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Autore: Taigete    08/12/2011    1 recensioni
Guardo mio padre per l'ultima volta. I suoi occhi grigi volano dai miei a quelli di mia madre. Mai dimenticherò la sua espressione: un animale braccato. Questo era Lucius Abraxas Malfoy poco prima di essere Baciato. Un'occhiata lunga e vedo le sue labbra muoversi mimando delle parole, mentre una lacrima solitaria rotola dai suoi occhi, mai così grandi e così grigi.
-Vi amo-

Per me è stato veramente difficile riuscire a scrivere questo pezzo. Narrare in prima persona maschile e per giunta al presente, non è molto nelle mie corde. L'argomento non è uno dei più semplici da trattare, spinoso come pochi. Nonostante ciò,sentivo l'opprimente necessità di scrivere una One Shot come questa. Commenti, critiche e saluti sono sempre ben accetti!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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fragile

Fragile

lettera di un figlio ad un padre ormai perduto









A te, che quasi non ricordo.
A te, che, sono certa, mi ami, senza poter essere visto.
A te, che mi accompagni in ogni giorno della mia vita.
A te, che sei nascosto tra le righe di questo scritto.
A te ,che mi hai dato tutto ,senza mai chiedere nulla in cambio.
A te, che non ho potuto nemmeno salutare.
A te, che sei così dannatamente uguale a me.
A te, che spero, un giorno, potrai dirmi di essere fiero di me.








Guardo mio padre per l'ultima volta. I suoi occhi grigi volano dai miei a quelli di mia madre. Mai dimenticherò la sua espressione: un animale braccato. Questo era Lucius Abraxas Malfoy poco prima di essere Baciato. Un'occhiata lunga e vedo le sue labbra muoversi mimando delle parole, mentre una lacrima solitaria rotola dai suoi occhi, mai così grandi e così grigi.
-Vi amo-


La felicità altrui è stato quello che ha segnato e siglato la fine per quelli come noi. Siamo nati dalla parte sbagliata, obbligati a fare le scelte sbagliate. Abbiamo insegnato alla nostra progenie a fare le scelte sbagliate.
Non abbiamo mai potuto fare “la cosa giusta”: se avessimo avuto il coraggio di farlo, questo ci avrebbe portato dalla parte dei buoni, costretti a lottare contro le nostre stesse famiglie, a schiacciare il sangue del nostro sangue, a condannare i nostri amici, le nostri amanti, le nostre mogli.
Siamo qui vinti in attesa della misericordia che non ci verrà mai accordata. In frenetica attesa di un perdono che non verrà mai partorito dalla sterile mente dei buoni.


