private che Ron stava impartendo ad Hermione, Harry si rese piacevolmente conto di come due opposti si attraggono.

 

Tuttavia, il ragazzo rimaneva all’oscuro del motivo, se per orgoglio, timidezza, gelosia o che cos’altro, per cui non si fossero ancora dichiarati, nonostante l’ovvietà dei sentimenti, ovvietà forse solo per occhi esterni. Ma anche Harry Potter, che non era particolarmente sensibile alle faccende romantiche, aveva identificato la loro dannata e ossessiva gelosia come “cotta” o addirittura “innamoramento”. Ma il ragazzo si ritrovava puntualmente in mezzo a questi due esseri innamorati persi e inconsapevoli.

 

Questa situazione gli aveva quasi fatto guadagnare un’emicrania perenne e Harry, rinunciato di rendere partecipi i due dell’ovvio affetto che provavano per l’altro, aveva preferito cedere questo arduo compito al corso naturale delle cose. E qui si presentava una buona occasione…

 

“No, Hermione, devi essere più decisa nel chiamare a te la scopa.”

 

“Io sono decisa, Ron!” Hermione, una scopa appoggiata a terra al suo fianco, incrociò le braccia sul petto, sdegnata.

 

Ron si grattò il mento, pensieroso, non notando – o fingendo di non notare – l’atteggiamento scontroso della ragazza. “È  sbagliato come lo fai tu, Herm, devi essere più… non deve essere un obbligo… la scopa non è qualcosa senz’anima” Hermione inarcò un sopracciglio e le orecchie di Ron assunsero una colorazione purpurea “volevo dire che ha una sua… come dire… sensibilità. È magica, Hermione, non dimenticarlo. Devi voler davvero imparare a volare.”

 

Harry era indeciso su cosa fosse più divertente: Hermione che tentava di volare o Ron che le faceva da maestro.

 

“E se io non volessi?!”

 

Ron alzò le spalle. “Andiamo Herm! Tu devi aver desiderato almeno una maledettissima volta di saper volare!”

 

Ecco che cominciano ad innervosirsi…pensò amaramente Harry.

 

“E se il pensiero di volare non mi avesse neppure sfiorata? Non tutti vivono per essere il Re del Quiddicth, Ron.” Ribatté Hermione con quel suo tono di sussiego che Ron odiava.

 

Ron esplose, le si avvicinò allungando le gambe lunghe e la scosse leggermente: “Diamine, Herm, vuoi dire che non hai mai invidiato me ed Harry, o Ginny mentre volavamo in alto? Non hai mai voluto provare le brezza di non stare coi piedi per terra, di sentire il vento schiaffeggiarti la faccia?! Mai, mai, mai?!!”

 

Hermione non rispose.

 

Harry dal suo nascondiglio emise un piccolo fischio d’approvazione. La perla di saggezza di Ronald Weasley. Una perla preziosa, una su dieci contro le nove su dieci di Hermione Granger. Eh bravo il nostro Re…

 

Ron rimase un attimo in piedi vicino all’amica. “Oh, va al diavolo!” Ron si voltò e fece per andar via, quando successe una cosa che Harry non si sarebbe mai aspettato: la mano di Hermione lo trattenne per il polso. Ron si voltò, il volto in fiamme, guardando con gli occhi azzurri sbarrati la sua migliore amica mordersi un labbro nervosamente.

 

“…io… l’ho desiderato più di una volta Ron.” Hermione confessò questo con estrema lentezza, come se ogni parola le costasse uno sforzo immane. “Ma non ce la faccio, ci ho provato al primo anno, e anche due estati fa, con Victor… non ce la faccio, Ron, non ne sono capace…” la tristezza con cui disse questo toccò Harry quasi quanto toccò il suo migliore amico.

 

Hermione abbassò lo sguardo, dispiaciuta e amareggiata, tormentandosi ripetutamente il labbro. Ron le posò l’indice della mano destra sotto il mento, alzandolo in modo che i loro sguardi si incrociassero. “E se provassimo insieme…?” le suggerì dolcemente.

 

Hermione tirò su col naso e annuì, un grosso sorriso stampato in faccia. “Va bene…”

 

Sotto gli occhi increduli di Harry, il suo migliore amico le strinse forte la mano, mentre Hermione ordinava con tranquillità alla scopa: “Su”

 

La vecchia Stellafreccia di Ron si alzò in volo, a circa un metro d’altezza, per consentire al passeggero di salirvi. Hermione si voltò un’ultima volta verso Ron, che sorrise e le strinse convulsamente la mano, dicendole un muto “Io credo in te.”

 

Hermione assunse un cipiglio deciso e montò sulla scopa, muovendosi per un attimo incerta e incredula sul veicolo magico.

 

“Ricorda di non frenare bruscamente e di andare piano per la prima volta, potresti cadere…” le diede un ultimo avvertimento Ron.

 

Hermione annuì nuovamente, afferrando saldamente con una mano il manico di scopa, esitando prima di lasciare la mano di Ron, che solo in quel momento parve accorgersi dell’atmosfera che si era venuta a creare. L’aria ristagnava dell’elettricità che era scaturita dai due.

 

Le lasciò libera la mano, che andò a stringersi sul manico di scopa. Hermione respirò profondamente. “Ok, ce la posso fare.” Si disse, cercando lo sguardo di Ron. La ragazza sorrise e si diede una piccola spinta verso l’alto, strizzando gli occhi per una manciata di secondi; li riaprì, stupita e  soddisfatta: non era caduta e stava… volando!!

 

Ad Harry per poco cadde la mascella nel vederla librarsi in aria, prima con qualche incertezza di troppo, poi man mano sempre più rilassata e a suo agio, ridendo per la facilità dell’impresa che fino a pochi minuti prima aveva reputato impossibile.

 

Ron se ne stava a terra, la mano sulla sua Tornado, pronto a scattare in caso di minimo pericolo per Hermione; un sorriso allegro e appagato gli illuminava gli occhi.

 

Questo, per Harry, era il massimo esempio di come i suoi due amici fossero irrimediabilmente legati l’uno all’altra. E di questo non poteva che rallegrarsene, la felicità di Ron e Hermione era la sua felicità… Hermione e Ron erano la sua famiglia, ancor prima di tutta la famiglia Weasley, perché erano stati i primi veri amici di Harry, non lo giudicavano perché era il Bambino Sopravvissuto, ma lo apprezzavano perchè era Harry, semplicemente Harry.

 

Che famiglia strana, pensò. Si chiese com’era una famiglia normale, padre-madre-figli. In quel momento, il suo desiderio più nascosto, quello più celato dal suo cuore, gli pizzicò la mente. Una famiglia. Lui voleva avere una famiglia tutta per sè. E il pensiero della persona con cui avrebbe voluto formarla lo riportò alla realtà, facendogli gemere il cuore.

 

“AAAAAH!!!”

 

La sua attenzione fu nuovamente catturata da un movimento brusco di Hermione, che si sbilanciò in avanti; la ragazza aveva perso il controllo sul mezzo e stringeva convulsamente il manico della scopa e gridava, chiedendo aiuto. Harry tirò fuori dalla tasca dei jeans la bacchetta, pronto a intervenire, ma si bloccò vedendo Ron raggiungerla velocemente sulla sua Tornado. Ron si allungò verso Hermione, aprendo le braccia e portandola sul suo manico di scopa; mentre scendevano a terra, la Stellafreccia – che evidentemente per la sua età aveva perso molta stabilità ed era stata, forse, la causa di quell’incidente – si schiantò a terra e si frantumò in minuscoli pezzetti di legno. Hermione, i piedi a terra, osservava inorridita il punto dove la scopa era caduta, spaventata, e si accoccolò tra le braccia di Ron, piangendo. Inizialmente, Ron era impacciato e imbarazzato, indeciso; poi si lasciò andare, abbracciò forte Hermione, accarezzandogli i capelli riccioluti, sussurrando frasi che Harry non comprese, ma che immaginava dolci e confortanti, poiché ebbero l’effetto di placare i singulti di Hermione.

 

Harry non poté trattenere un moto d’invidia verso i suoi amici, pentendosi subito dopo di questo, e sentendosi un vero verme: invidioso dei suoi migliori amici… in fondo, aveva voluto lui che la sua storia con Ginny finisse no?! È meglio così, si ripeté inflessibile, meglio così…

 

“Harry, che ci fai lì accovacciato?”

 

Harry Potter si girò arrossendo lievemente e incrociò lo sguardo interrogativo dei due gemelli di casa Weasley, Fred e George, che erano già saltati al suo fianco, guardandosi intorno, curiosi di scoprire cosa stesse osservando così segretamente Harry. Hermione e Ron, nel frattempo, si erano staccati: Ron aveva il viso rivolto a terra, le orecchie uguali ai suoi capelli rossi, mentre Hermione si asciugava velocemente gli occhi con la manica della felpa grigia.

 

I gemelli sorrisero nella stessa maniera, con la stessa angolazione della bocca, assomigliando vagamente a due statue identiche. “Ehi, fratellino, non pensavo ti piacesse così tanto provarci in giardino con un pubblico così nutrito!” esclamò Fred.

 

Ron ribatté velocemente. “Non è come sembra…”

 

George lo fermò: “Infatti è più di quel che sembra, vero Fred?”

 

“Mooolto di più! È pronta la cena…” e sghignazzando i due gemelli rientrarono in casa.

 

Harry si aggiustò sul naso gli occhiali, impacciato. “Ehm… ciao, sono arrivato da poco…” esordì per rompere il ghiaccio, odiando il silenzio imbarazzante che era calato tra il trio.

 

La prima a riprendersi fu Hermione, che lo raggiunse, baciandogli la guancia. “Oh, ciao Harry come stai?”

 

“Bene. E tu, Mione?”

 

“Molto bene, grazie… scusa se scappo, ma devo andare a… ad aiutare la signora Weasley a servire! Ci vediamo dopo!” si congedò velocemente, le guance che le andavano a fuoco a causa dello sguardo che aveva scambiato con Ron mentre pronunciava “Molto bene”.

