Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Whatadaph    11/12/2011    8 recensioni
Dominique Weasley ha diciassette anni, una media impeccabile e una vita apparentemente perfetta - nonostante ci siano troppi cugini di mezzo, una sorella ingombrante e centinaia di studenti che sono a conoscenza di ogni dettaglio della sua esistenza. Ha anche una migliore amica scomparsa, un ragazzo con la testa da un'altra parte e troppi segreti da nascondere.
Una Nuova Generazione piena di squallore e frivolezze, che dovrà pezzo per pezzo recuperare ciò che ha perduto.
Ispirato a Gossip Girl. Dal secondo capitolo:
Dominique Weasley si guardò allo specchio. Come sempre, non poté fare a meno di contrapporre la propria immagine a quella della sorella. [...] I capelli di Victoire sembravano brillare di luce propria, i suoi occhi violetti facevano sembrare banale il grigio di quelli di Dominique, la sua pelle era perfetta e priva di macchie. Victoire era più alta, più magra, più bella. Il ritratto della madre, l’orgoglio del padre, la ragazza di Teddy. Spostò una ciocca di capelli, si passò una mano sulla pancia. Si sentiva nauseata.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Lucy Weasley, Scorpius Malfoy
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 

Capitolo 19

Pride and Prejudice


The faster we're falling,

We're stopping and stalling.

We're running in circles again

Just as things we're looking up.



Dire che Molly Weasley era disperata sarebbe stata una colossale inesattezza. Molly Weasley non era disperata, era a pezzi. Letteralmente. Si sentiva disintegrata, sbriciolata, squartata, distrutta. Le pareva di essere stata mutilata, privata di un qualcosa che per anni era stato un pezzo fondamentale della sua esistenza, una parte del suo essere della quale non era certa di poter sopportare l’assenza. Tutte le aspettative e tutti i suoi sogni – quelle ambizioni cui aveva dedicato infinito impegno e immensa dedizione – le erano stati portati via così, in un solo, misero sbuffo di fumo.

Strappati, rubati. E adesso Jackie Finigann sta ballando sul mio cadavere.

A bruciare più di ogni altra cosa era l’estrema ingiustizia di tutta quella faccenda. Accidenti, non era stata lei! Le appariva terribilmente crudele il fatto che tutto ciò in cui credeva le fosse stato tolto a causa di una falsa accusa, un castigo bugiardo che adesso minacciava di compromettere buona parte del suo futuro. Che cosa aveva fatto per meritare tutto ciò? Almeno questo, avrebbe voluto saperlo.

A tutte queste cose pensava Molly alle prime ore del mattino, in piedi al centro della guferia deserta. Attorno a lei, gli ultimi volatili stavano tornando al trespolo dopo le peripezie notturne. Il cielo scuro cominciava a stingere in un tenue azzurro grigiastro, il sole spingeva timoroso i propri raggi oltre le sfilacciate nubi che orlavano il profilo delle montagne. I gufi tubavano, le civette bubolavano, il gallo del guardiacaccia cantò in lontananza. Hogwarts si stava lentamente svegliando.

Molly si trovava lì, immobile e sola nella stanza, stringendo convulsamente una busta da lettere fra le dita ossute della mano destra. Un nodo le serrava strettamente la gola, quel groppo che dal giorno prima la tormentava e che le impediva di versare anche una sola lacrima. Un senso di oscura angoscia la pervadeva.

Improvvisamente, udì un trambusto alle proprie spalle, ma non si volse. Non le interessava di chi si trattasse, almeno finché non riconobbe la voce che le si rivolse.

“Weasley?!”

Lei deglutì, voltandosi. “Che cosa vuoi, Scamandro? Cantare vittoria?”

Lorcan Scamandro era in piedi di fronte a lei, con un volto da notte insonne che probabilmente nulla aveva da invidiare a quello di Molly. Portava con sé una busta gialla, che aveva tutta l’aria di essere un grosso ordine di uova appartenenti a qualche strana creatura potenzialmente pericolosa. Per un istante, Molly ebbe la tentazione di chiedere al ragazzo di cosa si trattasse, ma poi lasciò perdere.

