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Autore: Aqua483    06/12/2011    0 recensioni
Eppure tutto quel dolore si era originato da un sentimento puro, innocente, che in una situazione normale non avrebbe mai portato a quello che ora stavano entrambi vivendo. Per la prima volta la ragazza rinnegò la propria natura, desiderando di essere morta in una notte di cinque secoli prima.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stanza da letto era illuminata solo dalla fioca luce solare che filtrava dalle serrande interamente abbassate. Era una stanza piccola, con pareti completamente bianche, ricoperte da alcuni poster, una scrivania color legno su cui si trovava un computer portatile. Un cassone e due comodini. Per terra una marea di vestiti, che ricoprivano ogni centimetro del pavimento. Un ragazzo dormiva profondamente, a petto nudo, avvolto nelle lenzuola del suo letto. Era spossato: la notte precedente, o quella stessa mattina, si era ritirato da un’uscita di gruppo con i suoi amici più cari.
All’improvviso la semi oscurità della stanza si colorò di una luce azzurrina, proveniente da un cellulare su uno dei comodini. La suoneria ruppe il silenzio del momento.
Il ragazzo si rigirò nel letto e, ad occhi chiusi, cercò il cellulare tendendo una mano per tastare la superficie del comodino. Urto, per sbaglio un bicchiere, che cadde a terra frantumandosi.
A quel punto, svegliato completamente dal rumore di vetri in pezzi, il ragazzo aprì gli occhi di scatto e afferrò con sicurezza il cellulare. Quando guardò il display illuminato si rese conto di chi lo stava chiamando.
Chiamata in arrivo: Don Carlo. Quello poteva significare solamente una cosa: lavoro.
Sospirò portando all’orecchio il telefono.
<< Ivan?>>. Chiese la voce del prete dall’altro lato della cornetta.
<< Sì?>>. Rispose il giovane. La voce impastata di sonno.
<< Ti ho svegliato? Sono le undici, dovresti svegliarti prima la mattina, Ivan!>>. Si infervorò l’interlocutore.
<< La prego... venga al dunque...>>. Lo interruppe Ivan, cercando di evitare la solita ramanzina.
<< Ce la fai ad essere in chiesa fra dieci minuti? potrebbe esserci del lavoro per te.>>. Spiegò il prete.
<< Sono già lì.>>. Esclamò il ragazzo, improvvisamente più desto.
Chiuse immediatamente la chiamata e scese dal letto, facendo attenzione a non calpestare i resti del bicchiere appena rotto. Andò subito a prepararsi e quando fu pronto prese, uscendo, una barretta di cereali a mo’ di colazione.
Mentre scendeva le scale del condominio in tutta fretta, fu ostacolato dalla presenza della sua enorme vicina di casa, che fu piacevolmente sorpresa di vederlo lì.
<< Ivan caro! Stasera sei invitato a casa mia, così conoscerai finalmente la mia nipotina Sara, sai, sarebbe ora che ti trovassi una ragazza, non ti vedo mai con nessuno...>>. Partì a razzo, cercando di convincerlo.
Ivan era da tempo tartassato dalle richieste della signora Bianchetti, che insisteva ogni volta perché lui conoscesse la sua nipotina Sara, una single ventiduenne alla disperata ricerca di un ragazzo. Lui, però, al momento non aveva né il tempo né la voglia di iniziare una relazione. Perciò la zittì.
<< Signora, mi dispiace, ma credo che staserà sarò occupato con il lavoro... sarà per un’altra volta!>>.
Scampato il pericolo, Ivan, scese di corsa le scale e, arrivato giù, saltò in sella alla sua moto e sfrecciò per le vie di Milano.
Quando arrivò in chiesa, il prete lo stava aspettando sotto l’altare.
<< Sei in ritardo di cinque minuti...>>. Scherzò Don Carlo non appena lo vide andargli incontro.
<< Suvvia, sapete che il traffico di Milano è impossibile, dovevate metterli in conto!>>. Rispose Ivan stando al gioco.
<< Siamo seri... Stamattina sono stati ritrovati in un bosco i cadaveri di due ragazzi...>>. Disse il prete assumendo un’espressione formale e scrutando Ivan da sopra gli occhiali.
<< E cosa le fa pensare che ci sia del lavoro per me?>>.
Era la domando di routine, ormai. Ivan accettava solamente incarichi provati e sicuri. E questo Don Carlo lo sapeva. Perciò alzò un dito e iniziò a snocciolare le sue tesi.
Don Carlo era prete da parecchi anni, ma da sempre era stato un prete fuori dalla norma. Trovava nuovi incarichi a Ivan ormai da tanto ed era l’unico a conoscenza del vero lavoro del ragazzo. Era un uomo anziano, sulla settantina, quasi ottantina, il viso magro ricoperto da profonde rughe. Ma gli occhi erano ancora accesi e vigili, come quelli di un ragazzino.
