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Autore: Blityri    10/12/2011    10 recensioni
Harry Potter è morto. Hermione ha visto il suo corpo tra le braccia di Hagrid. Non ci sono più speranze. Eccetto una : tornare indietro dove tutto è cominciato per fermare Lord Voldemort.
Ma come ha detto Silente, non tutte le guerre si vincono combattendo.
Dall' ottavo capitolo :
“Ho imparato.”
“Da solo?”
“Da solo.”
“Come mai?”
“A volte sei fastidiosa Evans, lo sai?”
“Tu sempre Riddle.” Ribatté lei mentre un’ombra di sorriso illuminava il volto del ragazzo.
Hermione si ritrovò a pensare che preferiva quando lui si dimostrava insofferente nei suoi confronti, o quando sproloquiava sul suo futuro di gloria. In quei momenti era più facile ricordarsi che era un assassino e quanta morte ancora avrebbe causato. In altri momenti Tom Riddle le sembrava così vulnerabilmente umano.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Tom O. Riddle
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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“When thy little heart doth wake,
then the dreadful night shall break.”  1



Hermione batté le palpebre un paio di volte cercando di capire per cosa dovesse essere più stupita: se per il fatto che il giovane Voldemort si fosse bevuto la sua trovata o per quello che le aveva appena detto. Dopo un momento di indecisione optò per la seconda.
“Quel Grindelwald?”
“Quanti altri Grindelwald conosci?” le fece il verso.
Le sue labbra si contrassero in una smorfia che tentò invano di dissimulare. “Come?” indagò.
“Diciamo che ho i miei contatti.” Si mantenne sul vago l’altro.
Hermione annuì. “Cosa vuoi in cambio?”
“In cambio?”
“Non dai l’idea di essere uno che fa qualcosa per niente Riddle. Quindi ti ripeto la domanda, cosa vuoi in cambio?”
Il ragazzo stirò le labbra. “Io voglio quello che vuoi tu Evans, la fine di Grindelwald.”
Hermione continuava a non capire ed iniziò ad innervosirsi mentre cercava di ricordarsi anche i più minimi dettagli di Storia della Magia. Frustrata si ritrovò a scuotere la testa: in nessun libro che lei avesse letto si faceva cenno a qualche contatto tra Tom Riddle ed Gellert Grindelwald.
“Evans?”
“Mmm?”
“Sto aspettando una risposta.”
“Non capisco perché tu abbia bisogno di me. Se volessi potresti benissimo farlo da solo, oppure potresti chiedere ad uno dei tuo amici.”
Tom Riddle smise finalmente di camminare e si voltò a guardarla dritta negli occhi, costringendo anche Hermione a fermarsi. Rimasero così immobili, come sospesi, per lunghi minuti mentre sembrava che il tempo improvvisamente si dilatasse, inciampasse su se stesso.
Hermione fissò quegli occhi grigi mentre nella sua mente sentiva rimbombare una sola parola, quasi una supplica : perché?
Perché quel ragazzo sarebbe dovuto diventare Voldemort, perché avrebbe ucciso così tanti innocenti, perché aveva già ucciso il suo stesso padre? Perché.
“Sono disposto Evans a dirti la verità, ma in cambio tu devi fare una cosa.”
“Cosa?” fu il suo scontato commento.
“Pronuncia il Voto Infrangibile Evans.”le disse. “Pronuncialo e io ti dirò tutto.”
Hermione cercò di controllare ogni muscolo del suo viso mentre sentiva il battito del cuore subire un’improvvisa accelerata. Se si fosse trovata in una situazione normale, non avrebbe avuto dubbi su che cosa fare. Ma quella in cui si trovava in quel momento si discostava parecchio dalla normalità e lei non sapeva cosa fare. Per un attimo provò a riflettere su come avrebbe agito Harry, ma l’amico con ogni probabilità avrebbe gi ucciso Riddle se fosse stato al posto suo e il pensiero non l’aiutò. Doveva pronunciare il Voto Infrangibile per avvicinarsi a Riddle? Era giusto? Era prudente?
Mentre Hermione cercava di mettere ordine tra le sue priorità un’immagine le si affacciò alla memoria, o per meglio dire irruppe prepotentemente, e per un attimo le sembrò di vederli di nuovo. I cadaveri di Lupin, Tonks, Lavanda, Colin e di tutti gli altri. Erano tutti morti, lei aveva la possibilità di far si che la loro morte non fosse stata vana. Le era stata offerta la possibilità di cambiare il passato, di modificare il presente, non era lì per un vacanza. Solo in quel momento Hermione capì che era disposta a correre qualsiasi rischio, a compiere qualsiasi azione e a dire qualsiasi bugia per raggiungere il suo scopo. Avrebbe portato a termine la missione che le era stata affidata, o sarebbe morta nel tentativo. Non c’erano altre strade.
“Va bene.”
Riddle alzò un sopracciglio, quasi come fosse stupito della sua decisione, poi annuì compiaciuto.
“Abbiamo bisogno di un terzo per pronunciare il Voto però.” Gli fece notare lei.
“In realtà no.” Le rispose veloce, poi notata la sua perplessità aggiunse. “La mia versione non necessita di una terza persona, Evans.” Le spiegò sintetico.
Fantastico, ha anche una sua versione del Voto Infrangibile.
“Bene, allora quando…”
“Ora.” Disse con un tono che non ammetteva repliche, stendendo in avanti il suo braccio sinistro.
“Riddle hai sbagliat…”
“Mi sembrava di averti detto che avremmo utilizzato la mia versione Evans, o sbaglio?”
Hermione evitò di rispondergli e guardò, per un attimo esitante il braccio del ragazzo, poi con decisione allungò il suo, pronta a stringere il patto col Diavolo.
Nel momento esatto in cui la mano di Riddle strinse il polso di Hermione sottili lingue di fuoco verde iniziarono ad attorcigliarsi lungo le loro braccia, serrandole sempre di più. Un dolore acuto le trafisse il muscolo mentre si rendeva conto che l’aria aveva iniziato a vorticare intorno a loro.
Gli occhi grigi e concentrati di Riddle la fissavano intensamente. “Giuri tu, Hermione Evans di non rivelare a nessuno, vivo o morto che sia, ciò che ti dirò riguardo a Grindelwald?”
Il dolore era sempre più presente e sentì che la testa le iniziava a girare, ma si costrinse a rimanere lucida.
“Lo giuro.”
“E giuri tu, Hermione Evans, di aiutarmi in ogni possibile modo nella mia missione?” aggiunse e la sua voce le arrivò fioca, come d’un sogno.
Hermione avrebbe voluto dire di no, che non voleva affrontare nessuna missione. Non sapeva neanche di cosa stessa parlando. Voleva smetterla, andare a casa e riabbracciare i suoi genitori. Dormire e dimenticare tutto. Ma sapeva bene che l’unico modo perché i suoi desideri si avverassero era fermare Riddle e quindi, lentamente, disse “Lo giuro.”
Il ragazzo tenne fisso lo sguardo su di lei anche dopo che i verdi lacci furono scomparsi e il sibilo del vento sparito, continuò a guardarla finché Hermione non fu costretta a distogliere lo sguardo. Solo allora le lasciò la mano.
Lei respirò a pieni polmoni per cercare di calmare il dolore bruciante che provava nel punto esatto in cui la lingua di fuoco era sparita nella carne del suo braccio, cercando di non pensare alle conseguenze del suo gesto.
“La verità Riddle, ora voglio la verità.” Disse, massaggiandosi l’avambraccio sinistro.
“Lo sapevi Evans che l’anagramma di la verità è relativa ?” le rispose, quasi non avesse sentito la sua domanda. “Non esiste una sola verità, ne esistono solo delle facce. La mia verità è l’unica cosa che ti posso dare.”
