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Autore: darkronin    10/12/2011    4 recensioni
Abbiamo sempre solo immaginato cosa possa aver pensato il Re dei Goblin di tutta l'avventura che vede Sarah protagonista nel risolvere il labirinto.
Ho voluto tentare di rendere concrete tutte le sfacettature e allusioni che lui -e gli altri personaggi- mostrano di questo mondo all'interno della storia originale.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tela di diamante'
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8. Anelli, circolarità e deja-vù



Allibito, Jareth la vide gettare via il prezioso anellino.

Era una sconsiderata! L'anello che ne designava l'identità e appartenenza, doppiamente importante perché donatole dalla madre;l'anello della saggezza, l'anello che conciliava gli opposti, come il nastro di Moebius spiraliforme che lui portava al collo. Era il più potente tra i talismani. E lei l'aveva gettato al vento, come pagamento a quel vecchio scemo! Schioccò le dita e comparve nella piazzetta in cui, fino a poco prima, era stata la ragazza, insieme al nano.

Tu...” sibilò al copricapo “Dammi quell'anello!”

Ma...ma...” balbettò quello terrorizzato cercando di scuotere il saggio “Vecchio citrullo, svegliati!”

Lascialo dormire..ti propongo solo uno scambio... lo sai che del tuo re ti puoi fidare!” gli disse sorridente “Io ti do una gemma di pari valore ma in cambio mi permetterai di riavere quell'anello d'oro con un topazio ocra incastonato*.”

Ehh.....” Il cappello esitò, incerto sul da farsi “Tanto il vecchio, qui, dormiva, non sa nemmeno se l'han pagato. Ma mi assicuri che vale come l'altro?” domandò scettico “Sai, sono io che mando avanti la baracca qui...se non fosse per me questo vecchio pazzo sarebbe già morto di fame”

Jareth materializzò dal nulla una perla grigia “E' molto rara...viene direttamente dall'Isola...” Il cappello spalancò gli occhi estasiato ma subito tornò a ricomporsi “E perché mai Sua Maestà dovrebbe pagare un prezzo doppio per un anellino? Cos'ha di tanto particolare,eh?” domandò insolente e curioso

Senti piumino...” ringhiò a quel punto il mago “Ti ho proposto un affare e ancora avanzi pretese?”

No no no, certo che no, Vostra Maestà...”disse accennando un inchino “Prego, si serva pure...” disse allungando la cassetta

L'anello incriminato saltò subito sul palmo del Re che, al suo posto, versò la perla.

Ti ringrazio...” disse Jareth scomparendo

Qui sono tutti, uno dopo l'altro, più idioti di quello che sembra...e già...” commentò sarcastico il cappello, lieto dell'affare.


Nuovamente nelle sue stanze, Jareth ripose con molta cura l'anello all'interno di una sfera ovattata che nascose all'interno di uno scrigno: un giorno avrebbe trovato il modo di renderglielo. Campionessa o perdente era suo di diritto. Non c'entrava nulla con quello strano languore che aveva preso ad attanagliargli la bocca dello stomaco. Sospirò. Quella cretina! Sì, certo, si era liberata del giogo e del vincolo che pesavano su quell'anello. Ma quante altre cose aveva ceduto? La sua essenza ora era totalmente libera. Non aveva più amuleti che la trattenessero o che la difendessero. Prima il bracciale, ora l'anello: sarebbe stata al sicuro finché fosse stata all'interno delle mura ma, appena le avesse oltrepassate, sarebbe stata preda di tutte le creature selvagge che popolavano l'Underground. Lo fissò. Era un bell'anello. E lei lo indossava correttamente, una delle poche cose che faceva giuste: al dito medio della mano destra, la mano del sole, come si confaceva alle persone prudenti, intelligenti, affidabili e pazienti, più portate all'istinto che alla logica. Sorrise: quella, la logica, non sapeva nemmeno dove stesse di casa. Per quanto fosse un semplice ricordo, a lei piaceva indossarlo: probabilmente l'avrebbe scelto uguale se avesse dovuto scegliersi un anello. In oro, da persona altruista e solare. Con una pietra rossastra, tipico delle persone dal temperamento grintoso ma volitivo, pronte a combattere per il gusto della sfida ma mai pronte ad affrontare di petto le situazioni spinose per risolverle, che tendono a non lasciarsi sopraffare dai sentimenti e che temono di perdere il controllo. Si, Sarah era tutto questo. Ed era un bel problema.