 

Quando fu sparita, Harry si rivolse al suo migliore amico con un ghigno trionfale e insieme malizioso sulle labbra. Ron disse frettolosamente: “Non fare commenti, Harry!” e si lanciò verso la porta per entrare in casa. Harry lo seguì, seppur faticando a tenergli testa; quando lo raggiunse inclinò il viso di lato e domandò in tono casuale: “Allora… che stavate facendo tu ed Hermione tutti soli di fuori?”

 

Ron si affrettò a salire le scale e, spinto Harry dentro la sua stanza – dove dormivano insieme – lo guardò quasi impaurito e gli chiese: “Da quanto eri lì?”

 

Harry si portò l’indice sul mento, fingendo di rifletterci un attimo. “Da poco… ma pochi attimi posso essere fatali, non trovi?”

 

La sottile allusione fu colta da Ron che si lanciò sul suo letto, affondando il naso coperto da lentiggini nel materasso.

 

“Miseriaccia!”

 

Harry si sedette sul letto di fronte, le mani appoggiate sulle ginocchia, e ghignò vedendo il suo amico così… smarrito. L’idea di Harry era che entrambi non volevano accettare la realtà… ma prima o poi… il ghigno si allargò.

 

“È morbida Hermione?”

 

Ron saltò letteralmente per aria, guardandolo come se fosse un alieno, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua, le orecchie che si coloravano già di rosso. “Io… lei… ecco…”

 

Harry rise. Ron lo fulminò. “Oh, va a quel paese, Harry!” sbottò Ron girandosi su un fianco, intenzionato a non parlare più con Harry, per punirlo della stupida domanda.

 

Harry si alzò e si sedette sul bordo del letto di Ron, che rimase zitto e immobile. “Oh, scusa, ho esagerato un poco, lo ammetto.” Ron non diede segni di vita. “Scendiamo, prima che tua madre ci faccia lavare i piatti alla maniera babbana come punizione per essere arrivati in ritardo a cena.”

 

Harry si alzò facendo molleggiare leggermente il letto, Ron si girò su un fianco, osservando Harry da sotto un braccio, mentre questi apriva la porta con falsa galanteria.

 

Ron sorrise. “Ok, perdonato!” uscì e aspettò Harry che chiudeva la porta al suo fianco.

 

“Comunque… lei è molto morbida…” il tono era così lieve che Harry faticò a sentirlo, ma, compreso, sorrise all’amico. “Lo sapevo… ma sentirtelo ammettere è troppo esaltante…” gli confessò, guadagnandosi una pacca amichevole sulle spalle.

 

Ma il buon umore di Harry non era destinato a durare per molto…

 

“Buonasera, Harry.”

 

Harry sgranò gli occhi, il cuore che batteva forte, quasi volesse uscirgli dal petto, causandogli un dolore sordo. “Ginny…”

 

Virginia Weasley – detta Ginny – era la ragazza che affollava ormai da tempo i sogni di Harry e che lui aveva lasciato due settimane prima pensando di poterla salvare dalla mano malvagia di Voldemort. E ora era lì, davanti a lui, i capelli rossi, marca Weasley, sciolti sulle spalle coperte da una felpa blu scuro che era appartenuta a Ron, gli occhi verde chiaro, striati di marrone, che lo scrutavano facendolo sentire piccolo nonostante la superasse di parecchi centimetri, e la bocca stretta in un falso sorriso gioioso. Harry sentì la tensione tagliare l’aria.

 

“Muovetevi, è pronto.” Fu l’unica cosa che la ragazza disse prima di precederli giù per le scale.

 

Harry rimase immobile davanti alle scale, Ron era già al terzo gradino e lo guardava preoccupato. Poi il rosso fissò il punto in cui era scomparsa la sorella, e si voltò verso Harry. “Ah, le donne… c’è un potere più grande di loro?!” chiese ad alta voce.

 

Harry si trovò d’accordissimo. E con questa azzeccata constatazione, seconda perla di saggezza, Harry si apprestava a rivalutare la saggezza di Ronald Bilius Weasley.

 

*^*^*^

 

La cena fu consumata allegramente. Quattro tavoli furono sistemati nel giardino in modo da farci stare tutti i commensali: Harry e Hermione, la famiglia Weasley al completo, meno Bill (e ovviamente Percy) e Fleur, che Harry aveva scoperto a Londra per provvedere agli ultimi preparativi per il matrimonio che si sarebbe svolto lì alla Tana tra due giorni; ed ecco svelato l’arcano dell’ordine.

 

A cena erano stati invitati anche Remus e Tonks, ora in gran forma con i capelli rosa shocking corti che le cadevano sulle spalle, con innovative ciocche bionde, e quell’allegria che a Harry era un po’ mancata l’anno precedente.

 

“Ehi, Harry! Mi faresti un favorino?” gli chiese appena incontrati.

 

Harry annuì “Quello che posso.”

 

Tonks sorrise divertita. “La prossima volta che devi fare l’interrogatorio sulla relazione che ho con Remus, vieni da me. Quando è tornato a casa era ancora mezzo sconvolto e continuava a ripetere: E’ incredibile come Harry sia diventato così simile a James, anche nelle battutine smaliziate…!; secondo Remus hai ereditato la sua… come l’hai definita, Rem? Ah già, ‘sfacciataggine!”

 

Tonks ridacchiò, Remus arrossì. “Beh… non è andata proprio così, Ninphadora!”

 

“Sciocchezze… vado a salutare Molly!” e si allontanò.

 

Harry trattenne Lupin per la manica della giacca. Lo sguardo triste che Remus gli rimandò non fu di buon auspicio. Harry sentì tutto il suo corpo rabbrividire, quasi conscio della risposta alla domanda che stava per porre…

 

“Remus… la signora Figg…?”

 

Remus gli poggiò una mano sulla spalla, il volto fattosi incredibilmente pesante, si chinò a terra. “E’ scomparsa, il suo corpo non si trova… ma Kingsley dice di aver visto una luce verde, prima di entrare. La luce di un Avada Kedravra.” Fece una piccola pausa. “Mi spiace, Harry.”

 

Il sesto senso di Harry l’aveva in qualche modo preparato a quell’ennesimo colpo… ma non poteva restare indifferente di fronte alla morte. Un’altra vittima innocente. Harry sentì un forte peso sullo stomaco, la responsabilità che gravava su di lui, il Prescelto. Sono l’unico capace di fermare Voldemort…In quei momenti la responsabilità era tale da farlo sentire più vecchio della sua età e, quasi, da poter toccare la corrente di eventi che lo allontanava dall’adolescenza… e un terribile sconforto si impossesso di lui.

 

“Non… non sentirti in colpa…” mugugnò Harry rivolto a Lupin.

 

Remus lo scrutò a lungo, osservando ciò che si dibatteva nei suoi occhi verdi e alla fine scosse la testa. “Lo stai dicendo a me o a te stesso, Harry?”

 

Ora Harry era seduto accanto a Ron e teneva lo sguardo fisso sul suo tacchino con patate, incapace di mandar giù un solo boccone a causa dell’eco della recente conversazione con Lupin che continuava a tormentargli la coscienza. Ron lo guardò a lungo, ma non gli disse niente, si limitò a stringergli una spalla per una manciata di secondi. Harry gli fu profondamente grato, il silenzio era quello di cui aveva bisogno ora. Forse questo atteggiamento sembrava sbagliato, ma per Harry era un gesto di fiducia da parte di Ron, come se rispettasse lo stato sconsolato e quasi inanimato che si prendeva sempre più di frequente possesso di lui. Dalla morte di Silente era più restio a mostrare i suoi sentimenti e prendeva molte più decisioni da solo, estraniandosi inconsciamente, acquistando man mano un’indipendenza che lo allontanava inesorabilmente dai suoi amici. Ma sapeva che Ron gli era vicino: bastava uno sguardo e capivano di poter contare sull’appoggio dell’altro.

 

“Harry perché non mangi?”

 

Hermione, per contro, non capiva quando chiudere la bocca.

 

“…non ho molta fame, Hermione…”

 

“Non dire stupidaggini, non avrai ancora mangiato niente!” esclamò stizzita la ragazza.

 

“Davvero Hermione, io non…”

 

“Mangia o mi costringerai ad imboccarti.”

 

Ron ridacchiò sottovoce. Harry sospirò, o meglio sbuffò, e obbedì suo malgrado inghiottendo una patata e scoprendosi piuttosto affamato; svuotò il piatto sotto lo sguardo ammonitore di Hermione e dovette mangiarne anche una seconda porzione, che il suo stomaco accettò con fatica, sempre a causa della maniacale apprensione di Hermione e della signora Weasley, costantemente preoccupata per la nutrizione del ragazzo.

 

“Harry vuoi un’altra fetta di torta?”

 

Hermione gli porse un piattino con un invitante dolce ai frutti di bosco. Peccato per lo stomaco di Harry che si era già trangugiato a fatica due porzioni di tacchino con patate e una fetta di torta con una manciata di biscotti al cioccolato.

 

“No davvero, sono pieno…”

 

Hermione gli mise sotto il naso il piatto e l’odore del dolce gli arrivò alle narici, dandogli un lieve sentore di nausea. “Solo un poco Harry…”

 

“Hermione, non ho proprio fame…”

 

Ron agguantò dal piatto la fetta. “Io però sì!”

 

Hermione s’accigliò, si allungò sul tavolo e gli tirò un orecchio, facendolo diventare violaceo. “Era per Harry non per te, idiota.”

 

“Ahia!” Ron gli lanciò un’occhiata furiosa. “Ma se non la vuole è un peccato sprecarla, no?!”

 

Hermione inarcò un sopracciglio. “Ma Harry avrà mangiato poco o niente dai suoi zii, quindi è giusto che reintegri le energie.”

 

Harry si passò una mano sulla faccia, annientato: l’episodio del pomeriggio non aveva affatto migliorato il rapporto tra i due, per sua sfortuna!

 

La signora Weasley annuì. “Oh, giusto! E poi il cibo di campagna è genuino, quello di cui hai bisogno. Harry caro, ti taglio una fetta di torta? Sì?”

 

Un’altra. Sono perduto. Non che ci tenga particolarmente alla linea, ma così non riuscirò nemmeno a salire su una scopa.