“Dovrei complimentarmi con te Riddle, per questa riflessione filosofica? Come puoi portarmi da Grindelwald?”
Negli occhi del ragazzo si accese una luce divertita. “La prima volta che mi imbattei in un articolo su di lui ricordo che mi colpì molto. Tutti erano scioccati, addirittura disgustati dalle sue azioni tanto da non vedere la potenza della sua magia.” Riddle si interruppe per guardarla. “Certamente ha fatto cose terribili, terribili ma in qualche modo grandi. Si è spinto al di là di ogni confine magico. Incantesimi che neanche Silente in persona avrebbe mai il coraggio di provare.”
Hermione represse un brivido di disgusto nel sentirlo parlare così, sembrava un giovane fanatico di qualche ideologia estremista.
“Ha ucciso i miei genitori Riddle, non credi che mi possa dar fastidio sentirti parlare così di lui?”
“Ci stavo arrivando Evans, ci stavo arrivando.” La bloccò con un cenno della mano. “Ma ahimè, ha compiuto un fatale errore a mio parere. Scagliarsi contro tutti quei maghi, ucciderli addirittura. Non sono cose da fare se si vuole restare in cima.”
Hermione lentamente iniziò a capire dove il giovane Voldemort stesse andando a parare, ma tentò di rimanere impassibile.
 “Quest’estate sono riuscito a mettermi in contatto con lui…”
“Come?”
“Diciamo che tenevo d’occhio qualcuno che lo controllava.”
“Riddle, ho appena pronunciato un Voto Infrangibile nel caso non te ne fossi accorto, credo che tu possa dirmi tutto di questa storia.”
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli neri, che gli ricaddero ordinatamente sulla fronte. “Tenevo d’occhio Silente.”
Hermione annuì. “Ma se Silente sapeva dove si trovava Grindelwald perché non è andato a fermarlo lui stesso? O non ha avvertito il Ministero? Sono mesi che gli danno la caccia.”
Un’espressione di disappunto si dipinse sul volto di Tom Riddle. “Non lo so.” Ammise a denti stretti. “Non sono riuscito a capirlo.”
Se avessi un cuore Tom Riddle, l’avresti capito.
“Comunque, sono riuscito a mettermi in contatto con lui e mi ha fatto capire che era sua intenzione tornare in Inghilterra. Mi sono offerto di aiutarlo.”
“Come puoi farlo arrivare in Inghilterra? I confini non sono tutti controllati a causa della guerra?”
“Acuta osservazione Evans, infatti non sono io che lo farò arrivare qui, come potrei? Ho trovato qualcuno che lo farà per me.”
Hermione riprese a camminare senza dire niente, lasciando che il ragazzo continuasse a parlare.
“I miei Mangiamorte vengono per la maggior parte da ricche e influenti famiglie purosangue e sapevo che alcuni dei loro genitori sarebbero stati ben lieti di liberarsi della feccia babbana e Mezzosangue che infesta la loro terra.” La voce di Tom Riddle era un dilaniato ed interessante misto di invidia, sarcasmo e disprezzo. “Saranno loro a far arrivare qui Grindelwald e subito dopo gli dichiareranno la loro fedeltà.”
“Continuo a non capire a cosa ti servo io.”
Il ragazzo la guardò e nei suoi occhi c’era la serietà, e la ferocia che è della serietà. “Grinelwald ha fatto troppi errori e ormai il suo tempo è passato. In pochi lo seguiranno qui in Inghilterra, nonostante lui si ostini a non capirlo, ed è arrivato il momento che si faccia definitivamente da parte.”
“I-io credo di non capire complet…”
Il ragazzo alzò un sopracciglio, come leggermente infastidito. “Evans, mi sto quasi pentendo di averti scelto. Ti facevo più sveglia.”
Hermione lo fulminò con lo sguardo.
Il giovane Voldemort si passò una mano sul viso quasi che ne volesse scacciare la stanchezza. “Tenterò di essere più chiaro: voglio eliminare Grindelwald, Evans, ma non posso farlo da solo. Quando il momento arriverà avrò contro di me non solo tutti quelli che si sono dati da fare per preparargli un degno comitato d’accoglienza ma anche la maggior parte dei loro figli. Non sono granché brillanti, questo te lo posso concedere, ma li ho…per così dire istruiti io e la cosa non è da sottovalutare. Da solo non resisterei molto, ma con te è tutta un’altra storia. Potremmo addirittura sconfiggerli.”
Finalmente ad Hermione apparve chiaro tutto il piano di Riddle e le si congelò il sangue nelle vene.
“Tu vuoi prendere il posto di Grindelwald.” Disse più a se stessa che a lui.
“Sono felice che tu ci sia arrivata Evans.” Commentò il ragazzo sorridendo debolmente.”Anche se non è del tutto esatto. Io non voglio prendere il posto di Grindelwald, non voglio eliminare tutti i babbani né tantomeno i Mezzosangue, non voglio nemmeno instaurare un regime del terrore. Voglio rivoluzionare il mondo come noi lo conosciamo. Se riuscirò a prendere il potere non saremo più costretti a nasconderci come fossimo sudici ratti, il mondo intero potrà apprezzare, ammirare ed invidiare le nostre doti. Finalmente senza paura di essere scoperti potremmo indagare le più misteriose ed inesplorate pieghe della magia.”
Hermione si era accorta dell’aria stupita che aveva assunto il suo volto, ma non riusciva a fare niente per darsi un contegno: non poteva essere veramente il giovane Voldemort quello che le aveva appena detto che non aveva intenzione di eliminare babbani  e Mezzosangue, ci doveva essere un errore o lei doveva aver capito male.
“Non vuoi uccidere tutti i Mezzosangue e poi, finito con loro, tutti i babbani?”
Riddle la guardò colto alla sprovvista. “Non me ne fare niente della loro morte Evans, è la loro invidia e la loro adorazione che voglio.”
“E perché devi per forza coinvolgere Grindelwald?”
Questa volta Tom Riddle rise, di una risata amara. “Guardami, sono un ragazzo di diciassette anni. Credi davvero che qualcuno mi prenderebbe sul serio se reclamassi il potere del Ministro della Magia? Nessuno mi seguirà, a meno che io non dimostri prima il mio valore. Ed è quello che voglio fare, duellando con Grindelwald e sconfiggendolo.”
“Mettiamo caso che tutto va come hai detto, poi cosa succede? La tua sarebbe comunque una dittatura, in ogni caso  prenderesti il posto di Grindelwald, nessun, a parte forse i tuoi Mangiamorte e i loro parenti, reputeranno giusto quello che hai fatto. Una gran parte della popolazione magica si schiererebbe contro di te.”
Sul volto i Riddle si dipinse una specie di sorriso. “Bene e male sono solo concetti infantili Evans, io ti sto parlando di potere e di quelli troppo deboli per averlo. Una volta preso nessuno potrà fermarmi e ben presto si accorgeranno che ho ragione.”
In silenzio iniziarono a salire gli scalini che conducevano al terzo piano, eccetto loro niente si muoveva. Dopo qualche istante Riddle riprese a parlare.
Ovviamente, come ringraziamento per il tuo aiuto sarai ricompensata. Potresti addirittura diventare il mio braccio destro, chi lo sa?” la informò inaspettatamente loquace.
“Grazie, ma come hai detto tu per ora ho in mente una cosa sola: la morte di Grindelwald. Il resto verrà dopo.” Gli rispose lapidaria, sperando di porre fine al discorso. Sentire Riddle sproloquiare sui suoi piani di gloria non era esattamente una delle cose che aveva voglia di fare.