Sarah si era ricordata di una teoria, un procedimento logico, per risolvere il labirinto. Si stava sforzando di ricordare quale fosse ma la sua capacità mnemonica era sempre stata tutta dedicata solo alle storie e alle fantasie: lei e la logica non andavano molto d'accordo. E, a quanto pareva, nemmeno la propria lingua madre era un terreno sicuro. Si ricordava, solo vagamente, che doveva riguardare l'uso della mano. Forse era la destra** ma non ne era sicura. In ogni caso, giunti al punto in cui erano, saltando un pezzo, anche se sene fosse ricordata, avrebbe rischiato di tornare al punto di partenza senza l'aiuto di nessun nano imbroglione. E forse, rimuginò ancora, una regola valida nel mondo umano, lì poteva non trovare alcuna applicazione. Si accigliò, accantonando il pensiero.

E un altro, quello di star camminando ormai da almeno una mezza dozzina di ore, tornò prepotente a farsi sentire tramite i crampi alle gambe e il brontolio allo stomaco. Non aveva nemmeno cenato prima di desiderare che il fratello fosse rapito. Si diede della stupida: ormai il danno era fatto! Aveva all'incirca altre cinque ore a disposizione. Si disse che non importava: quando leggeva, recitava o era semplicemente immersa in qualcosa di coinvolgente il tempo passava senza che sentisse l'esigenza di andare in bagno o di mangiare. Le succedeva anche quando andava a scuola, spesso arrivava al pomeriggio senza mangiare e fitte improvvise la avvertivano che non aveva ancora messo nulla sotto i denti. Ma le gambe: non era abituata a camminare così tante ore continuativamente. Anche se doveva certamente essere meglio quello rispetto allo stare in piedi tutto il giorno come le commesse o i soldati. Non poteva certo lamentarsi: lei aveva anche avuto modo di riposare, nella cella buia e umida. Prima di doversi mettere a correre per salvarsi la pelle.

Maledisse mentalmente il dannato mago.

Perché hai detto che eravamo amici?” Hoggle, che trottava dietro di lei per tenerne il passo, interruppe i suoi pensieri

Perché lo sei...” rispose cordiale, puntellando lo sguardo su un'increspatura nel terreno: aveva qualcosa di strano e non capiva cosa “...Non sarai il migliore, ma sei il solo che ho qui...”

Quella risposta, che non era un complimento, gonfiò il nano di orgoglio e le concesse tempo prezioso per capire cosa non andava nell'acciottolato, senza fermarsi a osservarlo e perdendo tempo.

Poi ebbe un'illuminazione. Si voltò e osservò il pavimento ormai alle sue spalle. E sì: lì c'era lui, la sua effige. Si era domandata come mai non ci fossero statue del re ed eccole servita la risposta: la sua immagine era impressa ovunque nel labirinto. Per terra, sui muri, tra le piante: bisognava saper guardare bene, come il passaggio da un livello all'altro che le aveva mostrato Monsieur le Ver. Nascosto in un un gioco di luci ed ombre ecco che quel volto arrogante e sprezzante faceva capolino quando meno se lo aspettava. Sembrava quasi seguirla, spiarla. Da lui e da quel regno ci si poteva, decisamente, aspettare di tutto.

D'un tratto un ruggito lamentoso li fece sobbalzare e la distolse da quei pensieri.

Addio!” disse Hoggle battendo immediatamente in ritirata

Aspetta!” gridò Sarah mentre il nano già tagliava la corda. D'accordo aver paura, ma sarebbe arrivato ad abbandonarla? “Sei mio amico o no?” disse aggrappandosi al suo braccio, trattenendolo.

No, Hoggle non è amico di nessuno!” rispose lui divincolandosi dalla sua stretta “Pensa solo a se stesso, come tutti!” in un rantolo esasperato riuscì a liberarsi, quindi concluse “Hoggle è amico solo di Hoggle!” Detto ciò, girò sui tacchi e scomparve alla vista della ragazza, svoltando al primo angolo.

Vigliacco!” gli gridò dietro Sarah, sperando di farlo sentire in colpa.

