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Autore: shesfede    07/12/2011    10 recensioni
I suoi occhi mi scrutavano da cima a fondo, si leggeva il desiderio di passione. Riflessi in essi vidi i miei, ardenti della stessa volontà. Non ebbi il tempo di pensare alle conseguenze, che me lo ritrovai praticamente attaccato. So che può sembrare squallido, ma col senno di poi gli avrei permesso prima di baciarmi senza perdere troppo tempo. Le nostre lingue si toccavano voracemente, con una passione che per me era insolita. In quel momento lo desideravo come non avevo mai desiderato nessun altro ragazzo. Con una mano teneva il mio viso, mentre con l’altra cingeva la mia vita. Era una presa salda la sua, di quella che ti fanno sentire protetta e al sicuro. Lentamente fece scivolare entrambe le mani sul mio fondoschiena, insinuandosi poco dopo sotto la mia maglia. Il contatto con la sua pelle calda mi fece rabbrividire. 
–Non so nemmeno come ti chiami- riuscii a dire in uno dei pochi momenti di lucidità, dovuti al fatto che aveva allontanato le sue labbra dalle mie per recuperare ossigeno.
–Harry- disse scendendo a baciarmi il collo, cosa che mi fece impazzire più di quanto non lo fossi già. –Tu?- aggiunse dopo, anche se era evidente che era interessato ad altro.
–Ashley- dissi mentre affondavo le mani nei suoi capelli.
Mi prese in braccio e mi strinse ancora di più a lui, mentre io attorcigliavo le gambe dietro la sua schiena. Mi portò vicino al lavello e mi fece sedere sul marmo freddo. Ogni bacio che ci scambiavano era travolgente e carico di passione. Era palese che tra di noi ci fosse una irrefrenabile attrazione fisica.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo uno.


Presi un grande respiro e camminai spedita verso il tavolo occupato dalle ragazze. Il grosso era già stato fatto d’altra parte. Avevo spiegato a loro e anche al resto della squadra la situazione riguardante la partenza giorni fa, quindi la parte che si poteva definire più complicata era andata. Ma se quel pomeriggio dovevo solo salutarle e dire loro arrivederci a settembre, allora perché mi sentivo come se quella fosse la fine di tutto?
–Eccoti qua- esclamò Aly, mentre Mandy si limitò a sorridermi.
–Come state?- chiesi mentre salutavo entrambe con un bacio sulla guancia.
–Abbastanza bene, fatta eccezione per la tua partenza- rispose sbuffando la bionda, mentre Mandy era occupata a sistemarsi il ciuffo che quel giorno era indomabile.
–Ci mancherai Ash- disse quando smise di litigarci.
–Ragazze sono solo tre mesi, vedrete che il tempo volerà e neanche vi accorgerete della mia assenza- dissi per rassicurarle.
Loro annuirono tanto per farmi contenta, perché era palese che non erano tranquille.
–Guarda chi si vede, la neo-inglesina.- Non ebbi bisogno di voltarmi per capire a chi appartenesse quella voce fastidiosa e irritante.
–Mason se il tuo amico è scappato dai pantaloni non è qui che lo troverai, ma in un bordello- dissi tranquillamente, senza neanche voltarmi.
–Siamo di cattivo umore a quanto pare. Cos’è? Ultimamente non la stai dando più a nessuno?-
-Per caso ti brucia perché non la sta più dando a te?- rispose prontamente Aly al posto mio. Le feci un segno d’assenso per quanto aveva appena detto.
Mason era il capitano della squadra di football del mio liceo, nonché mio primo ragazzo e mia prima delusione amorosa. Un consiglio ragazze: quando vi dicono che siete l’unica, non credeteci.
–Quando avete fatto le selezioni per le cheerleader vi hanno preso per la vostra scontrosità o per l’attitudine ad aprire le gambe?- chiese retorico, credendo di aver appena detto una genialata.
