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Autore: Unsub    06/12/2011    11 recensioni
Procedo con passo marziale verso l’altare, dove lo sposo mi attende. I miei occhi si spostano con studiata indifferenza sui presenti. Per lo più nobili curiosi di vedere l’ambiguo Comandante Oscar Françoise de Jarjeyes che si sposa.
E se il Generale non fosse così sprovveduto da non calcolare che la dinastia dei de Jarjayes sarebbe finita con Oscar? E se qualcuno gli suggerisse un piano alternativo? Cosa sarebbe successo se...?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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27 Oscar osservava distrattamente fuori dalla finestra, mentre era intenta a infilarsi i guanti bianchi. Doveva presenziare al funerale del marchese de Brennon, non solo in quanto suo zio, ma soprattutto perché l’uomo aveva fatto parte dell’aristocrazia più influente del regno. Molti dovevano la posizione che ricoprivano a corte all’intervento di quell’uomo e altrettanti dovevano a lui la propria rovina.
Si continuava a mormorare di che uomo fosse: né i nemici né gli amici sembravano avere qualcosa di carino da dire sul morto. Tutti erano d’accordo che fosse incline alla collera e con una passione riprovevole per le giovani ed avvenenti cortigiane che, una volta soddisfatto il marchese, venivano introdotte discretamente nel giro delle persone che contano. Alcuni sostenevano che persino la du Barry dovesse a lui la propria ascesa come favorita del vecchio Re.
Oscar meditò che in realtà non sapeva nulla dello zio. Aveva sentito suo padre biasimare il fatto che bevesse molto e sua madre stringeva sempre la bocca in una piega dolorosa quando veniva nominato. Sua zia e il consorte non avevano frequentato molto quella casa, specialmente insieme. Le loro vite si erano separate dopo la nascita della loro unica figlia femmina, Madelaine; ma da un mese girava insistentemente la voce che si fossero riappacificati e che sua zia sarebbe tornata a vivere a Parigi da un momento all’altro.
La morte del marchese aveva, tempestivamente, impedito che quell’unione si riformasse, lasciando “l’affranta” Gerardine vedova; con un ingente patrimonio alle spalle e nessuno a dirle cosa fare. La provvidenzialità della cosa era quanto meno sospetta e il biondo colonello ricordava il comportamento tenuto a corte prima dell’arrivo del messaggero…
Sentì la porta aprirsi e si girò, pronta a trovarsi davanti Andrè o Rosalie che le annunciavano che era tutto pronto per la partenza. Invece, con suo sommo stupore, sua madre era entrata nella stanza e si guardava intorno come spaesata.
-    Non venivo spesso nella tua stanza quando eri nubile e non vi sono più entrata dopo il tuo matrimonio – la contessa si avvicinò alla toletta guardando i pochi oggetti che vi erano poggiati – Non sembra che tu ti curi molto del tuo aspetto.
-    Non l’ho mai fatto, madre, non capisco perché dovrei cominciare ora.
-    Forse perché sei sposata… Speravo che il matrimonio riuscisse a cambiare la rigida educazione che tuo padre di ha impartito.
-    Cosa vi porta qui? Pensavo che voi e mio padre foste già partiti alla volta di Parigi.
-    Ho pensato che sarebbe stato meglio andare tutti insieme… Sai le apparenze contano in certi frangenti.
-    Dobbiamo dare l’impressione di una famiglia unita? – ad Oscar scappava quasi da ridere – Madre, io sono molto affezionata a voi e mio padre, ma mi sembra una cosa così assurda fare sfoggio nel nostro legame.
-    Non parlavo di noi – Marguerite sospirò portandosi una mano alla tempia – Tua zia Gerardine ha bisogno di noi, oggi. Dobbiamo fare di tutto per starle accanto.
-    Penso che riceverà tutto il conforto di cui necessita dai figli – si mise davanti allo specchio e finì di sistemarsi la giacca – Non vorrei soffocarla con tutte queste attenzioni.