Tanto non potrei punirlo comunque, visto che non sono più caposcuola, pensò con amarezza.

Lorcan la scrutò con aria imperscrutabile. “Come mai dovrei cantare vittoria?” le chiese, perplesso.

Molly levò le sopracciglia.

“Ho perso tutto,” confessò, abbattuta.

“E quindi?” fece Lorcan.

“Come e quindi?” replicò lei, gelida.

“Perché dovrei cantare vittoria?” ripeté Lorcan.

Lei scoppiò in una debole risata che in qualche modo risultò tremula e sferzante al tempo stesso.

“Perché mi odi, no?” ribatté in tono stranamente acuto. “Tu mi odi, quindi non puoi che essere contento del mio fallimento! Tu ne sei felice, lo so!”

Troppo scossa per farci caso, ormai Molly sproloquiava senza pensare, esternando più di quanto avrebbe mai voluto trapelasse normalmente in tali circostanze.

Tuttavia, Lorcan non agì come lei avrebbe pensato, anzi: invece che cogliere la palla al balzo per schernirla, parve perplesso.

“Che cosa intendi dire?” le domandò.

Molly ebbe la tentazione di tirargli un pugno, salvo poi ricordare che i gemelli Scamandro erano abbastanza fuori dal mondo da essere probabilmente gli unici a Hogwarts che non dossero a conoscenza dell’accaduto.

Mi chiedo come faccia Roxanne a essersi presa una sbandata per Lysander... bah!

“Sono stata accusata di aver lanciato di nuovo una fattura a Jackie Finigann,” sbottò. “Cosa che ovviamente non ho fatto.”

Con sua enorme sorpresa, Lorcan sbiancò. Con amara soddisfazione, Molly pensò che era la prima volta in cui fosse riuscita a stupirlo.

“Forza,” lo sfidò, “prendimi in giro. Commiserami. Dimmi quanto pensi che io sia una povera fallita.”

Il volto di Lorcan era contratto in un’espressione che Molly non riuscì a interpretare.

“Che cosa ti hanno fatto?” ringhiò il ragazzo.

Lei sbuffò. “Mi hanno tolto il titolo di Caposcuola e messo una nota disciplinare. Probabilmente mi sospenderanno anche per qualche giorno, se il consiglio dei docenti deciderà così.”

Lorcan corrugò le sopracciglia. Stava evidentemente riflettendo, e pareva stranamente ansioso. “Che cos’è quella?” chiese ancora a denti stretti, indicando la missiva che Molly teneva fra le mani e torturava da ore.

“Una lettera per mio padre,” rispose la ragazza. “Per spiega-”

“Non la spedire!” gridò lui, interrompendola.

Stupefatta, Molly abbassò lo sguardo sulla busta.

Che abbia qualcosa che non va? Potrebbe essere sporca di cacca di gufo, o che so io...

Quando però si avvide che la pergamena era immacolata, scoccò al ragazzo un’occhiata sprezzante.

“E perché mai?” domandò, muovendo un passo verso il barbagianni più vicino.

Ma Lorcan non rispose. Si limitò a strapparle la lettera dalle mani e fuggire via, con la stessa strana espressione contratta di poco prima impressa sul volto. Molly restò lì, immobile al centro della stanza, sola e stupefatta.


*


“Che cosa significa tutto questo, Lys?”

Lysander fischiettò, continuando a tirare la mano di Roxanne per trascinarla dietro di sé lungo il sentiero. Attorno a loro alcuni raggi di sole – si prospettava una domenica magnifica – penetravano attraverso le scure fronde della Foresta, conferendo al luogo una surreale luminosità verdastra e dorata. Il cinguettio degli uccellini si fondeva con altri suoni decisamente più inquietanti, e Lysander si stava divertendo un mondo. L’espressione perplessa della sua ragazza – la sua ragazza! – quando l’aveva condotta nella Foresta Proibita era stata a dir poco esilarante. Roxanne aveva corrugato le sopracciglia e arricciato il naso in un modo così buffo da fargli a stento trattenere una risata.