–Non saprei. E a te ti hanno eletto capitano perché sei quello che ce l’ha più piccolo?- risposi a tono.
Mi alzai dal tavolo, piazzandomi davanti a lui. –Sei solo un pallone gonfiato- dissi guardandolo schifata.
Sul suo viso compare un ghigno e prima che lo prendessi a botte dal nervosismo, Mandy e Aly mi trascinarono fuori di lì.
–Lo odio, lo odio, lo odio. Giuro che quando torno lo ammazzo con le mie stesse mani se lo trovo ancora vivo- urlai disperata.
Alison non si trattenne dal ridere, mentre Mandy cercò di mantenersi il più seria possibile. D’altronde almeno una delle tre doveva dare l’aspetto di essere sana mentalmente.
–Se ti può consolare dicono che gli inglesi siano più fighi e più intelligenti degli americani- la buttò lì Aly.
La guardai torvo per qualche secondo, ma poi mi sciolsi.
–Speriamo che sia vero- le risposi sorridendo.
–Però Mason non ha tutti i torti. È da tanto che non esci con un ragazzo, anche solo per divertirti un po’.-
Stavo per rispondere a Mandy, ma un colpo di clacson richiamò la nostra attenzione. Tutte e tre ci voltammo verso l’altro lato della strada, dove un fuoristrada era parcheggiato in doppia fila.
–Perfetto, anche il resto della combriccola- dissi alzando gli occhi al cielo quando alla guida riconobbi Chase, il braccio destro di Mason nella vita e nel football, nonché fidanzato di Mandy.
La ragazza gli rivolse un sorriso, facendogli segno di attendere.
–Scusa, ma ho promesso a sua madre che sarei andata a cena da loro- mi disse in imbarazzo, intuendo il mio disappunto.
Chase a differenza dell’amico era un bravo ragazzo e si era impegnato da subito con Mandy. Probabilmente se avesse frequentato altra gente mi sarebbe anche potuto andare a genio.
–Così dobbiamo salutarci adesso?- Mi rattristii subito poiché ero convinta che avessimo ancora del tempo da poter passare insieme.
–Che cosa triste, salutarsi sul marciapiede di fronte Starbucks- commentò ad alta voce Aly.
Sorrisi malinconia, perché era arrivato il momento di andare.
–Fate le brave durante la mia assenza- dissi stringendole in un mega abbraccio.
–Specialmente tu- precisai, puntando il dito contro Aly. Lei era quella più fuori di testa e, senza nessuno che la tenesse d’occhio, poteva fare le più grandi follie.
–Tranquilla Ash- disse stringendomi di nuovo.
–Ci mancherai- aggiunse Mandy.
L’ennesimo suono di clacson di Chase ci fece svegliare.
–Devo andare- disse triste Mandy.
–Okay- annuii.
–Mi date un passaggio fino a casa?- le chiese Aly.
Mandy annuì, così rimasi da sola, mentre le guardavo salire in macchina e andare via. Dalla borsa tirai fuori il mio bb per controllare l’ora. Era arrivato il momento di partire. Inghilterra, stavo arrivando!
 
Holmes Chapel
Tra il tempo passato a dormire sull’aereo e quello trascorso sul treno non so dire con precisione quanto durò il viaggio. So solo che eravamo partiti di pomeriggio e che eravamo atterrai nello stesso momento. La mia prima impressione su quel posto fu più che negativa. Era il cinque giugno e, mentre a Los Angeles il sole spaccava le pietre, qui dava l’impressione che da un momento all’altro iniziasse a piovere.
–È uno scherzo vero?- chiesi a mio padre, alzando gli occhi al cielo per guardare i nuvoloni che si muovevano lentamente sopra di noi.
–Col tempo ti ci abituerai- mi rispose, sorridendo. Io lo guardai scettica, alzando un sopracciglio.
