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Autore: bloodycry    30/07/2006    1 recensioni
Venghino signori, venghino!
Una nuova storia solo per voi!


Ho creato una storia.
Spero vi piaccia, anche se deve cominciare...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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“Dove eravate spariti

Scusate il ritardo, ma sono andato in vacanza… Spagna, con i miei fratellini e un amico di mio fratello. Ma questo credo lo racconterò in una fanfic da queste parti… uhm, forse forse… comunque!

 

X Blustar: Grazie sul serio… shono commosso ç_ç forse fra un po tornerò a Gidrare… ma non credo di essere cosi bravo come pensi.

Per farti capire, userò come esempio com’è diventato Saul.

Saul è diventato… superficiale. È furbo e pessimista, non si fida piu di nessuno e pondera tutte le possibilità, con attenzione e con una prudenza quasi maniacale. Non spera piu, non crede nelle promesse, non crede negli altri…

Probabilmente non avete capito il cambiamento subito da Saul… e se non lo avete capito è solo colpa mia ç_ç io devo farvi comprendere cosa pensa il personaggio, com’è e come mai agisce cosi… se non ci riesco, allora non merito l’appellativo di autore.

Comunque, come sempre… sono lieto tu mi legga, e mi scuso per il ritardo ^o^

 

X Lady Aria: e io sono lieto che tu mi legga ^^ ciò che dici è sacrosantamente giusto, e chiedo venia per essermi dimenticato di quelle nobili categorie che alcuni considerano invasati... dei pazzi.

E cosa c’è di male nell’essere dei pazzi?

Creare qualcun altro… una cosa come fece il dottor frankenstein, non è ancora ricollegabile a ciò che i “pazzi”, gli eretici, fanno.

Il corpo è nulla prima di essere qualcosa. Senza anima si è solo un fantoccio vuoto.

E gli artisti, i pazzi, creano anime che vivono, sebbene non posseggano un corpo loro.

Ma ora basta, quei pochi che mi leggono rischiano di addormentarsi sulla tastiera….

 

 

***********************************************************************************************************

 

 

“Benvenuto nella casa del piacere.”

 

Saul fece un lieve sorriso, facendo un inchino.

 

“Il piacere è tutto mio… Potresti chiamare Sylvia? È… una cosa importante.”

 

La donna lo guardò con un sorriso ammiccante, quindi chiuse la porta, invitandolo ad aspettare.

 

Bhè, aveva abbastanza tempo per prepararsi.

 

Dannazione, doveva essere in uno stato pietoso…

Si guardò in un riflesso, nel vetro di una finestra… i capelli biondi erano abbastanza apposto, ma i vestiti…

 

Sospirò, cominciando a togliere con gesti decisi la polvere dagli abiti.

Maledette stradine, piene di polvere e… bhè, aveva passato anche la maggior parte del tempo sdraiato su dell’erba, non poteva essere in buone condizioni…

I guanti candidi erano sporchi, terribilmente sporchi, e in alcuni punti la stoffa reggeva a malapena…

Che aspetto pietoso.

 

“Oh zuccherino… che cosa ci fai qui?”

 

Saul alzò gli occhi verso la porta, ora nuovamente aperta, dove faceva la sua apparizione Sylvia, bella ragazza nonché padrona del luogo.

 

Aveva lunghi capelli neri, lucidi e lisci, che ricadevano morbidamente sulla schiena.

La pelle era olivastra, con alcune lentiggini sulle guance, ma poco visibili per la pelle bruna.

Gli occhi erano marroni, cosi scuri che ci si poteva perdere dentro. Ipnotici, a dire il vero.

Era lievemente bassa, ma era ben compensata da delle eleganti scarpe nere, con i tacchi.

Era interamente vestita di nero, dal vestito, che le fasciava elegantemente il corpo, ai guanti di pelle, lucidi e lunghi fino al collo.

Una moltitudine di lacci le lambivano il collo, unendosi poi alla fine, sul petto, tenendo su una pietra.

Sebbene fosse bassa, il corpo era sinuoso e ben fatto, le curve al posto giusto.

Sul viso si scorgeva un po di trucco, giusto attorno agli occhi, e un rossetto, di un rosso acceso, brillante.

 

Forse, era quella bellezza che molti chiamavano angelica… o maledetta.

 

Saul le sorrise, vagamente malizioso.