 

“Io…”

 

“Harry non è un maiale che deve andare al macello, mamma. Se non ha fame, lasciatelo in pace.” Harry alzò gli occhi verso la sua salvatrice che evitò con cura di guardarlo in faccia: Ginny aveva il volto abbassato e tagliava col cucchiaio una mousse di yogurt. Il ragazzo cercò di svincolare lo sguardo che fissava ostinato la rossa, ma ogni tentativo fu vano: sembrava che avesse un paraocchi rigido che gli impediva di osservare altro, se non il capo ramato di Ginny.

 

Il cigolio di una sedia trascinata sul pavimento gli fece capire che Hermione si era riseduta a tavola. “Hai ragione, Gin.” Convenne la sua amica aggiungendo: “Ma questo non significa che Ron si sia comportato da benemerito cafone…”

 

Ron grugnì. E in quel momento gli occhi di Ginny si fissarono su quelli di Harry. Il ragazzo fu attraversato da un brivido indefinibile e d’istinto distolse lo sguardo. Si rivolse in fretta e furia a Ron e Hermione, interrompendo il principio di un altro litigio: “Venite, devo parlavi.”

 

I due lo guardarono un po’ straniti, ma si decisero a seguirlo in giardino, salutando educatamente gli altri commessali. Harry gli raccontò per filo e per segno tutto ciò che gli era successo nelle ultime settimane, dalla sua decisione di non entrare mai più nella casa degli zii alla morte della signora Figg.

 

“Oh, Harry…” singultò leggermente Hermione, appena seppe la notizia. “Deve essere molto difficile da sopportare…”

 

“Lo è per tutti… è colpa di questa guerra” commentò Harry cercando di sembrare forte e rilassato, in perfetto contrasto con ciò che in realtà sentiva.

 

“Ma per te, ora che sai della Profezia, tutto deve pesare almeno il doppio…” continuò Hermione.

 

Harry si allontanò dai due amici e ritornò verso la casa. “Torniamo dentro, comincia a diventare freddo.”

 

Hermione e Ron non commentarono e lo seguirono dentro casa, dove si sedettero vicino a lui, davanti al focolare acceso. Lupin li raggiunse con un sorriso, accomodandosi accanto a Harry.

 

“Eccovi… ma dove vi eravate cacciati?” chiese.

 

Hermione alzò le spalle. “Un giro intorno alla casa a parlare un po’…”

 

“Cose tra amici, vero?”

 

Tutti e tre annuirono. “Già…”

 

Harry avvertì lo sguardo apprensivo di Remus su di sè, ma continuò a osservare il fuoco con testardaggine, leggermente imbronciato. Voleva solo essere lasciato in pace. La compassione era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.

 

Lupin si sistemò meglio sulla poltrona rattoppata e tirò fuori una pipa, la caricò e aspirò la prima boccata. Hermione sgranò gli occhi color cioccolato, mentre Ron sorrise raggiante.

 

“Non ci posso credere… Remus non dirmi che fumi?!” esclamò il rosso.

 

Lupin scrollò le spalle. “Alle volte. Solo pipa, però.” Rispose.

 

Hermione intervenne decisa: “Ma non lo sai che è dannoso alla salute?! È provato scientificamente che le difese dei fumatori sono ridotte rispetto ad un individuo che non fuma e…”

 

“E chi te l’ha detto, Hermione?” le chiese Lupin.

 

Hermione si strinse nelle spalle. “Nel mondo babbano è l’argomento del giorno, perchè sono in molti coloro che fumano e che contraggono cancri al polmone o…”

 

“Sciocchezze.” Disse Ron.

 

Hermione si voltò verso di lui, incollerita. “Ron, ho letto articoli su articoli su questo argomento da riviste dei miei genitori… non puoi negare che il fumo fa male alla salute…” ribatté la ragazza.

 

Ron alzò le spalle. “Mai sentito che fa male.”

 

“Certo, oltre ai libri sul Quidditch non leggi nient’altro!”

 

Ron si infiammò: “Il fumo magico non è nocivo! Leggiti qualche deplian del San Mungo, sapientona!”

 

Lupin si mise una mano davanti alla bocca e rise piano. “Per Merlino, voi due assomigliate terribilmente a Lily e James… perfino quando ormai era palese l’attrazione che provavano l’uno per l’altra non facevano che litigare…” commentò pacatamente,  formando una nuvoletta di fumo.

 

“Non è vero!” tuonarono insieme Hermione e Ron, entrambi rossi in viso.

 

Remus contenne una risata dietro un colpo di tosse e ricominciò: “Eppure come Lily e James litigate per cose banalissime senza voler mai ammettere di essere in torto. E molte volte, anche sposati, i signori Potter litigavano ancora!”

 

Harry si scordò completamente il suo intento di estraniarsi dal resto del mondo e rimase molto incuriosito e interessato da ciò che disse Remus. Sapeva ben poco dei suoi genitrici e quindi si voltò verso Lupin prestando la massima attenzione al racconto.

 

Ad Harry venne in mente il quinto anno ad Hogwarts quando aveva preso lezioni di Occlumanzia dall’odiato Professor Piton ed era incappato per sbaglio nel suo Pensatoio, assistendo alla pubblica umiliazione del Serpeverde ad opera di James e di Sirius, e non aveva certo scordato la compassione e il coraggio di sua madre nel difendere Piton e l’avversione e la stizza nell’affrontare il padre. All’epoca aveva quasi provato un moto di pietà nei confronti di Piton, vittima dei sotterfugi dei Malandrini, ma ora che aveva avuto la prova del reale tradimento di Piton nei confronti dell’Ordine della Fenice e soprattutto verso Silente, di cui era l’assassino, non poteva che approvare incondizionatamente il comportamento di suo padre e di Sirius.

 

Al ricordo di quell’episodio gli venne spontanea una domanda: “Remus… mi potresti dire quando mio padre e mia madre hanno iniziato a frequentarsi?”

 

Remus prese una boccata con la pipa, pensieroso. “Quando è nato il loro interesse l’uno per l’altra, intendi?” gli chiese, e Harry annuì. Lupin sorrise. “Oh, tuo padre era cotto di Lily già dal quinto anno e non passava gita a Hogsmade che tua madre ricevesse un invito da parte di James a uscire con lui… Lily non era entusiasta della cosa perché vedeva James solo da un lato: quello del bravaccio. D’altronde lui e Sirius erano dei veri idoli dentro le mura di Hogwarts, venerati da tutti i Grifondoro (meno tua madre, ma te l’ho detto: li vedeva solo da una prospettiva), rispettati da Corvonero e Tassorosso e odiati dai Serpeverde. Lily non approvava come Ramoso e Felpato sfruttavano il loro intelletto. In pratica amavano sfoderare ogni genere di incantesimo per verificare il proprio talento e sostenevano che tormentare Piton allietasse le loro giornate; per questo Lily scansava ogni invito di James. Ma tuo padre era davvero molto ostinato e una volta aveva tentato persino di creare una pozione d’amore… che Mrs Purr ingerì poi per sbaglio; a causa di questo disastroso incidente James era stato perseguitato per due intere settimane da quella gattaccia, facendo ingelosire parecchio Gazza.” Lupin alzò gli occhi al cielo, Ron e Hermione risero insieme e ad Harry scappò un sorrisetto.

 

“E come… come ha fatto il padre di Harry a farla innamorare?” chiese Hermione, appassionata dal racconto.

 

 

“La prima mossa fu un mazzo di rose rosse e un profumo di Madama Magnolia, che avrebbe sicuramente funzionato se non fosse stato per la dedica.” Remus fece una pausa per dare enfasi al seguito. “Alla mia deliziosa secchioncella. Il tuo fighissimo James.”

 

Ron allargò gli occhi, poi si mise le mani sulla pancia e si rotolò sul tappeto, commentando tra una risata e l’altra: “Nemmeno tu ed io, Harry, potremmo mai raggiungere certi gradi di stupidità!!”

 

Hermione gelò Ron all’istante con un’occhiataccia: “Oh, voi sapete essere molto più stupidi in questa materia, Ron.” Berciò la ragazza. Harry rise.

 

“Vedo che la storia vi piace!” esclamò allegramente Lupin.

 

“Oh sì, la prego, continui!” pregò Hermione, dopo aver zittito Harry e Ron.

 

Lupin continuò a raccontare: “Bene. Il secondo tentativo fu, se possibile, ancor più disastroso.”

 

“Cosa ha combinato mio padre?” chiese Harry incuriosito.

 

“Organizzò una serenata.”

 

Silenzio. Harry e Ron si scambiarono uno sguardo di comune sdegno per un’idea così sdolcinata, al contrario gli occhi color cioccolato di Hermione si illuminarono. “Oh, che gesto carino!” sospirò la ragazza con le mani giunte a preghiera. Harry e Ron, alle sue spalle, si misero contemporaneamente un dito in bocca fingendo di vomitare.

 

Lupin alzò le spalle: “Immagino che per una donna possa essere carino, ma Lily non era dello stesso parere… forse perché James non l’aveva fatto in un posto intimo, ma bensì, come era nella sua natura di esibizionista cronico, nella Sala Comune davanti a tutti gli studenti, vestito stile Re Sole, stonato come una campana e con un coretto a dir poco disastroso: Sirius era un baritono pessimo e Peter squittiva, anziché cantare. Soltanto io e il mio clarinetto siamo scampati alle critiche delle settimane che seguirono.”

 

Hermione fissava l’ex-professore inorridita. “Capisco perché tua madre fosse in collera con lui, Harry.” Grugnì, mal celando una smorfia.

 

“Sto cominciando a capirlo anch’io…” annuì Harry, aggiungendo però: “Ma certe volte voi donne siete troppo pretenziose… insomma, era carino… no?”

 

Hermione non rispose, ignorandolo volutamente.

 

Lupin si schiarì la gola. “Allora… dopo il suo totale fiasco, James era depresso al massimo, fu allora che Sirius commise uno dei più grandi errori della sua vita: gli diede lezioni di corteggiamento.” Lupin sorrise tra sè, ricordando le notti insonni di simulazione per prepararsi al corteggiamento di Lily Evans. “Sirius era un vero rubacuori, bello e impossibile. Sirius diceva sempre che non c’era donna degna del suo fascino. E poi ci fu la prova generale della conquista di Lily.”