“Mi piace il tuo modo di lavorare Evans, bisogna sempre rimanere concentrati sull’obbiettivo principale.”
Hermione non rispose e i due Caposcuola iniziarono a pattugliare  il terzo piano.
“Toglimi una curiosità Riddle, perché ti interessa tanto il potere?”
Il giovane Voldemort, per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, sembrò spiazzato da quella domanda, tanto che aprì la bocca più volte prima di iniziare a parlare. “Credo sia ovv…”
Hermione era curiosa di conoscere la risposta e proprio per questo probabilmente il destino, il fato, Dio o come lo si voglia chiamare decise di intromettersi e lei non poté sapere come il ragazzo avrebbe finito la frase.
Un fracasso frantumò il sonnacchioso silenzio del terzo piano costringendo Riddle a tacere ed entrambi a voltarsi verso la fonte del frastuono. Hermione fece per muoversi ma il ragazzo le prese un braccio.
“Non c’è bisogno di controllare Evans, uno degli elfi avrà fatto cadere una coppa. Succede spesso.” Le disse con inusuale gentilezza tirandola dalla parte opposta. Hermione l’avrebbe probabilmente seguito se non avesse sentito provenire dalla Sala dei Trofei anche il suono di alcune voci. Bastò un attimo, uno sguardo solo. Riddle capì che Hermione aveva sentito e lei intuì che lui le stava nascondendo qualcosa. Si scrollò il suo braccio di dosso e si avviò a passi veloce verso la Sala dei Trofei con al seguito un giovane Voledmort che, affannandosi cercava di convincerla a tornare indietro. Arrivati davanti alla porta socchiusa, da cui filtrava una luce tenue, il ragazzo le sbarrò definitivamente la strada.
“Davvero Evans, sono gli elfi. Li spaventeresti e basta.” Disse, ostacolandole l’entrata.
Lei tirò fuori la bacchetta e gliela puntò contro.
“Levati di mezzo Riddle, o giuro che ti schianto.”
Dopo qualche secondo di indecisione il ragazzo, contro voglia e lentamente, si fece da parte e lei spalancò la porta.
Entrata nella larga stanza Hermione spalancò gli occhi per la sorpresa. Quella volta non si era intromesso il destino, il fato o Dio, ma solo Vàli Nott.
La luce fioca delle poche candele accese non permise ad Hermione di avere una visione completa della situazione. Per primo vide Nott, che si stava piegando per raccogliere una delle coppe cadute, poi notò la sua camicia slacciata. Perché la cintura dei pantaloni era aperta?
Il suo sguardo saettò verso la figura che stava cercando di nascondersi dietro il ragazzo. Minerva McGrannit.
“Per le mutande di Merlino!” esclamò quando comprese la situazione.
Si portò una mano sugli occhi, sperando in un gesto infantile che i due ragazzi sparissero dalla stanza, e si voltò verso Tom Riddle. “Elfi, eh?!”
Dopo qualche secondo di imbarazzante tramestio la voce stentorea di Vàli risuonò nella stanza. “Mione, puoi toglierti la mano dagli occhi se vuoi.”
Lei lo fece, ma lentamente. L’amico si era risistemato e anche la giovane professoressa si era affrettata a riallacciarsi i vestiti, che però rimanevano colpevolmente sgualciti. Hermione non sapeva cosa dire, per cui fece la cosa più semplice: se la prese con il giovane Voldemort.
“TU lo sapevi!” sbraitò, puntandogli la bacchetta contro. “Piccola serpe bugiarda, ‘Sono solo gli elfi.’ , ma come ti è venuto in mente?”
“Già Tom, potevi inventarti qualcosa di meglio.” Commentò Vàli.
“Tu taci Vàli Nott! Siete forse impazziti completamente?  Venire qui nel cuore della notte a fare… fare…” Hermione si bloccò imbarazzata mentre sentiva le guance iniziare a prendere fuoco.
“Hai tutte le ragioni per arrabbiarti Hermione.” Disse Minerva, in un tentativo di salvare la situazione. “E ti capiremo se vorrai riferire al Preside l’accaduto.” Aggiunse con tutta la dignità che la situazione le consentiva, beccandosi un’occhiataccia da parte di Vàli.
“Eddai Mione, mica stavamo torturando qualcuno!” tentò di farla parlare Nott, accompagnando le sue parole con un sorriso smagliante.
“I-io.. V-voi non…” incominciò a balbettare, incerta sul da farsi.
“Quello che la Evans sta cercando probabilmente di dire,” le venne in aiuto Riddle “è che per questa volta non faremo rapporto a nessuno. Se dovessimo ribeccarvi però saremo costretti a prendere provvedimenti.” Concluse, facendo un occhiolino all’amico attento a non farsi vedere da lei.
Hermione non poté che annuire e poi fece loro cenno di andare.
Dopo che i due ragazzi, tenendosi per mano, furono usciti dalla sala Hermione si lasciò cadere su uno dei divani. Era esausta.
Riddle  le si sedette affianco ridacchiando. Hermione lo guardò. Non stava ghignando né sogghignando stava ridendo. Di una risata mite certo, ma in qualche modo gentile.
“Dovevi vedere la tua faccia Evans, eri fantastica.”
Lei si spostò i capelli di lato e ancora imbarazzata fece un mezzo sorriso. “E’ inutile che ridi Riddle, è stata una delle scene più imbarazzanti della mia vita!”
Tom le sorrise e per un breve istante le sembrò solo un ragazzo e nient’altro.
“Quindi tu lo sapevi che stavano insieme.”
Lui annuì. “Certo che lo sapevo. Altrimenti sarebbero già stati scoperti tempo fa.”
“Va avanti da così tanto tempo?”domandò stupita.
Tom sorrise di nuovo, con un briciolo di malizia nello sguardo. “Anni.”
Hermione scosse la testa. E brava professoressa.
“Non lo dirai a nessuno, vero?” le chiese ed Hermione notò che il muro di impassibilità si stava piano piano sgretolando, perché in quel momento Tom Riddle sembrava preoccupato.
“Ovvio che no, vuoi stringere un altro Voto?” ironizzò.
Lui si voltò a guardarla. “No, credo di potermi fidare.”
Hermione spostò lo sguardo sulle coppe che, in ordinate fila lungo le pareti, rilucevano della pallida luce delle candele.
“Perché si nascondono?”
“E’ una storia lunga.”
Lei lo guardò interrogativa, aspettandosi che continuasse.
“Devi sapere, Evans, che quando qualcuno ti dice che qualcosa è una storia lunga, in realtà è solo un modo gentile per dirti che non te la racconterà mai.”
“Dai Riddle, non prendere tutto così sul serio. Non lo racconterò a nessuno, giuro!” lo pregò sorridendo, stupida della normalità di quella situazione. Le sembrava di parlare davvero con un ragazzo e non con Voldemort.
Il ragazzo sprofondo ancora di più nel divano. “Credo che in realtà all’inizio non lo sapessero bene neanche loro. A quanto ho capito all’inizio l’hanno tenuto nascosto quasi per gioco, si divertivano ad avere un segreto.” Le labbra gli si contrassero in un sorriso amaro. “Poi gli anni sono passati, loro sono cresciuti e Vàli è entrato nei Mangiamorte.” Fece una pausa e la guardò intensamente. “Mi credi se ti dico che non volevo che lo facesse?”
Hermione preferì non rispondergli, poteva credergli ?
“Ma lo sai com’è fatto. Quando si impunta su una cosa diventa insopportabile. Dannato idiota.”Si fermò di nuovo, passandosi una mano tra i capelli. “Ha capito che avere per fidanzata una Natababbana non sarebbe stato preso bene dagli altri, quindi ha continuato a non dire niente.”