 

“Non riuscivo piu a starti lontano…” 

 

Sylvia sorrise, mentre Saul diceva questo.

Un sorriso che avrebbe fatto capitolare numerosi uomini ai suoi piedi.

 

Entra, ometto…”

 

Saul si guardò nuovamente attorno, per essere certo che la stradina era deserta, quindi entrò, chiudendo la porta alle sue spalle.

 

Era entrato in un corridoio buio ma ben pulito, dove si affacciavano numerose porte, in quel momento chiuse, e dove c’era un odore… un odore che a molti piaceva, certo… ma che non riusciva propriamente a descrivere.

Lavanda. Sapeva che quell’odore era lavanda.

 

A molti piaceva.

 

Saul non lo sopportava.

 

“Sylvia, io ti amo, ma per far funzionare il nostro rapporto dovremo giungere a compromessi…ad esempio, cambiare il profumo.”

 

Saul fece una smorfia disgustata, mentre quel odore nauseante gli invadeva le narici, procurandogli un forte mal di testa.

 

Sylvia fece una piccola risatina, scotendo lievemente la testa, ma continuò a camminare, senza far nulla per quel… profumo.

Naturalmente… insomma, probabilmente quel odore è ormai dentro qualsiasi oggetto… forse la stessa casa ormai odorava di lavanda.

 

Ma non lo sopportava.

 

Sentiva quel odore entrare nella sua testa e poi lottare, come per cercare di distruggere dall’interno.

Avvertiva persino il suo cervello sanguinare, colpito da quel odore nauseante e dolciastro che era la lavanda.

Faceva male. Un male terribile.

 

“Oh, Saul… tenta di sopportare… Al piano di sopra non c’è questo odore, e potremo parlare…”

 

La voce suadente di Sylvia penetrava nella sua mente, moltiplicando quel dolore.

 

Saul sorrise, mentre si massaggiava le tempie…

Sembrava… era come avere un tumore.. un dolore che lo uccideva dall’interno.

 

Gli altri andavano in giro per i corridoi. Sentivano quel odore e non provavano alcun dolore.

Qualcuno lo trovava persino piacevole.

Perché allora lui lo odiava? Perché gli faceva cosi male?

 

Non poteva pensarci… doveva trovare qualcosa su cui concentrarsi…

Com’era possibile concentrarsi?

Gli faceva male la testa.

 

C’era della musica… proveniva della musica da un delle stanze.

Saul chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie, senza fermarsi, mentre tentava di capire che canzone fosse, cosa molto difficile visto il dolore che provava.

 Doveva concentrarsi su quella canzone… per quanto lontana fosse, per quanto la testa stesse cercando di scoppiare…

 

Aprì gli occhi, con un sorriso stanco, mentre tornava a guardare la figura aggraziata che gli camminava davanti.

 

“Vedo che vi state aggiornando con le nuove tendenze…”

 

Stavano salendo delle scale… fra un po sarebbero arrivati nelle sue stanze, e quel odore di lavanda non ci sarebbe piu stato…

Non ne vedeva l’ora.

 

Sylvia però si era fermata…adesso si era girata verso di lui, con un sorriso strano…

Sembrava quasi… non poteva dirlo con certezza…

Ma era un sorriso quasi affettuoso… e allo stesso tempo freddo.

 

“Tu saresti cosi adatto.. con il tuo bel faccino, attireresti un sacco di clienti.”

 

Saul assunse la sua migliore aria imbronciata, in perfetto stile bambino offeso.

 

“Ehi… abbastanza piccolo per non potermi divertire ma abbastanza grande per poterci lavorare? Mi sembra ingiusto…”

 

Sylvia gli rivolse un semplice sorriso… un sorriso che Saul aveva visto poche volte sulle sue labbra, ma che prima, quando ancora il pensiero del suo villaggio gli faceva male, aveva spesso rivolto a chi pensava amici.

Un sorriso amaro, lievemente triste… un sorriso triste per i ricordi.

 

La ragazza continuò a salire, invitando Saul a seguirla.

Un Saul che, per pochi secondi, si era dimenticato del male che quel profumo gli faceva, penetrandogli dentro e distruggendolo.

 

Mhm… dimmi zuccherino… come mai sei venuto a farmi visita?”

 

Erano saliti al piano superiore, nelle stanze di Sylvia.

Erano, piu precisamente, nel retro della casa, da dove era entrato Saul. Le stanze di Sylvia occupavano la parte ovest della casa, lasciando molto spazio alle altre camere, dove aveva luogo il “lavoro”….