-    Dubito che i suoi figli le staranno accanto…
-    Li ha fatti crescere dalle balie, cosa si aspettava? – non riusciva a provare pena per quella donna che, ne era certa, aveva fatto uccidere il marito.
-    Ti ho già detto che non è stata una sua decisione – la contessa tornò a stringere le labbra, come timorosa di lasciarsi sfuggire chissà cosa – Se solo tu sapessi, se solo riuscissi ad immaginare…
-    Cosa, madre? Cosa dovrei sapere? – Oscar la guardava fissa: nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea sulla marchesa.
-    Ho giurato di non parlare mai di cosa vidi e sentii quando tua zia partorì Madelaine… Quando anche tu sarai madre, riuscirai a capire, forse. Ora ti chiedo solo di starle vicino durante la funzione, per amore mio.
Oscar si girò ad osservare la madre, fece pochi passi verso di lei e poi si inginocchiò afferrandole le mani e portandosele al viso.
-    Madre, farei qualsiasi cosa per voi. Non dubitate mai del mio amore e della mia devozione.
-    Sei una brava figlia, Oscar… vorrei essere stata una buona madre.
Senza attendere risposta, Marguerite de Jarjayes si precipitò fuori della stanza in lacrime lasciando la più giovane delle sue figlie in ginocchio a guardarla andare via con lo stupore dipinto sul volto. Aveva ceduto alla pazzia di suo marito di crescere la loro ultimogenita come un uomo; non aveva opposto rifiuto alla decisione di farla sposare con André Grandier, anzi aveva cercato di organizzare il matrimonio più sfarzoso della storia della nobiltà; cosa faceva di lei una buona madre degna di tanta stima e devozione? Lei non aveva lottato per sua figlia!
La vita sa essere ironica e spietata. Gerardine aveva combattuto per i suoi figli rischiando anche la vita… eppure nessuno dei tre la trattava con un minimo di affetto. La consideravano una perfetta estranea e come tale si rivolgevano a lei. Cosa rende una donna una buona madre? Le immagini di quello che aveva giurato di non rivelare mai le scorrevano davanti agli occhi, mentre cercava rifugio nelle proprie stanze.

Parigi 1755
Il travaglio era stato lungo e difficile, cosa strana visto che non si trattava del primo parto e che la puerpera era ancora giovane. Gerardine continuava ad urlare e dimenarsi sul letto, pregando che tutto finisse presto e che il signore le avesse mandato finalmente una femmina.
Suo marito era stato chiaro: non voleva avere niente a che fare con una figlia femmina, preferiva maschi da far educare secondo la rigida morale che lui aveva scelto. Per la ragazza questo voleva dire che avrebbe potuto crescerla lei una bambina; non ci sarebbero state le balie e le amanti del marito ad impedirle di giocare e prendersi cura del frutto del suo grembo.
Era quasi l’alba ed ormai erano più di sei ore che la levatrice diceva che c’erano quasi. Possibile che il suo corpo avesse dimenticato come si faceva a partorire? Erano passati solamente tre anni dalla nascita di Etienne, eppure il piccolo si rifiutava di uscire e lei sembrava essersi scordata come si espelleva quel corpicino dal proprio.
Dopo l’ennesima spinta, sentì uno strappo e un dolore lancinante fra le gambe, ma fu subito rincuorata dall’urlare di quella creaturina tutta rossa in viso. Sorrise, ripensando che era quella l’immagine che conservava anche dei due figli più grandi. Creaturine piccole ed urlanti, con la faccia tutta rossa e il corpicino percorso da brividi.
-    E’ una femmina, signora marchesa – le comunicò la levatrice dopo averla pulita e fasciata – Vuole tenerla in braccio?
-    Sì! – tendeva le braccia e sentiva le lacrime rigarle il viso.
