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Autore: Celest93    14/12/2011    2 recensioni
Charlene e Tyron, due ragazzi esperti di una materia che nessuno dovrebbe conoscere: l'infelicità, mischiata a tanto dolore, rabbia e paura, paura di dover rivivere i drammi che hanno caratterizzato la loro vita, tragedie che non augurerebbero a nessuno e che sperano di non dover nuovamente affrontare.
Lei a 18 anni, per la prima volta conosce la parola felicità, nonostante quel piccolo raggio di sole che ora le illumina le giornate sia nato anch'esso dal suo tormentato passato; Lui a 27 anni ha un solo obiettivo: vendicare ciò che gli è stato tolto, tanto brutalmente quanto violentemente, che non pensa più a crearsi una vita e ignorando il suo futuro, pensando a quello delle persone che deve far soffrire. Perchè l'unica vendetta possibile, è far soffrire persone a lui sconosciute, o quasi.
Le loro strade si incroceranno, ma nessuno pensa che l'altro abbia un passato degno della cronaca nera...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3
 
 
 
 
 
 
La cosa più preziosa al mondo sono i bambini.
Sono piccoli, teneri e dolci, hanno bisogno di protezione, d'amore, d'affetto, sempre!
Qualsiasi cosa succeda, i genitori devono farli sentire protetti. Qualsiasi cosa succeda, hai capito? Hai capito?
Perchè da quello che è successo, mi è sembrato proprio di no.
Se fossi qui, davanti a me adesso, forse ti prenderei a sberle, forse ti prenderei a calci. Si, lo farei veramente, anche se sei una donna.
Io le donne le ho sempre rispettate, guarda come mi hai ripagato...
...Stronza...
 
 
Era già passata una settimana dall'arrivo di Tyron in negozio, e il cambiamento si notava: il coro delle oche giulive non appena lui spuntava fuori dall'ufficio ne era la dimostrazione.
E non passava una sola volta che, incrociandomi, mi mandava delle strane occhiate, accompagnate dal suo bellissimo e alquanto strano sorriso. Le prime volte forse, ci avevo fatto poco caso, mi guardava di continuo con una strana luce negli occhi, e non lo nascondeva. E tutte le volte che, erroneamente, incrociavo i suoi smeraldi, mi voltato accaldata e imbarazzata, non sapendo cosa fare o come reagire.
Era una cosa totalmente nuova per me.
Quel giorno ero stata mandata da Margareth a prendere alcuni capi dal magazzino, quando passando davanti all'ufficio avevo sentito alcune voci. Ovviamente la curiosità aveva avuto la meglio sulla ragione, e mi misi ad ascoltare.
"Ti prego, non farlo." Sembrava quasi rivolta a me quella preghiera detta da Seth, non dovevo stare ad origliare una conversazione privata; se Seth o Tyron fossero venuti a scoprirlo avrei dovuto dire addio a quel lavoro.
Però era strano che stessero discutendo, non potevo sapere di cosa, da quanto ne sapevo erano grandi amici. 
"Cazzo, ha 18 anni!" Sussultai nel sentire la voce alta di Seth accompagnata da qualcosa che sbatteva, forse aveva colpito la sedia, o qualcosa che era comunque caduto per terra per il casino che aveva fatto. 
Solo dopo mi accorsi che ero l'unica ad avere quell'età tra tutti i miei colleghi, e che quindi stavano parlando di me. Mi avvicinai di più alla porta, giusto in tempo per sentire la risata di Tyron, una risata piena di cattiveria, come se stesse deridendo il suo amico.
"Seth, ti voglio bene perchè sei mio amico e mi conosci. Giusto?" Forse era solo una mia impressione, ma mi era sembrato di sentire una strana nota ironica nel suo tono di voce, come se si sforzasse a dirle quelle parole, o peggio, non le pensasse.
"Si, mi sembra ovvio." Fu la risposta che ricevette, detta con uno strano tono arrendevole.