 

Oddio… credeva… non che sapesse precisamente dove fosse…

 

Fortunatamente, l’odore di lavanda era scomparso.

Nessuno sembrava capirlo, quando stringeva la testa, cercando di proteggersi inutilmente da quel odore interno, procurato dalla lavanda… alcuni dicevano persino che doveva essere pazzo.

Ed era per quello che Saul aveva smesso di rendere noto alla gente il suo stato.

 

Per quello e, naturalmente, per altri motivi piu o meno importanti… tipo aver perso il proprio villaggio, il proprio miglior amico, chiunque avesse voluto proteggerlo, aver dovuto fuggire da dei soldati e altre sciocchezzuole del genere.

 

Sylvia si muoveva aggraziatamente verso il servizio da tè, mentre Saul si sedeva comodamente su una sedia, con l’eleganza tipica del padrone di casa.

Osservò i candidi guanti ormai irrimediabilmente rovinati, con un flebile sospiro, distendendo e poi chiudendo a pugno le mani, in modo da osservare tutte le varie macchie e cedimenti.

Non si vedeva la pelle, attraverso quei graffi, ma se avesse continuato a indossarli si sarebbero sicuramente rotti ancor di piu.

 

Saul emise un secondo sospiro, congiungendo le mani sul grembo, imprecando fra se e se per l’ennesima complicazione.

 

Forse fu proprio quel gesto, in maniera arcana, a ricordargli la domanda che la donna gli aveva appena posto.

 

“Sai come sono gli uomini, Sylvia… per un po cambio aria.”

 

Sylvia ritornò con un vassoio, che poggiò con grazia sul tavolino d’innanzi a Saul, sedendosi poi davanti a lui, assumendo un’aria lievemente imbronciata.

 

E io che credevo che tu non fossi come tutti gli altri…”

 

Saul non rise solamente perché aveva ora portato alle labbra il tè alla pesca che Sylvia si era preoccupata di preparargli, ricordandosi, con gioia del ragazzo, che era il suo sapore preferito.

 

Gli piaceva parlare con lei. Cercare di trovare una risposta a tutte le sue domande, con ironia… come essere in una recita. Impersonare quel ruolo…

Gli piaceva. Era come una recita… come essere un attore.

 

Ma mia cara… non sono io a volermene andare, sono gli altri a costringermi. Io avrei bisogno di un posto sicuro dove aspettare l’arrivo della sera…”

 

Gia… ma dove sarebbe andato?

Quello non lo sapeva. Ma aveva ancora del tempo.

Quella sera sarebbe tornato da Locky, gli avrebbe chiesto una cartina e poi se ne sarebbe andato, facendo in modo di attirare poco l’attenzione.

 

Sylvia appoggiò la tazza al piattino, rimasto appoggiato al tavolo, appoggiandosi allo schienale della sedia.

 

Sapeva benissimo che probabilmente stava pensando a qualcosa.

Se fosse per cercare una spiegazione al comportamento di Saul o per trovare un modo per aiutarlo, quest’ultimo non ne aveva la minima idea.

 

“Tesoro, devo chiederti una cosa… una cosa che potrebbe aiutare tutti e due.”

 

Saul inamidò le labbra nel tè, prima di appoggiare la tazzina sul piattino, osservandola senza battere ciglio.

Un affare, eh?

 

Di Sylvia… bhè… per lei, provava quanto di piu vicino alla fiducia ci potesse essere a quel mondo… e non l’aveva mai tradito.

Ma era anche vero che non se n’era neanche mai presentata l’occasione.

 

“C’è una persona che vorrebbe andarsene… ma da sola, temo che attirerebbe troppo l’attenzione. E lei mi sta molto a cuore.”

 

Saul socchiuse gli occhi, poggiando le mani in grembo, assumendo quella che sembrava la posa di un uomo d’affari che fiuta il pericolo.

 

Pericolo… ed effettivamente la cosa lo insospettiva.

Sylvia poteva rivelare una sua probabile posizione… anche se, se era vero che la ragazza che gli voleva affidare le stava molto a cuore, probabilmente avrebbe fatto in modo di non metterla in pericolo.

Fatto stava che, se accettava, la sua “compagna di avventure” avrebbe potuto rivelare la sua posizione…

 

“Se viaggiate insieme potreste dare meno nell’occhio… e potreste anche aiutarvi a vicenda.

