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Autore: Simona_Lupin    08/12/2011    5 recensioni
Sotto il soffitto incantato di Hogwarts nasceranno nuovi e appassionanti intrecci amorosi.
Ma Lily non sa che la guerra che sembrava essersi conclusa venticinque anni prima, si sta riaprendo.
La famiglia Potter è in pericolo ed è arrivato il momento per i Malfoy di decidere da che parte stare.
E in gioco c'è anche l'amore. Quello tra Lily e Scorpius, che dovranno combattere per far trionfare i loro sentimenti.
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INCOMPIUTA.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 23

Il risveglio
 

 



Sul divano rosso scuro della Sala Comune spiccavano lunghi capelli vermigli che si intrecciavano in maniera confusa sul viso di Lily, addormentata con un braccio dietro la testa e una mano appoggiata alle pagine di un vecchio libro di Pozioni.
Era sola nel buio della sera, brevemente interrotto da candele quasi completamente consumate e respirava profondamente, finchè non si svegliò di soprassalto.
Quando aprì gli occhi aveva già le guance umide di lacrime, venute dalle palpebre chiuse nel momento in cui non avrebbe potuto fermarle.
Dai Dormitori stava scendendo Scorpius. Non riusciva a dormire. Lily era tornata ad Hogwarts e non lo aveva nè cercato nè voluto vedere. E sapeva che se solo non avesse fatto quel terribile errore, adesso avrebbe potuto starle accanto e consolarla, come meglio poteva.
Ma le aveva procurato solo altro dolore.
Appena la vide piangere gli si raggelò il cuore e senza pensare che probabilmente lo avrebbe cacciato via, le si avvicinò.
Lei sussultò e in un attimo gli gettò le braccia al collo, cogliendolo di sorpresa.
«O-oh, Scorpius...» balbettò, stringendolo sempre di più.
Lui le circondò il torace con le braccia, riassaporando il suo profumo come se fosse la sua unica possibilità di respirarlo.
«Calmati, tesoro...» sussurrò, accarezzandola.
Si accovacciò sul divano, tra le sue braccia, e si asciugò gli occhi con il dorso della mano.
«Mi sei mancato, Scorp» mormorò. «Mi dispiace per quello che ti ho detto»
«Ma Lily, è stata tutta colpa mia! Sei tu che devi perdonarmi» rispose lui. «Hai fatto un brutto sogno?»
Lei annuì debolmente. «Sono una sciocca... Ho sognato che c'era di nuovo Voldemort...e papà era morto...e anche il resto della mia f-famiglia veniva ucciso...e...è stato orribile!»
Continuò a singhiozzare e lui la strinse a sè ancor più forte, baciandola sul capo, tra i capelli.
«Sta' tranquilla, Lils...» sussurrò. «Era solo un sogno...Ci sono io qui...Ci sono io, tesoro...»
Pianse silenziosa sul suo petto. Pareva un fiore calpestato. Un bellissimo e delicato fiore spezzato. Meraviglioso e fragile, nelle mani di lui che la contemplava e cercava di guarirlo, di farlo rifiorire anche se il sole non batteva su di lui da tempo.
«Ho paura che papà non ce la faccia, Scorp» mormorò, la voce soffocata.
«E' normale che tu abbia paura» fu la risposta. «Ma tuo padre è forte e in qualche modo se la caverà. Però, ehi» le sollevò il viso per guardarla. «Devi crederci davvero»
Un accenno di sorriso arricciò le sue labbra tremanti e Scorpius non riuscì a non pensare a quanto fosse bella, anche con gli occhi gonfi di lacrime.
Stava guardando le sue mani. Le accarezzava e le osservava, rigirandosele tra le sue, più piccole e calde. E notò quanto somigliassero a quelle di suo padre, mentre lasciava che il pensiero di lui che la stringeva la invadesse. 
«Ho freddo» borbottò, raggomitolandosi accanto a lui. 
«Vieni su» disse.
Si alzarono e salirono le scale per i dormitori, poi si guardarono.
Scorpius si morse la lingua e si chiese se lei potesse fraintendere quello che voleva chiederle.
«Lils...» mormorò. «Se hai bisogno...se ti va...Insomma...potresti restare a dormire qui, con me»
Lei alzò i suoi grandi occhi scuri su di lui, scrutandolo attentamente, poi annuì con un  piccolo sorriso e, presa dal freddo di quella notte, rabbrividì appena e si strinse nel suo pigiama rosa, facendosi riscaldare da Scorpius che la guidò al suo dormitorio.
Tutte le tende erano tirate  attorno ai letti a baldacchino, tranne quelle del letto più vicino alla finestra. Si sdraiarono, le coperte fin sopra il mento.
«Va meglio?» domandò lui, abbracciandola.
«Sì» sussurrò lei. «Grazie davvero, Scorp...»
Lui sorrise, ma non trovò le giuste parole per rispondere.
Lily si rannicchiò accanto al suo petto e dopo un po' si addormentò, mentre lui...Lui rimase a contemplarla forse per ore, sfiorandole le braccia bianche sotto le maniche del pigiama, accarezzandole i capelli e il viso, incantato da lei.
E guardandola mentre sognava chissà cosa, capì che non avrebbe mai desiderato nient'altro che lei. Lei, che non stava facendo altro che finta di dormire e  che si faceva rassicurare dalle sue mani calde e delicate, magiche nel loro tocco.
E anche se si sentiva in bilico sull'orlo di un baratro infinito, che si allargava minaccioso sotto i suoi piedi, pronto a risucchiarla, era certa che non sarebbe mai precipitata. E anche se ci fosse caduta dentro, si sarebbe sempre aggrappata a qualcosa, che fosse il più fragile dei rametti o la radice più possente.
Avrebbe lottato per risalire. Si sarebbe sporcata, certo, e si sarebbe ferita, ma in qualche modo sarebbe riuscita a riemergere.
E la sua forza si sarebbe unita a quella di Scorpius, pronto a porgerle una di quelle sue meravigliose mani per tirarla fuori dal buio e dal dolore, per riportarla alla luce, alla felicità... Per riportarla da lui, la più grande e sicura ancora di salvezza che avrebbe mai potuto trovare.
 
