Fragile
lettera di un figlio ad un padre ormai perduto
A
te, che quasi non ricordo.
A
te, che, sono certa, mi ami, senza poter essere visto.
A
te, che mi accompagni in ogni giorno della mia vita.
A
te, che sei nascosto tra le righe di questo scritto.
A
te ,che mi hai dato tutto ,senza mai chiedere nulla in cambio.
A
te, che non ho potuto nemmeno salutare.
A
te, che sei così dannatamente uguale a me.
A
te, che spero, un giorno, potrai dirmi di essere fiero di me.
Guardo
mio padre per l'ultima volta. I suoi occhi grigi volano dai miei a
quelli di mia madre. Mai dimenticherò la sua espressione: un animale
braccato. Questo era Lucius Abraxas Malfoy poco prima di essere
Baciato. Un'occhiata
lunga e vedo le sue labbra muoversi mimando delle parole, mentre una
lacrima solitaria rotola
dai suoi occhi, mai così grandi e così grigi.
-Vi
amo-
La
felicità altrui è stato quello che ha segnato e siglato la fine per
quelli come noi. Siamo nati dalla parte sbagliata, obbligati a fare
le scelte sbagliate. Abbiamo insegnato alla nostra progenie a fare le
scelte sbagliate.
Non
abbiamo mai potuto fare “la cosa giusta”: se avessimo avuto il
coraggio di farlo, questo ci avrebbe portato dalla parte dei buoni,
costretti a lottare contro le nostre stesse famiglie, a schiacciare
il sangue del nostro sangue, a condannare i nostri amici, le nostri
amanti, le nostre mogli.
Siamo
qui vinti in attesa della misericordia che non ci verrà mai
accordata. In frenetica attesa di un perdono che non verrà mai
partorito dalla sterile mente dei buoni.
Padre,
in questi giorni ho pensato a lungo alla mia vita. Fino ad ora l'ho
vissuta al massimo, grazie a te. Tu e mia madre, mi avete concesso
sempre tutto. Denaro, potere, bellezza, un antico lignaggio, sangue
puro e una promessa sposa degna. La mia vita era perfetta.
Fino
a che lui non è tornato. Ero così felice, padre. Ricordo quando mi
inviasti quel gufo, la mattina dopo la terza prova del Torneo
Tremaghi, rievoco ancora quelle stesse parole che mi scrivesti,
confermando ciò che Potter aveva raccontato.
Parole
vergate, con orgoglio e fiducia nel futuro, che ancora emergono vive
e vitali nella mia stanca e provata mente: “Draco,
figlio mio. Non sai quanta gioia scorre nelle mie, non più giovani,
membra, nel darti questa notizia. Quello che aspettavamo, oramai, da
troppi anni è accaduto. I bei tempi andati torneranno al più
presto: la nostra famiglia diventerà ancora più potente, mi
premurerò di fare avere anche a te, al più presto, ovvero appena
raggiungerai la maggiore età, il lustro che il nostro lignaggio
merita. Il nostro imperituro Signore a breve richiederà alla nostra
famiglia i servigi, che già tempo fa gli avevamo prestato. È
iniziata una nuova era, Draco, e tu ne sarai protagonista. Alza il
tuo viso, mostra il tuo potere, figlio mio, ricordati, che tu sei
sangue del mio sangue, e che, in quanto tale, meriti rispetto e
considerazione oltre ogni pensiero. Diverrai a breve il braccio
destro del nostro Oscuro Signore, prendendo il posto che ti spetta,
ricoprendo il ruolo che io ho mantenuto per molti anni. Un onore che
a pochi è concesso. Ricordati
Draco, questo è un giorno felice. Ricordati, figlio mio, che la tua
vita sarà migliore!”