Questa era in fondo una delle tante cose che amava di Roxanne: era divertente. Divertente, ironica, pragmatica, cocciuta, di un’insicurezza adorabile che riusciva brillantemente a mascherare dietro a quell’apparenza di ferrea tempra e sempiterna allegria.

E di certo avere tutte quelle cugine così esplosive non la aiuta affatto.

Secondo Lysander anche Roxanne era esplosiva, certo. Lo erano quelle sue curve abbondanti e morbide, quegli occhi scuri e sensuali, la bocca piena e la risata trascinante. La trovava terribilmente carina e insostenibilmente fantastica, e se gli avessero chiesto il perché ne avrebbe trovati così tanti che un libro probabilmente non sarebbe bastato a contenerli. Tutte quelle ragioni variavano dalla marmellata di limoni che lei mangiava a colazione fino al vago fiatone che in quel momento emetteva mentre arrancava dietro di lui, nella Foresta.

“Dai, dimmelo! Dove stiamo andando?!”

Lysander scrollò le spalle e sorrise enigmaticamente. “È una sorpresa, piccola. Ti piacerà, vedrai!”

Roxanne sembrava piuttosto preoccupata.

Probabilmente pensa che la sto portando a vedere le Acromantule. Lorcan lo farebbe di sicuro, ma lui ha la delicatezza di un Efelantide imbizzarrito.

La mente di Lysander, mentre vagava saltellando di qua e di là come suo solito, si soffermò sul bacio che si era scambiato con Roxanne due giorni prima. Le sue labbra erano così soffici e dolci, i suoi fianchi così tondi e perfetti che...

Lysander fece categoricamente segno di dissenso con la testa – la ragazza gli lanciò un’occhiata perplessa.

Non mi devo distrarre, no.

“Puoi dirmi almeno quanto manca?” supplicò Roxanne, poco avvezza alle lunghe camminate.

“Poco,” replicò lui. “In cinque minuti dovremmo essere lì.”

Difatti, dopo poco tempo gli alberi si diradarono in una piccola radura – Lysander fece segno alla ragazza di fare meno rumore possibile. Al margine opposto del piccolo spazio aperto, fece capolino il muso chiaro di quello che si sarebbe potuto tranquillamente scambiare per un cavallo, non fosse stato che per la vaga luminosità che pervadeva il suo manto lucido. Quando l’unicorno si fece avanti fra i cespugli, baluginando alla luce del sole che nella radura aveva più spazio, Lysander si volse verso Roxanne. La ragazza era immobile, a bocca aperta, gli occhi brillanti di meraviglia e commozione. Lui sorrise: poteva comprendere i suoi occhi lucidi. Quando si vedeva un unicorno, la sua assoluta e struggente purezza si poteva percepire chiaramente, incuteva un’ammirata soggezione.

Quando Roxanne si volse di lui, nelle iridi di lei era dipinta una gioia incredibile che coinvolse anche Lysander.

“Vai,” le disse. “Se ti avvicini piano, si farà toccare. Gli unicorni preferiscono le ragazze.”

Lei sorrise, prima di muovere qualche passo cauto verso l’animale. Quando vide che questo restava immobile, scrutandola serenamente con gli occhi grandi e rotondi, si mosse con maggiore sicurezza. Quando giunse al fianco dell’unicorno, prese a far scorrere lentamente le dita sul suo manto, all’altezza del fianco. Pian piano, continuando a carezzarlo, risalì verso il collo, grattandolo delicatamente sotto alla mascella.

Lysander si maledì per non aver portato con sé una macchina fotografica, poiché non aveva mai visto Roxanne sorridere così.

L’unicorno si lasciò accarezzare ancora per diversi minuti, prima di strofinare amorevolmente il naso sui capelli della ragazza e dileguarsi nuovamente fra gli alberi. Roxanne raggiunse Lysander con pochi, lunghi passi. Circondò il suo collo con le braccia e lo baciò appassionatamente.

Poiché l’ora di pranzo si stava avvicinando, si misero nuovamente in cammino. Dopo aver percorso qualche metro, Roxanne inciampò, finendo lunga distesa per terra.