*  *  *
 
La mattina dopo furono svegliati bruscamente da Albus.
«Scorpius, Scorpius!» urlò la sua voce, facendoli sussultare. «Non ci credo, pa-... Ma che diavolo ci fai tu qui con lui?»
Aveva aperto di scatto le tende e il suo viso gioioso si era fatto d'un tratto sconvolto.
«Oh, io...ho dormito qui» rispose Lily, la voce ancora impastata per il sonno. «E' successo qualcosa?»
Il fratello continuò a fissarli, come sotto shock, poi si riscosse. «Lily, papà si è svegliato!»
L'urlo di lei fu così forte che svegliò tutti e fece cadere Frank dal suo letto.
«Si è svegliato, Lily, si è svegliato!» continuò a dire Albus, saltellando insieme alla sorella che rideva senza capire nulla.
Non riuscivano a crederci. In un secondo, nel tempo di appena quattro parole, tutto era cambiato. Quasi non si erano accorti del passaggio dal dolore a quella gioia sfrenata. Un attimo prima si erano sentiti persi tra le loro stesse lacrime, eppure ora stavano ridendo insieme, probabilmente svegliando l'intera torre di Grifondoro.
Possibile che fosse tutto vero? Forse stava ancora dormendo tra le braccia di Scorpius e quello era solo un dolce sogno, un terribile inganno...
Ma le braccia di suo fratello erano così reali mentre la stringevano, la sua voce festante così vivida nella stanza...
Suo padre era vivo. Sì, lo era. I suoi occhi avevano ricominciato a brillare, ad alcuni chilometri da lì. 
Harry Potter aveva passato anche quella.
Fu con questo pensiero e con un sorriso enorme che strinse forte Scorpius e uscì dalla stanza, cercando Hugo.
Solo allora Albus tornò a guardare Scorpius, interrogativo.
«Allora?» chiese.
«Allora cosa?» fece quello, senza capire.
«Si può sapere che diavolo ti salta in mente? Ti porti a letto mia sorella, tra l'altro in un momento come questo?»
Scorpius fu così sorpreso dal pensiero dell'amico che rise.
«Ma che vai pensando, Al? Non le ho fatto niente!» esclamò.
«Ah, sì? E per quale strana legge della fisica vi trovavate sullo stesso letto?»
«Sei impazzito?» chiese l'altro sbigottito. «Ieri sera l'ho trovata giù che piangeva da sola, cosa avrei dovuto fare? L'ho fatta dormire qui con me! Ma, per amor di Merlino, non abbiamo fatto niente!»
Albus pareva decisamente poco convinto e fece una smorfia scettica.
«E secondo te io dovrei crederci?» domandò, palesemente ironico.
«Dannazione, Al, ha appena sedici anni! Era uno straccio ieri, non sono mica stupido! Andiamo, ti pare che lo farei?»
Si guardarono per una frazione di secondo, poi sorrisero in sincronia e si abbracciarono.
«Sono davvero contento, fratello. Sapevo che tuo padre ce le avrebbe fatta» disse Scorpius da sopra la spalla di Al.
«Scusa, amico» disse quello, quando si separarono. «Ho pensato... E comunque...insomma, state insieme... Ma, sai, lei è mia sorella ed è piccola e...»
«Ehi» lo interruppe l'altro. «Tranquillo. E comunque, sappi che tua sorella non la tocco. Io sono innamorato di lei»
Lui annuì e, con quel solo e unico gesto, gli disse che stava riponendo in lui la massima fiducia.
 