"Bene, ora se non ti dispiace, io ho del lavoro da sbrigare e tu anche, quindi, ci vediamo dopo." Feci giusto in tempo ad allontanarmi dalla porta che mi ritrovai Seth davanti agli occhi, con un diavolo per capello, mentre borbottava parole senza senso. Si riprese dai suoi pensieri non appena mi schiarii la voce, meravigliandosi di trovarmi li. Agitandosi anche.
"Che ci fai qui, cucci?" Cucci era l'abbreviativo di cucciola, datomi per la mia età appunto da Seth. Cercai di mostrarmi indifferente a tutto, senza tradire la curiosità che mi stava corrodendo per sapere per quale motivo stessero parlando di me, ma mi trattenni.
"Stavo portando questi a Margareth." Gli risposi mostrandogli i pacchi che avevo in mano, cercando di nascondere il rossore che si stava impadronendo del mio viso e mordendomi a sangue la lingua per non fare domande e far saltare così il mio teatrino. 
Gli sorrisi, prima di superarlo e scendere, mostrandogli la lingua come una bambina che fa un dispetto, per poi sparire oltre le scale, ridendo per la mia scenata infantile.
 
Per il resto della giornata ignorai la discussione avvenuta in ufficio, arrivando alla fine del turno che quasi me ne dimenticai.
Come al solito dopo la chiusura, ci ritrovammo tutti insieme a chiaccherare del più e del meno, con la variante che era presente anche lui, per la prima volta.
Cercai in tutti i modi di ignorare la sua figura, ma sentivo i suoi occhi addosso, e con grande sforzo tenni i miei puntati sulle mie scarpe. Stretta a Margareth, provai ad impegnare la mente nel suo discorso verso le rifatte insieme ad Effy, piuttosto che ad un omone palestrato vicino a me.
Ci incamminammo verso una gelateria ancora aperta, essendo primavera e si moriva dal caldo, e ci accomodammo tutti nei tavolini in piazza, aspettando i nostri ordini.
Stavo cercando qualcosa con cui distrarmi, per non pensare al fatto che ad una sedia di distanza ci fosse lui, bellamente stravaccato, ignaro - o forse no! - che tutte le persone del sesso femminile si voltassero a guardarlo e mangiarlo con gli occhi mentre lui era impegnato nel contemplare il via vai dei giovani e dei ragazzini che correvano urlando felici per la piazzetta, ignorando i richiami degli adulti o degli anziani che brandevano i loro bastoni da passeggio come minaccia.
Si stava una meraviglia, tutto urlava la parola pace e tranquillità, le parole degli altri facevano da sottofondo, nessuno faceva niente se non godersi gli ultimi raggi di sole sul viso e una buona chiaccherata.
"Parlami di te." Rimasi spiazzata dalla domanda di Tyron, soprattutto per il gelo che si era creato intorno a me, le voci degli altri che fino a quel momento avevano animato il gruppo, si erano improvvisamente zittite. Non una parola, chissà se respiravano!
"Mi chiamo..." Cercai di parlare, ma di nuovo la sua voce mi riprese, interrompendomi.
"Quando parli, guarda in facci il tuo interlocutore!" Mi sorpresi non poco di sentirlo arrabbiato, alzai titubante la testa, per incontrare il suo sorriso soddisfatto.
"E non voglio sapere come ti chiami, Lin, ma qualcosa sulla tua vita, rendici partecipi." Lin...
Presi a mordicchiarmi l'interno della guancia in cerca di qualcosa da raccontare, sperando in un'illuminazione o qualche bugia creata così, su due piedi.
Non sapevo bene che dire della mia vita privata, c'erano fin troppe cose da dire ma il coraggio, quello scarseggiava. E non potevo sicuramente rivelare tante cose a persone di cui a malapena conoscevo il nome.
"Neanche io conosco voi, potremmo dire qualcosa ciascuno, così da conoscerci meglio, che dici?" Chiesi imbarazzata e timorosa per un suo rifiuto.