–Dai andiamo, Anne è fuori che ci aspetta- disse incamminandosi trascinando la sua valigia.
–Ho cambiato idea. Non ho alcuna intenzione di abituarmi a questo schifo di clima- bofonchiai tra me e me, seguendolo.
Il trolley che avevo preparato per il viaggio era piuttosto pesante, anche se il resto della nostra roba era già arrivata qui con qualche giorno d’anticipo. Mio padre molto sarcasticamente aveva detto che arrivati a questo punto mi sarei potuta portare dietro anche l’intera casa. In effetti avevo portato più roba io per tre mesi, che lui per il resto della sua vita. Ancora mi faceva strano pensare che da lì a poco tempo avrei lasciato mio padre per tornare in America da sola. Rimossi quel pensiero alla velocità della luce dalla mia testa, non era ancora arrivato il momento di pensarci. Affrettai il passo per arrivare al fianco di mio padre. Non appena fummo fuori un sorriso gli si aprì in volto. Seguii il suo sguardo e vidi Anne farci i segnali di fumo affinché la notassimo tra la folla. Anche se parlare di folla era un tantino esagerato. Quel paesino era davvero minuscolo in confronto alla mia città. No aspettate, ritiro tutto. Quel paesino era minuscolo e basta. Non appena raggiungemmo la macchina, Anne salutò prima mio padre e poi me.
–Finalmente siete arrivati, Harry non vede l’ora di conoscere la sua nuova sorella- disse mentre apriva il cofano dell’auto affinché mio padre sistemasse le valigie.
Sorrisi, non sapendo bene cos’altro fare. Insomma, un perfetto sconosciuto poteva essere davvero così eccitato all’idea di avermi come sorella? Io sarei uscita pazza al posto suo. Chiariamoci, anche io ero curiosa di conoscere ‘mio fratello’, eppure ero tranquillissima. Il viaggio in auto durò una manciata di minuti per fortuna, ma riuscii comunque a cogliere qualche particolarità del paesaggio. Holmes Chapel era il tipico posto che si vede raffigurato nei libri d’inglese di scuola: gente dall’aria cordiale e gentile, alberi in ogni viale, villette in stile antico. Tutto l’opposto di LA, dove il moderno spiccava in ogni dove. Come immaginavo, Anne parcheggiò l’auto di fronte a una delle tante villette a cui avevo accennato poco fa. La facciata era in mattoni e davanti c’era un piccolo cortile con tanto di altalena.
–Immaginando che ti potesse mancare andare in spiaggia, ho fatto sistemare la piscina sul retro. Non è come l’oceano, ma meglio di niente- mi disse Anne radiante.
–Non era necessario- dissi, ma mentivo. Almeno avrei potuto fare un bagno e prendere un po’ di sole. Non volevo tornare a casa bianca come una mozzarella. Anche se ripensandoci quale sole potevo prendere, se lì era come un miraggio? Tenni questo pensiero per me dato che non mi sembrava il caso di lamentarmi da subito.
Avevo fatto un patto con mio padre e avevo intenzione di rispettarlo, nonostante tutto. Avrei aspettato l’estate prima di decidere definitivamente, anche se dentro di me non potevo trattenere quell’irrefrenabile desiderio di tornare a casa.
–Benvenuti nella vostra nuova casa- esclamò Anne aprendo la porta e mostrando l’entrata.
La casa era molto accogliente e dentro si respirava un’aria molto familiare. A differenza dell’esterno, la casa era arredata in uno stile moderno che apprezzai molto. Anne ci fece segno di lasciare le giacche nell’appendiabiti, così appesi lì la felpa che avevo portato con me.
-Fantastico, quel scansa fatiche di mio figlio non è in casa.- Mi voltai verso Anne e la vidi impegnata a leggere un post it giallo. –Scusate, dice che Louis ha avuto un imprevisto al bar e che è dovuto correre ad aiutarlo- spiegò.