“E lei non ha mai protestato?” chiese stupita.
“Ogni tanto, ma mai da costringerlo ad uscire allo scoperto. Dice che lo ama e che preferisce vederlo di nascosto che perderlo. Merlino, come si fa ad essere così stupidi? Lasciarsi rovinare la vita per… per amore!”
“Cosa c’è che non va nell’amore Riddle?”
Lui la guardò freddo. “L’amore rende stupidi Evans, o peggio, deboli. L’amore è per gli illusi che credono che altre persone possano renderli felici. Io rifuggo ogni specie di dipendenza Evans, l’amore è una di queste. Lega i tuoi pensieri, i tuoi atti e il tuo futuro ad un’altra persona. Ti impedisce di essere felice solo con te stesso.”
Hermione guardò il ragazzo che rigurgitava quelle frasi una dopo l’altra, una più piena di risentimento dell’altra.
“E tu Riddle sei felice?”
Lui la guardo, sollevando leggermente un sopracciglio, poi si alzò e si avvicinò ad una delle candele accese e si bagnò due dita.
“Che il bello e l’incantevole siano solo un soffio e un brivido, che il magnifico entusiasmante amabile non duri ahimè lo sappiamo con tristezza.” Disse piano, soffocando la fiammella tra le dita.
“Hermann Hesse.2
Lui non rispose ma si spostò per spegnere le altre candele ed Hermione, alzatasi in piedi, si avvicinò alla porta della Sala dei Trofei.
“Solo perché pensi che la felicità sia un breve attimo, non vuol dire che condividerla con altri la distrugga Riddle, di solito la aumenta, sai?”
L’ardente e indifferente mutismo dell’altro la spinsero a rincarare la dose. “Non si può vivere senza amore Riddle.” Improvvisamente si rese conto, con nauseante disgusto, che voleva fargli capire quanto misera e pietosa fosse la sua vita, voleva che ammettesse di essere quello che era.
La mano del ragazzo tremò impercettibilmente nello spegnere l’ultima fulgida fiammella. “No Evans, è senza ossigeno che non si può vivere.”
“Mi correggo, nessuno di umano può vivere senza amore.”
Non appena quella frase le uscì dalla bocca si penti di averla pronunciata, non per paura di una reazione del giovane Voldemort ma perché era una frase che nella sua spietata crudeltà feriva quanto una lama e lei in una situazione normale non l’avrebbe mai pronunciata.
Ma il ragazzo non reagì, non fiatò, non si mosse. Continuò statuariamente a darle le spalle e lei piano lo lasciò solo nella stanza.
Così non lo vide sedersi al buio sul divano e prendersi la testa tra le mani, come improvvisamente pesante di cose non dette e orribili pensieri. Non lo sentì mormorare parole sfuggenti a se stesso, ai suoi demoni e a nessuno in particolare


28 Ottobre 1944. Hogwarts

I possenti e prepotenti rintocchi di un lontano orologio raggiunsero la mente di Tom Riddle avvisandolo che la lezione era finita. Il suo sguardo indagatore saettò verso la cattedra, chiedendosi per quale motivo il professor Silente non lo avesse ripreso durante l’ora di Trasfigurazione, che aveva passato a fare  tutt’altro che seguire la lezione. Ignorando gli squittii eccitati e provocanti di alcune Corvonero dietro di lui si alzò, ficcando con inconsueta noncuranza i libri nella sua borsa. Evitò di guardare, come del resto aveva fatto per tutto il mese, Hermione Evans che era ancora seduta a pochi passi di distanza da lui.
“Tom,” la voce di Silente richiamò la sua attenzione. “una parola per favore.”
Controvoglia si avvicinò lentamente al professore, i cui occhi lo scrutarono chirurgicamente da sotto gli occhiali a mezzaluna.
Il vecchio continuò a guardarlo senza dire una parola e lui non abbassò lo sguardo, ma ferocemente quasi provocante lo sostenne.
Le sue orecchie si erano quasi abituate al silenzio quando la voce del professore crocchiò sonoramente. “Ti vedo distratto in quest’ultimo periodo Tom, va tutto bene?”
Trattenne una risata affilata e tagliente. “Si, ho solo molte cose per la testa in questo periodo.”
“Capisco.” Annuì Silente, accarezzandosi la socratica barba.
Tom si irrigidì tutto, lo irritava quando la gente rispondeva ‘Capisco’. Lo trovava insultante e vagamente aggressivo. Che cosa capivano? Che cosa sperava di capire Silente?
“Non c’è niente Tom, di cui vorresti parlarmi?”
Silente sapeva ma non aveva mai detto niente e il ragazzo non capiva perché.
“Mi ha già fatto questa domanda professore.”
“Oh lo so Tom, ma cosa ci vuoi fare… i vecchi ripetono sempre le stesse cose.” Rispose, sistemandosi con un dito gli occhiali. “Tuttavia le persone cambiano e così le loro risposte.”
“Non la mia professore.” Disse con glaciale cortesia.
Il ragazzo fece per voltarsi ma Silente si protese in avanti. “Un ultima cosa Tom, credo sia giusto ricordarti che non c’è niente di male nel farsi aiutare dagli altri.”
“Ero solo distratto professore, non ho problemi con i suoi incantesimi.”
“Non è di incantesimi che io sto parlando ragazzo mio.”
“Non capisco a cosa si riferisca allora professore.”
Silente tornò ad appoggiarsi all’alto schienale della sua sedia. “Io credo invece di si.”
Sentì gli occhi sondanti del vecchio mago frugare dentro i suoi alla ricerca di qualcosa di cui Tom ignorava l’identità.
Un’ombra sfuggente di delusione segnò il volto di Silente. “Non vorrei rubarti altro tempo prezioso Tom, va’ pure.”
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e in un attimo era fuori dall’aula la cui aria aveva iniziato a sembrargli soffocante nel suo riempirsi di segreti e allusioni.
Non appena fu uscito sentì la voce saccente di Charlus Potter sgomitare tra le altre nel corridoio. Girò l’angolo, mentre all’idea di potergli sottrarre qualche punto gli si accendeva in petto una scintilla di buon umore.
Il Grifondoro era fastidiosamente appoggiato ad una parete e la sua divisa era indecentemente disordinata. Continuava a passarsi una mano nei capelli nel presunto, e a parere di Tom assolutamente vano, tentativo di sembrare più affascinante agli occhi di Hermione Evans.
“E quindi cosa fai per Halloween Hermione?”
Tom notò che la ragazza muoveva nervosamente gli occhi al di là del corpo di Charlus, quasi implorante un aiuto.
“Io… in realtà, sai com’è…”
“Potremmo andare ad Hogsmeade insieme, che ne dici?”
Anche dalla sua posizione Tom poté notare il rossore che si dipinse sulle gote della ragazza e, mentre sentiva un pungente fastidio impossessarsi di lui, decise di intervenire. Dopotutto Hermione Evans era uno dei suoi Mangiamorte.
“Mi dispiace rovinarti i programmi Potter,” disse avvicinandosi ai due “ma per Halloween Hermione è già occupata con me.”
Il Grifondoro all’improvvisa interruzione reagì staccandosi dalla parete e gonfiando il petto.
“A davvero?” tentò con aria di sfida e con malcelato disgusto.
Tom strinse la mandibola e uno dei suoi sopraccigli scattò in su. “Che tu ci creda o no Potter, non è un mio problema.”
Lo sguardo del ragazzo si spostò allora sulla Evans assumendo un’espressione languida che diede il voltastomaco a Tom Riddle.
La ragazza se la cavò con un sorriso nervoso.
“Magari allora la prossima volta.” Disse tentando di salvarsi la faccia.