 

“Ah… e come andò?” domandò Ron.

 

“Lily bestemmiò per la prima volta in sei anni.” Remus rise per un attimo, scuotendo la testa. “Ooh, la scena era bellissima: James indossava una giacca di pelle di drago, con tanto di jeans strappati e un paio di occhiali scuri, e la aspettava addossato ad una colonna. Lily stava andando in Biblioteca con me per una riunione dei Prefetti (momento perfetto secondo James per agire, perché c’era poca gente; pessimo per me perché Lily era sempre nervosina prima di una riunione… ma Ramoso era testardo e l’unico a cui forse dava retta, purtroppo per lui, era Sirius) quando ci siamo visti spuntare dal buio James in versione ‘uomo brillantina’, inutile invenzione babbana per gli indomabili capelli di James Potter! Il povero Ramoso si era poi avvicinato a Lily e aveva esordito con un “Ehi, pupazzola, ti va di rockeggiare con me?”. Come ovvia conseguenza Lily imprecò in più lingue e mentre se ne andava, James continuava a gridarle che era solo la prova generale e che il vero show era fissato per il giorno dopo… Per una settimana Lily riuscì ad evitarlo.”

 

Harry non poté trattenersi dal ridere davanti ad un racconto così esilarante quanto irreale; gli tornò il buon umore: non sapeva quasi niente dei suoi genitori, eppure la storia di Remus e delle peripezie di suo padre gli sembravano quasi rispecchiare la sua attuale situazione romantica (anche se lui non avrebbe mai cantato di fronte a Ginny). Quel piccolo sprazzo della vita dei suoi genitori era importantissimo per lui, così come lo erano i ricordi di Sirius e l’unico amico di suo padre rimasto in vita, che ora lo stava deliziando con tutti quei fantastici racconti.

 

Lupin aspirò una boccata dalla pipa, sorridendo. “Ma poi, alla fine di luglio, io, tuo padre e Sirius ci trovavamo a Diagon Alley per acquistare insieme i libri scolastici per l’ultimo anno di scuola. Vi confesso che temevo la fine della scuola quasi quanto temo le notti di luna piena… avevo paura che non avrei mai più ritrovato i miei amici, ma questo non è accaduto.”

 

Remus svuotò la pipa dentro ad un posacenere che aveva trovato sul tavolo, immerso nei suoi pensieri e poi fece un gesto  non curante con l’altra mano.

 

“Ma non è questa la storia. Allora… quel giorno entrammo al Ghirigoro. Sapete, James e Sirius volevano farmi un regalo in ritardo, e casualmente incontrammo Lily che cercava un libro sui Druidi dell’Antica Gallia. La salutammo e James la invitò a prendere un gelato e Lily, forse intontita dal tono gentile di James a cui non era abituata, annuì: il sorriso di James è ancora un record imbattuto in ampiezza!” ironizzò Remus, anche lui preso da un enorme sorriso “Beh, tutto sembrava procedere bene: io e Sirius fingemmo di allontanarci con una scusa idiota, lasciandoli soli soletti.”

 

“Ma… come diavolo ha fatto a conquistarla in un pomeriggio?!” chiese il rosso ammirato con gli occhi spalancati.

 

Hermione rispose per lui, zelante: “Ron è così chiaro. Non ci si innamora così in un solo giorno, si vede che Lily già provava qualcosa senza riuscire ad ammetterlo agli altri quanto a sè stessa.”

 

“Hermione, te l’ho già detto: sei una strega incredibilmente dotata per la tua età.” Si complimentò con sincerità Lupin.

 

Le guance di Hermione si imporporarono leggermente. “Grazie… ma sono soprattutto una donna e so come funzionano queste cose… anche per mia esperienza…” dichiarò la ragazza, facendo girare Ron dalla sua parte.

 

“Che genere di esp…?” incominciò il rosso, titubante.

 

“Ma mio padre deve aver pur fatto qualcosa che ha colpito mia madre.” Harry interruppe il suo migliore amico, salvando l’atmosfera pacifica di quel momento.

 

Hermione lo guardò e mosse le labbra per ringraziarlo. Harry ricambiò, ormai rassegnato ad una vita unicamente dedita a mediare tra Hermione e Ron.

 

Remus annuì. “Oh, beh… diciamo che James ha mostrato a Lily quanto tenesse davvero a lei, rinunciando ad una cosa che amava tantissimo e dimostrando così a tua madre che aveva messo la testa a posto ed era maturato un po’.”

 

“A cosa rinunciò?” chiesero in coro.

 

Remus chiuse gli occhi per un istante. “Torturare Severus Piton.” Al nome dell’uomo, sia Remus che Harry si irrigidirono.

 

“James e Piton si odiavano a vicenda. Io penso ancora che Piton lo invidiasse e che James odiasse il suo comportamento viscido, come Sirius. Lily, invece, provava una gran pena per lui. Aveva un gran cuore tua madre, Harry, ed era la persona più caparbia e generosa che abbia mai conosciuto. Sapeva perdonare tutti, portava con fierezza il vezzeggiativo di “mezzosangue” e combatteva per ogni suo ideale. Forse è proprio per questo che James si innamorò di lei. Chissà.”

 

Remus sospirò. “Ad ogni modo, tuo padre la portò a fare una passeggiata per Diagon Alley, riuscendo addirittura a prenderla a braccetto. Io e Sirius, appostati dentro ad un vicolo ci scambiavamo occhiatine compiaciute, ma ad un tratto vedemmo Piton con in mano un pacchetto regalo avanzare a fianco di una donna molto magra e con i suoi stessi occhi neri; fu un attimo. Lily e James stavano ridendo allegramente, cosa che avrei reputato impossibile solo qualche settimana prima, quando Piton investì Lily facendola cadere a terra. James le fu accanto per soccorrerla, mentre la donna faceva lo stesso con Piton. James alzò gli occhi da tua madre e, posso ammetterlo, non ho mai visto così tanto odio negli occhi di James Potter come quel giorno.”

 

Harry digrignò i denti. “Oh, lo capisco piuttosto bene…” bisbigliò impercettibilmente.

 

Remus colse il bisbiglio di Harry, ma preferì non commentare, forse perché anche lui temeva di esternare sentimenti di puro odio verso Piton; così continuò a raccontare: “James cominciò ad insultarlo e a pretendere le sue scuse. Ma ovviamente Piton rifiutò di farlo con disprezzo, ribattendo che Lily era solo una sporca mezzosangue e che il suo posto era lì, a terra e in mezzo alla polvere. James ci vide nero: chiuse le mani a pugno e si allungò per colpirlo, ma Lily lo trattenne.”

 

Remus si fermò, per poi riprendere.

 

“Non so cosa gli abbia detto Lily in quei dieci secondi, ma James rinunciò ad ogni suo spirito bellico – non senza fatica, come disse poi a me e a Sirius – almeno rinunciò per quel giorno. Piton si rialzò e si allontanò con la donna che lo rimproverava per aver sporcato il vestito appena preso per il suo compleanno. Da allora Lily cambiò atteggiamento nei confronti di James e infatti, la prima volta che Ramoso le chiese di uscire lei acconsentì.”

 

 “Io… ho sempre considerato Lily e James come la prova che l’amore esiste veramente, la prova che l’amore non è una storiella inventata come avevo sempre pensato io prima di conoscerli e di vederli insieme. Ogni loro gesto, ogni sguardo… sembravano quasi la stessa persona, nonostante i contrasti delle loro personalità… lo trovavo sconcertante…”

 

Remus si grattò una guancia imbarazzato. “Beh… incomprensibile fino ad ora che sto con Ninphad... Beh, ad ogni modo Harry” aggiunse Remus scansando l’occhiata maliziosa del giovane Potter “voglio prendermi la libertà di darti solo un consiglio: non scappare dai tuoi sentimenti come ho fatto io per tanti anni, ma anzi, usali per costruire la tua vita e il tuo trionfo.”

 

Harry sgranò gli occhi e Lupin sorrise.

 

“Lily e James avrebbero voluto che tu sapessi che loro sono stati felici, disperati eroi ma sempre insieme. Ecco, volevo dirti solo questo…” concluse Remus sempre più impacciato.

 

Harry boccheggiò con la mente che si rifiutava di formulare qualsiasi parola di senso compiuto, ma impegnata invece a scolpire quelle parole nella sua mente. “Io…”

 

Lupin scosse dolcemente la testa. “Non devi dire niente, Harry.” Remus si alzò dalla poltrona e infilò la pipa in una falda del mantello.

 

“Grazie, Lunastorta.”

 

Remus si voltò stupito, ma Harry aveva già voltato la testa verso le fiamme arancioni del caminetto. Lupin sorrise dolcemente, quando…

 

Bonsoir Weasley!”

 

Una vocina allegra echeggiò nel salotto e Harry si voltò appena in tempo per essere avvolto dal profumo di colonia e per ricevere un sonoro bacio sulla guancia. “Sciao Herrì cher…” lo salutò tutta frizzante Fleur, mentre lui le rispondeva sorridente: “Oh, ciao Fleur… come stai?”

 

“Oh, sono così emosionata, Herrì! Demain è il gronde jorno!” gli confessò, baciando e salutando rispettivamente prima Ron e poi Lupin (causando due rossori e facendo sì che Ron diventasse tutto ad un tratto balbuziente).

 

“Ehi famiglia!”

 

Ron salutò calorosamente Bill Weasley, secondogenito dei Weasley, dandogli un paio di pacche virili sulla schiena e esclamando ironico: “Allora, pronto per il gran giorno, Bill, proprio tu che secondo mamma saresti stato l’ultimo dei figli che si sarebbe sposato!? Anche dopo Fred e Geroge!”

 

Bill rise forte. “Oh, mai stato più pronto di così.” Dichiarò e Fleur gli sorrise dolcemente, somigliando ad un angelo dai capelli biondissimi.

 

Harry si alzò e strinse la mano a Bill. “Ciao Bill… come stai?” gli chiese semplicemente.

 

Bill alzò le spalle. “Oh, si va avanti. Non saranno un paio di cicatrici a fermarmi.” Gli disse con un po’ di amaro in bocca.