 

Non aveva bisogno di aiuto.

Non aveva mai avuto bisogno di aiuto.

Aveva smesso di averne bisogno a nove anni.

 

C’erano troppi rischi. Forse la ragazza lo avrebbe tradito, rivelando la sua posizione… forse lo avrebbe piantato in asso… forse lo avrebbe colpito alle spalle.

Non poteva fidarsi…

 

“Lo so cosa pensi, zuccherino… Ma lei è affidabile. Ti prego di aspettare, te la presento.”

 

Bene. Cosi avrebbe dovuto dirle di non volerla in faccia…

 

Sylvia uscì dalla stanza, a passi felpati, chiudendo la porta… mentre Saul sospirava, socchiudendo nuovamente gli occhi.

 

Dannazione… come faceva a crederle? Era in una situazione pericolosa… non poteva avere altre complicazioni…

E aveva gia fatto una sciocchezza, quella mattina, nel dire a quei due… ladruncoli di essere un… eretico.

 

Si avvicinò alla finestra, da cui entrava la luce del sole, soffusa…

Erano… erano le cinque del pomeriggio. Fra tre-quattro ore sarebbe tornato da Locky, avrebbe chiesto una cartina e se ne sarebbe andato, lasciando calmare le acque.

Se ne sarebbe andato da quella città…

 

Quella città… la conosceva come le sue tasche. Conosceva ogni viuzza, ogni abitante, ogni, singola, pietra che costruiva le strade, conosceva le ore in cui c’era piu gente, conosceva ogni singola sfumatura che il cielo assumeva nelle varie ore.

E nessuno conosceva lui. Nessuno si era mai accorto della sua presenza, e se si, dimenticata subito dopo… a parte quella mattina con le guardie, naturalmente.

Nessuno lo conosceva. E a lui andava bene cosi.

 

Perché li odiava. Li odiava dal primo all’ultimo.

Odiava ogni singola viuzza, ogni abitante, ogni pietra che costruiva le strade, le ore in cui c’era piu gente e le ore in cui non c’era nessuno. Odiava ogni singola sfumatura del cielo.

C’erano poche persone che non odiava. E quasi tutte quelle che non odiava erano a lui indifferenti.

 

Odiava quella città, anche se in realtà quella città non aveva fatto niente.

Per lui era solo… un capro espiatorio. Il simbolo di ciò che l’aveva reso cosi. Il simbolo di tutti quegli anni passati da solo, in cui si era reso sempre piu cinico.

Anni in cui si era sempre piu anestetizzato, cominciando a… diventare indifferente.

Perché poi avrebbe dovuto non esserlo?

 

Cosa cambiava se piangeva per un moccioso senza casa e senza famiglia?

Cosa cambiava se si fermava a fissare un tramonto all’orizzonte?

Cosa cambiava se guardava le stelle nel cielo?

 

Non aveva piu casa, non aveva piu famiglia.

Il tramonto non gli dava da mangiare.

Le stelle non lo aiutavano a sopravvivere.

 

Le stelle…

Se ne vedevano alcune… in quel periodo il sole calava in fretta, in quel buco.

Brillavano, con quella loro luce bianca, fredda.

Brillavano e… basta.

 

Brillavano, rendendolo una specie di bambola, fissa con gli occhi su quel luccichio spettrale… un luccichio che sembrava prendersi la sua mente, volando al di sopra di quella città…

 

A cosa serviva?

 

Saul si voltò verso la stanza, mentre la sua ombra si allungava ancora di piu sul pavimento, per effetto del sole che spariva dietro una collina.

Una luce arancione riempiva quella stanza… una luce calda, soffusa, che faceva diventare le tazzine da tè, di candida ceramica bianca, gialle, con vaghi riflessi.

 

Una luce dorata. Come i suoi occhi…

 

“Saul, questa è Anael.”

 

La porta si richiudeva dietro Sylvia delicatamente, mentre davanti a lei c’era una ragazza di 16 anni.

 

L’aspetto esile e ben curato, la pelle candida le davano un di eterea bellezza, una cosa che, a dire il vero, non si aspettava di trovare in un luogo del genere.

I capelli erano legati da una coda alta, ben stretta. Erano biondo chiaro, mossi, da quanto si poteva vedere dalla coda, che le arrivava fino al gomito. Una rada frangetta cadeva sulla sua fronte, e alcuni ciuffi piu lunghi facevano da cornice al volto.