Ero
felice, fiero che i tempi andati, tanto caldeggiati da mio padre,
fossero tornati in auge. Ero curioso, volevo incontrare l'Oscuro
Signore, quello che sarebbe stato, da quel momento in poi, il fulcro della mia vita. Volevo a
tutti i costi provare la mia appartenenza a lui e la mia fedeltà
alla sua causa. La mia impazienza non era condivisa da mia madre: lei
non condivideva il tuo spronarmi verso la causa Mangiamorte. È
inutile dirti, padre, che la lungimiranza di quella donna, si è
rivelata oltremodo proverbiale. Aveva ragione, lei, nel volermi
mandare lontano, da quei nostri parenti tedeschi. Era nel giusto
quando mi consigliava di stare distante da zia Bella.
Narcissa
è stata sempre lucida, era la mente e noi il braccio disubbidiente e
folle. La pazzia dell'effigie del serpente e del teschio d'onice nero
non l'ha mai ammaliata e soggiogata, come invece è successo a noi.
Non
ti rimprovero, padre. Tu mi hai educato alla purezza del sangue. Hai
usato le medesime metodiche che, a sua volta, tuo padre, ha
utilizzato con te. Queste convinzioni ci hanno portato al declino,
alla morte del nostro grande nome, alla fine della casata.
Ti
scrivo questa lettera immaginaria, da una sudicia cella di Azkaban,
approfittando dei momenti di lucidità che, a dire la verità, sono
estremamente esigui, per palesarti tutto quello che, durante la
nostra gloriosa vita, non mi è stato possibile esternare.
Non
ti odio padre, so che tu mi hai dato sempre il meglio.
Nell'educazione, nei vizi, nelle virtù. Nel tuo essere maestoso e
glaciale.
Una
volta mia madre ti paragonò ad un'aquila reale. È un animale che
veglia da lontano sulla sua nidiata, regale ed altera, provvede al
sostentamento dei suoi piccoli. Li educa al meglio, insegna loro il
volo e i rudimenti della vita autonoma. Li segue, fino alla loro
maturazione. Scaccia senza pietà il nemico che solo osa avvicinarsi
alla nidiata, uccide senza remora alcuna, colui che, minaccia la
prole.
Tu
eri così: per me hai fatto di tutto, mi hai protetto da ogni nemico,
cullato nel tuo potere, educato al buongusto e alla nobiltà. Fino a
quando è tornato lui, ed ha sovvertito gli ordini primari della mia
vita. Lui
che si è rivelato nostro nemico, più ancora degli impuri di sangue.
Si è appropriato della nostra abitazione, ha abusato della nostra
ospitalità, non ci ha trattati come collaboratori ma come schiavi,
come servi da umiliare. Il prezzo della nostra anima immonda e
purosangue era il medesimo di tanti altri suoi servitori. Eravamo
immondizia ai suoi occhi, pedine più che sacrificabili, nel grande
disegno di purificazione del sangue.
Ed
ora sono qui in questa lorda cella di Azkaban, ed aspetto. Sono fiero
che a mia madre, sia stato risparmiato questo inutile supplizio. I
Dissennatori mi faranno uscire di senno, ne sono cosciente.
Padre
mio, io
ti perdono.
Quello
che sei e quello che pensi mi ha condotto in questa prigione, ma io ti
perdono.
Il
sangue, la tua educazione mi hanno portato ad essere Mangiamorte, ma
io ti perdono.
Il
Marchio che hai contribuito ad apporre sulla mia virginale pelle mi
ha assicurato un posto freddo in questa cella, ma io
ti perdono.
Ti
assolvo
dai tuoi peccati di padre, dai tuoi peccati di uomo, dai tuoi peccati
di essere umano. Sono grato, anzi, dell'amore e del sacrificio, che
in più di un'occasione mi hai dimostrato, con i fatti, col tuo
spirito di abnegazione, solo ed esclusivamente volto alla protezione
della tua famiglia.
Ed
ora mi appresto a vederti per l'ultima volta come uomo. Mi preparo
all'ultimo incontro con mio padre,. Un momento che nessun figlio
dovrebbe mai vivere consapevolmente.