 

Bill era sempre stato il ribelle di casa Weasley, con giacche di pelle, codino ed una sfilza di orecchini sulle orecchie, disperazione della signora Weasley. Ora era il primo della famiglia a prendersi un impegno gravoso come quello di un matrimonio con l’affascinante mezza Veela Fleur Delacour, la campionessa francese con cui Harry si era confrontato durante il Torneo Tremaghi tre anni prima, quando Voldemort era risorto; un matrimonio che nessuno di loro si aspettava: tutti erano rimasti piacevolmente sorpresi quando, poco tempo fa, Fleur aveva insistito per maritarsi con lui nonostante fosse stato morso dal feroce Licantropo Greyback, che gli aveva sfigurato metà della faccia.

 

Per Harry la storia di Fleur e Bill era un po’ come per Lupin la storia dei suoi genitori: una storia di speranza.

 

Speranza. Una parola che era come linfa in quei tempi.

 

Harry sentiva che le seconda guerra magica era iniziata, al contrario delle dichiarazioni del Ministro della Magia. E lui si sentiva in obbligo di combattere.

 

“Allora” Esordì Hermione cercando di essere gentile con Fleur e di celare il fastidio che aveva provato quando la mezza Veela aveva sfiorato Ron. “Hai già deciso il vestito?”

 

Fleur squittì eccitata. “Oui, oui… è tutto pronto pour la cerimonia nel giardino demaintout plein di pizzi e con tonto di velo… come una prinscipessa!” Fleur si avvicinò a Bill e lo abbracciò scoccandogli un piccolo bacio sulle labbra. “Merci mon amour!”

 

“Bill!!”

 

Fleur si staccò dal prossimo marito, mentre Ginny gli buttava le braccia attorno al collo e lo stringeva forte a sè. Bill rise e la fece volare. “Ehi, piccola Gin! Come stai?”

 

Ginny gli diede un bacio sulla guancia e si staccò da lui sorridendogli vivacemente.

 

Harry sentì un bruciore allo stomaco, ma lo ignorò ricordandosi che Bill era il secondo fratello preferito di Ginny dopo Ron e che… diamine, era suo fratello! Come si faceva ad esserne gelosi?!

 

“Benissimo e tu? Guarda che fai ancora in tempo a salvarti!” gli disse, mentre Fleur si girava indignata e la fulminava con un’occhiataccia che Ginny non degnò di uno sguardo. Bill rise.

 

“Sai che amo rischiare…” Fleur gli sorrise grata, ricominciando a discorrere con la signora Weasley sui preparativi della cerimonia. “Ma tu sei sempre la mia sorellina preferita!” Sussurrò Bill alla sorella, scompigliando i lunghi capelli rossi di Ginny.

 

Harry si sentì sul punto di scoppiare, e fece due respiri profondi.

 

Ron parve accorgersene e, sbadigliando, esclamò a voce intenzionalmente alta: “Che sonno! Domani dobbiamo svegliarci presto per preparare il giardino, Harry, che ne dici di andare a dormire?”

 

Harry sbadigliò in risposta. “Uh, d’accordissimo! Il viaggio mi ha stancato…” disse a voce anche questa volta volutamente alta. “Andiamo.”

 

“Bravi ragazzi, andate a letto!” acconsentì la signora Weasley.

 

I due ragazzi si congedarono seguiti da Hermione. La ragazza scuoteva la testa divertita mentre salivano le scale. “Siete degli sciocchi, voi uomini. Pensate che Ginny non si sia accorta che tu volevi allontanarti da lei, Harry?” gli chiese bonariamente, mentre il ragazzo le rispondeva con un grugnito.

 

Ron si intromise: “Magari non l’ha capito, mamma non ci ha fatto caso.”

 

“Ron sei uno sciocco!” ribatté Hermione. “Tua madre ha occhi solo per il matrimonio di Bill in questo momento, ecco perché non se n’è accorta. Non sottovalutare Ginny e le donne in generale.”

 

“Anche Ginny era impegnata con suo fratello.” Disse Harry, cercando di acquietare il suo tono burbero.

 

Hermione lo fissò con i suoi disarmanti occhi cioccolato. “Oh Harry, sei così cieco… comunque vi lascio, scendo ad aspettare Gin…”

 

“Da quando tu e Ginny siete così vicine?” le chiese Ron incuriosito.

 

Hermione alzò e riabbassò velocemente la mano in un gesto di non curanza. “Da un pezzo, Ron, Ginny è la mia migliore amica.”

 

“Pensavo che io e Harry fossimo i tuoi migliori amici!” esclamò il ragazzo dai capelli rossi, corrugando la fronte e senza nascondere una sorta di dispiacere.

 

Hermione sbuffò spazientita. “Ma certo che lo siete, ma certe volte ho assoluto bisogno di un appoggio femminile… certe cose non si posso dire a dei ragazzi.” Spiegò velocemente “E comunque, io e Ginny abbiamo in comune molte cose… tra cui due ragazzi poco recettivi per certi messaggi.” Dichiarò misteriosamente, scomparendo sulla rampa delle scale.

 

Harry e Ron si scambiarono un’occhiata.

 

“Secondo te che cosa dice a Ginny che non può dire a noi due?” domandò Ron.

 

Harry scosse la testa in segno di diniego. “Non ne ho la più pallida idea.”

 

“Lo immaginavo: neanche io ne ho la più pallida idea.”

 

I due ragazzi entrarono nella camera di Ron e si buttarono sui rispettivi letti, sospirando all’unisono.

 

“Donne…”

 

Poi si guardarono e sogghignarono divertiti.

 

“Ti va una partita a scacchi?” gli chiese Ron.

 

Harry si alzò e prese la scacchiera che aveva regalato all’amico due anni prima.  “Certo… e magari questa è la volta buona che ti batto!” esclamò appoggiando l’oggetto magico sul letto di Ron e sedendosi a gambe incrociate sul materasso.

 

“Illuso… sono imbattibile in questo gioco! Non mi batterai mai” si vantò Ron, prendendo le pedine nere e appoggiandole sulla scacchiera.

 

Harry rise sotto i baffi. “Mai dire mai, Ron…” lo ammonì più divertito che serio, appoggiando le pedine bianche e queste si posizionarono magicamente al loro posto, come quelle nere.

 

Ron ghignò pavoneggiandosi con ampi gesti delle braccia. “Sulla mia invincibilità ci giocherei il mio poster dei Cannoni di Chudley… forza Harry i bianchi iniziano per primi, almeno questo dovresti saperlo!”

 

Harry si concentrò, increspando la fronte. “Pedone in E6.”

 

“Dilettante.”

 

*^*^*^*^

 

Harry spalancò gli occhi e si voltò verso il comodino, tentando di trovare bacchetta e occhiali.

 

Lumos” mormorò e la bacchetta si illuminò debolmente. A notte fonda Harry era stato svegliato da un’improvvisa voglia di bere.

 

Sbuffò impercettibilmente e, facendo attenzione a non svegliare Ron, s’infilò ai piedi due pantofole felpate e scese le scale fino alla cucina.

 

Si guardò intorno, ma non sembrava esserci anima viva; così aprì il frigorifero (invenzione babbana portata dal signor Weasley e che unica fra tutte era piaciuta alla sua consorte) e, dopo una piccola ricognizione, scelse un brick di succo d’arancia. La prese dal ripiano, tolse il tappo per poterlo bere a canna e chiuse lo sportello e subito dopo sussultò sorpreso, bagnandosi tutta la maglietta del pigiama.

 

“…Ginny?”

 

Davanti a lui Virginia lo guardava incuriosita, inarcando un sopracciglio chiaro, e burlandosi silenziosamente della sua sbadataggine.

 

“Non credevo che le magliette soffrissero la sete.” Commentò pacificamente con un mezzo sorriso.

 

Harry tossicchiò cercando di sciogliere il groppo che gli dondolava nella gola. “Ehm… vuoi un po’ di succo d’arancia?”

È tutto quello che riesci a dirgli?! Sei proprio un imbecille, Potter!

Ginny sbatté le palpebre meravigliata, poi annuì e gli diede le spalle per andare a prendere due bicchieri dalla credenza. Harry inclinò la testa e la vide alzarsi sulle punte dei piedi e aprire l’ultima anta dell’armadio. Ginny era sempre stata piuttosto bassina, ma aveva un corpo ben definito e un caratterino niente male, tali da attirare la sua attenzione. Forse proprio il carattere improvvisamente vivace che aveva scoperto in lei li aveva avvicinati. A differenza di Cho, Ginny non avrebbe mai pianto mentre la baciava, non avrebbe cercato in lui un rifugio. Ginny voleva, al contrario, essere il suo rifugio.

 

E lui l’aveva allontanata.

 

Idiota…

 

Ma è per il suo bene, dovevo farlo!

 

“Allora… hai già preparato l’abito per la cerimonia?” gli chiese Ginny, mentre cercava di raggiungere il fondo del ripiano troppo alto per lei. La ragazza sbuffò irritata. “Dovrò prendere una sedia, accidenti…”

 

Ginny si sentì afferrare improvvisamente la vita e fu sollevata di qualche centimetro. Si voltò e guardò cautamente Harry, che aveva il cuore in tumulto e un certo imbarazzo celato dal buio della stanza. “Dai, ti faccio da appoggio.”

 

Ginny non commentò nè si divincolò dalla presa; afferrò i bicchieri e subito dopo si ritrovarono ancora a specchiarsi l’uno negli occhi dell’altra, in silenzio. Harry sentiva lo stomaco contorcersi violentemente in una presa piacevole.

 

“Puoi farmi scendere adesso, Harry.” Disse Ginny. Harry percepì nel tono un lieve tremore, e seppe di averla scombussolata.

 

Impacciato, come sempre quando si trattava di ragazze (era sicuramente una tara genetica presa dal padre), rispose: “Oh… sì, certo” e fece come ordinato.

 

Ginny appoggiò i piedi nudi sul pavimento e alzò la testa per incrociare ancora il suo sguardo. “Grazie.”