Padre, in questi giorni ho pensato a lungo alla mia vita. Fino ad ora l'ho vissuta al massimo, grazie a te. Tu e mia madre, mi avete concesso sempre tutto. Denaro, potere, bellezza, un antico lignaggio, sangue puro e una promessa sposa degna. La mia vita era perfetta.
Fino a che lui non è tornato. Ero così felice, padre. Ricordo quando mi inviasti quel gufo, la mattina dopo la terza prova del Torneo Tremaghi, rievoco ancora quelle stesse parole che mi scrivesti, confermando ciò che Potter aveva raccontato.
Parole vergate, con orgoglio e fiducia nel futuro, che ancora emergono vive e vitali nella mia stanca e provata mente:
Draco, figlio mio. Non sai quanta gioia scorre nelle mie, non più giovani, membra, nel darti questa notizia. Quello che aspettavamo, oramai, da troppi anni è accaduto. I bei tempi andati torneranno al più presto: la nostra famiglia diventerà ancora più potente, mi premurerò di fare avere anche a te, al più presto, ovvero appena raggiungerai la maggiore età, il lustro che il nostro lignaggio merita. Il nostro imperituro Signore a breve richiederà alla nostra famiglia i servigi, che già tempo fa gli avevamo prestato. È iniziata una nuova era, Draco, e tu ne sarai protagonista. Alza il tuo viso, mostra il tuo potere, figlio mio, ricordati, che tu sei sangue del mio sangue, e che, in quanto tale, meriti rispetto e considerazione oltre ogni pensiero. Diverrai a breve il braccio destro del nostro Oscuro Signore, prendendo il posto che ti spetta, ricoprendo il ruolo che io ho mantenuto per molti anni. Un onore che a pochi è concesso. Ricordati Draco, questo è un giorno felice. Ricordati, figlio mio, che la tua vita sarà migliore!”
Ero felice, fiero che i tempi andati, tanto caldeggiati da mio padre, fossero tornati in auge. Ero curioso, volevo incontrare l'Oscuro Signore, quello che sarebbe stato, da quel momento in poi, il fulcro della mia vita. Volevo a tutti i costi provare la mia appartenenza a lui e la mia fedeltà alla sua causa. La mia impazienza non era condivisa da mia madre: lei non condivideva il tuo spronarmi verso la causa Mangiamorte. È inutile dirti, padre, che la lungimiranza di quella donna, si è rivelata oltremodo proverbiale. Aveva ragione, lei, nel volermi mandare lontano, da quei nostri parenti tedeschi. Era nel giusto quando mi consigliava di stare distante da zia Bella.
Narcissa è stata sempre lucida, era la mente e noi il braccio disubbidiente e folle. La pazzia dell'effigie del serpente e del teschio d'onice nero non l'ha mai ammaliata e soggiogata, come invece è successo a noi.
Non ti rimprovero, padre. Tu mi hai educato alla purezza del sangue. Hai usato le medesime metodiche che, a sua volta, tuo padre, ha utilizzato con te. Queste convinzioni ci hanno portato al declino, alla morte del nostro grande nome, alla fine della casata.
Ti scrivo questa lettera immaginaria, da una sudicia cella di Azkaban, approfittando dei momenti di lucidità che, a dire la verità, sono estremamente esigui, per palesarti tutto quello che, durante la nostra gloriosa vita, non mi è stato possibile esternare.

Non ti odio padre, so che tu mi hai dato sempre il meglio. Nell'educazione, nei vizi, nelle virtù. Nel tuo essere maestoso e glaciale.
Una volta mia madre ti paragonò ad un'aquila reale. È un animale che veglia da lontano sulla sua nidiata, regale ed altera, provvede al sostentamento dei suoi piccoli. Li educa al meglio, insegna loro il volo e i rudimenti della vita autonoma. Li segue, fino alla loro maturazione. Scaccia senza pietà il nemico che solo osa avvicinarsi alla nidiata, uccide senza remora alcuna, colui che, minaccia la prole.
Tu eri così: per me hai fatto di tutto, mi hai protetto da ogni nemico, cullato nel tuo potere, educato al buongusto e alla nobiltà. Fino a quando è tornato lui, ed ha sovvertito gli ordini primari della mia vita. Lui che si è rivelato nostro nemico, più ancora degli impuri di sangue. Si è appropriato della nostra abitazione, ha abusato della nostra ospitalità, non ci ha trattati come collaboratori ma come schiavi, come servi da umiliare. Il prezzo della nostra anima immonda e purosangue era il medesimo di tanti altri suoi servitori. Eravamo immondizia ai suoi occhi, pedine più che sacrificabili, nel grande disegno di purificazione del sangue.