La guardai con l’espressione di chi non aveva capito proprio nulla. Chi era adesso questo Louis? Avrei dovuto conoscerlo?
–Louis è il migliore amico di mio figlio, sono come fratelli. Dopo la scuola lavora nel bar dei suoi genitori e quando rimane da solo si fa dare una mano da Harry- mi spiegò lei, come se mi avesse letto nel pensiero.
Feci un segno d’assenso tanto per rassicurarla del fatto che avessi capito la situazione.
–Dove posso sistemare la mia roba?- le chiesi.
–Non glielo hai detto?- si rivolse lei a mio padre.
–Aspettavo di arrivare- le rispose scuotendo la testa. Cosa altro avrei dovuto sapere?
–Siccome non è ancora sicura la tua permanenza qui non ho ancora sistemato quella che dovrebbe essere la tua camera.-
Lei si fermò e io le feci subito segno di continuare. Un po’ titubante, riprese a parlare.
–Ecco, spero che non ti dispiaccia condividere la camera con Harry.-
Strabuzzai gli occhi. Come si dice? Ah si, dopo il danno anche la beffa.
–Dov’è la camera?- chiesi facendo finta che la cosa non mi turbasse affatto.
–Di sopra, prima porta a destra. Accanto c’è il bagno se hai bisogno di farti una doccia o di altro.-
Mi accollai la valigia e salii su per le scale, sbuffando silenziosamente di tanto in tanto.
–Prima porta a destra- dissi fra me e me. –Eccola- esclamai quando ci fui davanti.
Appoggiai la mano sulla maniglia e la aprii lentamente, come se avessi paura di cosa avrei trovato all’interno. Mi preparai psicologicamente alla vista di un porcile. Rimasi stupida dalla stanza che mi si presentò davanti. Era immacolata. In realtà mi sentii messa in soggezione da tutto quell’ordine. C’erano due letti proprio di fronte alla porta. Non sapendo quale fosse il mio buttai la valigia su quello di destra.
–Tanto valeva prenderne uno matrimoniale- commentai così il fatto che i due letti fossero praticamente attaccati l’uno all’altro.
Tirai fuori un paio di jeans puliti, una delle poche magliette a maniche lunghe che avevo portato e della biancheria pulita. Non sapendo dove poter mettere la mia roba, richiusi la valigia decidendo di aspettare di conoscere il tanto famoso Harry prima di invadere il suo territorio. Raccolsi le mie cose e feci come consigliatomi da Anne. Andai in bagno e lasciai che il getto caldo dell’acqua risanasse la mia pelle. Mi ritagliai del tempo per me, per occuparmi del mio corpo e per cercare un metodo efficace per nascondere i segni del viaggio sul mio viso. Uscii da quel bagno solamente un’ora dopo.
–Eccomi, allora che mi sono persa?- chiesi scendendo al piano di sotto.
–Sono in cucina- urlò Anne. Seguii la voce in modo da trovarla.
–Dov’è papà?- chiesi non vedendolo.
–Sta dormendo, era stanchissimo- disse mentre armeggiava tra i fornelli.
–Perché non vai a fare un giro, così tanto per iniziare a conoscere il posto?- propose.
–Sai che non è affatto una cattiva idea?- dissi senza pensarci troppo. –Torno presto, promesso- dissi scomparendo dalla cucina.
Afferrai la stessa felpa di prima che era come nuova e corsi fuori. L’aria era piuttosto fresca, così la indossai. Per fortuna i colori erano abbinati tra di loro, altrimenti sarebbe stato un pugno nell’occhio vedermi. Mi sentivo una specie di alieno. Tutti intorno a me erano smanicati e alcune ragazze erano mezze nude, mentre io sentivo freddo.
–Non hanno idea di che cosa sia il caldo da queste parti- diedi voce ai miei pensieri.