*  *  *
 
«EHI, QUESTO E' UN'OSPEDALE, PICCOLI TEPPISTI!»
«Signora, li perdoni... Sa, loro padre... Beh, ci scusi, davvero... Non succederà più...»
«LO SPERO BENE! TUTTO QUESTO E' INAMMISSIBILE!»
«Sì, signora, lo so... Li perdoni...ehm... Arriverderci...»
Hermione non sapeva più come scusarsi con la Guaritrice dell'ospedale, ma quasi le veniva da ridere, il che non aiutava molto. James, Albus e Lily avevano salito le scale fino al quarto piano, seguiti da Hugo e Rose, facendo un gran chiasso e correndo come delle furie, ma con quello che era successo non la attraversò minimamente il pensiero di rimproverarli.
Trattenendo un sorriso e balbettando scuse, cominciò a salire i gradini anche lei, felice e leggera come non si sentiva da giorni. Quando finì l'ultima rampa di scale, iniziò a sentire le urla di «PAPA'! PAPA'!» e i passi affrettati verso la stanza dove lui riposava.
Quando i tre entrarono non guardarono nulla attorno a loro, solo loro padre, il viso pallido e malaticcio ma vivo e raggiante come erano abituati a vederlo. Si gettarono tra le sue braccia e lo sentirono ridere mentre li stringeva, quella risata pacata e gioiosa che amavano ascoltare.
Quando si separarono continuarono a guardarlo, gli occhi lucidi e dei sorrisi identici.
«Vi sono mancato, eh?» disse Harry, continuando a sorridere. «Prima mi date del vecchio puzzone, però poi vi manco!»
«Non ti abbiamo mai dato del vecchio puzzone!» esclamarono Al e Lily in coro, ridendo. Poi si voltarono a guardare James, che si grattava il mento, fingendo noncuranza.
«Okay, okay! Io, una volta gli ho dato del vecchio puzzone!» ammise, cercando di simulare un'espressione dispiaciuta, ma senza risultati. «Ma non sono stato l'unico!»
Tutti si voltarono a guardare Ron.
«Non sono stato io!» esclamò quello, offeso. «E' stata vostra madre!»
Un coro di COOOOSA?! si sollevò nella stanza e Ginny rise così forte che fu costretta ad alzarsi per prendere aria alla finestra.
«Ehi, tutti, calmatevi. La Guaritrice ha detto che queste urla a Harry fanno male» intervenne Hermione, osservando tutti con aria severa.
«Ma proprio no!» ribattè Harry, ridendo. «Hermione, calmati, io sto benone!»
«Sì, Hermione, sei tu che non lo lasci respirare» aggiunse Ron, alzando gli occhi al cielo.
Lei si limitò a ritirarsi in un silenzio ostinato e incrociò le braccia al petto, contrariata.
«Allora papà, come stai?» chiese Lily, dopo qualche attimo di divertito silenzio.
«E' stato tutto buio in questi giorni o sei finito in un mondo parallelo?»
Al fu assalito da sguardi disorientati, esasperati e divertiti insieme.
«Ginny, devi smetterla di comprargli quei romanzi fantascientifici» disse Harry.
«Sì, mamma, sta diventando completamente scemo»
«...Già lo era...»
«Sì, ma adesso sta peggiorando, è evidente!»
«James, Lils, basta. Vostro fratello è ancora qui»
Loro si voltarono a guardarlo dispiaciuti. 
«Era per dire, fratello...» mormorò James, mentre Lily annuiva al suo fianco.
«James, vaffan-...»
«Albus Severus Potter!»
«Calmati, mamma, volevo dire vaffanpluffa...»
Harry nel frattempo rideva. Sembrava che quei lunghi giorni di coma fossero un dettaglio ormai dimenticato, un banale episodio su cui non riflettere più di tanto. Sarebbe arrivato presto il momento delle preoccupazioni, lo sapeva, perché quello che era successo poteva ricapitare e magari era stato solo un assaggio per ciò che lo aspettava, ma non riusciva a non sorridere di fronte a quella scena, con i suoi figli che battibeccavano senza motivo, solo per riderne insieme, con Ginny che di tanto in tanto lo guardava dolcemente, come non faceva quasi mai, con Ron e Hermione che erano gli stessi di sempre e con Teddy al suo fianco, i capelli del suo verde preferito come a festeggiare il suo risveglio.
Era bello, quel momento. Uno di quelli che si creano un po' dal nulla e che poi non si dimenticano, ma che anzi rimangono nel cuore per l'eternità. Di quelli su cui la mente vaga prima di dormire, di quelli che ti fanno sorridere a ripensarci, anche quando sei tra la gente e vieni inevitabilmente guardato da tutti, anche se davvero, non te ne importa niente.