Ed ora sono qui in questa lorda cella di Azkaban, ed aspetto. Sono fiero che a mia madre, sia stato risparmiato questo inutile supplizio. I Dissennatori mi faranno uscire di senno, ne sono cosciente.
Padre mio,
io ti perdono.
Quello che sei e quello che pensi mi ha condotto in questa prigione, ma
io ti perdono.
Il sangue, la tua educazione mi hanno portato ad essere Mangiamorte, ma
io ti perdono.
Il Marchio che hai contribuito ad apporre sulla mia virginale pelle mi ha assicurato un posto freddo in questa cella, ma
io ti perdono.
Ti assolvo
dai tuoi peccati di padre, dai tuoi peccati di uomo, dai tuoi peccati di essere umano. Sono grato, anzi, dell'amore e del sacrificio, che in più di un'occasione mi hai dimostrato, con i fatti, col tuo spirito di abnegazione, solo ed esclusivamente volto alla protezione della tua famiglia.


Ed ora mi appresto a vederti per l'ultima volta come uomo. Mi preparo all'ultimo incontro con mio padre,. Un momento che nessun figlio dovrebbe mai vivere consapevolmente.
Sapere che vedrò per l'ultima volta quegli occhi grigi, così simili ai miei, sapere che la voce che mi ha confortato nelle notti più buie della mia infanzia non emetterà più altri suoni, sapere che quelle mani, rese aspre e callose, dal lungo maneggio di spade e armi di ogni sorta, non cingeranno più le mie spalle di figlio o non mi concederanno più una fugace carezza, sapere che quell'abbraccio che mi darai sarà l'ultimo disperato atto di addio, di un padre verso un figlio; tutte queste consapevolezze, tutto questo
sapere mi uccide. Preferirei non essere a conoscenza del nostro futuro, preferirei sprecare i nostri attimi assieme, parlando di cose futili, senza fare caso a dettagli troppo importanti, senza sentire nell'anima il macigno putrido della presenza della nostra magnanima signora con la falce. Ma la vita non è facile, padre. Me l'hai insegnato tu stesso, con ogni schiaffo, ogni punizione, ogni roco richiamo, mi ricordavi l'onere di essere un Malfoy. Un purosangue, un nobile. Il comportamento e l'alterigia, le apparenze da salvare in ogni momento. 
Prima della tua giustiziazione ti vedrò per l'ultima volta, padre: sarà il nostro più vero addio.


È arrivato ora un Auror. Il bastardo ghigna. Ride mentre mi dice che il mio legittimo desiderio di detenuto e , ancor prima, di figlio, è stato negato. Non potrò vederti per l'ultima volta. Tuttavia non mi risparmieranno la visione della tua “esecuzione”, se così possiamo chiamarla. Credo che ciò sia stato accuratamente studiato per farmi male, più male ancora di quanto io creda possibile.
Non penso Potter sia a conoscenza di ciò. Si è opposto alla mia incarcerazione e alla tua condanna. Secondo lui io non meritavo il carcere e tu quella non morte. Mi trovo, a mio malgrado, ad essere riconoscente a quel pezzente: è merito suo se mia madre è alla larga da Azkaban. Se non fosse stato per lui, sarebbe anche lei qui, a marcire in una putrida cella. Un'intera famiglia imprigionata. Come si suol dire, dalle stelle alle stalle.
A Potter non piacerebbe sapere dei maltrattamenti e dei soprusi che vengono perpetuati, come punizione, nell'ala per Mangiamorte. Dove non arriva la crudeltà disumana dei Dissennatori, giunge la bastarda voglia di punire degli uomini. Siamo soli, in questa gabbia di tortura. E nemmeno Potter ci potrà aiutare, padre.
Siamo peccatori e per questo pagheremo.