<< Per prima cosa la polizia ha annotato sui verbali che le cause della morte sono state dovute all’attacco di un branco di lupi, ma i due cadaveri non sono smembrati né sbranati, presentano alcune ferite che si presume li abbiano portati alla morte per dissanguamento. Tuttavia non sono state rinvenute tracce di sangue delle vittime nelle vicinanze del luogo del ritrovamento. In secondo luogo l’auto usata dai due per uscire quella sera è stata ritrovata in pieno centro, la polizia ha ipotizzato che si sia trattato di un furto e che i due fossero rimasti bloccati nel bosco o si siano persi. Il caso è stato archiviato e catalogato come un incidente non imputabile a nessun essere umano.>>. Spiegò.
<< In parte è così.>>. Aggiunse con tono drammatico, celando dietro quelle parole misteri e segreti.
<< Bene, mi ha convinto, sembra ci sia una nuova preda per me... ci vorrà del tempo, però...>>. Rispose convinto Ivan.
<< Sai che devi evitare che uccida di nuovo.>>. Fu avvertito.
<< E’ stata la famiglia delle vittime a rivolgersi a lei?>>.
<< No, è un incarico che ti do io...>>.
<< Quindi niente compenso anche questa volta?>>. Sospirò svilito.
Don Carlo sorrise.
<< Se farai un buon lavoro vedrò di darti qualcosa...>>.
Lo diceva sempre, e sempre Ivan riceveva una somma pari a... zero! Ma non se ne curò.
<< Bene... devo sapere altro?>>.
Il prete fece cenno di no e congedò Ivan, che se ne andò, consapevole di aver accettato un incarico non retribuito. L’unica paga che riceveva era quando le famiglie delle vittime si rivolgevano direttamente a Don Carlo, ma anche in quei casi si trattava di una paga minima. Certamente sarebbe stato immorale chiedere cifre più alte a persone che avevano subito una grave perdita in famiglia. Ovviamente nessuno badava a come avrebbe dovuto mantenersi lui. L’unica cosa che le sue competenze gli permettevano di fare, oltre al cacciatore, era scrivere qualche articolo per un giornale locale.
Ivan si perse nelle sue riflessioni per tutta la durata del tragitto fino a casa. quando arrivò, però si concentrò su ciò che Don Carlo gli aveva detto. Poco. Molto poco in realtà. Per scovare la sua preda aveva bisogno di più informazioni.
Sospirando si sedette alla sua scrivania e accese il computer. Il primo obiettivo di Ivan era scoprire se la sua preda fosse nomade o se si fosse stabilito in città per rimanerci.
Sospirò di nuovo. Gli avrebbe fatto davvero comodo esaminare i cadaveri ritrovati, o almeno leggere i resoconti dettagliati delle autopsie. Mentre controllava la posta elettronica nella cartella del suo indirizzo e-mail rimase stupito nel notare che quella volta Don Carlo lo aveva preceduto inviandogli il referto dell’autopsia eseguita sui corpi dei due ragazzi.
Sul suo volto apparve un sorriso velato di aggressività. Finalmente poteva mettersi al lavoro.
Dopo circa due ore di ricerche dettagliate, Ivan poteva affermare con certezza che gli assassini erano due, con due modus operandi completamente diversi. Il primo crudele e spietato, probabilmente si trattava di un soggetto più assetato o semplicemente più giovane, il secondo più moderato, come se si cibasse solo perché era necessario alla sua sopravvivenza. Con molta probabilità i due formavano un gruppo, ma le sue informazioni non erano bastate a consentirgli di determinare il sesso dei soggetti o a capire le loro intenzioni riguardo lo stabilirsi in città.
La stanchezza iniziò a farsi sentire. Ivan decise che per il momento le notizie raccolte erano più che sufficienti. Adesso si trattava solo di fermarsi ad aspettare un qualsiasi passo falso delle sue prede. Si alzò dalla sedia e iniziò a sgranchirsi le gambe e le articolazioni. Subito dopo si diresse verso il ripostiglio, dove custodiva, sotto chiave, i suoi attrezzi da lavoro. Prese la valigetta e la poggiò sul tavolo, facendo scattare la serratura con la chiave che teneva ben nascosta. Osservò per bene il contenuto, per poi prendere la sua pistola e caricarla con i proiettili d’argento, inserendo la sicura. Si convinse che sarebbe stato opportuno, da quel momento in poi, portarla sempre con sé, per evitare di essere colto impreparato. Successivamente lasciò una rapida occhiata sofferente alla balestra e pregò che non arrivasse mai il momento di usarla. Non era un mistero la sua predilezione nei confronti della pistola.
Con uno scatto richiuse la valigetta.
La caccia ai vampiri era aperta.
 
  
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