 

“E di che?” rispose lui, con la testa che cominciava a vorticare nella fantasia: erano davvero troppo vicini… si accorse di avere una gran voglia di baciarla, di sentirla ancor più vicina a lui… Si inclinò leggermente e sul punto di congiungere le loro labbra il suo stomaco borbottò fermandolo appena in tempo.

 

Ridacchiò imbarazzato, allontanandosi. “La sete.” Spiegò e le rubò un bicchiere sfiorandole le dita e sentendo un brivido percorsegli la schiena. Si versò del succo, dandole le spalle e cercando di calmare i battiti del suo cuore, dopo di che si girò vero di lei offrendole con un cenno di capo un po’ della bevanda.

 

Ginny lo raggiunse stranamente silenziosa e gli porse il bicchiere che lui riempì.

 

Bevvero in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. Harry continuava a guardarla di sottecchi e a serrare la mascella per placare ogni slancio troppo audace.

 

“Harry…”

 

Il ragazzo si girò verso Ginny che aveva poggiato il bicchiere sul tavolo e si stava avvicinando decisa.

 

“Ginny…” la richiamò lui, ipnotizzato dalla sua camminata leggera.

 

Il verde dei suoi occhi, poco più tenue di quelli di Harry, si illuminò di una luce decisa “Harry, devi smetterla di giocare con me.”

 

“Io non gioco con te” dichiarò Harry deciso.

 

Ginny alzò le sopracciglia e arricciò il piccolo naso lentigginoso, in quell’espressione ironica e scettica che Harry trovava adorabile. “Ah, no, eh? E quello che hai fatto prima?”

 

Harry sostenne il suo sguardo. “Cercavo solo di aiutarti.” Disse ferreo, sapendo bene di omettere gran parte della verità.

 

La ragazza chiuse gli occhi e sospirò scuotendo lievemente la testa e facendo oscillare i lunghi capelli lucidi.

 

“Non capisci, Harry?” gli chiese. Il ragazzo negò vistosamente, sinceramente estraneo ai dubbi della ragazza.

 

Ginny allungò un piede e gli fu vicinissima; iniziò ad accarezzargli una guancia con gli occhi socchiusi.

 

“Non ce la faccio ad escluderti, se continui così.” Gli disse, senza smettere di accarezzarlo, facendo avvampare un fuoco sotto il suo tocco.

 

“Non voglio che mi escludi.” Rispose lui, intrecciando una mano con quella libera di Ginny.

 

La ragazza sussultò e si allontanò bruscamente da lui. Harry aveva gli occhi che luccicavano nell’oscurità della stanza e che continuavano a seguire i movimenti nervosi di lei, che aveva preso a camminare in tondo con le mani allacciate dietro alla schiena e i capelli che svolazzavano al vento.

 

“Così non va, Harry, maledizione!” esclamò Ginny, mettendosi le mani nei capelli.

 

Harry fece una smorfia. “E perché mai?”

 

Ginny si voltò con i lineamenti del viso contratti. “Non puoi continuare ad illudermi, così non ce la faccio a vivere serenamente! Dimmi cosa devo credere se quando siamo soli tu ti comporti come se stessimo ancora insieme!?” gli urlò addosso additandolo.

 

Harry si sentì offeso. “Stai dicendo che sto cercando di approfittarmi di te?” le chiese brusco; Ginny sobbalzò leggermente, fermandosi di botto.

 

“Forse” gli rispose enigmatica con gli occhi che balenavano per la stanza, indecisi e irrequieti, senza mai guardarlo. “Altrimenti non so cosa pensare, se non altro che tu mi abbia lasciata solo per quel tuo sciocco pensiero di dover proteggere tutti da Voldemort!” continuò a sbraitare lei, riprendendo la sua camminata. “Te l’ho già detto al funerale di Silente: mi sei sempre piaciuto anche e nonostante il tuo eroismo.” La ragazza sorrise leggermente. “Ma non posso vivere aspettandoti, Harry. Davvero, non ce la faccio più. Ho aspettato troppo.”

 

Harry si sentiva frastornato: davvero aveva pensato che lui volesse approfittarsi di lei, Ginny, l’unica che l’aveva veramente stregato?! Sentì il sangue ribollire dalla rabbia e, senza aver ascoltato niente dopo quel ‘Forse’, le bloccò il passo parandosi di fronte a lei con gli occhi verdi incredibilmente scuri.

 

“Così pensi questo di me, eh? Che io sia un approfittatore?!” le domandò strattonandole un braccio con forza. Ginny lo fissò stordita.

 

“Harry, che diamine… molla subito la presa…” mormorò debolmente, senza però sortire alcun effetto.

 

“Pensi davvero che potrei fare una cosa così spregevole, così crudele, in particolar modo a te?! Non sono mica un Mangiamorte!” sbraitò il ragazzo, stringendo la pelle della ragazza troppo forte.

 

“Dacci un taglio, Harry!! Stai iniziando a farmi spaventare” strillò Ginny con voce tremante.

 

Harry la osservò stranito senza capire il perché di quello sguardo impaurito e di quel tono vibrante. “Ginny…?”

 

La ragazza si scostò bruscamente da lui e si girò dandogli le spalle.

 

“Ginny…” la chiamò debolmente, appoggiandole una mano sulla spalla.

 

 “Stai lontano da me, Potter.” Sibilò Ginny con tono incredibilmente sprezzante. Si allontanò verso l’uscita, lasciandolo nel centro della cucina ancora incredulo. Prima di andarsene, Ginny indugiò sull’uscio della cucina. “Pensa bene a quello che sei, prima di tirare in ballo paragoni ipocriti e banali tra te e un Mangiamorte.” Disse con voce indecifrabile e scomparve.

 

Harry rimase ancora nella cucina, immobile, ascoltando i passi frettolosi di Ginny affievolirsi.

 

 “Cosa mi è successo…?” chiese al vuoto.

 

*^*^*^*^*^

 

“…vi dichiaro marito e moglie!”

 

Il lavoro di Percy Weasley, per una volta, si era dimostrato utile a qualcosa: la sua posizione all’interno del Ministero gli permetteva di legalizzare un matrimonio e Bill e Fleur l’avevano scelto come ministro per la loro unione (Fred e George andavano dicendo che i due sposi erano stati messi sotto Imperio dalla signora Weasley).

 

Harry si alzò in piedi e applaudì insieme agli altri invitati, mentre Fleur, fasciata nel suo abito rosa pallido che faceva risaltare i suoi capelli biondissimi tenuti in una crocchia, e Bill, rigorosamente in giacca e cravatta, si baciavano delicatamente sotto il gazebo che la mattina lui e Ron avevano faticosamente assemblato.

 

La cerimonia era stata semplice e gli invitati erano soprattutto parenti Weasley (tutti rigorosamente con i capelli rossi), membri dell’Ordine della Fenice e pochi colleghi di lavoro che Bill aveva invitato. La famiglia di Fleur non era potuta venire a causa dell’allarme dilagato in Francia che non permetteva viaggi in Inghilterra, con grande dispiacere della sposa.

 

I due sposini si guardarono negli occhi sorridenti e poi si voltarono verso gli invitati agitando le mani; Charlie, testimone dello sposo, fu il primo a muovere la bacchetta e a gettare addosso agli sposi una cascata di riso, ridendo, imitato da tutti gli invitati, mentre Fleur e Bill scappavano dalla folla su un lungo tappeto rosso e giallo, dirigendosi verso il buffet poco più in là.

 

Gli ululati gioiosi degli invitati furono sovrastati inaspettatamente dai poderosi singulti della signora Weasley. La madre dello sposo non aveva fatto altro che versare lacrime addossata alla spalla del marito, mormorando di tanto in tanto “Il mio bambino!”. Fred e George sghignazzavano incontrollatamente nel vedere l’espressione spazientita del padre, mentre questi dava pacche di incoraggiamento a Molly e nel contempo cercava di asciugarsi l’unica camicia buona che possedeva. Vicino a Fred e George, Ron applaudiva pigramente, ma con un sorriso invidioso, voltandosi di tanto in tanto verso Hermione, fatto che la ragazza non notò per niente, con enorme dispiacere di Harry. E poi c’era Ginny, l’ultima della combriccola; Harry la osservò di sottecchi, sicuro di non essere visto a sua volta: aveva gli occhi lucidi di commozione e le guance rosse per il caldo.

 

Il ragazzo deglutì nervosamente e riportò l’attenzione sugli sposi che ormai guidavano il corteo verso il buffet. Ron si unì a lui e a Hermione e subito i due si misero a battibeccare su un argomento che Harry non afferrò, ma che doveva avere a che fare con l’importanza degli Elfi Domestici nella Storia della Magia.

 

Aveva in testa un solo pensiero e doveva accantonarlo, immediatamente!

 

Harry non ci mise molto a trovare un altro argomento degno di tutta la sua attenzione: gli Horcruxes, Voldemort, la guerra…

 

Harry si sentì bruciare più che mai dal desiderio di mettere fine a quella guerra e decise all’istante che il mattino dopo si sarebbe recato a Godric’s Hollow da solo; lì sarebbe andato a visitare la tomba dei genitori e chissà se avrebbe trovato anche qualcos’altro.

 

Poi fu un attimo: Harry riprese a pensare a Ginny e, in contemporanea, la rossa incrociò il suo sguardo e fu costretta, almeno per cortesia, a rivolgergli un sorriso debole e sforzato; ma si voltò quasi subito, amareggiata.

Le gambe di Harry traballavano vistosamente. Il ragazzo serrò le mani a pugno per trattenere la voglia di sbattere la testa contro qualcosa di molto duro. Magari Ron lo avrebbe aiutato se solo avesse saputo del terribile litigio che era infuriato la sera precedente tra lui e la sua preziosa sorella.

Non ci può essere nessuno che stia peggio di me…

 

*^*^*^*^*^*^*^

 

Crucio!”

Il corpo di Draco Malfoy rovinò sul pavimento polveroso della cella, procurandogli un altro strappo alla divisa scolastica che ancora indossava dopo due settimane passate con Piton a nascondersi dagli Auror per poi arrivare nel covo del Signore Oscuro e ricevere la giusta ricompensa.

Draco tossicchiò, sia per la polvere che gli era entrata nella bocca sia perché quel pensiero suonava talmente insensato e ridicolo da farlo sogghignare amaramente.