Lo guardai, meravigliata, era di una bellezza sconvolgente, ma ciò che mi faceva battere di più il cuore - si, quello batteva non appena lo vedevo - erano i suoi occhi, mi mandavano una strana sensazione. In fondo a quella pozza, c'era tanta tristezza. La maggior parte delle volte era serio, quasi mai si concedeva all'allegria, lui era l'opposto di Seth.
Mi sorrise prima di rispondermi affermativamente.
"Seth comincia tu" Decise.
Mi voltai verso Seth per vederlo mentre parlava, accorgendomi di nuovo che sembrava un vero bambino: faceva finta di piangere, dalla disperazione di essere stato scelto per primo. Mi alzai, quasi senza accorgermene, e lo abbracciai da dietro, lasciandogli un bacio sui capelli biondi. 
Mi soprese - e soprese anche se stesso dalla faccia imbarazzata che assunse subito dopo - trascinandomi sulle sue ginocchia, dove mi sedetti un pò a disagio, una svolta simile non me l'aspettavo. Ora Tyron era davanti a me. Non volevo stare li, non davanti a lui sulle gambe di un'altro. Non mi andava, mi sembrava quasi di tradirlo in qualche modo, mentre tra noi ancora non c'era niente, se non un legame - ancora freddo - puramente lavorativo.
"Ok, parliamo un pò di noi..." Seth era imbarazzato del gesto compiuto, la mano che aveva appoggiato sul mio fianco per trattenermi dal cadere non stava ferma, non sapendo dove posarsi o come muoversi; si grattò la nuca, in forte difficoltà.
"Va bene, dico quello che mi passa per la testa, fatevelo bastare, ok?" Alla fine era esploso, rivolgendomi un'occhiata ammonitrice, anche se si notava che era scherzosa e per niente seria, perchè lo avevo cacciato in un casino che non doveva piacergli poi molto; magari anche lui odiava parlare della sua vita privata.
"Come mi chiamo già lo sapete, quanti anni ho anche, per la precisione 29 anni e tre mesi, sono felicemente single, " Giunto a quel punto mi fece un occhiolino, talmente sensuale il suo gesto che mi sentii andare a fuoco per l'intensità del suo sguardo! 
"Ho due genitori adorabili, una sorellina più piccola che amo, un sacco di amici a cui voglio un bene dell'anima, una ragazza che mi fa sorridere solo a vederla per l'intensità dei suoi occhi, un amico... un vero fratello, oserei dire. Non ho vissute delle esperienze eccitanti, non ho provato... dolore, parlo del vero dolore." 
Si fece improvvisamente serio arrivato a qull'argomento, spinoso ma che, a detta sua, non aveva vissuto. A cosa fu dovuto il suo cambio d'umore non lo sapevo, così come non capì minimamente lo scambio di sguardi tra tutti loro, compreso Tyron, che non era affatto contento della sua uscita. Infatti gli bastò poco per esplodere.
"Che cazzo vorresti dire, sentiamo! Che ti senti in colpa perchè non hai provato dolore!?" Non era solo arrabbiato, era letteralmente furioso. Tanto che si alzò dal tavolino attirando l'attenzione di tutti. Seth, con le sue parole, doveva in qualche modo averlo ferito, perchè mai avevo visto degli occhi così pieni di sentimento, d'amore e rabbia, come vidi quelli di Tyron in quel momento. Rabbia verso Seth, amore verso un qualcosa o - peggio - qualcuno. Non volevo pensare che aveva qualcuno che gli faceva battere il cuore, non potevo sopportare tanto, ne tanto meno poteva riuscirci il mio, di cuore. Quello stupido organo che aveva iniziato a battere come impazzito non appena Tyron si voltò per andarsene via, non prima di averci regalato un triste sorriso pieno di delusione. 
Quello stupido organo, che dotato di vita propria, aveva obbligato le mie gambe a seguirlo, rincorrerlo, per non lasciarlo da solo con i suoi pensieri.