“Sto bene, sto bene,” brontolò, mentre si puntellava con i gomiti e prendeva la mano che il ragazzo le porgeva per tirarsi su. “Credo di essere inciampata in un sasso, o qualcosa del genere...”

“Quello?” chiese Lysander, il cui sguardo era stato catturato da una piccola pietra scura. Inciampandoci su, Roxanne l’aveva evidentemente liberata dalle foglie secche che la ricoprivano. Lysander si chinò e la raccolse.

“Roxy!” esclamò. “Non ci posso credere! È un uovo di Fruffolo Frizzante... proprio come li ha descritti la mamma. Simili a piccoli pietre nere, con alcuni graffi sulla superficie.”

L’uovo era ricoperto di terra, ma in alcuni tratti erano visibili delle incisioni sopra a quello che doveva essere il guscio.

A Roxanne veniva da ridere, Lysander se ne accorse ma non se la prese. Il bello del loro rapporto era proprio il ridere l’uno dell’altra.

“Potremmo portarlo al castello,” propose la ragazza. “Poi lo puliremo e lo terremo d’occhio finché si schiuderà. Che ne dici?”

Lysander aveva il vago sospetto che Roxanne lo stesse amorevolmente prendendo in giro, ma colse l’attimo per coinvolgerla negli interessantissimi studi che sarebbero potuti uscir fuori dall’osservazione di quell’uovo.

Non vedo l’ora di dirlo a Lorcan e alla mamma!


*


Da diverse ore ormai Albus Potter e Rose Weasley erano letteralmente sommersi dai libri. Gli occhi di Al bruciavano per quante lettere stampate erano stati costretti a leggere, e Rose sembrava essere sull’orlo di una crisi di nervi. Il suo volto diveniva sempre più pallido e i suoi occhi ardevano in fibrillazione, come se fosse stata febbricitante – il giovane Potter iniziava sinceramente a preoccuparsi, nel vedere il gene Granger risvegliarsi tanto inaspettatamente nella cugina.

Non che non avessero trovato nulla, anzi. I libri che stavano sfogliando da diverse ore contenevano una quantità di informazioni sulle Proprietà degli oggetti tale da far girare la testa, e orientarsi in quella marasma di dati non era affatto semplice. La pila degli appunti di Rose cresceva sempre di più e la testa di Albus era sul punto di esplodere.

La ragazza, sfogliando rapidissima le pagine – ad Al sembrava quasi di non riuscire a vedere le pupille, tale era la velocità con la quale leggeva. Mentre cercava informazioni, non cessava mai di borbottare a mezza voce, talmente scoordinata che al ragazzo sfuggiva qualche parola.

Sì, Rosie deve essere definitivamente impazzita.

Indendiamoci, Albus aveva sempre pensato in fondo che Rose fosse un po’ matta – così come l’aveva sempre pensato di Dominique e Molly, in effetti. Per non parlare di Louis, talmente elettrico da far girare la testa a chiunque gli stesse intorno. A dire il vero, Al pensava che il gene portatore di quella vaga vena di follia fosse piuttosto ricorrente nella famiglia Weasley – così come l’estrema venerazione delle donne amate si poteva ritrovare in ogni generazione Potter. Albus era lieto di poter affermare di essere immune di entrambi, o almeno così pensava.

Ma pazzo lo diventerò di sicuro, se Rose non si calma. È uscita di testa, da un paio di giorni a questa parte.

Rosie era decisamente strana. Più strana del solito.

La faccenda sembrava esser cominciata un paio di giorni prima. Mentre stavano portando avanti in biblioteca la loro ricerca, alle loro spalle era spuntato fuori Hugo. Il ragazzino aveva mostrato loro una vecchia fotografia, e Rose aveva cambiato di colpo espressione. Sembrava... desolata.

Distrutta, direi.