Sapere
che vedrò per l'ultima volta quegli occhi grigi, così simili ai
miei, sapere che la voce che mi ha confortato nelle notti più buie
della mia infanzia non emetterà più altri suoni, sapere che quelle
mani, rese aspre e callose, dal lungo maneggio di spade e armi di
ogni sorta, non cingeranno più le mie spalle di figlio o non mi
concederanno più una fugace carezza, sapere che quell'abbraccio che
mi darai sarà l'ultimo disperato atto di addio, di un padre verso un
figlio; tutte queste consapevolezze, tutto questo sapere
mi
uccide. Preferirei non essere a conoscenza del nostro futuro,
preferirei sprecare i nostri attimi assieme, parlando di cose futili,
senza fare caso a dettagli troppo importanti, senza sentire
nell'anima il macigno putrido della presenza della nostra magnanima
signora con la falce. Ma
la vita non è facile, padre. Me l'hai insegnato tu stesso, con ogni
schiaffo, ogni punizione, ogni roco richiamo, mi ricordavi l'onere di
essere un Malfoy. Un purosangue, un nobile. Il comportamento e
l'alterigia, le apparenze da salvare in ogni momento.
Prima della tua giustiziazione ti vedrò per l'ultima volta, padre: sarà il nostro più vero addio.
È
arrivato ora un Auror. Il bastardo ghigna. Ride mentre mi dice che il
mio legittimo desiderio di detenuto e , ancor prima, di figlio, è
stato negato. Non potrò vederti per l'ultima volta. Tuttavia non mi
risparmieranno la visione della tua “esecuzione”, se così
possiamo chiamarla. Credo che ciò sia stato accuratamente studiato
per farmi male, più male ancora di quanto io creda possibile.
Non
penso Potter sia a conoscenza di ciò. Si è opposto alla mia
incarcerazione e alla tua condanna. Secondo lui io non meritavo il
carcere e tu quella non morte. Mi trovo, a mio malgrado, ad essere
riconoscente a quel pezzente: è merito suo se mia madre è alla
larga da Azkaban. Se non fosse stato per lui, sarebbe anche lei qui,
a marcire in una putrida cella. Un'intera famiglia imprigionata. Come
si suol dire, dalle stelle alle stalle.
A
Potter non piacerebbe sapere dei maltrattamenti e dei soprusi che
vengono perpetuati, come punizione, nell'ala per Mangiamorte. Dove
non arriva la crudeltà disumana dei Dissennatori, giunge la bastarda
voglia di punire degli uomini. Siamo soli, in questa gabbia di
tortura. E nemmeno Potter ci potrà aiutare, padre. Siamo
peccatori e per questo pagheremo.
Guardo
fuori dalla angusta finestella, che è, ovviamente, sormontata da
pesanti inferriate: dall'altezza del sole, che raggiunge quasi lo
zenit, suppongo che siano le undici e mezza.
Manca
poco, padre. L'esecuzione è fissata per mezzogiorno.
Chissà
a cosa stai pensando.
Sicuramente
la tua mente sarà un accavalarsi di ricordi felici. Tu e mamma. Il
matrimonio. Mamma col pancione. Io appena nato. I primi passi, le
prime parole e le prime magie. Tu che mi insegni il valore del sangue
puro. Io che entro ad Hogwarts, a Serpeverde.
Flash
mentali balenano anche nella mia mente e nella mia anima, dolorosi
fulmini che lasciano esiti cicatriziali, bruciacchianti e doloranti.
Fino a che arrivano i peggiori: la nuova venuta del Signore Oscuro,
il tuo fallimento, l'imprigionamento ad Azkaban, il mio Marchio Nero,
i miei patetici tentativi di uccidere Silente.
Basta
così, fa troppo male.