 

Il ragazzo si puntellò sulle braccia per alzarsi, stanco ma determinato a non dare al suo torturatore la soddisfazione di vederlo sconfitto; tuttavia le continue violenze che aveva subito, da quante ore?, lo avevano spossato, avevano provocato una ferita abbastanza seria, ma non mortale (Draco credeva che Voldemort avesse ordinato di non ucciderlo), sul ventre, vari graffi, lividi e sbucciature sulle ginocchia e sui gomiti, e Malfoy non riuscì a reggere il peso del suo corpo, seppur reso molto sottile da giorni di quasi totale digiuno, e ancora stramazzò a terra pestando il mento sulla dura pietra della prigione.

 

Un Mangiamorte incappucciato si avvicinò a lui sghignazzando, profondamente divertito dal suo dolore. “Ma tu guarda… un Malfoy che si rotola nella polvere… solo che a differenza di tuo padre, tu Draco, stai ruzzolando letteralmente nella polvere. Anche se ad Azkaban le celle non devono essere un gran che…” concluse ridendo sguaiatamente, come solo un boia crudele può fare al cospetto della sua vittima.

 

Malfoy digrignò i denti e si costrinse ad ingoiare l’orgoglio e la rabbia per evitare un altro Cruciatus. Tormentato dall’odiosa risata isterica del Mangiamorte tentò nuovamente di alzarsi.

 

La risata cessò di colpo. “Dove credi di andare, ragazzino impudente?!” tuonò il Mangiamorte dandogli un calcio all’addome.

 

Draco sussultò sentendo le costole incrinarsi per la potenza del calcio e si contorse lontano dal losco individuo incappucciato che non sembrava conoscere né la delicatezza, né la pietà o il rispetto. Con una falcata il Mangiamorte gli balzò accanto. “Che c’è, Malfoy, già stanco?” gli domandò sadico, infierendo nuovamente sull’addome; poi gli puntò contro la bacchetta e, dopo un indefinito bisbiglio cinico, lo fece andare a sbattere contro il muro.

 

Dalle labbra di Draco scappò un agghiacciante urlo di dolore. Il ragazzo sentì aprirsi una voragine nella testa che pulsava forte causandogli un male insopportabile; si lasciò scivolare lungo il muro fino ad inginocchiarsi e si toccò il capo con le mani, annaspando, tentando di scacciare la pressione che martellava da dentro la testa. Quando ritirò le mani le vide scintillare di rosso, ricoperte dal suo sangue, il sangue dei Malfoy, quel sangue di nobili origini per cui molta gente avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di sentirselo scorrere nelle vene; non era più così. Anche Draco in quel momento di disperazione, estenuato da quella lunga e sadica tortura, avrebbe desiderato non essere il figlio di Lucius Malfoy. Forse il dolore cominciava a dagli alla testa… la vista si stava già appannando…

 

Il Mangiamorte sputò a terra, vicino alle gambe flosce del ragazzo. “Che feccia, i Malfoy. Tu non sei migliore di tuo padre, quel fallito, ma almeno Lucius sapeva pronunciare due semplici parole…” Il Mangiamorte rimise nella tasca del mantello la bacchetta magica. Sorrise pericolosamente. “…Avada Kedravra!!! Buon per te che non so fare gli incantesimi non verbali, se no a quest’ora saresti già stecchito!” E si concesse una risata indecentemente perversa.

 

Draco alzò faticosamente la testa, diventata di colpo pesantissima da sostenere, e levò fieramente gli occhi grigi sul suo torturatore. “Sempre meglio che essere dei luridi Mezzosangue, Cortess.” Ribatté aspramente il giovane.

Gravius Cortess rimase in silenzio, gli occhi si iniettarono di sangue e cinque secondi dopo fu addosso al ragazzo, tempestandolo di pugni. Draco non sentì quasi i colpi: stava diventando insensibile ad ogni dolore fisico e questo lo preoccupò perché significava che le sue ferite erano più gravi di quanto pensasse… ma almeno era ancora lucido. Stanco, ma lucido.

Rispondere di rimpetto a quell’invasato di Cortess non era stata una grande idea, ma almeno gli restava la soddisfazione di averlo umiliato.

 

Il Mangiamorte si bloccò e si allontanò scostandosi dal volto i lunghi capelli scuri in un gesto quasi altezzoso, osservando affascinato un rivolo di sangue che scendeva lento lungo la mascella a dir poco cadaverica del ragazzo. Draco tossì.

 

Cortess sorrise cinicamente. “Sei uno sciocco, Draco Malfoy, ma servi al Signore Oscuro” disse mortificato e alzò la bacchetta guarendogli il taglio sulla fronte, vari graffi, e il viso tumefatto dal precedente sfogo d’ira.

 

Draco si alzò con la testa che ancora martellava e una stanchezza che non aveva mai provato: tenere aperti gli occhi era un’impresa quasi titanica, ancor di più che durante le ore di Storia della Magia. “Almeno io non sono un Mezzosangue.”

 

Cortess sghignazzò “Sapevo che avresti detto così, anzi, speravo che l’avresti fatto, quindi non mi lasci altra scelta che…” Pausa. “… Crucio!!!

 

Draco sentì il corpo sconquassarsi e tentò di opporsi alla tortura, ma l’ultimo attacco di Cortess gli aveva prosciugato le energie e quel poco di resistenza che gli era rimasta… così spossato, così stanco… a cosa era servito diventare un Mangiamorte? A essere torturato?

D’improvviso gli tornò in mente Silente mentre tentava di restare in piedi appoggiandosi ad un muro e gli proponeva di passare dalla “parte giusta”. Perché non lo aveva denunciato al Ministero? Per salvargli la vita, per evitare che Voldemort lo uccidesse… e lui, in cambio, aveva complottato il suo assassinio.

Stupido inutile vecchio, non è servito a niente il tuo sacrificio…

Draco rimase quasi basito realizzando che il suo pensiero non era sarcastico, semmai quasi… triste… dispiaciuto…

 

Crucio!”

Basta!!!

Draco sentì una nuova forte scossa attraversargli il petto e si raggomitolò sul pavimento, abbracciandosi e rotolando in preda ad un atroce dolore.

Aiutatemi…

“Forza Malfoy, sei un Purosangue! Un po’ di resistenza! Mi piacerebbe sapere qual è il tuo tasso di sopportazione al dolore… Crucio!” urlò più forte Cortess, ridendo.

 

Draco respirò affannosamente, sbattendo gli occhi. La vista… era tutto così confuso…

 

“Avanti Malfoy, in fondo ti sto addestrando! Lezione numero uno: sopportare un Cruciatus… a casa dei Purosangue non lo insegnano? Non mi dire che il tuo papino non ha mai testato su di te un Cruciatus! Provvedo subito: Crucio!”

 

Draco gemette forte, incapace di controllare il proprio corpo, atrofizzato e assaltato da continue fitte lancinanti.

 

CRUCIO!” continuò Cortess in prede ad un folle divertimento. “CRUCIO, CRUCIO, CRUCIO, CRUCIO!!!

Basta… voglio che questo dolore smetta… Lo odio: questo Mangiamorte, Potter, Silente…Voldemort… vi odio tutti!

“Fermo!!”

 

Draco riuscì a udire una voce lanciare uno Schiantesimo in direzione del suo carceriere e dei passi avvicinarsi. Sbatté le palpebre cercando di mettere a fuoco: tuttavia non riuscì a vedere altro che una figura sfocata; una mano calda gli fasciò il capo, alzandolo da terra e l’altra si posò sulla sua guancia. Gli parve quasi di sentire qualcuno chiamarlo…

Chiunque sia è gentile e premuroso quanto mia madre… magari è proprio lei…

                                                                        *******

Draco riprese conoscenza dopo un tempo indefinito, sdraiato su qualcosa di morbido. Il dolore del Cruciatus era ancora vivo sotto la sua pelle anche se poco più attenuato. Le labbra e la gola arida sopportavano a stento la mancanza d’acqua e lo stomaco reclamava a viva voce del cibo. Le palpebre erano sempre dolenti e pesanti, per non parlare di braccia e gambe che soffrivano ancora gli spasmi della maledizione.

Draco sentiva il suo corpo lontano, come qualcosa che non gli apparteneva, qualcosa talmente inutile e fastidioso che sarebbe stato meglio buttare via. Il ragazzo si ricordò dell’Auror senza braccio vittima di Greyback che implorava disperatamente una morte veloce e istantanea e ora anche lui, con quell’ammasso di ossa e carne che gli pulsava dal dolore, avrebbe preferito gettarsi via come spazzatura; era stanco, senza energia, senza voglia di vivere.

Sentì un leggero frusciò agitarsi accanto al suo giaciglio, ma non aprì gli occhi. Forse era Cortess: era venuto per lui, per finire il suo lavoro e Draco non glielo avrebbe impedito, anzi, sarebbe stato quasi felice, come l’Auror che dopo essersi fatto divorare parzialmente da Greyback aveva smesso di urlare ed era scivolato nella calma assoluta. Il ragazzo voleva questo: tranquillità; e Cortess gliel’avrebbe data, doveva solo sopportare ancora un po’ di dolore.  Così si decise a riaprire gli occhi: un’enorme delusione mista ad un pizzico di sollievo… fu questo ciò che provò alla vista di Samantha Drake che, con i più premurosi dei riguardi lo stava curando

 

“E’ un unguento che attenua gli strascichi del Cruciatus” disse la Mangiamorte mostrandogli una bottiglietta dorata “Tra qualche secondo il dolore svanirà del tutto e riuscirai a reggerti sulle gambe.”

 

All’idea di rimettersi in piedi e continuare quell’ingrata esistenza, la poca felicità che Draco aveva provato grazie alla disperata speranza di morire gli fu strappata via. Era già stato infelice in precedenza con la prospettiva di dover soffrire molto, ma adesso si riteneva molto più infelice, perché aveva l’esperienza del dolore con la certezza che non sarebbe mai finito. Una persona che si era imposta sacrifici così grandi per proteggere la sua famiglia e per continuare a vivere, poteva ben concedersi qualche soddisfazione; ma Malfoy era l’eccezione che conferma la regola. Si sentiva diverso dagli altri – dai suoi coetanei, persino dai Serpeverde e soprattutto dai Mangiamorte – e quella sua capillare differenza – sia della ricchezza, o del sangue, o della nobiltà, o del carattere, o della disperata situazione in cui si trovava… - lo condannava alla solitudine.