“Magari.” Fu la unica risposta che ottenne.
Dopo che Charlus Potter si fu dileguato sentì lo sguardo di Hermione Evans posarsi su di lui. Lo evitò accuratamente e fece un passo in dietro.
“Grazie.”
Tom istintivamente tirò su la testa e fissò la ragazza, convinto nella sua saccente freddezza di aver capito male.
“Come ?”
“Grazie, per avermi sai no… salvato da questa situazione imbarazzante.”
Scrollò le spalle, per minimizzare l’azione, e infilate le sudate mani in tasca fece un altro passo indietro. Continuò ad evitare i suoi occhi  che sapeva esigenti di spiegazioni per il suo comportamento. Nell’istante esatto in cui la ragazza l’aveva lasciato solo quella notte si era subito pentito di quello che aveva appena fatto. Aveva maledetto se stesso e la sua patologica ossessione per i misteri che l’avevano portato a coinvolgerla nei suoi piani. Lui non aveva bisogno di nessuno, non ne aveva mai avuto, ed ecco che per colpa di un momento di debolezza si ritrovava legato mani e piedi a quella ragazza dagli occhi accusatori e un passato interrogante.
Se avesse potuto l’avrebbe sciolta dal Voto e l’avrebbe obbligata a dimenticare ogni cosa, ma razionalmente Tom si rendeva conto che non poteva, perché dopo tutto aveva d’avvero bisogno delle sue capacità. Questo però non l’aveva fermato dall’ignorarla fino ad allora nell’infantile speranza che lei sparisse dalla sua vita. Per non parlare del fatto che avesse deliberatamente omesso di informare dell’aggiunta gli altri e sapeva che non ne sarebbero stati contenti, in ogni caso a quello ci avrebbe pensato quella sera. Ora aveva un problema più pressante, un problema che, non aveva bisogno di alzare gli occhi per capirlo, continuava ad osservarlo.
“Senti, non avrei dovuto dirti quella cosa mi dispiace.”
Tom spostò velocemente gli occhi, appuntiti come frecce, su di lei cercando di controllare la propria sorpresa. Delle scuse erano l’ultima cosa che si aspettava.
“Cosa ti fa pensare che mi importi qualcosa di quello che pensi di me Evans.” Ribattè con il suo solito tono respingente.
“E’ praticamente un mese che non mi parli Riddle.” Disse lei incrociando le braccia.
“Il mondo non gira tutto intorno a te Evans.”
Dall’espressione che assunse il volto di lei Tom capì di averla ferita e se ne stupì. Solitamente sembrava inscalfibile ad ogni tipo di commento e Tom sentì come qualcosa rivoltarsi nel suo stomaco e per un attimo si dispiacque di quello che aveva detto. Ma l’espressione della ragazza torno impassibilmente normale e lui con un movimento della testa allontanò quel momentaneo attimo di rimorso.
“Sta sera alle dieci trovati fuori dal castello. Al campo delle zucche, all’ingresso della Foresta Proibita.” Le disse iniziando ad incamminarsi.
“Perché?”
“Lo vedrai Evans, un po’ di pazienza.” Le rispose con un mezzo misterioso sorriso.

Le foglie autunnali scricchiolavano e crocchiavano sotto le suole delle sue scarpe, ma Hermione non ci fece più di tanto caso mentre percorreva la breve e regolare strada che portava verso l’albero preferito di Vàli Nott, una frondosa quercia la cui chioma, una pennellata di arancio e giallo, si stagliava contro il raro e luminoso azzurro del cielo.
Tirò un calciò ad una pietra improvvisamente di buon umore, in una sola volta era riuscita a liberarsi di Charlus e risistemare le cosa con Riddle e per quel giorno poteva ritenersi soddisfatta.
Già la mattina che aveva segnato il loro intenso colloquio si era pentita di quello che gli aveva detto e la reazione del ragazzo non aveva tardato a farsi notare anche se , Hermione doveva ammetterlo, era stata diversa da quella che si sarebbe aspettata.
Tom Riddle non l’aveva uccisa, non l’aveva neanche ferita lievemente, si era limitato ad ignorarla. Semplicemente si era comportato come se lei non esistesse, o tutt’al più come se fosse un qualche fastidioso insetto da sopportare con pazienza. Il che se era possibile l’aveva irritata ancora di più e aveva reso ancora più silenziosamente tese le loro ronde notturne.
Per tutto quel mese si era consumata nell’angoscia che la sua lingua avesse rovinato tutto e ogni volta che i suoi tentativi di appianare i rapporti con il giovane Voldemort non andavano a buon fine la sua ansia cresceva a dismisura.
Il ragazzo si era rinchiuso in una silente fortezza da cui era uscita solo per risponderle a monosillabi, e per tutto quel periodo le era sembrato ancora più, se era possibile, tristemente e gloriosamente solo.
Visto che i problemi, come si suol dire, non vengono mai soli al mal celato raffreddamento dei suoi rapporti con Riddle si era aggiunto Charlus che, assillante e premuroso, non la lasciava un attimo per la disperazione di Violet, i cui capelli da qualche settimana tendevano al grigio topo.
La cosa aveva raggiunto il suo climax qualche ora prima, quando si era vista praticamente placcare fuori dall’aula di Trasfigurazione dal giovane nonno di Harry con il palese intento di invitarla ad andare con lui ad Hogsmeade il 31 ottobre. Non era nelle corde di Hermione essere maleducata o insensibile, non lo era mai stato e non avrebbe certo iniziato ad esserlo in quel momento ma fortunatamente a quanto pareva Tom Riddle non si faceva un problema a sbattere le sue parole in faccia alle persone quasi fossero niente più che apatiche comparse nella sua tragedia personale.
Per una volta però era grata all’insensibilità del giovane Voldemort che l’aveva salvata dal dover scegliere tra la prospettiva della morte per mano di Violet e l’odio sempiterno di Charlus. Il repentino e inaspettato cambiamento di atteggiamento nei suoi confronti l’aveva sorpresa ma fortunatamente il ragazzo aveva ripreso velocemente i suoi modi freddi e scostanti, seppur le avesse lasciato intendere che le cose tra loro erano in qualche modo risolte.
Avrebbe dato tutti i galeoni del mondo per essere in grado di leggere nella mente di Tom per capire che cosa vi frullasse, ma se anche in Occlumanzia aveva fatto grandi miglioramenti, era ancora totalmente ignorante nel campo della Legilimanzia. Si sarebbe dovuta accontentare di Vàli Nott, pensò sospirando.
Il ragazzo stava proprio davanti a lei, disteso sotto la grande quercia con gli occhi chiusi e le mani incrociate dietro la testa sognante. Gli si sedette di fianco in un gran scricchiolio di foglie secche. Il ragazzo aprì un occhio ed Hermione notò che tra le dita di una mano stringeva una sigaretta accesa.
“Hey Mione.” La salutò con un mezzo sorriso.
“Cosa fai?” gli chiese lei stringendo le ginocchia al petto, mentre una brezza fredda iniziava a salire.
“Immagazzino il sole per i giorni bui. Sarà un lungo inverno quello di quest’anno.” Le rispose come se fosse la cosa più normale di tutte.
Lei rimase in silenzio, mordicchiandosi il labbro inferiore incerta su come introdurre l’argomento.
“Non ti ho ancora ringraziata sai? Dico per non essere andata dal preside per riferire che io… be’ di me e Minnie.”
Hermione sentì le guance scaldarsi al ricordo dell’imbarazzante situazione in cui si era trovata il mese prima e sperò che Vàli avesse ancora gli occhi chiusi.
“E anche per non aver detto niente a nessuno sul fatto che stiamo insieme.” Continuò Nott, tirando una boccata di fumo.