Era scappata via correndo. Da quel momento, l’occhio attento e allenato di Albus aveva notato alcune piccole differenze nell’atteggiamento della cugina. Se n’era accorto a tavola, quando Rose aveva ricambiato un sorriso di Ben Aubrey con un’occhiataccia anziché uno sguardo languido. Lì per lì, la faccenda non l’aveva stupito più di tanto. Poteva anche trattarsi di una giornata no, dopotutto. I primi sospetti li aveva avuti nel corso della stessa giornata, accorgendosi di come gli occhi della cugina avessero preso a guizzare furiosamente di qua e di là, sebbene lei mascherasse tale irrequietezza con la solita faccia di bronzo.

Insomma, un cambiamento era intuibile. Rose era diversa da Dominique e Grace, lei non avrebbe mai rivoluzionato le proprie azioni partendo dall’apparenza – come era stato per Domi con i suoi capelli e per Grace con le gonne sempre meno corte. Era chiaro che stesse mutando qualcosa, dentro di lei. Appariva in attesa.

Non capisco. Che cosa aspetta?

Infine, Albus aveva dedotto che il misterioso malfunzionamento dei galeoni stregati fosse all’origine di tutto ciò. Evidentemente, la faccenda le causava ansia.

“Ecco!” esclamò Rose, inconsapevole del fatto che il cugino stesse pensando proprio a lei.

“Hai trovato qualcosa?” le domandò Al.

“Credo di sì. Senti qua... La perdita della Proprietà è riconoscibile in un oggetto poiché assieme ad essa questo viene a mancare anche delle caratteristiche che ne rappresentano la Sfera dell’Utile... bla bla bla. Ecco, uno dei casi nei quali si verifica la perdita della Proprietà è l’annullamento dell’Incanto Proteus, il potere del quale può essere reso nullo o dalla morte dell’artefice di esso oppure annullando empiricamente le Proprietà di tutti gli oggetti di un certo tipo in un determinato luogo!”

“Non è morto nessuno,” osservò Albus. “Ma che cosa vuol dire annullare empiricamente? E la Sfera dell’Utile... aspetta, credo di ricordarlo.”

“È l’aspetto visibile dell’utilità di un’oggetto,” rispose Rose con voce stanca, passandosi una mano sugli occhi. “Come la luminosità per le monete false.”

“Ah, giusto... riguardo all’annullamento empirico sai qualcosa?”

“Non ne ho idea,” ammise la cugina. “Dovremmo scoprirlo, però... ci deve essere qualcosa!”

Albus sospirò. “Forse stiamo affrontando il problema da un’angolazione sbagliata.”

“E quale sarebbe quella giusta?” ribatté Rose, polemica.

“Non lo so, Rosie. Non lo so proprio. Sappiamo solo che la Proprietà delle monete è stata annullata empiricamente, visto che non è morto nessuno studente. Insomma, si sarebbe saputo, no?”

“Già. Però, Merlino! Annullare empiricamente... cosa diavolo vorrà dire?”.


*


Scorpius era seduto sul letto e fissava diversi oggetti sparsi di fronte a lui – alcune fotografie, delle lettere, un paio di orecchini decisamente vistosi¹ –, quando udì bussare.

“Posso?” disse la voce di Grace, dall’altro lato della porta.

Lui si schiarì la voce. “Entra pure,” rispose.

La porta si aprì con un leggero scricchiolio. Scorpius vide con la coda dell’occhio la figura sinuosa e bionda di Grace farsi strada lungo la doppia fila di letti circondati da cortine verde smeraldo. La ragazza lo raggiunse, sedendosi accanto a lui sopra al materasso.

Scorpius la udì ridacchiare.

“Quelli mi sembra di conoscerli,” fece lei, indicando gli orecchini.

Il giovane Malfoy sorrise. “Già,” commentò. “Erano tuoi. E anche queste.”

Grace abbassò lo sguardo sulle foto, la maggior parte delle quali ritraevano proprio lei, da sola o assieme agli altri. Erano tutte stampe vecchie e consunte, alcune strappate sugli angoli.

“Quando sei partita, due anni fa,” riprese Scorpius, “Domi ha scatenato una furia distruttrice. Ha bruciato tutti i tuoi appunti, tutte le foto in cui comparivi tu. Queste sono le uniche che sono riuscito a salvare... le uniche rimaste dei tuoi primi anni a Hogwarts. E gli orecchini li avevi lasciati qui quella notte... sai, quando –”

“Lo so,” lo interruppe lei. “Come mai hai tirato fuori queste cose?”