Quel fagottino sarebbe stato tutto il suo amore, finalmente non sarebbe stata più sola e avrebbe conosciuto anche lei la felicità di sentire la propria piccola stretta al petto. Tutte le sofferenze e le angherie che le aveva inflitto suo marito ora passavano in secondo piano… La sua bambina era a pochi passi da lei. Sua cognata Marguerite, anche lei prossima al parto, era al suo fianco e sorrideva teneramente a Gerardine; le era stata accanto per tutto il travaglio, continuando ad incoraggiarla.
Le mani della marchesa avevano appena sfiorato quel corpicino, quando la porta fu aperta in modo brusco. Il marchese era ritto sulla soglia con l’aria di aver bevuto più del solito, seguito da una delle balie dei suoi figli e dall’amante in carica di turno. Gerardine si tirò su a sedere con lo sguardo terrorizzato, aveva già visto quella scena due volte, ma lui non voleva femmine!
-    Sono venuto a vedere MIO figlio – tuonò con la voce impastata dall’alcool – Dov’è?
-    Ecco, marchese – si precipitò la levatrice – E’ una splendida bambina, sana e piena di vita.
-    Ti avevo detto che non volevo femmine! – lanciò il bicchiere che teneva in mano verso la moglie e la mancò di pochissimo – Non fai mai quello che ti si dice, sgualdrinella!
Fece un segno alla balia che subito prese la bambina fra le braccia, pronta a condurla lontano dalla madre.
-    Ferma! – Gerardine combatteva contro la stanchezza ed il dolore nel tentativo di rimettersi in piedi – Tu non vuoi figlie femmine, la crescerò io.
-    Qui si fa come ordina il marchese – si fece avanti la favorita del momento.
-    Giusto Marie, mi hai tolto le parole di bocca. Ora portate via la bambina e tu rimettiti a letto e vedi di non farmi arrabbiare. Potrei perdere il mio buonumore – fece per allontanarsi, ma qualcuno lo tratteneva per un braccio.
-    Dammi mia figlia, vecchio pervertito e ubriacone – Gerardine sembrava una gatta selvatica mente strattonava il braccio del marito.
-    Come osi, puttana?
Con noncuranza se la staccò di dosso e la face cadere a terra. Si chinò su di lei che continuava ad invocare sua figlia, a chiedere che le lascassero la sua bambina, e sembrò perdere del tutto la ragione. La bava gli colava dalla bocca mentre prendeva a calci la moglie inerme inginocchiata sul pavimento.
Non si fermò neanche quando lo chiazza rossa fra le gambe della donna si andava via via allargando, sporcando tutto il pavimento. Dovettero intervenire svariati valletti, richiamati dalle urla della contessa de Jarjayes, per portare via l’uomo dalla stanza.
La levatrice si chinò sulla puerpera che aveva peso i sensi e rischiava di morire per una emorragia. Chiese a gran voce un dottore, mentre la contessa in stato interessante, scivolava lentamente lungo il muro sopraffatta da tutte quelle emozioni.

Parigi 1778
Intrappolata nei ricordi, Marguerite si era estraniata dalla cerimonia. Riusciva solo a guardare le spalle della cognata, che se ne stava rigida e dritta incurante degli sguardi di odio dei suoi tre figli.
Sospettava che avesse avuto più di un ruolo marginale nell’omicidio del marchese; ma lei non riusciva a biasimarla. Quell’uomo le aveva portato via i tre figli e l’aveva picchiata così forte che il dottore era riuscito a salvarla a stento, dicendo ai presenti che la marchesa de Brennon non avrebbe potuto avere altri figli. Chi poteva rimpiangere un uomo del genere?
I suoi occhi furono catturati dei riflessi d’oro dei capelli di sua figlia. Sorrise, pensando che Oscar sembrava felice nonostante il tipo di educazione che le era stata imposta. Ringrazio il Signore: Andrè era un marito del tutto diverso dall’uomo di cui si stava celebrando il funerale.

Continua…
   
 
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