Una volta sola, si guardò attorno, sconsolata. Era rimasta profondamente ferita da quel comportamento e, anche se non c'era nessuno a cui dovesse mostrarsi forte, mantenne il sangue freddo, cacciando le lacrime. L'ennesimo tradimento del nano le aveva forzato il ricordo di altri abbandoni già vissuti: le sembrava che la sua vita fosse un circolo infinito che, a intervalli regolari, le riproponeva moduli di esperienze dolorose che non riusciva a risolvere positivamente. Tutto ciò si andava ad ammonticchiare creando un'armatura di diffidenza e disillusione che, al contempo, la rendeva più fragile e insicura. Si odiava quando si lasciava prendere così dallo sconforto, addossando la colpa agli altri. Le sembrava di affogare in un mare nero di cattiveria pura.

D'altronde...” si disse ricordando quello di cui aveva appena preso consapevolezza. E' così che va. “Sono stata davvero stupida...Sono io che avevo decretato la mia disponibilità all'amicizia nei suoi confronti...solo io mi fidavo di lui, in qualche modo. Lui non ha mai detto il contrario, anzi...Ha ammesso di non essere mai stato amico di nessuno, prima. Vuol dire che nessuno si era mai fidato di lui e viceversa?” Quel pensiero la depresse più del tradimento appena subito e, per evitare di abbattersi del tutto, lo cacciò dalla mente. Il ruggito riecheggiò ancora nei giardini e lei si decise a scoprire cosa -o chi- fosse a procurarlo

Io non ho paura!” disse, cercando di darsi coraggio “Le cose non sono come sembrano, qui!” ricordò a voce alta, ancora una volta, le parole di Monsieur le Ver. Se mai avesse avuto l'occasione di incontrarlo di nuovo, doveva pensare a un modo per sdebitarsi e mostrargli tutta la sua gratitudine: i suoi erano stati i consigli più preziosi. Anzi. Erano stati gli unici consigli che aveva ricevuto.

Girò l'angolo di una siepe e si trovò in uno spazio vuoto a ridosso di una cinta muraria. Dalla costruzione si diramava l'estrusione di un albero simile a un melo. Appeso ai suoi rami a testa in giù, penzolava un bestione peloso e cornuto che ruggiva disperato. Se non fosse stato per la colorazione fulva del mantello e per le corna rivolte verso il ventre, Sarah l'avrebbe identificato immediatamente con un Night-Troll. Persa nella sua identificazione non si era domandata come fosse finito in quella strana posizione: forse era incappato in una trappola destinata a lei?

Rabbrividì al pensiero vedendo un drappello di Goblin corazzati scagliarsi contro la creatura, armati di strani bastoni. Si domandò come mai, ammesso che fosse una creatura del regno e non un altro intruso, i Goblin lo attaccassero. Forse, pensò, effettivamente non era come poteva sembrare. Accantonò la curiosità quando la sua attenzione si fu focalizzata sui bastoni: sulla cima di ciascuno stava appollaiato, tenendosi saldamente ancorato con lunghi artigli ricurvi, una specie di camaleonte rosa gigante, privo di coda ma dotato, in compenso, di denti degni dei più famelici dei piranha. Tenevano gli occhi serrati, quasi fossero accecati dalla luce del sole. I Goblin li usavano per torturare la creatura, facendo in modo che quei cosi disgustosi andassero a mordere, seguendo un istinto atavico, e parti più sensibili e morbide della creatura: collo, ventre, inguine, occhi...

Se trovassi qualcosa da lanciare...” borbottò Sarah in pena, distogliendo lo sguardo per l'angoscia e per la necessità di trovare una soluzione.

Si avvide di una pietra ai suoi piedi. La prese senza pensarci e senza esitazione la lanciò verso il Goblin più vicino colpendolo sull'elmo, che prese a girare su se stesso, oscurando la visuale al malcapitato.

Esaltata da una prima vittoria, si chinò in cerca di qualcos'altro e vide che la stessa pietra di prima era tornata a posizionarsi ai suoi piedi ed ebbe come un deja-vù***. La lanciò nuovamente e, ancora una volta, il tiro andò a segno. I Goblin, confusi, cominciarono ad andare a sbattere tra di loro, abbassando le armi nel tentativo di liberarsi degli impedimenti. Ma le estremità dentate continuarono, secondo la loro natura, a mordicchiare tutto quello che capitava a tiro, ferendo altri Goblin che ripetevano lo stesso errore in una reazione a catena infinita. Mordendosi accidentalmente a vicenda e temendo di essere finiti sotto l'attacco di chissà quale esercito nemico, finirono per allontanarsi tra loro e dal luogo della tortura.