Non
riesco ad evocare nuovi ricordi positivi. I dannati Dissennatori me
li hanno portati via. Anche di quelli non è rimasta traccia.
Chissà
se è successo anche a te, padre.
Ti
immagino con la tua solita postura rigida ed impettita, anche in una
lurida cella, come la mia. Vestito di un misero straccio di iuta
ruvida, non comparabile alle migliori stoffe di cui ci vestivamo, ma
immagino come la tua eleganza naturale sarà immutata.
Chissà
se Azkaban ti ha segnato tanto da spegnere la scintilla
dell'alterigia dai tuoi occhi assideranti , così simili ai miei.
Volevi
un nipote, lo so, padre. Un altro Malfoy, un piccolo esserino a cui
tramandare il nostro nome e gli oneri della nostra casata. Non credo
sarà possibile. Se mai uscirò da qua, non so se in me sarà rimasta
ragione a sufficienza per educare un rampollo aristocratico, non so
nemmeno se sarò in grado di prendere moglie.
Cristo.
Cosa
ci è successo padre?
Eravamo
il meglio. Ed
ora cosa siamo? Cosa ne è di noi? Cosa ne sarà di noi?
Tristi
brividi percorrono il mio corpo. Non riesco a capire quanti giorni
siano passati dalla mia incarcerazione, tuttavia sono sicuro che questo
è
il
mio
momento di lucidità. Quello in cui comprendo la mia misera
esistenza. Il
mio Nirvana al contrario.
Non c'è positività ne via d'uscita, padre. Moriremo entrambi,
questa è la verità. Magari io sopravviverò ancora qualche anno, ma
credo che Azkaban,
prima o poi, mi ingoierà e mi digerirà ancora vivo.
È
giunto il momento. Ne sono certo. Sento che stanno venendo a
prendermi, padre. Chissà se almeno ti è stato concesso un ultimo
saluto alla donna che hai amato. Che speranza vana: la
speranza di un figlio.
Sono
loro. Un Auror mi imprigiona con un incantesimo che, con una catena
invisibile, mi lega i polsi e, in modo meno stretto, le caviglie,
lasciandomi la possibilità di fare qualche piccolo e breve passo
senza cadere.
Sto
arrivando padre, la
mia persona giunge dove il mio cuore è già da tempo.
Vicino a te. Sono sicuro che tu disprezzeresti i miei pensieri: le
dimostrazioni di affetto non sono ciò che più si addice ad un
Malfoy, ma come spesso mi hai detto tu, ho preso molte
caratteristiche caratteriali da mia madre. Probabilmente anche questo
tratto è ereditato da lei.
Giungo
nella sala dove tra poco ci rincontreremo. È enorme, ci sono già
molti maghi qui. Con toghe e aria importante. Riconosco in loro
personaggi di spicco della comunità magica, nel periodo Post
Voldemort. Tutti qui come dei rubizzi piccioni curiosi a vedere un
uomo empio privato della sua stessa più intima sostanza: la sua anima. Al
centro c'è una seduta, che sembra essere scomoda. Ci sono catene che
pendono dai braccioli. Sono quasi sicuro che ti legheranno padre,
cosicchè tu sia ancora più indifeso di fronte alle beffe che il
destino ti ha riservato.
Nelle
sedute poste dietro a quella poltrona scorgo una figura familiare. È
lei.
Mia
madre è già qui. Non piange, è una donna forte, saresti
sicuramente fiero di lei. Il tempo sembra non aver scalfito i suoi
tratti somatici. I lisci capelli biondi le scivolano sulle spalle.