“Pensavo. Riflettevo.”

“Riflettendo ti sei chiuso qui dentro per due giorni di fila?”

“Grace, io –”

“Inizio a pensare che sia una prerogativa di voi Serpeverde, questo ritiro in solitudine quando siete tristi o arrabbiati. Vi rinchiudete in voi stessi. Lo fa Jake, lo fa Domi... lo fai tu.”

Scorpius sorrise un po’ tristemente. “Già, credo proprio che tu abbia ragione.”

“Su cosa stavi riflettendo?”

“Sul presente e sul passato.”

“Sei molto loquace, oggi.”

“Già...”

“Appunto.”

Cadde il silenzio per qualche istante. Grace raccolse un’orecchino dal letto e prese a giocherellarci, pensierosa.

“Vuoi sapere perché sono venuta qui, oggi?”

Lui la guardò. “Perché?”

“Perché tu sei stato importante come il ragazzo che amavo e adesso sei importante come un fratello. E in questo momento hai bisogno di aiuto.”

Scorpius tacque.

“So che sei triste e deluso,” aggiunse Grace, “e che sei anche molto arrabbiato. Ma non lasciare che tutto vada in pezzi per una presa di posizione assolutamente inutile.”

“Da quando sei così saggia?”

Lei rise. “Non lo so!”

Scorpius aveva sempre pensato che la risata di Grace fosse una delle cose più belle del mondo. Quando lei rideva, si udiva il suono argentino di una cascata di campanelli. Era sublime, coinvolgente, rasserenante. Lui lo pensava quando lei era la ragazza che amava, e continuava a pensarlo anche ora che la considerava alla stregua di una sorella.

“Ehi, G,” disse. “Ti preferisco come sorella, sai?”

Lei rise ancora, e questa volta rise anche Scorpius.

“Anche io ti preferisco come fratello, ma non credo proprio che Lucy la penserebbe allo stesso modo.”

“Grace...”

“Scorpius.”

“Ma –”

“Vai a parlare con lei. Adesso”.


*


“Signorina Weasley, finalmente sono riuscita a trovarla! La preside desidera parlarle.”
Molly deglutì, mentre seguiva il professor Vitious per i corridoi.
Nana bianca²!” esclamò il minuscolo professore quando raggiunsero il gargoyle di pietra che nascondeva la scala a chiocciola mobile che portava all’ufficio della preside.
Quando entrò nello studio circolare, la presenza del corpo insegnanti quasi al completo non sorprese Molly. A stupirla fu invece la presenza di Lorcan, pallidissimo e abbandonato sulla stessa sedia scomoda sulla quale lei aveva atteso il ritorno della professoressa Sinistra, qualche giorno prima.
Gli si rivolse: “Scamandro, ma cos-”
“Si accomodi, signorina Weasley,” la interruppe la preside con un gran sorriso, evocando per lei una sedia identica alla precedente.
Sempre più perplessa, Molly si sedette.
Ma perché la Sinistra sembra tanto contenta? E cosa ci fa Lorcan qui?
“Per prima cosa vorremo scusarci,” cominciò Aurora Sinistra, “per averla accusata di una violazione delle regole di Hogwarts, quando non era stata lei.”
Il cuore della ragazza prese a battere furiosamente a causa della gioia e dell’incredulità.
Non ci credo! Non posso crederci!
“La nota disciplinare è stata annullata,” proseguì la preside, “e il ruolo di Caposcuola reintegrato. Devo dire che non posso che esserne lieta... era un vero peccato, sa? Un curriculum come il suo!”
Molly sorrise apertamente. Merlino, avrebbe gridato e ballato e saltato per l’entusiasmo!
“Come... come avete fatto a capire che non ero stata io?”
“Beh, il signor Scamandro, qui, ha confessato.”
Che cosa?!”
La ragazza si voltò verso Lorcan, stupefatto. “Eri stato tu?”
Lui, se possibile, parve impallidire ancor di più, contraendo il viso. Annuì.
“Ma... perché?!”
Lorcan la guardò dritto negli occhi. “Ho sentito Jackie parlare male di te e di tua sorella.”
“Ma –”
“Professoressa, posso andare adesso?”
“Oh, certo, Lorcan! Mi raccomando, faccia che non accada più.”
“Certo, professoressa.”
Prima che Molly avesse il tempo di dire o fare alcunché, il ragazzo era già scomparso oltre la porta dell’ufficio. Lei fece per seguirlo, ma fu bloccata dalla voce della Sinistra.
“Aspetti un attimo, signorina Weasley...”.