Sarah approfittò del momento di tregua e corse dalla creatura che sbraitava a pieni polmoni nel disperato tentativo di liberarsi.

Ora smettila!” intimò la ragazza, catturandone l'attenzione “E' questo il modo di trattare chi cerca di aiutarti? Non vuoi che ti tiri giù?” chiese mettendosi sottosopra per riuscire a guardarlo bene.

Ludo Giù!” piagnucolò allora quello.

Sembri tanto un caro bestione...”Aveva tutta l'aria di essere un cucciolo un po' troppo cresciuto e molto affabile. Forse troppo se, come sospettava, non aveva nemmeno cercato di difendersi dall'agguato dei Goblin. Forse, creature gentili come quella erano i bersagli prediletti di quelle schifose creature. “Spero proprio che tu sia come sembri...” mugugnò tra sé: se aveva l'impressione che fosse buono, forse non lo era, anche se inizialmente aveva anche pensato che fosse aggressivo... tutto quel pensare al complicato gioco cosa potesse essere realmente ciascuna cosa cominciava a confonderla. Le sembrava quasi di dover guardare il riflesso di uno specchio che si riproduceva all'infinito su due superfici contrapposte.

Lo liberò rapidamente dal cordame ma si rese conto, troppo tardi, presa com'era dalla foga, di non poter far nulla per attutirgli l'atterraggio. “Mi dispiace!” si scusò prontamente. Ora avrebbe saputo se quella creatura era così magnanima da perdonarla o così terribile da mangiarsela in un boccone. In ogni caso, farla cadere così malamente al suolo non sarebbe mai stata vista come prova di buona volontà.

Si chinò per aiutare quella cosa, Ludo, alta più di tre metri, a rimettersi almeno seduto. Era spaventata e preoccupata, per sé e per lui. Ma non le aveva fatto ancora nulla, forse ancora stordito.

Amico?” chiese, invece, il Troll, spiazzandola. Sarah sorrise, passando rapidamente alle presentazioni. Infine, provò a chiedere anche a Ludo se, per caso, sapesse come raggiungere il castello al centro del labirinto. Quello ci pensò un po' e sembrava quasi avere la soluzione. Ma alla fine la risposta fu un “No” sconsolato.

Neanche tu lo sai, eh? C'è qualcuno che sa come attraversarlo?” sbottò esasperata e arrabbiata, più con se stessa e con quel re infingardo, il quale aveva la colpa di averla cacciata in quella situazione senza darle un minimo di vantaggio, che con il povero Troll bonaccione.


Poco lontano da lì, Hoggle, si aggirava ancora tra le siepi dei dintorni nel tentativo di ritornare alle sue mansioni. Era a dir poco furibondo. “Superare il labirinto...” continuava a ripetere infastidito, facendo il verso alla povera ragazza. “Una cosa è sicura!” sentenziò “Lei non supererà mai il labirinto. Testa Dura!”

Jareth, dall'altra parte della sfera, si accigliò: aveva rischiato davvero grosso a mandare quello stupido nano in aiuto di Sarah. Aveva dimenticato un particolare fondamentale: quello non era solo la prima creatura incontrata dalla ragazza. Era anche il giardiniere reale e, quindi, conosceva ogni strada, ogni pertugio di quel posto. E sapeva, anche, che il labirinto non era pienamente risolvibile. Certo, si poteva arrivare al castello ma...di per sé aveva una sola apertura: nessuna uscita, come i dimenticatoi. Se Sarah fosse riuscita, inavvertitamente, da sola, a trovare l'unico accesso per il castello o a scappare dal labirinto, in modo da aggirare il dedalo e raggiungere la fortezza dall'esterno, esso non rappresentava comunque la soluzione, ma solo un altro meccanismo contorto dal quale era impossibile uscire. La sconfitta per i visitatori era scontata. Questo avrebbe dovuto tranquillizzarlo. Ma quel labirinto era stato creato apposta per Sarah, quindi, forse, poteva avere delle falle che solo lei poteva individuare. Il mago valutò perplesso quella possibilità: era stato sciocco a non prendere in considerazione prima un'eventualità del genere. Ma poco importava. Avrebbe escogitato qualcos'altro per tenerla lontana dal suo traguardo fino all'ora stabilita. A quel punto non ci sarebbe stato più nulla da fare. Ghignò soddisfatto e tornò a valutare il nano. Si rincuorò pensando che aveva fatto bene a non buttarlo nella palude. O che non fosse disgraziatamente perito nella fuga dagli spazzini. “Sì...” borbottò compiaciuto “...si è rivelato un servo fedele...” nonostante il bracciale. “E' ora che il bambino mangi!” Disse schioccando le dita a indirizzo dei Goblin perché si spicciassero nelle loro mansioni.