«Papà?» si sentì chiamare. «Ci racconti cos'è successo quella notte?»
«Oh» fece lui. «Ehm... Sì»
Doveva raccontarglielo. Per forza.
«Stavo tornando a casa, era già tardi e avevo finito tutto» disse. «Poi quel Gordon, il capo dell'Ufficio per l'Uso Improprio delle Arti Magiche, mi ha detto di restare perché aveva del lavoro urgente da passarmi. Sapete, siamo sempre in collaborazione con questo tipo di uffici... Così sono rimasto al Ministero e ho mandato un Patronus a casa per dire che sarei venuto molto tardi» Si guardò intorno e continuò. «Ron era a casa nostra e si è insospettito, perché di solito roba come questa, scartoffie e documenti vari, non vanno al Capufficio, ma a dei dipendenti appositi, e io nel messaggio avevo detto che era qualcosa di questo tipo. Così e venuto, no, Ron? E io nel frattempo ero nel mio ufficio a lavorare... Poi, in un secondo, mi è saltata in aria la scrivania. Ho alzato lo sguardo e c'erano quattro uomini incappucciati con le bacchette puntate verso di me, e anche se mi avevano mancato hanno ricominciato subito a sparare incantesimi. Ne ho fatti fuori due, ma mi avevano già ferito, qui, vedete?» E mostrò un taglio già cicatrizzato sull'avambraccio. «Poi è arrivato Ron e ne ha fatto fuori un altro, ma l'ultimo mi ha lanciato una maledizione che mi ha preso in pieno e... Beh... Eccomi qui»
«Era una maledizione potentissima» spiegò Ron. «Ci hanno detto che avrebbe potuto diffondersi senza un intervento tempestivo, ma l'hanno bloccata e eliminata appena in tempo, perché solo stanotte hanno capito cos'era»
Seguì un lungo silenzio, interrotto infine dalla voce profonda di James.
«Cercano di farci fuori, eh? Ce la stanno mettendo tutta»
«Nel Profeta c'era scritto di ex Mangiamorte che entravano al Ministero... Devono aver convinto altra gente... Ora sarà pieno di infiltrati...» commentò Teddy pensieroso. «Pentiti... Mpf... Come diavolo hanno fatto a rilasciarli?»
A Harry vennero in mente le parole di Sirius, il suo padrino: nessuno, nessuno smette di essere un Mangiamorte...
E in quel momento, improvviso e violento, esplose in lui un desiderio incredibile di rivederlo.
Che bello sarebbe stato, essere circondato non solo dalla sua meravigliosa famiglia, ma anche da quella che aveva perso tanto tempo prima...
Immaginò sua madre sedere accanto a Lily, vedere la loro somiglianza non solo nella mente, ma con i suoi stessi occhi, come l'aveva sempre sognata. Pensò a suo padre, i capelli arruffati come quelli di James, scherzare con lui come mai aveva potuto fare. La mente andò anche a Sirius, appoggiato alla parete con quel raro luccichio di gioia negli occhi grigi, sorridergli incoraggiante, mentre Remus, magari, seduto accanto al figlio, il volto che pur segnato somigliava tanto al suo.
Quel desiderio era così infantile che si sentì di nuovo un bambino, infreddolito nel suo pigiama leggero, che guardandosi in uno specchio su cui si riflette il più grande sogno di ognuno, vedeva la sua famiglia, schierata attorno a lui come il migliore degli eserciti, sorridente e unita come un tempo doveva essere stata. 
Una famiglia che non era mai morta davvero. Un amore così profondo che aveva lasciato tracce indelebili nel suo percorso e oltre, ormai divenuta un'ombra, una luce fioca di un passato ormai lontano, ma ancora vivida sotto le pagine dei ricordi. Perché anche se Lily, James, Sirius e Remus erano intrappolati in qualche foto, sorridevano senza gioia dentro quell'album che gli era tanto caro, vivevano con e attraverso di lui.
La morte, per alcuni, è solo una scusa per voltare pagina. Un pretesto stupido per smettere di prendersi cura di chi non si è mai amato davvero. Ma la morte non è nulla di sensato, nulla di potente in confronto all'amore. Come può qualcosa, in un attimo, cancellare tutto ciò che c'è stato in una vita? Semplicemente non si poteva.
E così Harry rivedeva ancora i sorrisi accesi dei suoi cari. Li vedeva in ogni cosa. 
Forse per questo era sopravvissuto di nuovo. Perché era nato da troppo amore, e questo bastava a tenerlo in vita.
 