*


Ron Weasley
Quartier Generale degli Auror
Secondo Livello, Ministero della Magia
Londra

Rose Weasley

Sala Comune di Serpeverde

Hogwarts, Scozia


Cara Rosie,
il primo era effettivamente un pessimo biglietto. Sono stati pessimi anche i due biglietti precedenti, a dire il vero. Ma la lettera mi ha reso felice e allo stesso tempo triste. Mi ha reso triste perché sei mia figlia, e vederti sofferente mi ha fatto del male. Mi ha reso felice perché so che soffri meno rispetto a quanto hai sofferto in questi anni e che continuerai a soffrire sempre meno ancora, se è vero quel che mi dici. Sei stata parecchio infelice, negli ultimi tempi. Per me e per tua madre, la cosa peggiore è stato il sentirsi impotenti. Non riuscivamo a capire bene quello che avevi dentro. Eri te in parte a impedirci di farlo. Ci impedivi di guardarti nell’anima, ci impedivi di aiutarti. Questa è stata la nostra sofferenza. La tua sofferenza e il non riuscire a lenirla in alcun modo, non te stessa. Tu sei speciale, Rosie. Lo sei sempre stata. Il bene che io ti voglio, che noi ti vogliamo... va al di là. L’amore di un padre e di una madre verso la propria figlia o il proprio figlio è qualcosa di assoluto e superiore, non so se mi spiego. Va oltre, non si può spiegare. Tu e tuo fratello siete la cosa più bella che ci sia mai capitata.
So che ti dispiace. So quanto ti dispiace.
Sai, vorrei raccontarti una cosa. Una volta, quando ero in viaggio con Hermione e Harry, li ho abbandonati. Me ne sono andato, ho mollato. Me ne sono pentito a neanche dieci passi da loro, credimi. Anche io credevo che fosse impossibile ottenere il loro perdono e il mio perdono verso me stesso. Ma loro mi hanno perdonato e mi sono perdonato anche io.
Non hai bisogno di essere perdonata, Rosie. Non da noi. Non ti abbiamo perdonata dal momento stesso in cui ci hai risposto male per la prima volta. Ci dispiace che ti sia capitato di perdere la strada. Ma non ci dispiace per noi. Ci dispiace per te.
So che sei forte abbastanza da farcela. Sei forte abbastanza da uscire da tutto questo.
Non verremo a tirarti fuori, Rose, perché è una cosa che devi fare da sola. Devi riuscire tu a trovare la via per sentirti in pace con te stessa. Ma se hai bisogno di noi per essere supportata, per essere consolata... ci saremo sempre. Per tutto il mondo e per tutto il tempo.
Ti voglio tanto bene, piccola mia.
Il tuo papà.

*


“James, dammi quella dannata mappa.”
“Quale mappa?” replicò lui con un’aria innocente decisamente poco credibile.
Molly sbuffò. “La vostra mappa. So che ce l’avete, non mi freghi”.