In realtà aveva diversi dubbi sul giardiniere: se non fosse stato per la sua codardia davanti a quel benedetto Night-Troll forse, a quell'ora, poteva averle già rivelato l'inutilità di tanto accanimento e forse anche la soluzione? “Poi vedrò il da farsi”

Una volta che il marmocchio ebbe mangiato a sazietà si prese del tempo per osservarlo. Ormai mancavano solo poco più di quattro ore e lui doveva cominciare a pensare a un nome da dargli “E' un tipetto vivace... Lo chiamerò Jareth” decise. Sì. Il suo nome, il nome di colui che sarebbe stato il suo erede “Ha anche i miei occhi” osservò. Biondo e con gli occhi azzurri. Poteva davvero spacciarlo per figlio suo.


Sarah, nel frattempo, aveva notato come, all'improvviso, sotto l'albero dove era stato appeso Ludo, fossero comparse due porte, ciascuna con l'effige di un orchetto cornuto: uno paffuto e barbuto, con un anello che collegava tra loro le due orecchie; l'altro, apparentemente più magro, con folti capelli ricciuti e grosso naso adunco recava un anello in bocca. Sarah scoprì presto che i due anelli, che fungevano da battacchi, impedivano al primo di sentire correttamente e al secondo di parlare. La ragazza scelse di liberare quello che le pareva potesse essere il più facile e, per lui, meno dannoso. Capito come passare oltre, riuscì a riposizionare il ferro con l'astuzia, bussò e passò oltre.

Al di qua non sembrava che, oltre quelle porte, potesse nascondersi un giardino tanto meraviglioso e selvaggio allo stesso tempo. Sarah si incamminò incantata e Ludo, recalcitrante, la seguì con circospezione. Come entrambi ebbero varcato la soglia, la porta si chiuse plumbea alle loro spalle.

Ludo, paura!” protestò il bestione mentre la ragazza si addentrava sempre più in profondità nella folta vegetazione

Su, dammi la mano...” disse nel tentativo di calmarlo e infondergli coraggio. Era proprio paradossale che un Troll grande e grosso come lui avesse paura. Ma visti i precedenti, non se ne stupiva nemmeno più di tanto. “Vedi, Ludo?” disse dopo un po' lasciando la presa e allargando le braccia come a voler accogliere a sé tutto il paesaggio “Non c'è nulla di cui aver paura...” Non ricevendo risposta, si voltò. Ludo era sparito nel nulla. Eppure era lì, fino a un istante prima. In un attimo, anche Sarah cadde in preda al panico.





* Questa è tutta una mia interpretazione, perché non si vede mai bene il colore della pietra (anche quello del metallo è dubbio, ma negli anni '80 l'oro era di moda e l'argento era out. Dunque, ho scelto il topazio per vari motivi, non avendo trovato indicazioni in Sir Shakespeare. Giusto: perché Shakespeare? Perché nel libro si dice che è il regalo della madre che a sua volta aveva recitato in Racconto d'Inverno, la parte di Ermione. Ermione: regina (!) che il marito crede fedifraga e fa condannare. Dopo una serie di vicende, in cui viene anche tramutata in statua, tutto finisce bene coi due che si rappacificano.

