Salve a chiunque sia capitato/a qui :)
Dovrei essere a studiare, ma la parte meno diligente di me ha avuto il sopravvento. Così, in un giorno, ho scritto questa storia. Doveva essere più corta e non doveva avere i 6 capitoli che verranno pubblicati... ma si sa come vanno queste cose: una fa nascere i suoi personaggi, ha appena finito di plasmarli... e questi se ne vanno in giro, complicando qualsiasi cosa. E non si può fare altro che seguirli...
L'idea
di fondo non ha un'origine precisa, diciamo che è nata dalla mia
curiosità... Scoprite da soli/e di cosa si tratta :).
Le premesse sono poche: siamo nel 1972, siamo negli Stati Uniti, e
siamo alla fine dell'ottavo tour nord-americano dei Led Zeppelin -
precisamente a Giugno, in Arizona.
Ho scelto un periodo tranquillo per la band, l'ho fatto appositamente
per creare dalla mai fantasia un pò di turbolenze :)! Enjoy! E
fatemi sapere!!!
Grazie e al prossimo capitolo
Ciry
RAMBLERS - VIAGGIATORI
CAPITOLO 1
Il corridoio
è lungo, le fa venire l’ansia. E anche un po’ voglia di vomitare.
Ma non
si ferma, perché vede la fine, perché è quel brivido che le ronza nella testa a
farla scattare in avanti, senza correre, ma con una gran fretta.
I capelli
lunghi sbattono contro l’aria stravolta dai suoi movimenti, il suono del suo
stesso respiro affannoso le riempie le orecchie e le dita si chiudono come
tenaglie, sembrano aggrapparsi al diario, l’unico oggetto che ha portato con
sé.
Non si
fa. Non se ne intende di certe cose, ma sa che questo non si fa.
Voleva solo
visitare il negozio di libri al piano terra e comprare un romanzo, magari anche
una biro.
E lui
le aveva rifilato prima un paio di ceffoni, poi uno sguardo pieno di disprezzo.
“BASTA!”
Non sa
quanto tempo è passato, né da quanto scappa in mezzo agli androni nel tentativo
di depistarlo – quasi sicuramente è uscito a cercarla o ha incaricato qualcuno
per farlo; in fondo al corridoio c’è un ascensore, e le luci intermittenti
sopra le porte scorrevoli le dicono, con suo grande disappunto, che è occupato
e sta salendo.
Aggrotta
le sopracciglia in un’espressione angosciata, si perde un po’ d’animo, perché
gironzolare in quegli spazi ampi la espone molto di più al rischio di essere
trovata facilmente.
Lei vuole
andare a stare un po’ in pace in un posto dove non ci sia lui. Ci sarà pure un
angolo tranquillo e isolato in un albergo tanto grande e lussuoso!
Le porte
si aprono! Qualcuno scende a quel piano!
A malapena
vede una figura sfilarle accanto – forse un anziano signore in un completo
elegante – e in un attimo è nella cabina, al sicuro, porte chiuse, la salita
riparte.
E solo
in quel momento nota qualcuno, riflesso nel grande specchio alla sua sinistra.
Sta fumando,
la sigaretta è sostenuta da una mano strana, la più strana che le sia mai
capitato di vedere: dita lunghe, quasi ossute, ingioiellate, il palmo più lungo
che largo, ed il pollice dotato di un’unghia lunga, mentre le altre quattro
sono molto corte.
Sembrerebbe
quasi una mano da ragazza.
Quando
finalmente si volta, nota con una vampata di vergogna che anche lui la sta
guardando, forse da quando è entrata, dal “nascondiglio” della sua folta
capigliatura.
È un
ragazzo giovane, ha gli occhi piccoli ma molto chiari, e la bocca piegata in un
mezzo sorriso rivolto a lei.
Talia ha
paura, così, all’improvviso, e nei polmoni le entra un fastidioso aroma di
fumo.
Sembra
una persona perbene, ma ha uno sguardo che la fa sentire strana, a disagio.
Stringe
al petto il suo diario e distoglie lo sguardo, anche se a malincuore: non
vorrebbe perderlo d’occhio, per quanto le sembri innocuo. D’altro canto, sa che
anche lei potrebbe apparire strana in quel momento, trafelata, corrucciata,
forse perfino spettinata.
“Non sembra neanche un uomo!” pensa,
spaventata.
D’istinto
si volta di nuovo a guardarlo e proprio non riesce ad associare quella voce
tanto fine e gentile che le ha parlato ad un individuo così bizzarro, oscuro e rachitico,
che per giunta somiglia ad un serpente!
Non se
la sente di ignorare deliberatamente l’avvertimento, così si china molto
lentamente e piega la gamba destra per annodare le stringhe della sua Converse.
Da sempre
preferisce le sneakers con la chiusura in velcro, più comode e veloci da
indossare, forse perché ha imparato tardi ad allacciarsi le scarpe da sola.