 

Le sue infelici riflessioni furono bruscamente troncate dalla pressione di una mano contro il suo stomaco. Draco sbatté le palpebre un paio di volte e focalizzò la vista su Samantha Drake che stava agitando una mano sotto la sua tunica.

 

“Che… che cosa stai facendo?” strepitò il ragazzo alzandosi di scatto e sussultando a causa dello sforzo doloroso a cui aveva costretto i muscoli delle braccia.

 

La Mangiamorte lo spinse delicatamente con l’altra mano, costringendolo a stendersi di nuovo “Stai calmo” sussurrò lei “Ti ho salvato dalle grinfie di Cortess, ma scommetto che non te lo ricordi. Eri già una trota lessa quando sono venuta a fermarlo per ordine del Signore Oscuro.”

Draco sgranò gli occhi, perplesso. “Sì” accennò Samantha “Il Signore Oscuro gli aveva ordinato di punirti, non di ucciderti. Ma non ti devi preoccupare perché grazie alle mie cure sarai in forma, bello e pimpante in pochi giorni. Però bisogna ammettere che Gravius Cortess è una vera bestia, un incivile oserei dire. Guarda come ti ha ridotto, ti ha malmenato peggio di come avrebbe fatto una banda di pugili ubriachi.”

Per tutto il tempo che aveva parlato a Draco, Samantha non aveva smesso di strusciare la sua mano contro l’addome del ragazzo che, ignorando il motivo di quel gesto, provava un misto tra disagio e una sorta di lascivo compiacimento.

“Ecco fatto” dichiarò la ragazza scostando la mano dalla pelle del ragazzo “Ti ho spalmato un po’ di unguento sullo stomaco, Cortess l’aveva martoriato di calci.”

Draco era combattuto tra il pronunciare un sommesso “grazie” o voltare il capo, indifferente alla gentilezza della ragazza. Ma dopotutto era una Mangiamorte e per tutti quelli che portavano il Marchio Oscuro – compreso suo padre ed esclusa sua madre – il ragazzo provava una servizievole reverenza. Così si decise a mormorare: “Grazie.”

La Mangiamorte sorrise in un modo così tenero e fascinoso da far sbigottire Draco “Di niente, Drago” sussurrò lei picchiettandogli un dito sulla punta del naso.

Quel gesto così disinvolto fece acquietare l’aura di Mangiamorte che Draco aveva designato alla ragazza. In fondo è solo una novellina ed è anche molto giovane, si ritrovò a pensare lui, Magari non è poi così diversa da me.

Mentre la Mangiamorte si apprestava ad andarsene, Draco la trattenne esclamando con tono impertinente: “Ehi tu! Io mi chiamo Draco, non Drago!”

Samantha si girò mostrando un sorriso ironico “Bel nome! Immagino che sia frutto della tradizione medievale inglese. E a proposito di nomi… io non mi chiamo ehi tu, ma Samantha.”

 

Draco sogghignò “Nome da Babbana.”

 

“Io non criticherei i nomi degli altri, caro Draco, quando il mio è andato in disuso da tre secoli.”

 

“E’ un nome antico e importante, a differenza del tuo che è banalmente comune e sciatto” ribatté sprezzante il ragazzo.

 

“Perché ti ho salvato da Cortess?” si chiese Samantha digrignando i denti.

 

“Perché te l’ha ordinato il Signore Oscuro e i suoi ordini non si discutono” mugugnò Draco.

 

“Come sei servizievole, mi sarei aspettata di meglio da un Malfoy.”

 

“Allora sai chi sono?”

 

“Più o meno. La tua triste storia la conosco e mi dispiace.”

 

Draco sbuffò “Non fare l’ipocrita. Lo sanno tutti che i Mangiamorte sono degli egocentrici.”

 

“Magari non tutti” disse la ragazza “Ti avverto… Ho un fratello che è un autentico campione nello stressare le persone e posso orgogliosamente dichiarare che sono riuscita a sopportarlo per quasi vent’anni senza impiccarmi. Quindi, se stai cercando di spazientirmi con il tuo caratteraccio simulato, puoi anche abbandonare il proposito.”

 

“Fantastico, mi serviva davvero qualcuno da usare come persona-sfogo” ironizzò Draco.

 

Samantha sorrise ancora “Scherza pure. Comunque io sarei molto più gentile con l’unico medico efficiente che si possa trovare nel Covo Oscuro.”

 

“Ti sbagli, c’è anche un altro medimago tra i Mangiamorte.”

 

“Per questo ho detto efficiente” puntualizzò Samantha “Ho controllato le credenziali di quel tipo e sarebbe anche capace di farti trangugiare della cicuta come rimedio per il mal di stomaco.”

“Beh, non m’importa se sei un medico efficiente, tanto per usare parole tue” bofonchiò Draco.

“Dovrebbe importarti dato che ogni Mangiamorte in questo covo sembra intenzionato ad usarti come persona-sfogo, tanto per usare parole tue.”

Draco la fissò inacidito “Evidentemente vent’anni passati con un fratello insopportabile ti hanno resa a dir poco insopportabile.”

“Tu invece sei sopportabilissimo” scherzò la ragazza “E non hai fratelli o sorelle che ti stressano, giusto? Riconosco alla perfezione la puzza da viziato di un figlio unico, caro Drago.”

“Pensala come vuoi, Amanda” sibilò il ragazzo “E se la tua memoria è talmente infima da non ricordartelo, te lo ricordo io: Draco con la C!”

“E anche se la tua memoria è talmente infima da non ricordartelo, te lo ricordo io: Samantha non Amanda!” gli fece eco la Mangiamorte, godendo dell’evidente esasperazione del ragazzo “Ma se ti garba mi puoi anche chiamare Amanda; questo nome mi ricorda una mia amica” disse Samantha nascondendo un sorriso schifato.

“E anche a te, Amanda, se ti garba potresti chiamarmi Drago. Anche a me piace, mi fa apparire molto…”

“Animale” gli venne in aiuto Samantha “Oh macho? No perché, se proprio vuoi apparire macho oltre che al nome ti servirebbe anche un aspetto un po’ più virile. Eh, povero Drago, la natura non è stata molto generosa nel donarti muscoli.”

“La sa una cosa, cara signora Amanda” borbottò Draco “Non dovrebbe permettersi una tale confidenza con un ragazzo molto meno vecchio di lei; che ne dice?”

“Ma la mia era solo una constatazione disinvolta, Drago. Certo, un lattante dalla mente giovane e immatura come la tua potrebbe aver frainteso tutto…”

“Arrivederci, signora Amanda, ora ho bisogno di un po’ di riposo” sbottò Draco, stizzito.

“Hai ragione, ora meriti un po’ di riposo. Per prendere sonno preferisci una tazza di camomilla o una bella ninnananna?”

Draco le rivolse un’occhiata sicuramente non infantile o innocente.

“D’accordo, me ne vado” si rassegnò Samantha “Buona notte, Drago, e sogni d’oro. Sogna tanti unicorni volanti.”

Draco si scompose appena nel letto “Buona notte anche a te, vecchia megera.”

La Mangiamorte sorrise di gusto “Se ti comporti così sembri proprio un bambino, lo sai?”

“Fuori” sbraitò Draco da sotto le lenzuola.

“Sto andando, sto andando!” esclamò sorridente Samantha, mentre richiudeva la porta dell’infermeria alle sue spalle.

Una volta che fu tornata la calma, Draco si concesse un sorriso leggero “Discretamente divertente.”

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Sprpr (sorella?): ciao Sory, siamo felici di averti ritrovata; ma sei tu? Ti ringraziamo calorosamente (cm sempre x i tuoi commenti)… nel prox chap ci sarà Draco, quindi nn puoi perdertelo (anke se soffrirà un po’) (ops, ti abbiamo dato un indizio sul prox chap -_^) Kiss KS

 

Charlotte Doyle: il tuo commento ci ha fatto gioire interiormente. Sei furba e dotta, come hai fatto a cogliere la discrepanza per quanto riguarda Petunia e la family Evans? Noi ci avevamo pensato, ma poi, per esigenze di copione, abbiamo preferito accantonare la questione. Non c’è pericolo di incoerenza con la storia della Rowling perché più tardi nella storia ci sarà una bella scena che spiegherà il motivo di questa scelta. Ancora complimenti per la tua arguzie. Speriamo di risentirti; guarda che ci contiamo. Peace KS

 

Hermione CH: ben arrivata; i tuoi complimenti sono super-apprezzati da Kaho. Speriamo di non deluderti cn il prox chap (impossibile ndKahoSamy). A’ bientot KS

 

James e Lily: innanzitutto, complimenti xké anke noi amiamo qst coppia (ProngsxLily,. Cn i Malandrini – escluso ovviamente il Sorcio di Fogna, alias Peter Minus – e *ç* ndKaho); non possiamo dare indicazioni precise sui prox chap ma c’è una bella combutta famigliare ke scoprirai continuando a leggere. Se sei una fan dei Mala non puoi perderti il prox chap (ops, abbiamo dato info top-secret) Kiss KS

 

Siangel187: ben tornata!! Siamo sempre felici di ricevere i tuoi complimenti ^///^; x la scena di Lupin: nn preouc, c’è ne saranno sicuramente altre altrettanto esilaranti (e imbarazzanti); sì, la Mangiamorte era propria Samantha; la faccenda psicologica di Samantha rimarrà un costante mistero fino all’ultimo chap di HP7… dopo capirai… Ciao KS

 

Evanescense87: grazie, grazie, grazie (!!!!!!!) Siamo molto felici e orgogliose (io direi esaltate ndKaho). Non c’è timore x il seguito della storia; siamo arrivate a 6 chap conclusi e il progetto trilogia è troppo importante, nn si può abbandonare, anke xké Samy nn vede l’ora di poter descrivere i figli dei nostri eroi (in particolare di 1 ndSamy)… ciao, baci KS

  
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