Ma torniamo al mio Topazio: si trovano topazi incolori, giallo oro, rosa, rosso mattone, azzurro e blu. In particolare il Topazio imperiale, veniva considerata una gemma capace di vincere la follia e gli incubi notturni e nel medioevo si usava per scacciare malocchio e allontanare i fantasmi della notte. Si diceva, inoltre, che avvisasse il suo possessori di pericoli incombenti diventando torbida. (Nelle inquadrature che si hanno della mano inanellata di Sarah -al parco, quando tira fuori il libro; in camera, quando cerca di accendere la luce- sembra quasi un occhio di pernice tanto è scuro). E' sempre stato considerato la pietra legata a Giove, simbolo dell’abbondanza, della prosperità, dell’autorealizzazione e della saggezza. È la pietra dei sovrani (!). Da sempre è considerato la pietra del sole (!), portatore di luce, energia e prosperità (e, in indù, vuole dire fuoco). La leggenda dice che il topazio ha il potere di sciogliere gli incantesimi e di potenziare la vista. Gli antichi Greci pensavano che aveva il potere di aumentare la forza e rendere invisibile chi lo portava in caso di pericolo.


**Il procedimento consiste nell'appoggiare la mano destra (o la sinistra) alla parete destra del labirinto (o rispettivamente alla parete sinistra) all'entrata del labirinto, e scegliere l'unico percorso che permetta di non staccare mai la mano dalla parete scelta, fino a raggiungere una delle eventuali altre uscite, o il punto di partenza. Nel caso particolare di una sola uscita, l'algoritmo conduce a un vicolo cieco, dal quale si ritorna al punto di partenza semplicemente continuando a seguire la parete prescelta.

*** A nessuno, vedendolo anni dopo, ha notato un collegamento con la “pietra torna indietro” di Fantaghirò? :D





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Eccomi qua, inaspettatamente il sabato anziché il lunedì come minaccito. -.- non ce la facevo davvero più a resistere un paio di giorni e a lavorare e basta. Però, penso che la qualità del capitolo, scritto di getto e rivisto ben poco, non sia delle migliori. Soprattutto, non so nemmeno io se avrei dovuto dilungarmi di più nella scena dei batacchi... ma va beh.

La cosa di cui volevo parlarvi è la natura del labirinto. Come avrete notato, Jareth sostiene che non dovrebbero esserci vie d'uscita. L'idea mi è venuta un po' da un saggio sul film (che ritiene che il labirinto sia stato creato appositamente per Sarah) e dal fatto che in quel mondo nulla è come ci si aspetta che sia. Se, come accade, il concorrente raggiunge la meta, non è detto che questo sia il passo decisivo per tornare a casa. Nei labirinti, l'arrivo al centro è solo una delle tappe. Per vincere davvero, bisogna riuscire ad uscirne...e non dall'entrata.

Quindi ho ipotizzato che Jareth avesse modificato (non creato) appositamente il labirinto per Sarah, cercando di colpirla nei suoi punti deboli. Un qualunque altro abitante dell'Underground non si sarebbe fatto fregare dai passaggi mimetizzati nel muro, dalle mani amiche etc. In secondo luogo, lei raggiunge comunque il castello, ma uscendo dal labirinto, che costituisce, quindi, solo parte della sua avventura. Obiettivo è il castello, come detto nei primi capitoli. Ma una volta arrivata? Come sarebbe tornata a casa? Dalla strada dell'andata? E una volta giunta sulla collina? Non c'è alcun passaggio, in realtà. E' come se si trattasse di una porta che si può aprire solo dall'esterno. O dall'interno a patto di conoscerne la combinazione.
Ritengo quindi che per vincere, arrivare al centro fosse solo una delle condizioni. Rimaneva poi, ancora, da infrangere le comuni barriere mentali (e lei riesce lanciandosi da un piano all'altro) e da convincersi -realmente- del proprio potere all'interno di quel mondo. Fino alla scena finale, Sarah è andata a tentoni: si lancia in un tentativo disperato, ha capito la lezione ma ancora non la padroneggia consapevolmente. Solo alla fine “non hai alcun potere su di me” si rende conto che, forse, avrebbe potuto concludere l'avventura molto tempo prima e con molti meno sforzi e che una semplice battuta in un racconto contiene molte più verità di quello che aveva immaginato.

Non so se sono riuscita a farmi comprendere. In ogni caso, portate pazienza per la mia vena di follia e demenza.



Infine un ringraziamento a Giovanna e alle infinite chiacchierate notturne che mi portano un sacco di spunti e soluzioni.

Ciao!!

   
 
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