Bentornati/e ^^
Andiamo
avanti con la storia... Un altro momento relativamente breve, ma
intenso, almeno se lo guardate da un certo punto di vista...!
Prometto un pò più d'azione a partire dal prossimo capitolo!
Intanto vi ringrazio per i vostri commenti, che mi sono stati molto utili! Continuate così :)
Grazie e buona lettura
Ciry
CAPITOLO 2
Il
tizio strano somigliante ad un serpente si chiama James, veste di colori
chiari, ha gli occhi azzurri, il sorriso piccolo ed una voce molto gentile.
Talia gli
stringe la mano, così femminile, e si stupisce nel sentirla salda e forte.
“James” ripete nella sua testa,
“provando” quel nome.
È un
bel nome.
E anche
quella massa di capelli non sembra più tanto minacciosa.
Il gonfiore
ed il livido stanno diventando evidenti. Inutile nascondersi ormai…
Riabbracciando
il proprio diario sul petto, Talia sospira gravemente, abbassando gli occhi, e
risponde: “No… è stato il mio patrigno. Mi ha dato uno schiaffo perché… gli
avevo chiesto di accompagnarmi in libreria…”
James si
irrigidisce tutto d’un colpo e replica, molto serio: “… E’ per questo che sei
salita in ascensore? Stavi…”
“Scappando”
conclude lei, girovagando nervosamente con lo sguardo; la voce le si incrina
mentre aggiunge: “Sono uscita dalla nostra camera, volevo… volevo salire sul
tetto… perché non volevo che mi trovasse, io cercavo… un posto tranquillo…”
“Il
tetto?” le fa eco James, stupito, ma senza scomporsi. “Ma Talia, il tetto è
prima di tutto pericoloso. E poi, credimi, non è affatto un posto tranquillo,
non in questo albergo…”
I polpastrelli
sbiancano da quanto è forte la stretta nervosa sul diario, ma James, sempre con
calma e pazienza, le spiega: “Lo so bene, perché la mia stanza è all’ultimo
piano e quasi ogni sera qua sopra organizzano festicciole all’aperto che durano
tutta la notte e non mi fanno dormire! Vuoi dare un’occhiata?”
Le indica
una grande porta a vetri decorata in fondo al corridoio in cui si sono fermati
a parlare e Talia, più incuriosita che smaniosa di contraddirlo, annuisce e s’incammina
al suo fianco verso l’ingresso del tetto.
Un briciolo
del suo orgoglio è ferito, perché James aveva ragione: il tetto non è un posto
tranquillo.
C’è la
piscina, c’è il bar, c’è la pista da ballo, ci sono i divanetti, un sacco di
luci e altrettante persone che lavorano ai preparativi di una festa imminente.
Un po’ delusa,
lascia andare l’uscio vetrato, che si richiude automaticamente, e torna verso
di lui, che la aspetta con le mani dietro la schiena.
“Ebbene?”
le domanda, retorico.
Talia fa
spallucce, mascherando un po’ del proprio disappunto, e risponde con una punta
di preoccupazione nella voce: “Non ci posso andare. Adesso… non so…”
Di nuovo
il ragazzo si piega in avanti per guardarla e le dice: “Di tornare in camera
tua per il momento non se ne parla, immagino…”
Senza alcuna
esitazione, riceve un “No” secco ed impaurito.
“Va
bene” la rassicura, grattandosi la testa con fare meditabondo “Allora ci
rimangono due soluzioni: potremmo chiamare la polizia e fare una denuncia…”
“La
polizia?” lo interrompe Talia, che di polizia sa poco o niente, e quel poco che
sa è spiacevole, sempre.
Il ragazzo
tenta di spiegarsi meglio: “Non ne sono sicuro al cento per cento, ma credo che
ti faranno alcune domande e che potrebbero chiamare tua madre o un altro tuo
parente in attesa di arrestare il tuo patrigno. Potrebbero… trattenerti in un
commissariato, ma…”
Smette di
delucidarla non appena nota quel gran paio d’occhi scuri incupirsi, pieni di
ansia e scetticismo.
“… Ok,
no. Non chiamiamo la polizia, per ora” conclude con un sorriso che riesce a
sollevarla, e non poco.
“Qual è
l’altra soluzione?” gli domanda speranzosa.
James sospira
brevemente, dopodiché risponde a bassa voce: “Lo so che non ci conosciamo molto
bene… ma se ti fidi – e puoi farlo – puoi venire nella mia stanza, e lì
penseremo a qualcosa per uscire da questa situazione. Cosa ne pensi…?”
Una ragazzina
ed un uomo soli nella stessa stanza.
Arrossisce
prepotentemente al solo pensiero, e non solo perché le hanno insegnato ad
evitare le “circostanze sconvenienti”.
È che
James è grande, ma è anche molto carino, e la sua gentilezza non ha
niente di viscido.
Prima poteva
sembrare un serpente, ma ora le appare come un cavaliere, solo senza l’armatura.
Un cavaliere
che l’ha salvata, senza rendersene conto, non su un cavallo o in una torre
assediata.
Non le
è mai capitato prima d’ora di ricevere così tante attenzioni da un ragazzo, per
giunta alto, bello e adulto.
“… Non saprei…” si ritrova a rispondere, per
quanto vorrebbe dire subito di sì.
Anche James
sorride, comprensivo.
“Vorrei
solo darti una mano, non voglio farti fare niente di…”
“Lo so,
lo so!” si affretta a ribadire l’altra, sempre più imbarazzata e allettata “Ho
solo… paura di disturbare…”
Bugiarda.
In realtà freme dalla voglia di entrare nella sua stanza e guardarsi intorno,
tra le sue cose, l’odore che emanano e che aspetto potrebbero avere…
“Ma no,
non disturbi affatto!” le dice lui con una risatina “Anzi, se vieni possiamo
anche mettere un po’ di ghiaccio sulla guancia, che ne dici?”
Già.
La
guancia, lo schiaffo, Roland.
Davanti
a James, tutto sta diventando improvvisamente più… lontano.
“Va
bene” acconsente alla fine, sperando che il rossore sugli zigomi non si veda
troppo.
“James?”
“Sì?”
“Hai un
telefono in camera?”
“Certo.
Chi vuoi che chiamiamo?”
“…
Stavo pensando alla mia mamma… magari può venire a prendermi…”
“Mamma
dove abita?”
“Non
lontano da qui. Forse un centinaio di chilometri.”
“Bè,
non proprio dietro l’angolo… ma possiamo fare un tentativo!”
Mentre fa
per aprire, Talia sente una voce estranea alle loro spalle.
“Jimmy?”