Guardo fuori dalla angusta finestella, che è, ovviamente, sormontata da pesanti inferriate: dall'altezza del sole, che raggiunge quasi lo zenit, suppongo che siano le undici e mezza.
Manca poco, padre. L'esecuzione è fissata per mezzogiorno.
Chissà a cosa stai pensando
.
Sicuramente la tua mente sarà un accavalarsi di ricordi felici. Tu e mamma. Il matrimonio. Mamma col pancione. Io appena nato. I primi passi, le prime parole e le prime magie. Tu che mi insegni il valore del sangue puro. Io che entro ad Hogwarts, a Serpeverde.
Flash mentali balenano anche nella mia mente e nella mia anima, dolorosi fulmini che lasciano esiti cicatriziali, bruciacchianti e doloranti. Fino a che arrivano i peggiori: la nuova venuta del Signore Oscuro, il tuo fallimento, l'imprigionamento ad Azkaban, il mio Marchio Nero, i miei patetici tentativi di uccidere Silente.
Basta così, fa troppo male.
Non riesco ad evocare nuovi ricordi positivi. I dannati Dissennatori me li hanno portati via. Anche di quelli non è rimasta traccia.
Chissà se è successo anche a te, padre.
Ti immagino con la tua solita postura rigida ed impettita, anche in una lurida cella, come la mia. Vestito di un misero straccio di iuta ruvida, non comparabile alle migliori stoffe di cui ci vestivamo, ma immagino come la tua eleganza naturale sarà immutata.
Chissà se Azkaban ti ha segnato tanto da spegnere la scintilla dell'alterigia dai tuoi occhi assideranti , così simili ai miei.
Volevi un nipote, lo so, padre. Un altro Malfoy, un piccolo esserino a cui tramandare il nostro nome e gli oneri della nostra casata. Non credo sarà possibile. Se mai uscirò da qua, non so se in me sarà rimasta ragione a sufficienza per educare un rampollo aristocratico, non so nemmeno se sarò in grado di prendere moglie.
Cristo.

Cosa ci è successo padre?

Eravamo il meglio.
Ed ora cosa siamo? Cosa ne è di noi? Cosa ne sarà di noi?
Tristi brividi percorrono il mio corpo. Non riesco a capire quanti giorni siano passati dalla mia incarcerazione, tuttavia sono sicuro che questo
è il mio momento di lucidità. Quello in cui comprendo la mia misera esistenza. Il mio Nirvana al contrario. Non c'è positività ne via d'uscita, padre. Moriremo entrambi, questa è la verità. Magari io sopravviverò ancora qualche anno, ma credo che Azkaban, prima o poi, mi ingoierà e mi digerirà ancora vivo.


È giunto il momento. Ne sono certo. Sento che stanno venendo a prendermi, padre. Chissà se almeno ti è stato concesso un ultimo saluto alla donna che hai amato. Che speranza vana: la speranza di un figlio.
Sono loro. Un Auror mi imprigiona con un incantesimo che, con una catena invisibile, mi lega i polsi e, in modo meno stretto, le caviglie, lasciandomi la possibilità di fare qualche piccolo e breve passo senza cadere.
Sto arrivando padre,
la mia persona giunge dove il mio cuore è già da tempo. Vicino a te. Sono sicuro che tu disprezzeresti i miei pensieri: le dimostrazioni di affetto non sono ciò che più si addice ad un Malfoy, ma come spesso mi hai detto tu, ho preso molte caratteristiche caratteriali da mia madre. Probabilmente anche questo tratto è ereditato da lei.
Giungo nella sala dove tra poco ci rincontreremo. È enorme, ci sono già molti maghi qui. Con toghe e aria importante. Riconosco in loro personaggi di spicco della comunità magica, nel periodo Post Voldemort. Tutti qui come dei rubizzi piccioni curiosi a vedere un uomo empio privato della sua stessa più intima sostanza: la sua anima. Al centro c'è una seduta, che sembra essere scomoda. Ci sono catene che pendono dai braccioli. Sono quasi sicuro che ti legheranno padre, cosicchè tu sia ancora più indifeso di fronte alle beffe che il destino ti ha riservato.
Nelle sedute poste dietro a quella poltrona scorgo una figura familiare. È lei.
Mia madre è già qui. Non piange, è una donna forte, saresti sicuramente fiero di lei. Il tempo sembra non aver scalfito i suoi tratti somatici. I lisci capelli biondi le scivolano sulle spalle. Occhi azzurri sono incastonati sul suo viso aristocratico, sempre vispi e presenti. Di primo acchito mi sembra molto dimagrita, sarà per il dolore per avere i suoi più cari affetti imprigionati in questa gattabuia. Mi viene incontro con aria furente, mi accarezza brevemente la guancia ispida, per il lieve strato di barba che, oramai, cresce incolto; si rivolge sprezzante all'Auror, che mi accompagna – Siete dunque degli animali?- l'uomo strabuzza gli occhi e la osserva sconcertato, lei prosegue – Vi sembra questo il modo di trattare i prigionieri? Mio figlio è sporco, indossa delle vesti luride e sembra non faccia un bagno da mesi. Dunque non ritenete opportuno curare l'igiene dei vostri prigionieri? Giungete anche a questo? Nemmeno la dignità di vesti pulite?-
L'uomo borbotta qualche parola di scusa e arrossisce come un bambino.
Mia madre fa sempre quell'effetto. Dopo la sfuriata si volta di nuovo verso di me e mi osserva a lungo, con tutta la dolcezza di cui è capace. Mi deposita un bacio sulla fronte sussurrando – Sei sempre bellissimo, bambino mio, sei proprio come tuo padre.-
Da vicino vedo come il tempo e il dolore l'abbia segnata: una sottile ragnatela di rughe si dipana dal contorno degli occhi, le mani sono un po' malferme e contratte, gli occhi sono irrequieti. Rimane sempre una donna incantevole, mormoro – Anche voi siete stupenda madre.-
Riusciamo a sussurrare di cose lievi e leggere, come il buon galateo ci ha insegnato, prima che arrivi il momento, scandito dal suono di una pendola antica, posta al centro dell'aula.

