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Autore: Ciribiricoccola    13/12/2011    1 recensioni
"Tu forse sei ancora giovane per capirlo, ma... tienilo a mente: sei una viaggiatrice, hai un percorso da completare, e qualsiasi cosa succeda... è inutile fermarsi o tornare indietro. Devi continuare, andare avanti, sempre!"
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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talia

Bentornati/e ^^

Andiamo avanti con la storia... Un altro momento relativamente breve, ma intenso, almeno se lo guardate da un certo punto di vista...!
Prometto un pò più d'azione a partire dal prossimo capitolo!
Intanto vi ringrazio per i vostri commenti, che mi sono stati molto utili! Continuate così :)

Grazie e buona lettura

Ciry

CAPITOLO 2

Il tizio strano somigliante ad un serpente si chiama James, veste di colori chiari, ha gli occhi azzurri, il sorriso piccolo ed una voce molto gentile.

Talia gli stringe la mano, così femminile, e si stupisce nel sentirla salda e forte.
“James” ripete nella sua testa, “provando” quel nome.
È un bel nome.
E anche quella massa di capelli non sembra più tanto minacciosa.

“Talia, cos’hai fatto al viso? Sei caduta?”

D’istinto porta la mano alla parte destra del volto e subito sente quel dolore ovattato ma profondo, soprattutto familiare.
Il gonfiore ed il livido stanno diventando evidenti. Inutile nascondersi ormai…
Riabbracciando il proprio diario sul petto, Talia sospira gravemente, abbassando gli occhi, e risponde: “No… è stato il mio patrigno. Mi ha dato uno schiaffo perché… gli avevo chiesto di accompagnarmi in libreria…”
James si irrigidisce tutto d’un colpo e replica, molto serio: “… E’ per questo che sei salita in ascensore? Stavi…”
“Scappando” conclude lei, girovagando nervosamente con lo sguardo; la voce le si incrina mentre aggiunge: “Sono uscita dalla nostra camera, volevo… volevo salire sul tetto… perché non volevo che mi trovasse, io cercavo… un posto tranquillo…”
“Il tetto?” le fa eco James, stupito, ma senza scomporsi. “Ma Talia, il tetto è prima di tutto pericoloso. E poi, credimi, non è affatto un posto tranquillo, non in questo albergo…”

Non sopporta di essere trattata come una bambina: lei non è più una bambina da un pezzo, perché nessuno lo capisce?

Innervosita da quella replica dal sapore saccente, chiede con una vaga aria di sfida mista al risentimento: “E tu come lo sai?”
I polpastrelli sbiancano da quanto è forte la stretta nervosa sul diario, ma James, sempre con calma e pazienza, le spiega: “Lo so bene, perché la mia stanza è all’ultimo piano e quasi ogni sera qua sopra organizzano festicciole all’aperto che durano tutta la notte e non mi fanno dormire! Vuoi dare un’occhiata?”
Le indica una grande porta a vetri decorata in fondo al corridoio in cui si sono fermati a parlare e Talia, più incuriosita che smaniosa di contraddirlo, annuisce e s’incammina al suo fianco verso l’ingresso del tetto.

 

Un briciolo del suo orgoglio è ferito, perché James aveva ragione: il tetto non è un posto tranquillo.
C’è la piscina, c’è il bar, c’è la pista da ballo, ci sono i divanetti, un sacco di luci e altrettante persone che lavorano ai preparativi di una festa imminente.
Un po’ delusa, lascia andare l’uscio vetrato, che si richiude automaticamente, e torna verso di lui, che la aspetta con le mani dietro la schiena.
“Ebbene?” le domanda, retorico.
Talia fa spallucce, mascherando un po’ del proprio disappunto, e risponde con una punta di preoccupazione nella voce: “Non ci posso andare. Adesso… non so…”
Di nuovo il ragazzo si piega in avanti per guardarla e le dice: “Di tornare in camera tua per il momento non se ne parla, immagino…”
Senza alcuna esitazione, riceve un “No” secco ed impaurito.
“Va bene” la rassicura, grattandosi la testa con fare meditabondo “Allora ci rimangono due soluzioni: potremmo chiamare la polizia e fare una denuncia…”
“La polizia?” lo interrompe Talia, che di polizia sa poco o niente, e quel poco che sa è spiacevole, sempre.
Il ragazzo tenta di spiegarsi meglio: “Non ne sono sicuro al cento per cento, ma credo che ti faranno alcune domande e che potrebbero chiamare tua madre o un altro tuo parente in attesa di arrestare il tuo patrigno. Potrebbero… trattenerti in un commissariato, ma…”

Smette di delucidarla non appena nota quel gran paio d’occhi scuri incupirsi, pieni di ansia e scetticismo.
“… Ok, no. Non chiamiamo la polizia, per ora” conclude con un sorriso che riesce a sollevarla, e non poco.
“Qual è l’altra soluzione?” gli domanda speranzosa.
James sospira brevemente, dopodiché risponde a bassa voce: “Lo so che non ci conosciamo molto bene… ma se ti fidi – e puoi farlo – puoi venire nella mia stanza, e lì penseremo a qualcosa per uscire da questa situazione. Cosa ne pensi…?”

Talia è quasi felice di vedere che, come lei, James è imbarazzato nel fargli una proposta così… strana.
Una ragazzina ed un uomo soli nella stessa stanza.
Arrossisce prepotentemente al solo pensiero, e non solo perché le hanno insegnato ad evitare le “circostanze sconvenienti”.

È che James è grande, ma è anche molto carino, e la sua gentilezza non ha niente di viscido.
Prima poteva sembrare un serpente, ma ora le appare come un cavaliere, solo senza l’armatura.
Un cavaliere che l’ha salvata, senza rendersene conto, non su un cavallo o in una torre assediata.
Non le è mai capitato prima d’ora di ricevere così tante attenzioni da un ragazzo, per giunta alto, bello e adulto.

L’imbarazzo si mescola alla lusinga senza che lei neanche se ne accorga.

Sorride timidamente, le mani si intrecciano agitate sopra il diario.
 “… Non saprei…” si ritrova a rispondere, per quanto vorrebbe dire subito di sì.
Anche James sorride, comprensivo.
“Vorrei solo darti una mano, non voglio farti fare niente di…”
“Lo so, lo so!” si affretta a ribadire l’altra, sempre più imbarazzata e allettata “Ho solo… paura di disturbare…”
Bugiarda. In realtà freme dalla voglia di entrare nella sua stanza e guardarsi intorno, tra le sue cose, l’odore che emanano e che aspetto potrebbero avere…
“Ma no, non disturbi affatto!” le dice lui con una risatina “Anzi, se vieni possiamo anche mettere un po’ di ghiaccio sulla guancia, che ne dici?”

Già.
La guancia, lo schiaffo, Roland.
Davanti a James, tutto sta diventando improvvisamente più… lontano.

“Va bene” acconsente alla fine, sperando che il rossore sugli zigomi non si veda troppo.

 

“James?”
“Sì?”
“Hai un telefono in camera?”
“Certo. Chi vuoi che chiamiamo?”
“… Stavo pensando alla mia mamma… magari può venire a prendermi…”
“Mamma dove abita?”
“Non lontano da qui. Forse un centinaio di chilometri.”
“Bè, non proprio dietro l’angolo… ma possiamo fare un tentativo!”

James ci ha messo un po’ a trovare la chiave, non ricordava se ce l’avesse in tasca, nella borsa lasciata in camera o addirittura alla reception.
Mentre fa per aprire, Talia sente una voce estranea alle loro spalle.
“Jimmy?”

   
 
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