Dopo aver girato per un bel po’ a vuoto, mi rintanai in quello che doveva essere il bar della piazza. Non era molto affollato, probabilmente a causa dell’ora. Non sapendo come funzionassero le cose, mi andai a sedere al bancone. Un ragazzo dai capelli spettinati, un sorriso smagliante e due occhi più azzurri dell’oceano Pacifico venne a prendere la mia ordinazione.
–Subito in arrivo un frappé alla fragola- disse facendomi l’occhiolino.
Non ci diedi particolare importanza e inizia a giocherellare col porta tovaglioli che si trovava accanto a me. Ero a Holmes Chapel da poco più di un’ora e già la noia si era impossessata di me.
–Ecco il tuo frappè- disse una voce calda e ammaliante, assolutamente diversa da quella frizzante e giocosa dal ragazzo di prima.
Alzai lo sguardo e incrociai gli occhi più verdi e belli che avessi mai visto in vita mia.
Ciao bellezza- disse il ragazzo riccio che si trovava ancora davanti a me, sfoderando un sorriso smagliante e mostrando due fossette ai lati della bocca.
Improvvisamente sentii una vampata di calore avvolgermi e il freddo che provavo fino a pochi minuti prima scomparve. Da quando un ragazzo mi metteva così in soggezione? Ok che era di una bellezza assurda, ma diamine, io non ero quel tipo di ragazza che si faceva abbindolare così facilmente. Era anche vero però, che non mi ero mai fatta problemi a provarci con perfetti sconosciuti.
–Ciao a te- risposi afferrando il mio frappé e iniziando a sorseggiarlo.
Io e il ragazzo ci scambiammo una serie di sguardi piuttosto provocatori.
–La vuoi smettere di provarci con tutte le clienti carine?- Il ragazzo che aveva preso la mia ordinazione diede un colpetto in testa al riccio, che saltò in aria.
–Mi hai fatto male- si lamentò massaggiandosi la parte colpita.
Trattenni le risate con grande difficoltà, quei due erano davvero comici.
Il momento magico purtroppo era ormai svanito e non avevo più motivi per stare seduta su quello sgabello, così pagai il conto e mi alzai. Quando lo feci, non vidi la ragazza che si stava sedendo accanto a me e ci scontrammo.
–Merda- esclamai alla vista della mia maglia completamente ricoperta di frappé.
–Scusa, non l’ho fatto di proposito, giuro!- esclamò la mora davanti a me in preda al panico.
–Tranquilla, non è niente- la rassicurai dato che mi faceva tenerezza, anche se dentro di me stavo morendo.
–Dov’è il bagno?- chiesi al riccio dagli occhi meravigliosi.
–In fondo- disse indicando una porta alle sue spalle.
Afferrai un paio di fazzolettini e corsi in quella direzione. Era vuoto per fortuna, così mi levai le maglie che ormai erano entrambe troppo appiccicose per essere indossate. Strofinai con dell’acqua, ma servì solo a peggiorare la situazione. Maledissi mentalmente me stessa per aver deciso di prendere un frappé e non una semplice bottiglietta d’acqua.
–Ti ho portato un asciugamano- disse una voce alle mie spalle.
Alzai lo sguardo verso lo specchio e vidi il riflesso del riccio, che stava appoggiato con le spalle al muro dietro di me, con un asciugamano tra le mani.
–Grazie, ma non credo che mi servirà a molto- dissi voltandomi verso di lui, mostrando i vestiti ormai rovinati. Lui stette immobile, guardandomi.
–Non hai mai visto una ragazza in reggiseno per caso?- chiesi ridacchiando.
Scosse la testa, facendo ondeggiare i ricci perfetti, riprendendosi dallo stato di ipnosi in cui apparentemente era entrato.
–Ne ho viste tante in realtà, ma poche belle come te- disse ammiccando.