Quando Molly riuscì a raggiungere Lorcan – aveva individuato sulla Mappa del Malandrino la sua posizione, in un’aula vuota al quarto piano – si era ormai fatto buio. Non bussò prima di entrare. Non era mai stata delicata con Lorcan Scamandro, e non vedeva per quale motivo avrebbe dovuto cominciare ad esserlo in quel momento.
Udendola entrare, il ragazzo si volse. Parve sorpreso, nel vederla.
L’ho stupito due volte in uno stesso giorno, dopo non esserci mai riuscita per quasi sette anni.
“Ciao, Scamandro.”
Non l’aveva mai chiamato per nome e non l’avrebbe di certo fatto adesso. E con ogni probabilità, lui neanche avrebbe gradito se lei l’avesse fatto.
Decise di non attendere la risposta. “Volevo ringraziarti per aver detto la verità.”
“Volevo avere la coscienza a posto,” grugnì lui. “Non l’ho fatto per te.”
“La fattura però l’hai lanciata per me,” lo rimbeccò Molly.
“Questione di principio.”
Lei alzò gli occhi al cielo, prima di muovere qualche passo verso di lui. Improvvisamente, le parve che il suo corpo fosse completamente scollegato dal cervello, il quale le sembrò invaso da una sorta di ovattata nebbiolina bianca. Si chiese per un istante se il ragazzo avesse lanciato un qualche incantesimo. Già, doveva essere così, o non si sarebbe avvicinata ancora a lui. Ripensò all’espressione stupita di prima, e a quella della mattina.
Non c’è due senza tre.
Respirò profondamente, mentre lo afferrava per il davanti del maglione e lo tirava verso di sé.
Non mi ero mai accorta di essere più alta di lui di circa tre centimetri e mezzo.
Lesse stupore negli occhi azzurri di lui, e poi attesa.
Potrei prenderlo in giro per questo. Sono più alta di lui.
Lorcan doveva essersi stufato di aspettare, poiché le mise una mano dietro la nuca e la tirò verso di sé finché le loro labbra non si incontrarono – una parte di Molly non se ne sorprese affatto. Nessuna parte di Molly se ne dispiacque.
Le sembrava di avere il cervello oscurato da un assolo di chitarra elettrica, uno dei migliori delle Sorelle Stravagarie. Il cuore pompava il sangue nelle vene con l’energia della loro batteria, ed erano corde di basso quelle che pizzicavano profondamente all’altezza del suo stomaco, mentre il ragazzo la faceva arretrare verso la cattedra, senza staccare la bocca dalla sua. Tenne gli occhi chiusi, poiché aveva la sensazione che aprendoli non sarebbe più riuscita a distinguere nulla in quel rock furioso e armonico che la invadeva, che invadeva quell’aula infuocata mentre il mantello le scivolava via dalle spalle e le mani di lui le aprivano i bottoni della camicia uno dopo l’altro. Le proprie mani si mossero da sole, e a tentoni nel buio delle palpebre e del colore che vedeva e non vedeva corsero a sfilare il maglione di Lorcan.
“Apri gli occhi,” le sussurrò lui all’orecchio con voce roca. “Apri gli occhi, Molly.”
Senza pensarci, lei aprì gli occhi e si rese conto di scottare. Si rese conto che, potendo vedere, nulla le appariva più chiaro o meno chiaro, ma semplicemente più giusto.
Non capisco. Ma non importa, non importa.
Stesa com’era sulla cattedra, mise le mani dietro le spalle di Lorcan e lo tirò di nuovo sopra di sé, allungandosi per far incontrare di nuovo le loro labbra. La chitarra riprese a suonare dentro alla sua testa.
Importa. Importa da morire.


 


 


¹ Se qualcuno ha letto Day’s dawing, skins crawling sa a quali orecchini mi riferisco. Se qualcuno non l’avesse letto e fosse interessato a saperne qualcosa di più sugli eventi relativi al triangolo Domi/Scorpius/Grace, ecco qui.
² Poiché la preside è l’insegnante di Astronomia, mi sembrava carino che usasse termini relativi alla sua materia come parole d’ordine del suo ufficio.

Note dell’Autrice
Lo so, sono incoerente. Avevo detto ogni otto/dieci giorni, e invece qualche miracolosa congiunzione astrale ha voluto che l’ispirazione e il tempo si mettessero d’accordo. Spero che ne siate felici!
Volevo raccomandarvi di cominciare a tenere bene a mente i dettagli, perché da qui le vicende si faranno sempre più intricate. E’ venuto fuori un capitolo un po’ troppo lungo, temo.
Fatemi sapere se vi è piaciuto!
Grazie a tutti voi, vi adoro davvero
Daph
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Whatadaph