Occhi azzurri sono incastonati sul suo viso aristocratico, sempre
vispi e presenti. Di primo acchito mi sembra molto dimagrita, sarà
per il dolore per avere i suoi più cari affetti imprigionati in questa
gattabuia. Mi viene incontro con aria furente, mi accarezza
brevemente la guancia ispida, per il lieve strato di barba che,
oramai, cresce incolto; si rivolge sprezzante all'Auror, che mi
accompagna – Siete dunque degli animali?- l'uomo strabuzza gli
occhi e la osserva sconcertato, lei prosegue – Vi sembra questo il
modo di trattare i prigionieri? Mio figlio è sporco, indossa delle
vesti luride e sembra non faccia un bagno da mesi. Dunque non
ritenete opportuno curare l'igiene dei vostri prigionieri? Giungete
anche a questo? Nemmeno la dignità di vesti pulite?-
L'uomo
borbotta qualche parola di scusa e arrossisce come un bambino. Mia
madre fa sempre quell'effetto.
Dopo la sfuriata si volta di nuovo verso di me e mi osserva a lungo,
con tutta la dolcezza di cui è capace. Mi deposita un bacio sulla
fronte sussurrando – Sei sempre bellissimo, bambino mio, sei
proprio come tuo padre.-
Da
vicino vedo come il tempo e il dolore l'abbia segnata: una sottile
ragnatela di rughe si dipana dal contorno degli occhi, le mani sono
un po' malferme e contratte, gli occhi sono irrequieti. Rimane sempre
una donna incantevole, mormoro – Anche voi siete stupenda madre.-
Riusciamo
a sussurrare di cose lievi e leggere, come il buon galateo ci ha
insegnato, prima che arrivi il momento, scandito dal suono di una
pendola antica, posta al centro dell'aula.
Dodici rintocchi della pendola, sembrano essere un canto funebre intonato da anziane signore campagnole. Stanno cantando il loro requiem padre. Per te.
Dong.
Kyrie
eleison,
Christe,
eleison,Kyrie eleison.
Dong.
Tuba
mirum spargens sonum per sepulchra regionum, coget omnes ante
thronum.
Dong.
Mors
stupebit et natura, cum resurget creatura, judicanti responsura.
Dong.
Liber
scriptus proferetur, in quo totum continetur, unde mundus judicetur.
Dong.
Judex
ergo cum sedebit, quidquid latet apparebit, nil inultum remanebit.
Dong.
Quid
sum miser tunc dicturus, quem patronum rogaturus, cum vix justus sit
securus?
Dong.
Rex
tremendae maiestatis,qui salvandos salvas gratis.
Dong.
Salva
me, fons pietatis.
Dong.
Lacrimosa
dies illa,qua resurget ex favilla judicandus homo reus.
Dong.
Huic
ergo parce, Deus.
Dong.
Pie
Jesu Domine, dona eis requiem! Amen!
Dong.*
Entri
al termine dei rintocchi, non so se fu un effetto voluto o meno. Ho
già i brividi sulla pelle e le lacrime che mi solleticano gli occhi.
Indossi
, come me, una tunica logora e zozza. Il tuo portamento non ha
risentito di Azkaban: sembra quasi che tu stia camminando al
ministero, accanto a Cornelius Caramel, o in un campo di battaglia
alla destra dell'Oscuro Signore.Il
tuo viso non tradisce paura o emozione alcuna, sei, come sempre
impassibile. Sento mia madre, al mio fianco tremare, ma non piange.
I
tuoi lunghi capelli, che solitamente erano raccolti in un ordinata
coda, piovono lisci e disordinati sulle spalle, come una levigata
cascata d'oro chiaro. Guardi
mia madre. I tuoi occhi grigi si allargano per un attimo in
un'espressione addolcita. Cerchi di rallentare il passo, ma gli Auror
non te lo permettono.
Le
lacrime stanno per fiottarmi dagli occhi, malgrado io stia cercando
di ricacciarle indietro. La tua voce, dopo molti mesi, giunge alle
mie orecchie come miele dolcissimo – Ricomponiti figlio. Ricordati
che sei un Malfoy.- Lo dice con una voce che vorrebbe essere
strascicata, ma che risulta emozionata, quasi tremante.
Mi emoziono ancora di più.