Scossi la testa in segno di disappunto. –Dai l’aria di essere più originale di così, inventati altro se proprio ci devi provare con me.-
Ignorandolo completamente, mi voltai di nuovo. Mi lavai le mani e quando mi voltai per cercare qualcosa con cui asciugarle, mi ritrovai il riccio a pochissimi centimetri da me. 
–Così credi che i miei approcci siano banali?- chiese passandosi la lingua sul labbro inferiore.
Seguii quel movimento come incantata. Riuscii ad annuire a fatica alla sua domanda.
–Quindi se ora provassi a baciarti tu ti scanseresti?- chiese ancora.
–Lo hai detto tu, non io- dissi in un tono piuttosto provocatorio.
Ed ecco venire fuori il lato di me che meno mi piaceva. Passando la maggior parte del mio tempo con Alison avevo involontariamente fatti miei alcuni suoi atteggiamenti che potremmo definire poco seri. Mentre lui avvicinava le sue labbra alle mie pensai a quanto fossero attraenti e irresistibili. Ma quella parte ancora sana di me mi fece rinvenire, obbligandomi ad allontanarmi da lui.
–Forse al tuo amico serve aiuto di là- dissi sgattaiolando via, indossando la felpa nonostante tutto.
Lui mi afferrò per il braccio, spingendomi e facendo scontrare la mia schiena contro il muro. Mi voltai alla ricerca di una via di fuga, ma lui teneva il passaggio bloccato con il suo braccio poggiato alla parete.
–Il mio amico se la sa cavare benissimo anche da solo- disse serio, ma senza far mancare un pizzico di malizia nel tono della sua voce.
Riuscivo a sentire il suo respiro sul mio viso, quasi si confondeva col mio. Cosa mi stava saltando in mente? Farmela con uno sconosciuto. Ero forse impazzita? I suoi occhi mi scrutavano da cima a fondo, si leggeva il desiderio di passione. Riflessi in essi vidi i miei, ardenti della stessa volontà. Non ebbi il tempo di pensare alle conseguenze, che me lo ritrovai praticamente attaccato. So che può sembrare squallido, ma col senno di poi gli avrei permesso prima di baciarmi senza perdere troppo tempo. Le nostre lingue si toccavano voracemente, con una passione che per me era insolita. In quel momento lo desideravo come non avevo mai desiderato nessun altro ragazzo. Con una mano teneva il mio viso, mentre con l’altra cingeva la mia vita. Era una presa salda la sua, di quella che ti fanno sentire protetta e al sicuro. Lentamente fece scivolare entrambe le mani sul mio fondoschiena, insinuandosi poco dopo sotto la mia maglia. Il contatto con la sua pelle calda mi fece rabbrividire. 
–Non so nemmeno come ti chiami- riuscii a dire in uno dei pochi momenti di lucidità, dovuti al fatto che aveva allontanato le sue labbra dalle mie per recuperare ossigeno.
–Harry- disse scendendo a baciarmi il collo, cosa che mi fece impazzire più di quanto non lo fossi già. –Tu?- aggiunse dopo, anche se era evidente che era interessato ad altro.
–Ashley- dissi mentre affondavo le mani nei suoi capelli.
Mi prese in braccio e mi strinse ancora di più a lui, mentre io attorcigliavo le gambe dietro la sua schiena. Mi portò vicino al lavello e mi fece sedere sul marmo freddo. Ogni bacio che ci scambiavano era travolgente e carico di passione. Era palese che tra di noi ci fosse una irrefrenabile attrazione fisica.
–Baci bene Ashley- disse sorridendo, tenendo le nostre labbra vicine.
