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Autore: Screec_94_    09/12/2011    6 recensioni
Si, erano stati a letto insieme qualche volta, ma niente di serio, o almeno così pensava la detective.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lanie Parish | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Falling (prologo)

Salve a tutti! Oggi inizio a pubblicare un progetto a cui sto lavorando da un po' e che spero di riuscire a portare a termine senza stravolgere la mia idea di partenza, prima di iniziare volevo ringraziare 1rebeccam,  per il prezioso aiuto che mi ha dato e che continua a darmi, e samek che, come sempre, mi incoraggia e sprona a portare avanti nuove idee. Detto questo passiamo alla storia. 
E' ambientata in un periodo non ben definito, ma sicuramente dopo i primi episodi della quarta stagione, a cui però non ci sono riferenze dirette.
Alternerò un capitolo nel "presente" ad uno nel "passato", in modo da portare avanti la storia parallelamente e chiarire alcune situazioni. 
Ovviamente Castle non mi appartine, altrimenti non mi metterei di certo a scrivere fanfiction.

Ok, ho finito, quindi vi lascio alla storia. Buona lettura!

Falling

Prologo


Si, erano stati a letto insieme qualche volta, ma niente di serio, o almeno così pensava la detective. Era stato in quei momenti in cui aveva bisogno di sentirsi amata, di capire che erano rimasti vivi entrambi, che era successo.

Ne avevano mai parlato? No. D'altronde non avevano mai parlato di molte cose che erano successe tra di loro.

Voleva parlarne? No, era più semplice così.

Era come un tacito accordo tra di loro, si comportavano come se niente fosse mai successo, o almeno lei faceva così, non poteva dire lo stesso per lo scrittore, che più volte aveva cercato di portare il loro rapporto ad un livello più alto, ottenendo un pugno di mosche; non che lei non lo volesse, solo che era più forte di lei, quando le cose si complicavano, scappava.

Certo, non andava a genio neanche a lei questa situazione di amanti occasionali, ma aveva bisogno di lui; magari se avesse avuto meno paura non si sarebbe ritrovata in una situazione come quella in cui era ora.


Odiava le sale d'attesa, forse per via dell'aria triste delle persone che aspettavano, o dei poster che illustravano i pericoli di alcune malattie o il contatto con alcune sostanze, o forse per il semplice fatto di dover stare lì, seduta, ad aspettare che accada qualcosa, ma quel giorno nessuno di questi motivi era quello reale; le persone che aspettavano erano felici, quasi tutte avevano dei bei sorrisi stampati in faccia o chiacchieravano allegramente con la persona al loro fianco, tutti tranne lei; lei non sorrideva e non aveva nessuno con cui parlare, aspettava il suo turno in disparte, tentando di resistere alla vocina dentro la sua testa che le diceva di alzarsi e uscire da quel posto. Continuava a ripetersi che era l'unica soluzione, la sua unica possibilità e che doveva farlo, ma in verità sapeva bene che non era così, che avrebbe potuto escogitare un altro piano, che aveva altre opzioni; certo, avrebbe dovuto rinunciare a una parte della sua vita, ma così non stava facendo lo stesso? Avrebbe potuto trovare un altro lavoro, persino cambiare città, ma ciò avrebbe significato perdere i suoi amici, che negli ultimi anni erano diventati come una famiglia per lei. Finalmente l'infermiera chiamò il suo nome ed entrò nella sala d'esame.

   
 
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