*  *  *
 
«James, vieni ad aiutarmi in cucina!»
«Non posso, mamma, sono impegnato»
«Che diavolo stai facendo di così importante?»
«Sto picchiando Al, non vuole darmi il magiscotch, mi serve!»
«Hai trent'anni e ancora pensi a picchiare tuo fratello?»
«Ne ho diciannove, mamma, e ti assicuro che se lo merita»
«Vieni subito qui o giuro che ti affatturo, James!»
«Arrivo, mamma».
Erano ormai passati dieci giorni dal risveglio di Harry ed era finalmente tornato a casa, così che tutti erano stati concordi nel dire che una bella festa era proprio ciò che ci voleva.
Harry, che ormai si sentiva in forma, sedeva sulla poltrona dell'ampio salotto e leggeva il giornale con una ruga sottile tra gli occhi.
Era una stanza dai toni rossastri, presenti sul lungo divano e sulle due poltrone, sul grande tappeto accanto al camino di pietra e sulle pareti. James sosteneva che i genitori l'avessero arredata in stile Sala Comune di Grifondoro perché erano due fissati e, dopotutto, non avevano mai smentito nessuna delle sue insinuazioni.
Lily entrò nella stanza e si accoccolò sul bracciolo della poltrona, accarezzando i capelli di suo padre.
«Ciao, tesoro» mormorò lui.
«Cosa leggi, papà? E' successo qualcosa?» chiese lei, sporgendosi per guardare il giornale. «Quidditch?! Pensavo stessi leggendo qualcosa di importante!»
Harry rise. «Il Puddlemore United ha perso per la prima volta in questa stagione, amore. Questo è importante»
"Beh, come dargli torto?" pensò Lily.
Nel frattempo, in cucina, James cercava di essere utile a sua madre, ma senza grande successo.
«James, tesoro, hai rovesciato mezza zuppa, mi hai quasi ucciso con quel coltello volante, hai messo lo zucchero nello stufato, il tutto in meno di cinque minuti. Forse è meglio che tu vada... Di' ad Al che è autorizzato a picchiarti e chiamami tuo padre» stava dicendo Ginny sbrigativa.
«D'accordo, mamma» borbottò James, uscendo.
Dopo qualche minuto entrò Harry, che si chiuse la porta alle spalle senza far rumore e si avvicinò alla moglie, mettendole le mani sui fianchi.
«Torta di mele?» chiese, osservando le sue mani frenetiche sulla tavola stracolma. 
«Lo so che detesti le mie torte, non c'è bisogno che tu dica niente» rispose lei, senza alzare lo sguardo.
Lui la sentì sorridere. La strinse un po' di più a sè e il familiare profumo di fiori di campo dei suoi capelli lo invase, facendolo sentire più vivo che mai.
«Io non detesto le tue torte» obiettò lui con un mezzo sorriso. «Sono loro che detestano me»
«Ma sono comunque migliori di quelle di Hermione, vero?»
«Assolutamente»
La lasciò e, arrotolandosi le maniche della camicia, cominciò ad impastare di fronte a lei.
«Che fai?» chiese, guardandolo per la prima volta.
Lui scrollò le spalle. «Ti aiuto» rispose.
La pasta era morbida e compatta. Sarebbe stata un'ottima torta. Per la verità, lui le adorava, ma adorava di più lei quando si arrabbiava o fingeva di non offendersi anche se la sua faccia diceva tutto il contrario, quando arricciava il naso, contrariata o si mordeva il labbro per impedire a sè stessa di parlare. Così si alzava di notte e le mangiava di nascosto e, anche se un po' gli dispiaceva che James fosse incolpato senza motivo, quando lui si divertiva a nascondergli gli occhiali, il senso di colpa passava del tutto.
«Ginny?»
«Mmm?»
Deglutì e si concentrò sulle sue piccole mani che si muovevano lente e amorevoli sul piano da cucina, cercando di mettere insieme i pensieri che gli si affollavano in mente, ma essendo consapevole che avrebbe balbettato ogni parola anche se avesse preparato un discorso per un mese.
«Devo... Volevo dirti una cosa»
«Dimmi» fece lei.
«Ci tenevo a dirti che... Beh... Grazie»
Lei alzò lo sguardo.
«Sei stata molto coraggiosa...e forte...in questi giorni...» continuò lui senza guardarla. «Con i ragazzi e... Beh... Poi io lo so che...lo sentivo...che mi eri sempre accanto. E anche se parlo di questi giorni, intendo...beh... Parlo di tutto... di tutto questo tempo»
La vide sorridere, raggiante, poi, dimentica delle mani sporche e impastate, lo abbracciò.
Amava il suo essere così reale mentre la teneva tra le braccia, la sua presenza così vivida, sempre...
Quando si lasciarono, lei gli si fece vicina e con un dito impiastricciato disegnò una saetta accanto a quella che aveva sulla fronte.
«Ti ho inferto anch'io una cicatrice» rise lei. «Una dolcissima e innocua saetta»
Lui sorrise e osservò il suo riflesso su una pentola.
«Molto carina. Voldemort non aveva di certo il tuo buongusto»
E la baciò con lo stesso amore che ci metteva da anni, o forse con un pizzico di dolcezza in più. Non esisteva una ricetta per quello. Ma gli ingredienti, quelli c'erano tutti.
«Al, Lils, venite! Mamma e papà si stanno baciando!»
James aveva socchiuso la porta della cucina.
«James!» esclamò Harry, reprimendo il desiderio di ridere.
«Scusa, papà...» mormorò lui. Poi aggiunse: «mamma, vacci piano, è ancora malaticcio, eh»
«Sì, ma lei può tirarlo su!» arrivò la voce di Lily, sghignazzante.
«Certo, guardate! Papà sta già meglio, non trovate?» disse Al.
I due li guardarono severi.
«Okay, ce ne andiamo» dissero in coro, correndo via.
Harry e Ginny risero e lui la attirò di nuovo a sè, così che lei disse in un sussurro: «Allora, la mangi questa sera la torta?»
«Certo che no» fece lui.
Lei finse un'aria di rimprovero.
«Bene, ma smettila di prenderle di nascosto, perché voglio mangiarle a colazione»
Ecco.
Ecco perché l'aveva sposata.
 