“Posso chiederti perché lo tenete nascosto?”
“Pensavo che Tom te l’avesse già detto.”
“Diciamo che si è tenuto sul vago.”
Il ragazzo aprì gli occhi e si tirò, dopo un’occhiata circospetta intorno a loro tornò a concentrarsi su di lei.
“Tom mi ha detto che sei diventata una dei nostri.” Disse, facendole un occhiolino.
“A quanto pare.”
“Immagino ti avrà anche informato di tutta quella storia su Grindelwald eccetera eccetera, no ?”
Hermione annuì lieve.
“Come Mangiamorte ci sono dentro anche io, fino al collo possiamo dire, il problema è che gli altri non si fidano di me. Il che è da veri idioti visto che siamo stati tutti costretti a stringere un Voto Infrangibile.” Vàli aspirò una boccata, rabbioso. “Sono convinti che visto che io e Tom siamo amici il mio possa essere infranto.” La informò con una plateale alzata di sopracciglia.
“Si aspettano che da un momento all’altro corra dal mio vecchio a rivelare tutto.”
“Vecchio?”
“Mio padre.” Rispose secco Nott, iniziando a produrre cerchi di fumo con la bocca.
Hermione rimase in un silenzio discreto, che tra Vàli e suo padre non corresse buon sangue l’aveva capito da tempo.
Dopo un po’ il ragazzo chiuse la bocca. “E’ il capo degli Auror che gli stanno dando la caccia.” La informò senza troppi giri di parole.
Colpita e affondata.
“E per rispondere alla tua domanda, se venissero a sapere di Minnie alcuni di loro potrebbero benissimo decidere di rapirla per tenermi buono, o che so io.”
Hermione non riusciva a comprendere e sentì una tristezza invaderla, quasi come una marea. “Vàli ma perché tu vuoi portare al potere Grindelwald? La pensi come lui sui babbani?” la sua voce era diventata una flebile supplica.
“Forse Tom non lo vuole?” ribattè con uno sguardo improvvisamente freddo.
“Credevo che tu fossi meglio di lui.”
Il ragazzo spense la sigaretta, che sfrigolò al contatto con il tronco dell’albero.
“Le persone non sono tutte bianche o nere, Hermione.” Le disse, girando la testa verso il solo bruciante che iniziava a morire. “Ho i miei motivi per fare quello che faccio.”
Hermione fu tentata di ribattere, ma si costrinse a lasciar perdere. Non era lì per salvare Vàli Nott dal suo destino.
“Per caso Riddle ti ha detto perché ce l’ha con me?” iniziò, stringendosi sempre di più nel mantello.
“Non so se l’hai notato, ma non è un tipo propriamente loquace.”
Lei fece una smorfia. “Credevo foste amici.”
“Diciamo che la nostra è un’amicizia strana, comunque no, non mi ha detto niente.” La informò. “E’ dall’anno scorso che è diverso.” Aggiunse iniziando a fare a pezzi una foglia che aveva tra le mani. “Quest’estate non ha risposto neanche ad una mia lettera, nemmeno a quelle in cui minacciavo di andarlo a trovare in orf… lì dov’era. E non è normale.” Concluse, sottolineando il concetto lanciando in aria i rimasugli della foglia.
Hermione sapeva bene che cosa aveva fatto cambiare il giovane Voldemort ma non poteva certo dirlo a Vàli.
“E anche i suoi incubi sono peggiorati.” La informò con lo stesso tono che avrebbe usato una madre apprensiva.
“Incubi?”
Il ragazzo annuì serio, mentre una ruga di preoccupazione andava a solcargli la fronte. “Non passa notte senza che ne abbia uno, ormai dormiamo tutti con i tappi. Ho provato  a convincerlo a prendere qualcosa, ma non mi ha voluto ascoltare.” Si voltò a guardarla. “Una volta mi ha detto che doveva avere gli incubi, che era giusto così. Non ho ancora capito perché però.”
Hermione iniziò a sospettare che Tom Riddle fosse addirittura più complesso di quello che perfino lei si immaginava.
Vàli si alzò ed iniziò a pulirsi la divisa dalle varie foglie e rametti che vi si erano attaccati. “Ti posso dire però una cosa Mione, di solito quando Tom si arrabbia con qualcuno sa essere davvero pericoloso e di solito finisce male per la persona in questione, ma quando si comporta come sta facendo ora vuol dire che è spaventato, non so perché ma fidati di me, lo è. Non credo lo ammetterebbe mai nemmeno a se stesso, ma questo è quello che mi ha insegnato la mia lunga convivenza con lui.”
Lei strinse la mano che Nott le offriva e si tirò su. “ Com’è che siete diventati amici?” chiese improvvisamente curiosa.
“Diciamo che l’ho tratto d’impiccio da una situazione non particolarmente gradevole.” E sotto lo sguardo interrogativo di Hermione aggiunse : “Credo sia meglio se te lo fai raccontare da lui, Mione.”
Lei sospirò, perché la sua vita doveva essere costellata di segreti?

Il vento rombante sollevava ogni cosa intorno a lei ed Hermione si strinse con un brivido nel suo mantello, mentre scendeva a passi lenti e misurati la strada verso il campo di zucche. Il buio aveva ingoiato tutto il paesaggio circostante e la punta della sua bacchetta riluceva di una tiepida luce senza poter così esserle di alcun aiuto. Uno scricchiolio sinistro ed improvviso la raggiunse facendola sobbalzare. Le bastò quell’attimo di esitazione per mettere il piede in fallo e la sua caviglia destra, sotto il peso di tutto il corpo, cedette ed Hermione ruzzolò malamente a terra, mentre sentiva sassi pungenti sotto di sé. Rimase per un attimo immobile nella speranza che niente e nessuno potesse aver assistito a quel suo improvviso attimo di goffaggine, ma non un suono le rivelò la presenza di testimoni.
Sollevata sospirò, mettendosi a sedere. Tom Riddle non l’aveva vista.
“Non ti sarai già fatta male ancora prima di cominciare spero.”
Fantastico, l’aveva vista eccome.  Hermione cercò di aguzzare la vista ma i suoi occhi non riuscivano a distinguere nient’altro che l’oscurità. Una stretta ferrea le serrò il braccio e in un attimo si ritrovò in piedi. Il ragazzo le puntò delicatamente la bacchetta in faccia, costringendola a socchiudere gli occhi, e la osservò con occhio critico.
“Tutta intera?”
Lei si liberò da quel contatto indesiderato. “Da quando la cosa ti riguarda?”
“Da quando sei diventata il mio asso nella manica Evans.” Le rispose facendo un passo indietro ed Hermione riuscì finalmente a vederlo più chiaramente. Il ragazzo aveva abbandonato la divisa scolastica a favore di un lungo mantello nero il cui cappuccio gli copriva in parte il volto. L’effetto complessivo dava i brividi.
Il giovane Voldemort le lanciò qualcosa di ingombrante che lei cercò di prendere al volo.
“Indossalo.”
Hermione refrattariamente si mise su il lungo mantello che aveva l’unico pregio di ripararla alla perfezione dal freddo.
“Niente maschera?”
Il buio non le permise di vedere il volto di lui ma Hermione avrebbe potuto scommettere che Riddle aveva appena alzato un sopracciglio. “Chi ti ha detto una tale idiozia?” le disse con voce tagliente, ma velata da un certo divertimento.
“Charlus.”
Il ragazzo, che aveva iniziato a camminare, sogghignò. “Allora la cosa si spiega.”
Lei si mosse veloce cercando di tenere il passo dell’altro. “Com’è che ce l’hai tanto con lui?”
“E’ un idiota egocentrico.” Le rispose secco.