Dodici rintocchi della pendola, sembrano essere un canto funebre intonato da anziane signore campagnole. Stanno cantando il loro requiem padre. Per te.


Dong.
Kyrie eleison
, Christe, eleison,Kyrie eleison.
Dong.
Tuba mirum spargens sonum per sepulchra regionum, coget omnes ante thronum.

Dong.
Mors stupebit et natura, cum resurget creatura, judicanti responsura.

Dong.
Liber scriptus proferetur, in quo totum continetur, unde mundus judicetur.

Dong.
Judex ergo cum sedebit, quidquid latet apparebit, nil inultum remanebi
t.
Dong.
Quid sum miser tunc dicturus, quem patronum rogaturus, cum vix justus sit securus?
Dong.
Rex tremendae maiestatis,qui salvandos salvas gratis.
Dong.

S
alva me, fons pietatis.
Dong.
Lacrimosa dies illa,qua resurget ex favilla judicandus homo reus.

Dong.
Huic ergo parce, Deus.

Dong.
Pie Jesu Domine, dona eis requiem! Amen!

Dong.
*


Entri al termine dei rintocchi, non so se fu un effetto voluto o meno. Ho già i brividi sulla pelle e le lacrime che mi solleticano gli occhi.
Indossi , come me, una tunica logora e zozza. Il tuo portamento non ha risentito di Azkaban: sembra quasi che tu stia camminando al ministero, accanto a Cornelius Caramel, o in un campo di battaglia alla destra dell'Oscuro Signore.Il tuo viso non tradisce paura o emozione alcuna, sei, come sempre impassibile. Sento mia madre, al mio fianco tremare, ma non piange.
I tuoi lunghi capelli, che solitamente erano raccolti in un ordinata coda, piovono lisci e disordinati sulle spalle, come una levigata cascata d'oro chiaro. Guardi mia madre. I tuoi occhi grigi si allargano per un attimo in un'espressione addolcita. Cerchi di rallentare il passo, ma gli Auror non te lo permettono.
Le lacrime stanno per fiottarmi dagli occhi, malgrado io stia cercando di ricacciarle indietro. La tua voce, dopo molti mesi, giunge alle mie orecchie come miele dolcissimo – Ricomponiti figlio. Ricordati che sei un Malfoy.- Lo dice con una voce che vorrebbe essere strascicata, ma che risulta emozionata, quasi tremante.