E poi
le mani le tremano – colpa dell’adrenalina in circolo, dell’ansia, dello
spavento…
Inesorabilmente,
si sente una stupida piagnona, si arrabbia.
E davanti
alla squallida prospettiva del suo stesso rimprovero, comincia a piangere, ma
lo fa in silenzio per non farsi vedere dal tipo strano.
Solo che
poi dell’odioso muco minaccia di colarle dal naso, così si ritrova a sniffare
rumorosamente.
E le
spalle, imitando le mani, tremano. Visibilmente.
“Stupida, ridicola bimbetta” pensa
stizzita mentre a stento trattiene un singhiozzo.
“Ehi…
Tutto bene? Cos’è, ti senti male?”
Non fa in
tempo a replicare alcunché, perché il ragazzo si accuccia e la scruta con aria
vagamente preoccupata.
“E’
tutto ok qui? Cosa c’è che non va, ragazzina?”
Stanca di
trattenersi, Talia singhiozza sommessamente e confessa, rossa per il pianto e l’imbarazzo:
“No… non riesco…” indicando in un molle gesto la scarpa slacciata.
Lui le
porge un fazzoletto rosso e cerca di calmarla con quel suo tono pacato ed
educato: “Non ti preoccupare, dài, adesso basta piangere… Vuoi che ci pensi io?”
Ha sempre
seguito diligentemente la regola più sacrosanta di tutte:
“NON
DARE CONFIDENZA AGLI ESTRANEI”
Poteva sapere
anche poco della vita, ma una cosa le era chiara: la confidenza non doveva
essere data alle persone sbagliate, sconosciute o meno.
Il suo
patrigno era una persona sbagliata, eppure si conoscevano, lei aveva
addirittura tentato di volergli bene!
Ma ora
il segno sulla guancia brucia, pulsa, e questo perché lei ha dato confidenza a
Roland.
Concedere
due parole ad un ragazzo sconosciuto che però le ha ceduto il proprio
fazzoletto e si è preoccupato per lei…
“… Sì…
grazie…”
“Ooh,
perfetto… Coraggio, alzati e asciugati queste lacrime…”
Un suo
sorriso, piccolo ma forse sincero, la rassicura.
Obbedisce
senza fare storie, allungando il piede verso le sue mani mentre usa un angolo
del fazzoletto per asciugarsi gli occhi; senza che lui la veda, passa un
braccio sotto al naso umidiccio, non vuole sporcare quello che non è suo.
In cinque
secondi, in cui lui finisce di fumare, il nodo è di nuovo ben stretto e Talia
ritira la gamba mentre lo vede rialzarsi con una veloce spolverata alle
ginocchia, coperte da dei pantaloni chiari.
“Ecco
fatto!” lo sente dire, soddisfatto e rassicurante mentre getta il mozzicone in
un posacenere sporgente dalla parete; subito dopo, la campanella annuncia l’arrivo
dell’ascensore.
La fine
di un viaggio che a Talia è sembrato lunghissimo.
Lui esce
dalla cabina con passo elastico, dopodiché esita e si volta verso di lei,
rimasta indietro, imbambolata a fissarlo, senza sapere cosa fare.
Passa qualche
istante, poi la esorta sorridente: “Vieni, esci!” tendendole una mano.
Talia vorrebbe
rimanere al sicuro dentro l’ascensore, ma vuole anche continuare a farsi
rassicurare dal ragazzo sconosciuto.
“Non fare l’incosciente” si
intima tra sé e sé.
Ma poi
le porte si spostano per richiudersi, e lei balza fuori come un coniglio in
fuga, dritta dritta davanti a lui, che ridacchia piano.
“Appena
in tempo!” commenta allegro prima di piegarsi leggermente in avanti, così da
poterla vedere bene in faccia.
Lo vede
tornare gradualmente serio, così tenta di ricomporsi anche lei, passando un’altra
volta il fazzoletto sotto gli occhi, ancora lucidi e arrossati.
“Va un po’
meglio adesso?” le chiede con gentilezza.
L’altra
annuisce, intimorita e incuriosita dalla sua vicinanza.
Lui socchiude
appena gli occhi in un’espressione simpatica e si informa: “Come ti chiami?”
Lei
esita, deglutisce nervosamente mentre contorce il fazzoletto rosso tra le mani.
“…
Talia” risponde infine con un filo di voce, ma il suo sguardo resiste, vuole
vedere se continua a sorriderle.
E infatti
lo fa. Addirittura le porge la mano destra.
“Ciao,
Talia. Io mi chiamo James.”
***
Alcuni piccoli aneddoti:
Talia prende il proprio nome dall'attrice Talia Shire (la famosa Adriana di "Rocky"); ho un poster gigante sulla porta della mia stanza, raffigurante una delle locandine di "Rocky" con tanto di nomi di cast, regista, produttori e quant'altro... e Talia suonava davvero bene per la mia creatura :)
Il
titolo della FF si ispira liberamente dalla canzone dei Led Zeppelin,
"Ramble on" (né lei, né loro, mi appartengono *sigh*).
Poi capirete perché!