Ignorai i richiami di Marg per raggiungere Tyron, che non si era minimamente accorto della mia presenza dietro alle sue spalle. Ripresi fiato dopo la breve corsa, affiancandomi a lui per fargli vedere che non era solo. Mi rivolse una breve occhiata curiosa, poi tornò a guardare dritto davanti a se.
Camminammo per un quarto d'ora senza proferire parola, lui indifferente a tutto, io curiosa di sapere per quale motivo aveva reagito in quel modo. Immaginai che doveva avere a che fare con il suo passato.
Decisi di starmene zitta - l'avrei solo infastidito con le mie domande dopo aver visto la sua reazione poco prima - quando mi sorprese iniziando a parlare.
"Scusa per prima, ma non ci ho più visto dalla rabbia. Secondo te è possibile sentirsi in colpa perchè non si ha provato dolore?" Si voltò per guardarmi, poi mi indicò una panchina non molto lontana dove prendemmo posto, lontani tra noi.
"Non ci si deve sentire in colpa assolutamente, non è bello provare un qualsiasi tipo di dolore." Gli risposi, e sapevo quello che dicevo.
"Però... forse Seth non intendeva dire di sentirsi in colpa per non averlo mai provato, secondo me lo diceva per..." La sua risata amara mi bloccò, non sapendo cosa dire ne come reagire.
"No, Seth si sente veramente in colpa, non è la prima volta che si comporta così."Lo fissai allibita, senza riuscire ad articolare una sola parola. Com'era possibile sentirsi in colpa per una cosa simile? Non provai più a ribattere, d'altronde lui lo conosceva da molto più tempo di me, sapeva quello che diceva. Restammo in silenzio, io a torturarmi le mani e lui a guardare il cielo, mentre lentamente si tingeva di blu.
Non volevo andare a casa, eppure non trovavo il coraggio di chiedergli della sua vita, di parlarmi di qualsiasi cosa, non ne trovai la forza. E come al solito, ci pensò lui, con una domanda che mi bloccò il respiro.
"Abiti con i tuoi?" 
Presi aria, balbettando cose senza senso, prima di riuscire a rispondergli, a voce talmente bassa che pensai non mi avrebbe sentita: "No, abito da sola." 
Quale di quelle semplici parole mi aveva ferita, non lo sapevo, e non riuscivo a spiegarmi il motivo delle lacrime che premevano per uscire dai miei occhi. Li sbattei più volte, cacciandole via, sistemandomi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Il semplice ricordarmi i miei genitori mi aveva fatta star male, volevo poter dire qualcosa sul loro conto, se solo li avessi conosciuti. Potevo mentire e dirgli che abitavamo insieme, ma non potevo mentire al mio cuore. L'amore dei genitori verso i figli, quello di cui avevo spesso sentito parlare nei libri e nei film, io non l'avevo mai provato. Mi sarebbe piaciuto, tanto.
"E... e tu? Abiti da solo?" 
"No, abito con mia sorella più piccola." Accompagnò quelle parole con un tenero sorriso, a quanto pare, parlare di lei lo rendeva più felice, e sorrise ancora, prima di iniziare raccontarmi.  
"E' più piccola di te di un anno, è un vero tesoro e le voglio un bene dell'anima. Cerca in tutti i modi di attirare la mia attenzione per mostrarmi di essere ormai adulta, pronta per la vita e tutto, ma non sa che a 17 anni è praticamente impossibile realizzare ciò che lei vuole." 
"E cosa vuole?" 
"Sposarsi, mettere su famiglia, avere decine di bambini... I figli sono la cosa più preziosa per una donna, e per un uomo ovviamente, ma lei non ha ancora capito quanto sia difficile tutto questo." 
"Ovvio che non l'ha ancora capito, è ancora giovane, ne ha di tempo e strada da fare!"   
"Beh, questo è poco ma sicuro!" Seguì una risata piena di vita, una risata che mi entrò dentro, per restarci, nel mio cuore.
"Posso conoscerla?" Il suo volto, che si era ormai rilassato dopo la sfuriata con Seth, tornò ad essere una statua di marmo, rigido.
