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Autore: Karyon    12/12/2011    1 recensioni
“E' interessante notare che le uniche volte in Fred e George sono stati feriti erano separati. Sono stati divisi al momento della morte di Fred e quando George perse il suo orecchio”.
“Sei un assolo stonato, caro mio” gli avrebbe detto e avrebbero riso come al solito, perché loro due non discutevano mai sul serio.
Ha partecipato al Contest "Rivelazioni post-libri" di Melardhoniel.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George, e, Fred, Weasley, Percy, Weasley, Ron, Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nick (su EFP e forum): Karyon.
Titolo: Assoli scordati.
Personaggi: George Weasley, Percy Weasley, Ron Weasley.
citazione:
“E' interessante notare che le uniche volte in Fred e George sono stati feriti erano separati. Sono stati divisi al momento della morte di Fred e quando George perse il suo orecchio”.
Genere: introspettivo, triste, angst..
Rating: Arancione.
Tipologia: One shot.
N.d.A: Ho cercato di inserire la citazione più tra le righe, con un George che ancora non si rende del tutto conto della morte di Fred. E’ un George sconvolto, come lo sono tutti gli altri. Ho cercato anche di dare una lettura diversa a quel momento; ricordiamoci che Harry a un certo punto se ne va, ecco perché è solo nominato, mentre se – non ricordo male –, c’erano solo Percy e Ron con Fred, in quel momento. Buona lettura.
 
Classificata quarta al Contesti “Rivelazioni post-libri Contest!” di Melardhoniel. Qui i giudizi.
 
 
“Assoli scordati”.
 