Hermione trattenne un sorriso, i due avevano allora qualcosa in comune. Quando nessuno di loro disse più una parola, solo allora si accorse di essere sola di notte con il giovane Voldemort e per di più fuori dal castello e le sue dita si serrarono incerte  intorno alla bacchetta. Arrivati al limitare della foresta il ragazzo si voltò a guardarla.
“Si può sapere dove stiamo andando?” gli chiese, sperando che l’altro non si fosse accorto di quanto debole e lamentosa suonasse la sua voce.
“Fra poco lo vedrai.” Le disse semplicemente. “Solo una cosa Evans, lascia parlare me.” Aggiunse mentre la sua espressione si faceva mortalmente seria.
“Lasciarti parlare con chi?” cercò di domandargli, ma il ragazzo ignorò la sua domanda e si posò l’indice sulle labbra in un chiaro ordine.
Con un colpo di bacchetta tutti i rami che impedivano il passaggio si districarono fluidi e silenti, mentre loro si inoltravano nella Foresta Proibita.
Gli alberi fitti e storti impedivano al vento di passare cosicché all’interno regnava un’irreale e inquietante calma, disturbata solamente dai fruscii dei loro mantelli e dagli scricchiolii dei loro passi, che sembravano risuonare terribilmente in quella bolla silenziosa. A Hermione la foresta non era propriamente sconosciuta, tuttavia non riconobbe la parte che stavano percorrendo a differenza del giovane Voldemort che, senza indecisioni o rallentamenti, camminava a passo spedito. Finalmente delle voci in lontananza ruppero il silenzio e Tom Riddle, fermatosi, le sussurrò : “Tirati su il cappuccio Evans.”
Lei obbedì prima di seguirlo in quella che doveva essere una pianura erbosa di discrete dimensioni e finalmente capì. Circa una dozzina di ragazzi incappucciati occupavano lo spiazzo, parlottando fitto a gruppetti. Finalmente eccoli lì, davanti a lei. I Mangiamorte.
Accortisi dell’arrivo dell’erede di Serpeverde il brusio cessò all’istante, i crocchi si dispersero e i ragazzi si disposero ordinati in un nero semicerchio.
Un mortale silenzio, elettrico di aspettative, incombeva su di loro mentre Riddle avanzò verso il centro. Hermione non sapeva cosa fare per cui si decise a rimanere immobile dove si trovava.
“Amici, ben ritrovati.” Il giovane Voldemort iniziò a parlare con voce sinuosa e profonda, ma lei notò un impercettibile tremore nella mano destra. “ E’ passato molto tempo dalla nostra ultima riunione ma non possiamo dire che notevoli passi avanti non siano stati fatti. Tuttavia di questo parleremo in una prossima riunione, per questa volta credo sarà meglio riprendere i nostri abituali allenamenti.”
Una voce acuta si levò dal gruppo. “Chi hai portato con te Riddle?”
Lui si voltò verso di lei e con un solo movimento degli occhi inespressivi le fece cenno di avvicinarsi. Incerta Hermione si mosse, stando ben attenta a non cadere nuovamente, e si affiancò al giovane Voldemort.
“Hermione Evans.” La presentò e le parole gli uscirono reticenti dalla bocca, come da una gabbia di ferro.
Apprezzabile la capacità di sintesi sicuramente cercò di sdrammatizzare lei.
Un brusio sorpreso serpeggiò tra quei mantelli neri e un’altra voce parlò. “ Una donna, Mio Signore?” sputò con disgusto, accompagnato da qualche cenno di assenso.
Hermione si accorse che Riddle si era completamente irrigidito. “Vieni avanti Malfoy.” Sibilò.
Il ragazzo avanzò e, abbassatosi il cappuccio, rivelò il viso pallido e smunto.
“Hai altre obiezioni Malfoy, oltre il suo sesso?” lo interrogò, con una punta di canzonatura nel tono di voce.
“Credo di poter esprimere una comune perplessità, Mio Signore, dicendo che forse sarebbe stato meglio avvisarci prima di farla entrare arbitrariamente tra i Mangiamorte.”
Bastò quello a Tom Riddle, e con un solo secco scatto del braccio Malfoy si ritrovò a terra trasformato in un mugolante e sofferente grumo.
Forse Malfoy dovresti ricordarti chi comanda qui.”
“Forse Riddle tu dovresti ricordarti che sono i nostri genitori che faranno in modo che il tuo piano possa funzionare.” Disse un’altra voce, calma e quasi pesante ogni parola.
Gli occhi del giovane Voldemort si assottigliarono all’inverosimile ma questa volta non fece niente.
“Tutti voi avete potuto osservare le sue abilità nel duello nel mese scorso.” Riprese, ignorando Malfoy che iniziava ad allontanarsi strisciando nell’erba secca. “E sarete tutti d’accordo che ci servono nuovi membri.” Nessuno osò replicare e l’unico rumore udibile era il suono dei loro respiri mischiato al fragore del vento al di là degli alberi. “Se non ci sono altre repliche,” aggiunse congelandoli tutti con lo sguardo “ dividetevi a gruppi ed iniziate ad allenarvi, io passerò a controllare i vostri progressi.”
Non appena un grande fuoco si accese al centro della radura i Mangiamorte sciolsero i ranghi ed iniziarono a  duellare tra loro.
Hermione si ritrovò in gruppo con due ragazzi, un Grifondoro e un Serpeverde, con cui non aveva mai parlato prima e cercò di comportarsi con naturalezza, sebbene le venisse difficile sentendo costantemente lo sguardo di Tom su di lei.
Benché conoscessero incantesimi a lei sconosciuti lì batté entrambi senza troppo sforzo ed ebbe qualche minuto per poter osservare gli altri, ritrovandosi costretta ad ammettere che Riddle li aveva effettivamente ben allenati. Una calda sensazione, molto simile ad una carezza, le strinse il cuore al ricordo delle prime riunioni dell’ E.S. e alla goffaggine di Neville.
“Permettete?” la voce calma che aveva parlato in precedenza la fece sobbalzare.
“Tutta tua Rosier.” Commentò uno dei suoi due compagni, sogghignando.
Il ragazzo abbassò il cappuccio nero ed Hermione poté vederlo in faccia. Aveva slavati e cinerei capelli biondi che gli ricadevano senza forma sul viso emaciato, conferendogli un’aria stropicciata e stanca. Gli occhi acquosi, illuminati dalle fiamme, la osservavano impazienti da dietro un paio di occhiali.
La sua bacchetta si alzò. “Pronta Evans?” la schernì.
“Sono nata pronta Rosier.” Rispose pungente, prima di potersi fermare.
Quando aveva circa nove anni suo padre l’aveva portata a vedere una partita di tennis di cui Hermione ricordava davvero poco. Una cosa che le era rimasta in mente, a parte i buffi ed esagerati cappellini di alcune signore, erano le mosse di uno dei due giocatori. Quando la pallina colpiva la sua racchetta sembrava tutto normale, ma non appena rimbalzava sul campo avversario ecco che improvvisamente schizzava inaspettatamente da un’altra parte, spiazzando l’avversario.
Rosier duellava allo stesso modo e i suoi incantesimi subdoli e sfuggenti rischiarono di metterla, per la prima volta da tanto tempo, veramente in crisi. Non che fossero particolarmente potenti, erano però imprevedibili ed Hermione, costretta a rimanere sulla difensiva, faticava a lanciarsi nel contrattacco.
Improvvisamente dalla bacchetta del Corvonero partì un lungo fiotto di luce bianca che si insinuò sotto il suo scudo difensivo, colpendola alle caviglie e facendola cadere. Il ragazzo approfittò di quel momento di debolezza per puntarle la bacchetta contro il viso e Hermione vide le sue labbra mormorare “Legilimens!”.