Mi venne in mente una risposta davvero efficace, ma se l’avessi detto allora mi sarei data della poco di buono da sola. Così evitai di dire qualsiasi cosa, preferendo il contatto fisico ad ogni parola. Infilai due dita tra i passanti dei suoi jeans e lo avvicinai ancora di più a me. Gli sorrisi maliziosa, mentre iniziai a giocherellare con i bottoni della sua camicia. Mentre io mi divertivo così, lui frettolosamente sbottonò i miei pantaloni, per poi farli scivolare a terra insieme ai miei slip. Bottone dopo bottone, gli levai la camicia da dosso. Con i polpastrelli percorsi ogni millimetro del suo petto, mordendomi il labbro per trattenermi dal saltargli letteralmente addosso. Non ci volle molto perché tutti i nostri indumenti finissero buttati sul pavimento. Con le sue mani sfiorò il mio interno coscia e, non riuscendo più a resistergli, afferrai il suo viso tra le mani e lo baciai di nuovo con una foga pazzesca. Eravamo ancora coinvolti in quel bacio, quando entrò dentro di me. Provai una strana fitta allo stomaco in quel momento. Era una sensazione nuova per me, insolita oserei dire. Sembrava che fin’ora avessi vissuto la mia vita intera nell’attesa di quel momento, che tutto quello che avessi fatto negli ultimi anni fosse solo un modo per impegnare il tempo nell’attesa dell’incontro con quel ragazzo. Harry. Beh, probabilmente mi sbagliavo su Holmes Chapel: era tutto, tranne che un paesino monotono.
 
Mi rivestii in fretta, così come fece lui. Non ero in imbarazzo, solo dovevo affrettarmi a ritornare a casa. Era passato davvero tanto da quando ero uscita. Misi la felpa, anche se era appiccicosa. Poco importava ormai.
–Allora ci si vede in giro- dissi appoggiando la mano sulla maniglia della porta.
–Aspetta- mi fece fermare.
Si avvicinò a me e unì nuovamente le nostre labbra in uno di quei baci mozzafiato. Sentii una leggera pressione sul mio fondoschiena, ma non mi stava semplicemente toccando il culo. Mi aveva messo qualcosa in tasca.
–Adesso hai il mio numero, chiamami se ti va- disse con la sua voce sexy.
Sorrisi come un’ebete prima di uscire e lasciarlo da solo in quel bagno. L’altro ragazzo che lavorava non appena mi vide mi salutò sorridendo. Probabilmente aveva intuito cosa era successo. Ricambiai il sorriso, tirando avanti verso l’uscita. Credevo che ritornare a casa sarebbe stato piuttosto semplice, ma mi sbagliavo. Nonostante provenissi da una città enorme come LA ero stata capace di perdermi in quel paesino di provincia. La mia concentrazione era uguale a zero in quel momento. La mia mente era ancora ferma al mio incontro con Harry. Viaggio mentale più, viaggio mentale meno, impiegai la bellezza di un’ora prima di trovare la via giusta. Suonai al campanello e, mentre aspettavo che qualcuno aprisse, ne approfittai per guardarmi intorno. Come se già non lo avessi fatto abbastanza.
–Ehy tu devi essere la figlia di Dave- esclamò qualcuno alle mie spalle.
–Si, sono… Oh merda- rimasi pietrificata una volta che mi voltai.
Non poteva essere. No, non poteva essere successo veramente a me. O quella era una semplice coincidenza oppure io mi ero appena infilata in un casino troppo grande per me. Sicuramente, la seconda era la teoria giusta. 



here i am:
buonasera care lettrici, ecco a voi il primo capitolo di questa ff!
ho letto le recensioni e mi fa tanto piacere che la storia vi abbia incuriosito già dal prologo *-*
ho ritardato nel postare perchè prima ho dovuto parlare con la mia consulente personale per le fan finction, chiara. a proposito, grazie tante per l'aiuto lol <3
sono leggermente nervosa perchè non so quali saranno le vostre reazioni a questo capitolo :S 
niente, spero solamente di non aver reso troppo volgare o che so io la parte finale, tutto qui #js
*prende un respiro profondo* okay basta, devo pubblicare e smetterla di farmi seghe mentali ahah
buona lettura xx

   
 
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