Mi emoziono ancora di più.

Ti fanno sedere in malo modo sulla seggiola e ti incatenano mani e piedi. Mi giro verso mia madre. Piange. Trasparenti gocce di acqua salata colano dai suoi occhi azzurri. Io distolgo lo sguardo e osservo le piastrelle dozzinali che ricoprono il pavimento. Un singhiozzo, ancora lei. Stringo i denti e ributto indietro le lacrime. Entra l'emissario del ministero che legge la tua condanna, con voce solenne e tonante, quasi come volesse farsi sentire dall'intera prigione.
Finisce troppo in fretta,
il bastardo.

Inizia a far freddo. Troppo freddo. Inizio a ricordarmi le cose avvenute sotto la dittatura dell'Oscuro Signore. Rabbrividisco. I Dissennatori sono arrivati.

Sono in due. Molto alti e longilinei, non che si possa evincere molto delle loro caratteristiche fisiche, coperti come sono dal lungo manto nero. Un cappuccio scuro impedisce la vista dei loro, se così li possiamo chiamare, volti. Poco importa, tanto tra poco li scopriranno, per ammazzarti. Mentre formulo questo pensiero, più doloroso di mille Cruciatus, noto la mano di uno di loro. Trattengo a stento un conato di vomito. È putrida, come se fosse stata immersa troppo tempo nell'acqua. La mano è scheletrica e la pelle bianchiccia pende dalle dita, come se fosse troppa. Mi ricorda in un certo senso la Mano della Gloria, ma è anche peggio. Più disgustosa, più di tutto.
Mi è impossibile staccare lo sguardo da essa, fino a che i Dissennatori si muovono e si dirigono verso mio padre. Ci sono dei rulli di tamburo, che risuonano sinistri in tutta la sala, proprio come nelle esecuzioni del 1700. Molto d'effetto, senza dubbio, come se questo fosse un fottuto bello spettacolino.
I due Dissennatori si avvicinano, ma solo uno si sporge verso Lucius. Cazzo, non posso credere che stia succedendo davvero.
Il Dissennatore alza le sue mani umidicce e putride verso il cappuccio e cerca di calarselo. Cerca perchè io, disgustato da ciò che accade, cerco di correre verso mio padre, in un pallido e patetico tentativo di salvarlo. Due mani forti mi fermano, è l'Auror che mi ha accompagnato qui. Sia, tu, maledetto.
Il Dissennatore, emettendo un rantolo un poco infastidito, risucchia ancora una volta l'aria e si abbassa il cappuccio.
Le orbite dove gli occhi di un umano avrebbero dovuto scintillare, erano vuote. Sopra di loro è tesa una pelle grigiastra, butterata, come fosse stata stesa dozzinalmente da un artista cieco ed incapace.
Emette un altro rantolo. E solo allora mi accorgo della mostruosità della bocca. Sul viso di quell'essere senza occhi e senza naso, campeggia centrale una bocca, che assomiglia più a delle fauci di una fiera. Deforme e senza labbra: un abominio, come tutto il resto del corpo del suo possessore.
Mia madre oramai piange incontrollabilmente. Io tremo, le gambe sono molli. Fortunatamente sono sorretto dalle amorevoli braccia dell'Auror, che mi stritolano i bicipiti, oramai smunti e privi di muscolo, come tutto il resto del mio corpo.
Guardo mio padre un'ultima volta. I suoi occhi grigi volano dai miei a quelli di mia madre. La sua espressione non la dimenticherò mai: un animale braccato. Questo era Lucius Abraxas Malfoy poco prima di essere Baciato.
Un'occhiata lunga e vedo le sue labbra muoversi mimando delle parole, mentre una lacrima solitaria rotola dai suoi occhi, mai così grandi e così grigi.