Se avesse avuto tempo per pensare sicuramente Hermione avrebbe ironizzato sull’amore dei Mangiamorte per quell’incantesimo, ma non ne ebbe il tempo, non pensò e si limitò ad agire.
Il suo respiro, seguendo i consigli del libro, divenne subito regolare così come il battito del suo cuore e poi Hermione pensò alla spiaggia di Villa Conchiglia. Davanti a sé vide le onde del mare che con una calma atavica lambivano la costa, ma non si limitò a focalizzarsi su quell’immagine, lei divenne quel ricordo. Divenne ogni granello di sabbia spostato dal vento o bagnato dal mare, divenne la schiuma delle onde e il dolce cullare del mare.  Sentì il delicato calore del sole, il sapore di salsedine e gli stridii dei gabbiani.
Non era più Hermione Evans era quell’immagine.
Lontano, come da un’altra galassia sentiva Rosier che, disturbante, cercava di entrare nella sua mente ma frustrato continuava a sbattere contro quel ricordo che Hermione stava usando come barriera. Lentamente, come se avesse tutto il tempo del mondo a disposizione, isolò quella presenza estranea e la circondò con il suo ricordò finche Rosier, sentendosi soffocare, desistette e uscì dalla sua mente.
Hermione aprì gli occhi e sorrise soddisfatta di se stessa, poi si alzò e si girò per andare a trovare un nuovo sfidante.
Crucio!” la voce rabbiosa di Rosier fendette l’aria e un getto di luce rossa le colpi la gamba destra con una tale forza e provocandole tanto dolore da farle pensare che si fosse rotta.
Con la maggiore velocità che il suo dolore lancinante le permetteva si voltò per fronteggiare Rosier.
“Cos’è pensavi che fosse vietato colpire alle spalle Evans? Qui siamo tra Mangiamorte, tutto è lecito.” Le disse ridendo di una risata priva di gioia, ma sola crudeltà.
Hermione sentì gli occhi riempirsi di lacrime per il dolore pulsante e rovente alla gamba, ma si intimò di non piangere.
“Cosa fai Evans, piangi?” la schernì l’altro impietoso. “Perché non torni da dove sei venuta?”
Lei cercò con lo sguardo Tom, che poco distante, la osservava impassibile a braccia conserte. Improvvisamente si accorse che tutti i Mangiamorte avevano smesso di duellare e si erano fermati a guardarli. Hermione capì che quella era una specie di prova, che tutti, compreso Riddle, stavano aspettando di vedere la sua prossima mossa per giudicarla. Doveva scegliere bene il suo incantesimo perché non le era concesso di commettere errori.
Tutto è lecito, tutto è lecito. La frase usata poco prima da Rosier le rimbombava nella mente confondendola. Alla fine prese la sua decisione e con un corto respiro alzò la bacchetta. Il suo braccio fendette l’aria al pari di una lama affilata.
Levicorpus!” urlò, senza quasi più voce per il male.
Il Corvonero venne preso alla sprovvista dal quell’incantesimo mai visto e finì in un lampo a testa in giù, dondolando come una coscia di maiale in esposizione in una macelleria.
I ragazzi scoppiarono a ridere mentre lui si divincolava nel vano tentativo di prendere i suoi occhiali, a terra sotto di lui.
Hermione rinfoderò la bacchetta. Poteva fare anche parte del loro gruppetto, ma non avrebbe mai permesso loro di trasformarla in un Mangiamorte.
“Direi che può bastare.” La voce di Tom Riddle che le si era avvicinato silenzioso la fece trasalire. “Per questa volta basta così, vi farò sapere quando si terrà la prossima riunione.” Aggiunse mentre lei recitava il contro incantesimo e il ragazzo con un sonoro tonfo cadeva a terra.
I ragazzi si dispersero chiacchierando tra loro e anche Rosier, dopo averle lanciato un’occhiata piena di astio, si allontanò nell’oscurità della foresta.
Quando fu sicura che non la potessero vedere lasciò finalmente libero il dolore di scorrere nella gamba ferita e, piegandosi con un gemito, si sedette a terra. Non appena Tom se ne accorse le si affiancò veloce e corrucciato.
“Che incantesimo ha usato?” le chiese pratico.
“C-crucio.” Mormorò lei cercando di non piangere, sentiva la gamba ora mortalmente fredda, come se il sangue avesse smesso di scorrervi.
Con un colpo di bacchetta le aprì in due la stoffa dei pantaloni e le toccò delicatamente la tibia.
“Qua?”
Hermione si morse a sangue le guance per non urlare.
“Sembra rotta.” Commentò e come risposta ottenne una smorfia ironica.
“Non puoi portarmi in Infermeria, farebbero troppe domande.” Disse lei con le ultime forze che aveva.
“E chi ha parlato di Infermeria? Ora Evans, cerca di rilassarti.”
Lei borbottò qualcosa ma provò a fare come le diceva.
Avulsa, florescit!”
Sentì la punta di legno della sua bacchetta contro la pelle e poi una tiepida corrente le attraversò la gamba. Uno strappo improvviso la fece sussultare e afferrò il braccio di Tom.
“Va tutto bene Evans, è normale.”
Lentamente sentì un calore diffondersi nell’arto ferito a partire dalla punta dei piedi e il dolore sciamare silenziosamente via.
Hermione riprese a respirare normalmente e lasciò il braccio del ragazzo.
“C-come hai fatto?” gli chiese stupita, tentando di alzarsi.
“Stai giù, o il mio lavorò sarà inutile.” Le disse freddo prima di mettere via la bacchetta. Vedendo che lei continuava a fissarlo in attesa di una risposta aggiunse: “Ho imparato.”
“Da solo?”
“Da solo.”
“Come mai?”
“A volte sei fastidiosa Evans, lo sai?”
“Tu sempre Riddle.” Ribatté lei mentre un’ombra di sorriso illuminava il volto del ragazzo.
Hermione si ritrovò a pensare che preferiva quando lui si dimostrava insofferente nei suoi confronti, o quando sproloquiava sul suo futuro di gloria. In quei momenti era più facile ricordarsi che era un assassino e quanta morte ancora avrebbe causato. In altri momenti Tom Riddle le sembrava così vulnerabilmente umano.
Tom prese a giocare con alcuni fili d’erba del prato, staccandoli e riducendoli in pezzettini. “Quando avevo circa undici anni un’estate mi sono rotto una gamba cadendo da degli scogli. Non potevo muovermi per chiamare aiuto e ho passato tutta la notte su quella spiaggia. Faceva così freddo.” Il ragazzo deglutì, come affaticato dal ricordo. “ La mattina quando dei turisti mi hanno trovato e mi hanno portato in ospedale ho giurato a me stesso che avrei imparato come guarirmi da solo e così ho fatto.”
“Perché nessuno per tutto quel tempo è venuto a cercarti?”
Lui si girò a guardarla ed Hermione vide in quegli occhi grigi, che sembravano risucchiare ogni cosa, per la prima volta una profonda e bruciante tristezza.
“Ora puoi alzarti.” Le disse tirandosi su ed Hermione capì che la conversazione era da considerarsi conclusa.


Note:
1 'Cradle Song' di William Blake
2 Hermann Hesse appunto 'Scritto sulla sabbia.'

Finalmente ecco il nuovo capitolo, spero possa ripagare almeno in parte la vostra attesa!
Un grazie a tutti voi che leggete e un abbraccio a DPotter, Elpis, poppi, martymione, Violet Acquarius, lory1989, alvigi, dragon_queen e FuerGrissaOstDrauka, grazie mille per le vostre recensioni.
A presto e buon weekend a tutti!

   
 
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