*  *  * 
 
«Mamma, bussano!»
«Sto cucinando, Lils!»
«Papà, bussano»
«Sto sistemando il tavolo, tesoro»
«James, bussano!»
«Sto ancora picchiando Al!»
«Al, bussano!»
«Io sto per morire, Lils!»
«E che diamine! ZIO? ZIO RON, SEI TU?»
«Sì, Lils, apri»
«E per la miseria, usa Alohomora, no?»
La porta si aprì con uno scatto e una dozzina di persone dai capelli rossi entrarono: Ron e Hermione stavano già battibeccando, per quello che riuscì a capire Lily, a causa della giacca di Ron che secondo lei era la più orrenda che avesse; i suoi nonni sorridevano e la guardavano, ansiosi di abbracciarla; i suoi zii George e Angelina ridevano con Fred, mano nella mano con la sua fidanzata. E poi ancora Percy e sua moglie, Charlie, Bill e Fleur e tutti i ragazzi. Teddy ancora i capelli verde acceso e Victoire teneva in braccio un bambino paffuto, con qualche ciuffetto di capelli azzurri in testa.
«Il piccolo Remus!» strillò Lily, balzando giù dalla poltrona, seguita a trotto dai suoi fratelli. «Ma è bellissimo! E' un Metamorfomagus anche lui!»
«Per fortuna non assomiglia a Teddy» scherzò James, ridendo.
«Lurido essere immondo» inveì lui. «Vuoi essere il suo padrino?»
James fu palesemente colpito e lo fissò, poi sulle sue labbra fiorì uno dei suoi meravigliosi sorrisi spontanei e lo abbracciò.
«Ma certo, Ted!» esclamò.
Dopo che tutti si furono sistemati in salotto a chiacchierare, il campanello suonò nuovamente. Quando Lily aprì la porta si ritrovò di fronte Neville con sua moglie, un sorridente Frank, Luna e il marito e Hannah, che subito la stritolò in un abbraccio che le piegò parecchie costole.
«Tesoro, che bello vederti!» la sentì dire.
«Hannah!» fece lei. «Quanto mi mancavi! Entrate, tutti, come state?»
Mentre tutti si salutavano e Luna e Neville correvano ad abbracciare Harry, Hannah intercettò lo sguardo di James, impietrito all'altro lato della stanza, uno strano luccichio negli occhi a mandorla. Distolse in fretta gli occhi da lui, il cuore che batteva all'impazzata già solo vedendolo.
«Gli hai detto che sarei venuta, vero?» chiese concitata a Lily.
Lei annuì. «Perché non vai a...?»
«No, Lils»
«Ma se...»
«Lily, ti prego. Non parliamone ora»
Avrebbe voluto ribattere ancora che sì, avrebbe proprio dovuto parlargli, perché il desiderio di chiarire, di tornare insieme dopo quanto era successo, apparteneva di sicuro ad entrambi, anche a lei, che faceva come se non le importasse. Ma Lily aveva avvertito il dolore nei loro occhi. Una domanda alla quale non sapevano rispondere. Perché non facevano sì che tornasse tutto come prima? 
Era difficile? Forse sì. Avvicinarsi, guardarsi negli occhi, confessare di aver sbagliato, tremendamente sbagliato e sussurrare, magari, chiedere piano se fosse possibile cancellare tutto e ripartire, per non fermarsi più.
Era complicato esaudire i desideri, anche quando, pur essendo i propri, appartenevano a chi voleva realizzarli alla stessa maniera.
Anche, quindi, quando sarebbe bastato abbassare un po' la testa e affrontare la verità, per ottenere tutto ciò che si voleva.
Erano proprio loro a ostacolarsi, forse. Ma non riuscivano a evitarlo. A evitare di farsi male in qualche modo.
«ROOON!»
L'urlo di sua madre la fece riscuotere dai suoi pensieri.
«Vuoi alzarti un nanosecondo e venire ad aiutarmi, porca...»
«Ginny, tesoro, calmati...» disse Harry, pacato.
«Miseriaccia, ci sono ottomila persone che possono aiutarti, perché proprio io che sono un impedito?»
«Ron, per l'amor del cielo, tua sorella non può pensare a tutto quanto! Stiamo dando tutti una mano!» intervenne Hermione.
«Okay, okay... Hugo, giù le mani da quella scacchiera, non barare, ti tengo d'occhio»
«Non ho bisogno di barare, papà. Sono il migliore!»
«Questo dobbiamo ancora deciderlo»
Hugo rise malandrino e si diresse con andamento rilassato verso i suoi cugini.
«Stavi di nuovo sbaragliando zio Ron a scacchi? Andiamo, abbi un minimo di pietà!» disse Lily, ridendo.
«E' lui che dovrebbe lasciar perdere, continua a sfidarmi... Non capisce che proprio non c'è partita!»
«TI SENTO! Non è assolutamente vero, io sono il Re degli Scacchi!» arrivò la voce di Ron, contrariata.
«Sì, Ron, sarai sempre il nostro Re, ora porta questi vassoi al tavolo di fuori» disse Harry, ridendo come un matto.
I ragazzi, prontamente, intonarono il celeberrimo coro Perchè Weasley è il nostro Re e Ron fece cenni di ringraziamento verso il pubblico prima di uscire.
In tutta quell'atmosfera di giubilo, James era l'unico a non festeggiare. Se ne stava seduto nell'angolo più remoto della stanza, lui, che era sempre stato l'anima delle feste, quello che con una sola parola riusciva a far ridere tutti, in ogni occasione.
E Harry lo vide.
Per un po' lo osservò, il sorriso d'un tratto spento che poi scomparve, scivolando sul suo volto senza lasciare traccia. Poi sospirò e gli si fece vicino.
«Ehi» mormorò, sedendosi su una sedia accanto a lui. «James»
«Papà» disse lui, fingendosi allegro. «Non dire alla mamma che sto bevendo il Whisky, mi inseguirà con la bacchetta per tutta la...» Ma si zittì e abbassò lo sguardo, perchè capì che suo padre... Lui aveva capito tutto.
«Cos'è successo?» fece lui, osservandolo.
James poggiò lentamente il bicchiere sul ripiano del camino e per un po' non lo guardò, cercando di capire se davvero voleva parlarne, se ce l'avrebbe fatta o sarebbe scoppiato.
«Un casino, papà» rispose infine. «Io...mi sono innamorato»
Harry sorrise appena e lo lasciò parlare.