Vi amo-

Erano state le sue ultime parole di uomo, le sue ultime parole per noi. Cristo. Mio padre sta per lasciarci soli ed io non posso fare niente: non mi sono mai sentito inetto ed inutile come in questo momento.
Le mani appiccicose ti cingono in volto, quasi materne, quasi dolci. Sento un altro rantolo mentre si avvicina famelico alla tua bocca. È quasi completamente chinato su di te, ma per uno scherzo del fato riesco a vedere alla perfezione cosa sta succedendo.
Le sue fauci sono sulla tua bocca. Non ti muovi, padre. Stai fermo, in dignitosa attesa del tuo destino. Mentre inizia a risucchiarti l'anima fa ancora più freddo, sia fuori che dentro di me. Prima una, poi due o tre lacrime, tapine, rotolano dai tuoi occhi, che poco alla volta diventano meno vigili e meno scaltri. Sono vacui. Quando si scosta da te non ci sei più.
Il tuo volto è assente, gli occhi vuoti, l'espressione del tuo viso ottusa e scomposta. Anche il tuo corpo si accascia su se stesso, sostenuto solamente dalle cinghie che ancora ti legano gli arti. Riporto il mio sguardo sul tuo volto. Un rivolo di bava ti cola dalla bocca, lasciata molle e semiaperta.
Tu non ci sei più, tutto quello che vedo ne è la conferma. Ti hanno portato via l'anima ed è rimasto di te solo un vuoto recipiente inutilizzabile.
Hanno portato via l'anima a te padre, ma ora, se ancora puoi, spiegami perchè
sono io quello che si sente svuotato di ogni sentimento, svuotato dalla sua essenza, senza un'identità e una speranza a cui aggrapparsi. Non mi sono mai sentito così: fragile.
Hanno Baciato te padre, ma credo che, proprio per questo,
l'anima, l'abbiano portata via anche a me.





-Fine-












* Questi versi che ho introdotto nella narrazione sono tratti dalla Messa da Requiem di Mozart. Vi metto la traduzione. Sicuramente la maggior parte di voi avrà sentito la parte più celebre, che è il Dies Irae (http://www.youtube.com/watch?v=jDbMzp86tOc 
vi metto il link dell'esecuzione stupenda e commovente diToscanini). Ho messo diversi spezzoni tratti da parti diverse della Messa. Spero vi piaccia l'accostamento!


Kyrie
Signore pietà,
Cristo pietà,
Signore pietà.

Tuba mirum
Una tromba che diffonde un suono meraviglioso
nei sepolcri di tutto il mondo,
chiamerà tutti davanti al trono.
La morte e la natura stupiranno,
quando la creatura risorgerà,
per rispondere al giudice.
Verrà aperto il libro,
nel quale tutto è contenuto,
in base al quale il mondo sarà giudicato.
Non appena il giudice sarà seduto,
apparirà ciò che è nascosto,
nulla resterà ingiudicato.
E io che sono misero che dirò,
chi chiamerò in mia difesa,
se a mala pena il giusto è tranquillo?

Rex tremendae
Re di tremenda maestà,
tu che salvi per tua grazia,
salva me, o fonte di pietà.


Lacrimosa
Giorno di lacrime, quel giorno,
quando risorgerà dal fuoco
l'uomo reo per essere giudicato.
Ma tu risparmialo, o Dio.
Pietoso Signore Gesù,
dona loro requiem!
Amen!











Note: per me è stato veramente difficile riuscire a scrivere questo pezzo. Narrare in prima persona maschile e per giunta al presente, non è molto nelle mie corde. Poi l'argomento non è uno dei più semplici da trattare, spinoso come pochi. Nonostante ciò, spero vi piaccia. Commenti, critiche e saluti sono sempre ben accetti qui... alla prossima.

  
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