Ti
fanno sedere in malo modo sulla seggiola e ti incatenano mani e
piedi. Mi giro verso mia madre. Piange. Trasparenti gocce di acqua
salata colano dai suoi occhi azzurri. Io distolgo lo sguardo e
osservo le piastrelle dozzinali che ricoprono il pavimento. Un
singhiozzo, ancora lei. Stringo
i denti e ributto indietro le lacrime. Entra
l'emissario del ministero che legge la tua condanna, con voce solenne
e tonante, quasi come volesse farsi sentire dall'intera prigione.
Finisce
troppo in fretta, il
bastardo.
Inizia a far freddo. Troppo freddo. Inizio a ricordarmi le cose avvenute sotto la dittatura dell'Oscuro Signore. Rabbrividisco. I Dissennatori sono arrivati.
Sono
in due. Molto alti e longilinei, non che si possa evincere molto
delle loro caratteristiche fisiche, coperti come sono dal lungo manto
nero. Un cappuccio scuro impedisce la vista dei loro, se così li
possiamo chiamare, volti. Poco importa, tanto tra poco li
scopriranno,
per ammazzarti.
Mentre formulo questo pensiero, più doloroso di mille Cruciatus,
noto la mano di uno di loro. Trattengo a stento un conato di vomito.
È putrida, come se fosse stata immersa troppo tempo nell'acqua. La
mano è scheletrica e la pelle bianchiccia pende dalle dita, come se
fosse troppa. Mi ricorda in un certo senso la Mano della Gloria,
ma è anche peggio. Più disgustosa, più di tutto.
Mi
è impossibile staccare lo sguardo da essa, fino a che i Dissennatori
si muovono e si dirigono verso mio padre. Ci sono dei rulli di
tamburo, che risuonano sinistri in tutta la sala, proprio come nelle
esecuzioni del 1700. Molto d'effetto, senza dubbio, come se questo
fosse un fottuto bello spettacolino.
I
due Dissennatori si avvicinano, ma solo uno si sporge verso Lucius.
Cazzo, non posso credere che stia succedendo davvero.
Il
Dissennatore alza le sue mani umidicce e putride verso il cappuccio e
cerca di calarselo. Cerca perchè io, disgustato da ciò che accade,
cerco di correre verso mio padre, in un pallido e patetico tentativo
di salvarlo. Due mani forti mi fermano, è l'Auror che mi ha
accompagnato qui. Sia, tu, maledetto.
Il
Dissennatore, emettendo un rantolo un poco infastidito, risucchia
ancora una volta l'aria e si abbassa il cappuccio.
Le
orbite dove gli occhi di un umano avrebbero dovuto scintillare, erano
vuote. Sopra di loro è tesa una pelle grigiastra, butterata, come
fosse stata stesa dozzinalmente da un artista cieco ed incapace.
Emette
un altro rantolo. E solo allora mi accorgo della mostruosità
della
bocca. Sul viso di quell'essere senza occhi e senza naso, campeggia
centrale una bocca, che assomiglia più a delle fauci di una
fiera. Deforme e senza labbra: un abominio, come tutto il resto del
corpo del suo possessore.
Mia
madre oramai piange incontrollabilmente. Io tremo, le gambe sono
molli. Fortunatamente sono sorretto dalle amorevoli braccia
dell'Auror, che mi stritolano i bicipiti, oramai smunti e privi di
muscolo, come tutto il resto del mio corpo.
Guardo
mio padre un'ultima volta. I suoi occhi grigi volano dai miei a
quelli di mia madre. La sua espressione non la dimenticherò mai: un
animale braccato. Questo era Lucius Abraxas Malfoy poco prima di
essere Baciato.
Un'occhiata
lunga e vedo le sue labbra muoversi mimando delle parole, mentre una
lacrima solitaria rotola dai suoi occhi, mai così grandi e così
grigi.
