La
tela del ragno
Lo sento, come se fosse qui, accanto a me.
Come se mi stringesse il braccio per trascinarmi via. Non fa male, chi lo pensa è un codardo. Lui chiama, semplicemente.
E’ bello il marchio sopra il mio braccio, sembra
vivo. Lo sento, come una creatura viva dentro di me. Il simbolo che ci lega a
lui indissolubilmente. Rodulphus sembra così tranquillo, al contrario di me,
resta calmo, immobile, con la sua sigaretta fra le dita.
- Dobbiamo andare. -
- Lo so. – è la sua laconica risposta. Spegne la sua
sigaretta e viene via con me.
***
Al suo cospetto in questa sala buia, senza contorni; come poco tempo fa. Rodulphus mi lascia la mano e mi precede andando a baciare la veste dell’Oscuro Signore. Mentre aspetto di rendergli omaggio vedo volti conosciuti, semi-coperti dal cappuccio, mi circondano. Mi inchino e a mia volta bacio la veste al mio Padrone, mi rialzo lentamente, non fa alcun cenno, come se la sala fosse vuota, come se Lui stesso non fosse qui.
Poi improvvisamente la sua voce, lontana e potente.
Una missione, la prima per me. Vuole che sia versato
del sangue per attirare l’attenzione degli auror e del Ministero, infimo sangue
babbano, impuro. Devono sapere, devono finalmente capire a cosa miriamo.
Cala ancora il silenzio. Sola. Poterò a termine
questo compito da sola.
Ci inchiniamo e Rodulphus mi prende nuovamente la
mano mentre ci Smaterializziamo.
Dovrei essere tranquilla, ma non riesco a non
pensare, la mia mente macina senza sosta. Lui ha già ucciso, ha sentito la
sensazione della vita che scivola via, per questo starà con me. L’allieva e il
suo maestro.
Ho provato a chiedergli qualche volta cosa si prova,
invano.
- Avrai tutto il tempo per scoprirlo. – la sua unica
risposta.
Intanto la sala, i volti, Lui: tutto scivola via in
un vortice.
Sono impaziente, ora come non mai.
***
Londra è opprimente e buia. La luna è alta nel cielo
nebbioso, ma non abbastanza per scaldare i nostri mantelli.
Questa città è un formicaio di babbani; creature e
sciocche per le quali abbiamo dovuto nasconderci, fingere di non esistere. Sono
così deboli… qualcuno dice che i loro piccoli tentativi di dominare il mondo
senza la magia sono ammirevoli. Io li trovo semplicemente patetici. Noi un
giorno regneremo su di loro, e quel momento si fa sempre più vicino.
Diventeranno i nostri servi, o forse li stermineremo.
Passeggiamo senza meta. Non abbiamo bisogno di
scegliere, una vittima vale l’altra per noi. Strade e vicoli sembrano
abbandonati. Mentre continuiamo a camminare Rodulphus mi indica un uomo poco
lontano. Cammina solo nella via poco illuminata, basterà questo a scatenare un
po’ di terrore, questo è un gioco, è quasi troppo facile.
Mi avvicino sfoderando la bacchetta, nemmeno si
accorge della mia presenza, in parte perché l’ombra delle case mi nasconde,
anche se, ubriaco com’è, con tutta probabilità non mi noterebbe nemmeno se gli
comparissi di fronte. Quando si accorge di me accenna quello che vorrebbe
essere una specie di sorriso, in realtà è una smorfia grottesca.
- Immobilus! -
Fermo come una statua, ora mi guarda negli occhi, è
piuttosto sorpreso. Non ha la benchè minima idea di ciò che accadrà. E’ alla
mia mercè. Sono come il ragno che tesse pazientemente la sua tela, e lui
l’improvvida mosca che si lascia acchiappare. E’ una strana sensazione,
possedere una vita, giocarci. Se mai c’è stato un dio a creare il mondo ora mi
sento come lui. Ma la vera onnipotenza è qualcosa d’altro, qualcosa di più.
- Imperius! -
ora si muove su è giù seguendo il moto della mia
bacchetta che oscilla. Sembra una marionetta condotta da fili invisibili; ecco
il potere vero, una dolce ebbrezza.
Una volta a Hogwarts ci spiegarono il funzionamento
delle Maledizioni Senza Perdono, di come potessero rendere succubi la mente e
la volontà umana, il motivo per cui fossero illegali, e il perché fosse
sbagliato usarle. Ancora giovane e ingenua ne rimasi affascinata, io avevo
compreso veramente, non loro. Non avevano idea, non potevano immaginare cosa si
provasse. Le sperimenterò tutte, una per
una.
Ma giocare è stancante, quando non si è più bambini.
- Crucio! -
Ha tentato di urlare, ma la sua voce è presto
diventata esile, e si è strozzata nella sua gola; è come se i cavi che prima lo
sorreggevano e lo guidavano ora lo stritolino, lentamente,
inesorabilmente. Ora sono i suoi occhi
a parlarmi, gridano pietà, muti. Mi sta chiedendo di smettere.
Perché?
Perché dovrei?
Non sono mai stata così viva, e così forte. Lui è
così inerme, aumenta solo la mia voglia di colpirlo a morte.
- Avada Kedavra! -
E il corpo si affloscia e giace, morto. Agli auror
basterà questo, ma non ai babbani, troppo increduli. Prendo il coltello che
avevo con me e mi avvicino a quel sudicio corpo grondante di sudore freddo. Ha
avuto paura prima di morire, forse proprio questo lo avrebbe ucciso prima di
me; ora però non ha alcuna importanza. Con mano tremante gli recido la gola e
il sangue sgorga caldo, morbido.
Gli occhi vuoti continuano ad osservarmi; sembrano
chiedere qualcosa. Nonostante il fastidio che provo a vederli lì, quasi fossero
ancora vivi, pieni di rimprovero, li lascio aperti, così potrà osservare allo
stesso modo chi accorrerà qui, e fargli sapere come ne è stato.
La lama riflette la mia immagine, non c’è più
timore, curiosità o impazienza; vedo forza, ferocia, esattamente ciò che
volevo. Ora sono una Mangiamorte. Odio quel cadavere, se non fosse per la
presenza di Rodulphus continuerei a colpirlo senza sosta.
Si avvicina e mi toglie l’arma, mi scosta i capelli
e sorride, sembra fiero di me. Mi riprende la mano spruzzata di rosso e me la
stringe, Londra è già lontana, dimenticata dietro di noi.