George osservava quel corpo esamine come se vedesse per la prima volta in vita sua: prendeva spesso in giro suo fratello perché era più pallido di lui di qualche gradazione – quindi era buono come “fantasma honoris causa” di Hogwarts –, ma ora sembrava che quel poco di colore che di solito gli coloriva le guance fosse stato risucchiato violentemente via dalla faccia.
E poi i capelli… i capelli di Fred erano esattamente come i suoi, una massa informe di rosso difficilmente domabile, se non con qualche ora di estrema dedizione; cosa che puntualmente non facevano. Ora, più che mai, i capelli gli ricadevano scomposti sulle spalle bianche di calcinacci e polvere.
George ebbe l’assurdo istinto di sistemarglieli «Andiamo amico, cosa direbbe Angelina se ti vedesse? Cavolo, volevi fare colpo su di lei e con quel pagliaio sicuro che non ci riesci» fece.
La voce non gli era uscita esattamente come voleva, tanto che nemmeno Ron al suo fianco lo aveva sentito, impegnato com’era a fare qualcos’altro – piangere, Ron piangeva, registrò quietamente.
Si era chiesto perché lo facesse, visto che era sicuro che Fred se ne sarebbe uscito con uno scherzo deficiente da un momento all’altro.
Insomma, era un po’ come la storia del Foro Romano che aveva per orecchio… tutto uno stupido scherzo.
E così anche Voldemort, la battaglia a Hogwarts, la torre di Astronomia in fiamme, i Mangiamorte, Percy che era lì – lì con loro e piangeva tutto scomposto, lui che non si faceva mai vedere in disordine neanche dalla famiglia –, Harry in piedi e immobile come uno stoccafisso, i boati tutt’intorno… tutto uno stupido scherzo.
George era un po’ arrabbiato perché di solito gli scherzi li facevano insieme, come due parti di una stessa sfera splendida e perfetta o come le “due facce della medaglia”, come dicevano tutti.
Spesso i gemelli recriminano al mondo di essere trattati come una sola identica persona, ma la verità era che loro erano un’unica persona, un unico cervello che viaggiava in simbiosi, anche se non volevano; pensavano le stesse cose, compivano gli stessi gesti, avevano le stesse idee.
Quindi, il fatto che Fred avesse pensato a uno scherzo – in un momento così perfettamente grottesco, poi – era una cosa che non gli andava giù. Anche lui qualche mese prima gli aveva recriminato di essersi fatto tranciare un orecchio senza che lui fosse stato presente, ma poi lo aveva perdonato.
«Ok, Forge, diciamo che ti perdono anch’io questa volta… però basta con questi scherzi in solitaria, ok? Non vorrai mica lanciarti in un assolo dopo tanto tempo, eh?» Lo apostrofò, mentre gli raschiava via dal maglione i residui di parete schiantata; dopotutto quel maglione era l’unica cosa che avesse mai pensato a regalargli e solo perché c’era la scritta di un famoso gruppo rock-babbano che aveva conosciuto grazie a Harry. Per favorire le loro finanze, avevano deciso di non farsi mai regali per il loro comune compleanno, solo che ogni tanto scappava qualche eccezione – giusto nei momenti in cui uno dei due aveva bisogno particolarmente dell’aiuto dell’altro, ecco.
«George, andiamo…» fece a un certo punto Ron, chissà quanto tempo dopo.
La battaglia continuava a infuriare attorno a loro e a tutti, eppure George non sentiva nulla; era come racchiuso in una bolla di silenzio tutta sua, tutta loro anzi.
Lui e Fred continuavano ad avere quel mondo impenetrabile a chiunque, persino ai loro fratelli.
Alzò una manica sporca a pulirsi il naso e ridacchiò «Che diavolo dici, Ronnie? Fred deve venire via con noi!»
Solo a malapena vide lo sguardo preoccupato che saettò tra Percy e il loro fratellino; uno sguardo d’intesa, come mai prima di quel momento.
«Fred… Fred verrà dopo, capito? Ora… Ora sta riposando» fece Percy e George ebbe la sensazione che ogni parola faticasse a uscire, come se la ripetesse prima tutta nel cervello per non sbagliarla.
George scosse la testa «No, deve chiedermi scusa perché ha fatto questo maledetto stupido scherzo da solo! Lui non sa manco allacciarsi le scarpe da solo!» Sbottò e ormai cominciava ad arrabbiarsi, perché suo fratello lo ignorava come faceva sempre quando voleva innervosirlo.
Ron singhiozzò, trattenendosi a malapena con una mano sulla bocca tremante; Percy roteò lo sguardo, pulendo via le lacrime con un gesto nervoso «Glielo dirai dopo, ora andiamo» scattò, a denti stretti.
Faceva male, troppo male costringere qualcuno a vedere ciò che non voleva; faceva troppo male cercare di convincerlo che Fred era vivo, nonostante il suo corpo ormai freddo fosse spiattellato indecentemente davanti a loro.
Ron afferrò George per un braccio, sicuro e saldo come non lo aveva mai sentito, costringendolo ad alzarsi con una forza che George non conosceva. Percy li seguì di scatto, il dolore delle ginocchia atrofizzate come spilli nelle ossa.
George sospirò, come se parlasse con due bambini che non capivano «Voi non capite mai nulla, è una cosa tra me e lui. Solo tra noi, è una cosa di gemelli» replicò veemente, convinto del fatto che nessun altro poteva capire, nessun altro avrebbe mai capito.
Percy gli passò davanti, muovendosi verso il corridoio; si costrinse a non toccarlo, si costrinse a non guardare per l’ultima volta il corpo esanime del fratello, per convincere tutti, persino se stesso, che fosse ancora vivo.
Ron provò di nuovo a tirargli una manica, mentre gli occhi spalancati si guardavano intorno con una disperazione che non gli era mai appartenuta – guardava il punto dov’era sparito Harry, alienato dal mondo, dove c’era il-il cadavere di cui non riusciva neanche a pensare il nome, dove c’era Percy, congelato sul posto – guardava senza sapere che fare, se non convincere suo fratello a scivolare via dalla pazzia che quel corpo portava, a scappare lontano dai suoi stessi pensieri.
E George si fece convincere alla fine, sconfitto dalla stanchezza per qualcosa che non capiva, dal cervello stranamente in black out.
«D’accordo, andiamo… tu muoviti fratello stupido, che devi fatti perdonare. La prossima volta che fai una cosa del genere da solo, ti affatturo. A dopo, Forge…»
Si allontanarono velocemente, gli scoppi sempre più vicini – segno che la battaglia cominciava a ramificarsi e spostarsi un po’ ovunque, come se filtrasse tra le pareti.
Fred rimase lì.
Di quel momento, George ricorderà solo che rimase lì a nascondersi per tutto il tempo della battaglia; ne fu deluso, perché non solo Fred non faceva mai nulla da solo, ma neanche era un vigliacco. Dopotutto era un Grifondoro folle come lui.
Quando a un certo punto riuscì – con uno splendido incantesimo, da genio qual era – e ferire più Mangiamorte, rise pensando a come avrebbe preso in giro suo fratello, incapace com’era negli incantesimi come quello. Oh, l’avrebbe preso in giro a lungo, ne era sicuro.
“Sei un assolo stonato, caro mio” gli avrebbe detto e avrebbero riso come al solito, perché loro due non discutevano mai sul serio.
Prima, però, avrebbero dovuto trovarlo e tirarlo fuori da quei calcinacci, quando Voldemort avesse deciso di tirare le cuoia; poi sarebbero tornati ai Tiri Vispi, raccontando quella storia come due eroi reduci da una grande missione.
Sarebbero tornati i gemelli di una volta, inseparabili come due gocce d’acqua in un bicchiere, perfetti com’erano sempre stati; niente più separazioni, niente più ferite solitarie.
Se proprio voleva, potevano essere due assoli scordati insieme, perché lui da solo proprio non ci poteva stare.
Sì, a quei tempi George – o Gred, come lo chiamava Fred –, si toccava il suo Foro Romano e pensava che avrebbe potuto curare   quell’insana voglia di solitudine del fratello; se lo conosceva davvero bene, bastavano delle cioccorane e qualche pacca sulla testa rossa.
George aspettò sempre, lanciando occhiate quiete e poi via via sempre più esasperate, alla porta del loro locale; in attesa che Fred la smettesse di reggere la parete del Castello e tonasse da lui.
 
   
 
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