«Era bellissima, quella volta, a Natale, ma quando mi sono avvicinato a lei quasi non ci ho badato» disse. «Era molto più che una bella ragazza. Non sai com'è bello parlare con lei, papà, è davvero...stupenda. E sento che mi ha cambiato stare con lei. Ma...» Sospirò. «Ho rovinato tutto»
Si passò con gesto stanco una mano tra i capelli.
«Quando la mamma ci ha detto quello che era successo, io e Al... Papà, noi abbiamo deciso di non dirlo a Lily» disse precipitosamente.
Suo padre non si mosse nè si mostrò sorpreso.
«Immaginavo che, se l'aveste saputo prima di lei, avreste cercato di proteggerla. No, non credo che abbiate sbagliato» aggiunse, rispondendo alla domanda che ardeva negli occhi di James. «Aveva il diritto di saperlo e non è stato giusto tenerla all'oscuro di tutto, certo, ma credo che anch'io avrei fatto una cosa del genere»
James quasi sorrise.
«Hannah l'ha presa male?» proseguì Harry.
«Abbiamo litigato» raccontò lui. «E non è stata una normale lite... E' stato tremendo. Papà... Lei non si fida più di me» 
Suo padre annuì e abbassò lo sguardo.
«E tu cosa vorresti fare?» chiese. Poi, senza aspettare risposta, continuò. «Vorresti aspettare che lei si decida a fidarsi di nuovo di te? Vorresti stare qui a guardarla senza fare nulla, sperando che un giorno si accorga che può ancora avere fiducia in te?»
Lui non rispose.
«Non è così che funziona, James. Sei tu che devi farle cambiare idea. E non tra un'ora, domani, tra un mese. Adesso, perché è adesso che tu la vuoi. E' adesso che lei aspetta che tu faccia qualcosa. Adesso, mentre ti sta amando e tu non te ne rendi conto... E non devi provarci. Provare a parlarle per poi arrenderti subito. Non devi più provarci, James, devi riuscirci. Perché siete qui ad aspettarvi, in qualche angolo, e tutto questo non ha senso. Non ha senso, davvero... Rischia tutto, James, tutto e ora, perché adesso puoi ancora averla, mentre poi rischiare potrà farti solo del male»
«Papà, ho cercato di spiegarmi, ma...»
«E allora riprovaci! Cosa puoi perdere? Giocati tutto! Alzati e vai a implorarla di amarti, se necessario! Fa' tutto quello che devi, anche se è la cosa più difficile del mondo!»
E, maledizione, quanto aveva ragione.
Ma com'era difficile alzarsi da quella sedia, uscire dal buio e camminare, andarle incontro, guardarla negli occhi, aspettando solo un altro rifiuto. Sentirsi dire di nuovo di andare via, che non c'era più nulla da fare. Vedersi scrutato senza la minima traccia di quello che c'era stato una volta nello sguardo di lei e risentire un no, un altro dannatissimo no. Perché non ne avrebbe sopportato più nessuno.
Ma malgrado tutto, l'avrebbe fatto.
«James» sussurrò Harry.
«Mmm?»
«Non l'hai persa»
Il suo cuore riacquistò un battito.
«E' ancora lì, a qualche passo da te»
E riuscì di nuovo a respirare. Sì, respirare davvero, come non faceva da tempo.
Abbracciò suo padre e non riuscì a dirgli nulla per ringraziarlo come avrebbe voluto, ma lui capì, ancora.
Così si alzò e andò incontro a lei. Lei, che gli sembrava la cosa più bella e più difficile della sua vita.
«Hannah»
Non si era nemmeno accorto di essergli già vicino.
Lei si voltò e sospirò, quasi con dolore.
«Vieni fuori» disse, prima che potesse cacciarlo. «Ti prego»
«Io non ho niente da dirti!» ribattè lei, con forza.
«Io sì e ti chiedo solo di ascoltarmi. Solo questo, Hannah»
Lei abbassò lo sguardo e lo seguì in giardino.
Era ora di buttarsi.
«Hannah, ho bisogno che tu mi perdoni» disse senza preamboli.
«E perché non ci pensavi prima? Perché io devo sempre perdonarti tutto?»
Si mostrava forte, quando invece dentro stava crollando come un castello di sabbia sommerso da un'onda. Rimaneva solo un'orma informe, l'ombra di quello che era stata una volta. Era stata calpestata dai sentimenti, inondata dalle emozioni, sconvolta e mutata dalle parole e dalle situazioni che aveva sentito e visto scorrere attorno a lei come una macchia confusa di eventi che parevano sogni astratti e insensati, dolori di qualcun'altro che però era costretta a provare lei, sulla sua pelle già bruciata, senza neanche la consolazione di un motivo. Perché davvero non capiva perché stesse soffrendo così tanto.
«Avanti!» disse. «Dammi solo un motivo! Perché dovrei farlo ora?»
«Perché ti amo!» urlò lui. «Ti sembra un motivo valido questo?»
Hannah parve spiazzata. Davvero...aveva detto che l'amava?
«Io...»
«Ho sbagliato, ma sono solo... Insomma, sono umano, e ho dato retta al cuore, quando invece avrei dovuto...avrei dovuto riflettere e...» Prese fiato, ma aveva i polmoni in fiamme e anche l'aria pareva fargli male. «Ho bisogno di te, Ann... Ho...davvero bisogno di te»
Lei non rispose. Credeva che non sarebbe più riuscita a parlare, ormai.
Lui gli si avvicinò e le sollevò il mento, costringendola a guardarlo negli occhi.
«Dimmi che mi ami» sussurrò. «Tu mi ami, Hannah?»
Ancora non parlò.
«Dimmi che non mi ami e ti lascerò stare»
Lei distolse lo sguardo e lui lo sentì chiaramente, prima che fuggisse via.
«No. Non ti amo»
Ed era la cosa più falsa, più tremenda e più crudele che potesse dire.
Era la bugia più grande e dolorosa.
E lui... Così lo aveva ucciso.
E pensò alle parole di suo padre che forse erano solo la forma di una speranza, un vano e infantile desiderio di chi lo amava troppo e non voleva fargli male.
Ma adesso, dopo averci creduto davvero, gli parvero insostenibili per quanto poco vere.
E capì che Hannah era, e sarebbe rimasta, la cosa più bella e più difficile della sua vita.
La cosa più meravigliosa e impossibile, per sempre.
 