–Vi amo-
Erano
state le sue ultime parole di uomo, le sue ultime parole per noi.
Cristo. Mio padre sta per lasciarci soli ed io non posso fare niente:
non mi sono mai sentito inetto ed inutile come in questo momento.
Le
mani appiccicose ti cingono in volto, quasi materne, quasi dolci.
Sento un altro rantolo mentre si avvicina famelico alla tua bocca. È
quasi completamente chinato su di te, ma per uno scherzo del fato
riesco a vedere alla perfezione cosa sta succedendo.
Le
sue fauci sono sulla tua bocca. Non ti muovi, padre. Stai fermo, in
dignitosa attesa del tuo destino. Mentre inizia a risucchiarti
l'anima fa ancora più freddo, sia fuori che dentro di me. Prima una,
poi due o tre lacrime, tapine, rotolano dai tuoi occhi, che poco alla
volta diventano meno vigili e meno scaltri. Sono vacui. Quando si
scosta da te non ci sei più.
Il
tuo volto è assente, gli occhi vuoti, l'espressione del tuo viso
ottusa e scomposta. Anche il tuo corpo si accascia su se stesso,
sostenuto solamente dalle cinghie che ancora ti legano gli arti.
Riporto il mio sguardo sul tuo volto. Un rivolo di bava ti cola dalla
bocca, lasciata molle e semiaperta.
Tu
non ci sei più, tutto quello che vedo ne è la conferma. Ti hanno
portato via l'anima ed è rimasto di te solo un vuoto recipiente
inutilizzabile.
Hanno
portato via l'anima a te padre, ma ora, se ancora puoi, spiegami perchè
sono
io
quello che si sente svuotato di ogni sentimento, svuotato dalla sua
essenza, senza un'identità e una speranza a cui aggrapparsi. Non mi sono mai sentito così: fragile.
Hanno
Baciato te padre, ma credo che, proprio per questo, l'anima,
l'abbiano portata via anche a me.
-Fine-
*
Questi
versi che ho introdotto nella narrazione sono tratti dalla Messa da
Requiem di Mozart. Vi metto la traduzione. Sicuramente la maggior
parte di voi avrà sentito la parte più celebre, che è il Dies Irae
(http://www.youtube.com/watch?v=jDbMzp86tOc
vi
metto il link dell'esecuzione stupenda e commovente diToscanini). Ho
messo diversi spezzoni tratti da parti diverse della Messa. Spero vi
piaccia l'accostamento!
Kyrie
Signore
pietà,
Cristo pietà,
Signore pietà.
Tuba
mirum
Una
tromba che diffonde un suono meraviglioso
nei sepolcri di tutto il
mondo,
chiamerà tutti davanti al trono.
La morte e la natura
stupiranno,
quando la creatura risorgerà,
per rispondere al
giudice.
Verrà aperto il libro,
nel quale tutto è
contenuto,
in base al quale il mondo sarà giudicato.
Non
appena il giudice sarà seduto,
apparirà ciò che è
nascosto,
nulla resterà ingiudicato.
E io che sono misero che
dirò,
chi chiamerò in mia difesa,
se a mala pena il giusto è
tranquillo?
Rex
tremendae
Re
di tremenda maestà,
tu
che salvi per tua grazia,
salva
me, o fonte di pietà.
Lacrimosa
Giorno
di lacrime, quel giorno,
quando
risorgerà dal fuoco
l'uomo
reo per essere giudicato.
Ma
tu risparmialo, o Dio.
Pietoso
Signore Gesù,
dona
loro requiem!
Amen!
Note: per me è stato veramente difficile riuscire a scrivere questo pezzo. Narrare in prima persona maschile e per giunta al presente, non è molto nelle mie corde. Poi l'argomento non è uno dei più semplici da trattare, spinoso come pochi. Nonostante ciò, spero vi piaccia. Commenti, critiche e saluti sono sempre ben accetti qui... alla prossima.