"No... non puoi conoscerla." Anche il suo tono di voce abbandonò le tonalità calde per rivolgermi parole dette con freddezza. Ma che gli era preso?
"E perchè?" Suonai lamentosa anche alle mie orecchie, sembravo una bambina e me ne pentii subito dopo, grazie anche all'occhiata raggelante che mi rivolse.
"E' strana... non ti piacerebbe conoscerla, fidati." Stava mentendo, potevo capirlo dal suo sguardo, guardava tutto tranne me, agitato.
"Meglio, non credi? Le persone normali non sono poi così divertenti; e poi siamo coetanee." Addolcii il mio tono di voce, accarezzandogli leggermente la mano che sfregava contro la stoffa dei pantaloni. Senti un minimo cambiamento da parte sua, mosse la mano di poco, ma bastò comunque a far scattare la mia, prendendo a torturarmi i capelli, a disagio.
"No, tu sei più grande." Sorrisi, potevo essere considerata più grande per poco meno di un anno?
"E ti cacceresti solo nei casini, ti conviene starle lontano. Per favore!" Sospirai, se era quello che voleva, tanto meglio non conoscerla piuttosto che vederlo arrabbiato - o deluso - da me.
Gli diedi la mia parola.
"Lin, devi stare attenta alla linea."
Eh? Scoppiò in una fragorosa risata dopo aver visto la mia faccia, a dir poco sconvolta, in una muta domanda: Che cavolo significa??
"Tra qualche mese ci saranno i servizi fotografici, vedi di non aumentare di peso, e nemmeno di morire di fame siccome noi vogliamo le curve in una donna, e non gli spigoli."
"Su quello puoi stare tranquillo, non mangerò fino a diventare una mongolfiera, ne tanto meno farò lo sciopero della fame." 
Si unì alla mia risata, mentre i miei pensieri volavano a tutte le bontà che non potevo più mangiare per delle foto. Ne Marg ne tanto meno Seth avevano accennato a questa cosa, non era forse un mio diritto saperlo? Mi ripromisi di chiedere in futuro su questo evento e sul perchè non me ne avessero parlato
Guardando le stelle sopra la mia testa, scattai in piedi, notando l'ora che segnava le 22.20 sul mio cellulare. Avrei dovuto rincasare alle 21 come minimo.
"Accidenti, sono in ritardissimo!" Lucy non era pagata per restare a casa con Peter per tutto quel tempo.
"In ritardo per cosa? Non abiti da sola?" Mi domandò alzando un sopracciglio?
"Beh si, abito da sola... ma devo assolutamente fare una cosa, non posso restare!" 
"Allora ti accompagno."
Gli sorrisi, era così gentile da non volermi lasciare andare da sola a casa. Ringraziai poi il buio, perchè così non avrebbe notato il rossore che si era impossessato delle mie gote, non appena sentita la sua offerta di riaccompagnarmi.
Camminammo vicini, tanto che le nostre braccia si sfiorarono, senza parlare. Avevo capito che a lui non piaceva parlare di cose frivole, dovevano essere discorsi quanto meno seri.
Mi fermai non appena arrivai davanti alla casa di Elisa, evitando accuratamente di guardare la casa dall'altra parte della strada. 
"Io abito qui, grazie del passaggio!" 
L'imbarazzo aveva preso posto in tutto, dalla mia voce ai miei modi di fare, portandomi a  guardare maniacalmente la punta delle mie scarpe.
Ero talmente impegnata a fissarle che non feci caso al fatto che si era avvicinato talmente tanto da sentire il suo respiro sul mio viso, finchè non mi riscossi al contatto delle sue calde labbra sulla pelle della mia guancia. Avvampai, non mi aspettavo di ricevere un bacio
Sulla guancia, ma sempre di un bacio si trattava.
Se prima provavo imbarazzo, a quel punto mi sarei volentieri sotterrata dalla vergogna. Era un semplice bacetto, ma avevo sentito le sue labbra sostare più del dovuto contro la mia pelle, che bruciava.