*  *  *
 
«RON!»
«Non l'ho fatto apposta!»
«Dici così da dieci anni!»
«Ma questo vaso delle balle è sempre in mezzo!»
«Sei TU che non sai neanche muoverti!»
«Usa Reparo, no?»
«Questa è la ventiquattresima volta che lo rompi, anche la magia ha un limite, Ronald!»
«E allora buttalo via, è orrendo!»
«Ehi!»
«Scusa, Percy, ma è davvero... Beh, fa schifo!»
«L'arte non è mai stata il tuo forte, Ron»
«E menomale!»
Sì. Ron aveva di nuovo rotto il vaso di Percy, e persino il mondo delle bacchette magiche ormai si era arreso, rifiutandosi categoricamente di aggiustarlo un'altra volta.
Avevano finito di cenare e sul lungo tavolo c'era un gran chiacchiericcio.
Rose sedeva accanto a sua madre e le gettava occhiate nervose di tanto in tanto. 
«Mamma?» mormorò infine, tenendo gli occhi bassi.
«Sì, tesoro?»
«Posso parlarti...di una cosa?»
Hermione sorrise. «Aspettavo che me lo chiedessi. Ti ho visto molto giù ultimamente. Vieni di là»
Si appartarono in un angolo buio del giardino e Rose guardò a lungo sua madre, in silenzio.
«Mamma, ho bisogno di un tuo consiglio. Sono...sono davvero confusa»
«Dimmi tutto» fece lei incoraggiante, mettendole un ciuffo di capelli rossicci dietro l'orecchio.
«Non so se lo sai, ma... Lily si è fidanzata con Scorpius... Scorpius Malfoy»
Hermione parve sorpresa, ma sapeva che non era il momento di discutere di ciò, così le fece cenno di continuare.
«Ma Mary, la conosci, la mia amica... Lei è innamorata di lui da non so quanto tempo. E ha deciso di provare a conquistarlo, anche se sa che lui ama Lily. E io ovviamente le ho detto che non l'avrei aiutatat, che era sbagliato, che non poteva sconvolgere tutto quanto, ma lei non mi ha ascoltato, anzi si è arrabbiata con me. E Lily non sa niente di tutto questo, ma ha capito che sto male e io non so cosa fare! Perché voglio un bene infinito a entrambe, e non posso scegliere e mi sento in colpa...ed è così complicato...»
Una lacrima le scivolò sul viso e Hermione la asciugò in fretta con una carezza, gli occhi che bruciavano anche a lei.
«Calmati, tesoro...» sussurrò con voce tremante. «Tu non c'entri niente con questo ed è ingiusto che tu stia così male. Vedrai che Mary capirà di aver sbagliato e tornerà da te. Ne sono sicura...»
«E Lily? Se Lily lo sapesse... Io l'ho tradita...»
«Tu non hai tradito nessuno» intervenne subito lei. «Tu sei solo una persona troppo buona, che non vuole far male a nessuno e preferisce farne a se stessa. E non devi più soffrire per gli sbagli degli altri»
Rose poggiò la testa sul suo petto e si lasciò accarezzare.
«Molto presto tutto si aggiusterà. Fidati di me»
E le era sempre parso impossibile non fidarsi delle sue parole. Sua madre sapeva sempre cos'era giusto fare, sapeva sempre come rassicurarala anche quando non vedeva vie d'uscita.
«Come farei senza di te?» mormorò, sorridendo.
«Dovrei dirlo io» fece lei, amorevole. 
Entrambe alzarono lo sguardo. Ron era stato appena battuto a scacchi da Hugo e minacciava di metterlo in punizione.
«Lui come farebbe senza di noi» rise Hermione.
E proprio in quel momento, mentre Rose era tutta concentrata sulle sue mani, lui si voltò e si scambiarono uno sguardo d'intesa.
«Dove sono mamma e Rose?» si sentì dire da Hugo. «Dobbiamo brindare, su! Sia a zio Harry che all'ennesima vittoria di Hugo il Magnifico!»
«Ma sta' zitto» borbottò Ron. «Tutti quei trucchi li hai imparati da me, pivello»
Quando furono tutti riuniti intorno al tavolo fu George ad alzare il calice per primo.
«All'Uomo Che E' Sopravvissuto...» annunciò.
Gettò un'occhiata a Fred e insieme completarono: «...di nuovo!»
Ci fu uno scoppio di risate e il tintinnio dei bicchieri.
Ron battè una pacca sulla spalla di Harry.
«Bene, amico, ma non ti cullare nell'illusione che sopravvivrai per sempre... Arriverà anche il tuo momento»
«Grazie, Ron» rispose lui, sorridendo. 
«C'è una cosa che potrebbe far arrivare molto presto quel momento, zio» disse Hugo con un ghigno. «No, Lillina?»
Lei imprecò. «Ehm...»
«Che hai combinato?» domandò Harry con un sorriso, sorseggiando tranquillo dal suo calice.
«Io...ehm... Insomma...niente... Solo... Mi sono fidanzata con Scorpius Malfoy, ecco»
Quello soffocò e i colpi di Ron peggiorarono solo la situazione.
Alla fine, rosso in viso, riuscì a dire: «C-cosa? Hai detto Malfoy?»
«Sì, papà»
«Miseriaccia» fu il commento di Ron. «Così schiatta davvero»
«P-Proprio lui, eh?»
«Sì, proprio lui, papà»
«Fantastico... Davvero fantastico...»
«Papà, tu sei...?»
«Tesoro» disse subito lui. «Guarda che scherzavo. Va tutto bene. Sono sicuro che sia un ottimo ragazzo»
«Lo è» rispose lei con un sorriso rincuorato.
Harry annuì e quando lei si mise a chiacchierare con il cugino, sentì Ron borbottare qualcosa.
«Amico, chi l'avrebbe mai detto? Tu e Malfoy consuoceri! Non è che mi diventi pappa e ciccia col biondino?»
Lui non riuscì a ridere, ancora parecchio sconvolto. «Ma anche no...Non mollo i Rossi per i Biondi, puoi starne certo»
 








Note della Malandrinautrice: Ciao a tutti! Ovviamente sono di nuovo in un ritardo inaccettabile! Pensavo davvero che questa volta non sarebbe successo, ma alla fine è passato un altro mese.
E io davvero non so come scusarmi, credo che adesso sia anche inutile, perché di sicuro sarò in ritardo anche la prossima volta, e l'altra ancora...! E intanto non posso farci niente. La scuola diventa sempre più pesante e inoltre, quando non sono ispirata, le parole non vengono e devo lasciar perdere anche se vorrei tanto scrivere.
Ma la cosa che mi dispiace di più è di non essere riuscita a rispondere alle risposte delle recensioni, la persona a cui mi riferisco sa che parlo di lei, perché ho avuto anche problemi di connessione.
E questa è la cosa che davvero non so perdonarmi, ma ho già chiesto scusa una volta e poi ricapita di nuovo.
Perché anche se vi dico che parlo sempre di voi, perché senza sarei perduta, vi risulterà difficile crederci.
Non sapete quanto tengo alle vostre parole.
Mi dispiace davvero, spero che ci sia ancora qualcuno e di non aver deluso con questo capitolo.
Un bacio a tutti, alla prossima!

Simona_Lupin
   
 
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