Due orecchini, due piccole sfere rosso sangue, sfoggiavano sui lobi, e un piccolo ciondolo era al collo, del tutto dorato, senza alcun abbellimento.

Le labbra avevano un filo di rossetto, di un rosso che, Saul ridacchiò rendendosi conto di averlo pensato, sulle sue labbra sembrava quasi sangue.

Gli occhi erano marroni chiaro, ambrato. Fissavano avanti a se, come se fosse… indifferente a ciò che vedeva, come una commedia vista e rivista.

Indossava un gilet stretto, in modo che risaltasse tutte le forme del suo busto, e sotto di esso vi era una camicia bianca, con le maniche lunghe e il colletto largo.

Indossava una gonna lunga fin poco prima delle ginocchia, bianca, da cui sotto spuntavano alcuni pizzi.

Alle gambe indossava delle calze a rete, nere, con degli stivali pesanti anch’essi neri, quasi… da montagna.

Portava una cintura a cui era affissa una spada… a dir poco bella.

La lama era lievemente curvata, a doppio taglio, di un metallo limpido e con piccole rune scritte in un angolo.

 

Era carina.

Ma questo non voleva dire fosse anche affidabile.

 

“Ciao. Sylvia, io ehm… come dire…”

 

voglio andarmene di qui per favore fammi andare via non scatenarmi quella ragazza addosso per favore.

 

Saul si bloccò, indeciso sul come proseguire.

Doveva trovare un modo gentile per dire “non intendo avere quella ragazza sulle scatole”.

 

Dal canto suo, Anael sembrava essersi limitata a prendere atto di essere entrata in una stanza.

 

Cosa c’è zuccherino? Come ti ho spiegato, in due non dareste nell’occhio… e potreste difendervi a vicenda…”

 

Sylvia partiva all’attacco…

Dannazione… doveva trovare un modo per non portarsi dietro Anael.

 

Cioè… a dire il vero, cominciava a dubitare fosse viva, ma insomma…

 

Locky, se anche andava dalle guardie, non gli avrebbero creduto… ma se ci fosse andata Anael, le avrebbero creduto, eccome!

 

“Sylvia… dammi un buon motivo per cui posso fidarmi di lei.”

 

Saul si massaggiò le tempie, distrutto.

Si rese conto solo in quella frazione di nanosecondo che si era fregato da solo.

 

Se lei tirava fuori la frase “perché te l’ho presentata io” aveva le spalle al muro.

Dannazione!

 

“Perché se scoprono che lavoro fa verrà catturata dalle guardie. Perché non le importa ne stare peggio ne stare meglio, e quindi non gli importerà neanche tradirti oppure abbandonarti. Perché non le importa piu niente. E perché, mio piccolo batuffolino zuccheroso, te lo presentata io.

 

Saul, ignorando il conato di vomito che stava salendo dalla sua gola al nome “batuffolino zuccheroso”, ci mise un secondo a estrapolare le situazione e renderle comprensibili alla sua mente.

 

La seconda e la terza motivazione erano irrilevanti…

Ma la prima era decisamente valida.

 

Se le guardie l’avevano sotto gli occhi, sicuramente l’avrebbero presa e costretta a lavorare per loro… e da quel poco che aveva sentito, non era un buon lavoro.

 

Saul fece un piccolo broncio, incrociando le braccia sul petto.

 

Bhè… come posso non fidarmi? L’ultima tesi era cosi convincente…”

 

Sylvia sorrise, facendogli l’occhiolino, quindi si sedette ad una sedia, accanto al tè, subito imitata da Saul, che impugnò la sua tazzina.

 

Ciò non voleva certo dire che si fidava della ragazza… ma lei non sembrava molto comunicativa, e quindi dubitava le avrebbe confidato qualche segreto.

 

Anael in quel momento accarezzava l’elsa della spada, gli occhi vuoti fissi per terra, una maschera di indifferenza su quel volto etereo…

 

Chissà… perché voleva partire quella… specie di bambola di porcellana?

 

Bhà… lei non si impicciava degli affari suoi, lui non si sarebbe impicciato degli affari di lei.

 

Saul bevve un secondo sorso di tè, guardando l’orologio in stile vittoriano sulla tavola, a poca distanza da lui.

 

Le cinque e mezza… Il tempo di un altro tè.

  
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