La mia pelle bruciava o era la sua?
Non m'importava, sapevo solo che quel piccolo contatto mi aveva conquistata oltre ogni limite, lo volevo ancora.
Sentii il suo respiro caldo sul viso mentre rideva, forse notando il colorito che si era impossessato di me, e allontanandosi definitivamente, lasciando il posto al freddo e al vuoto, dopo che non mi sentii più circondata dal suo corpo. Lo volevo ancora...
Spaventata dai miei pensieri poco consoni verso il mio capo, mi voltai per rientrare a casa, non prima di avergli rivolto un flebile ''Grazie"
Non mi voltai per vedere se era ancora lì, aprii la porta e mi catapultai in salotto, posando la mano sul mio cuore.
Respirai a fondo, riprendendo il mio normale colorito, mentre dal mio petto il rumore assordante del cuore che scalpitava, arrivava alle orecchie.
Appoggiai la borsa nel mobiletto dell'ingresso, prima di andare di sopra.
Peter, per la prima volta da quando avevo iniziato a lavorare, stava già dormendo. Ero delusa, volevo giocare un pochino con lui prima di andare a letto, come tutti i giorni, però per colpa mia ero arrivata tardi. Sospirai, l'unico momento della giornata che potevamo passare insieme l'avevo rovinato. Chissà come si era sentito.
"Bentornata, come mai in ritardo?" Lucy mi accolse così nella stanza, parlando sottovoce per non svegliare mio figlio. Le feci il gesto di seguirmi, mentre tornavo nel salotto per poter parlare tranquillamente.
"Grazie, non mi ero accorta che fosse così tardi. Sono uscita con i ragazzi." 
Le sorrisi, lei sapeva fin troppo di lui. Non passava giorno quando, tornata dal lavoro, le raccontassi della sua bellezza, della sua serietà, di come trattava i clienti e dell'effetto che faceva sulle donne. Volevo raccontarle di quel misero bacetto, renderla partecipe della mia euforia.
"Sono rimasta a parlare con lui, e... mi ha baciata!" Spalancò gli occhi dalla sorpresa, prima di alzarsi e venire a sedersi vicino a me, chiedendomi, curiosa, i dettagli. Risi di gusto, ripensando alla mia scena da pesce lesso, vergognandomi di essere rimasta ferma senza regire, o continuare ciò che lui aveva iniziato.
"Ma quali dettagli, era un bacio sulla guancia!" Mi coprii gli occhi con le mani, tirando indietro i capelli, arrossendo di nuovo al solo pensiero del suo tocco. Ero una ragazza alle prime armi, quindi non mi vergognai a mostrarmi imbarazzata davanti a lei.
"E allora? Si comincia sempre con un bacio sulla guancia, poi sulle labbra e così via..." Mi tirò una gomitata, rimproverandomi scherzosamente.
"Mio fratello lo dice sempre, e ha ragione." 
"Non sei figlia unica?" In quelle due settimane non mi aveva mai parlato della sua famiglia, ne io le avevo chiesto niente; in contro, io non le avevo detto niente della mia.
"No, ho un fratello più grande. Sono fiera di essere sua sorella, anche se a volte mi chiedo per quale motivo proprio lui deve essere un figo da far paura..." Tossicchiò, forse pentendosi delle parole dette.
"Non capire male, mi chiedo perchè non sono come lui." Mise su un adorabile broncio, per cui mi ritrovai ad accarezzarle i capelli. Lucy era una bella ragazza, più bassa rispetto a me, occhi verdi contro i miei castani, stessi capelli scuri, i suoi con dei riflessi rossicci. Era bella, ma non se ne rendeva conto.
"Guarda che sei una bellissima ragazza, perchè pensi queste cose?" Le chiesi, sinceramente curiosa. Fece una buffa smorfia, e come a dire che non c'era bisogno di parole, mi indicò il suo corpo. Sbuffai alzando gli occhi al cielo.
"Potrò mai conoscere tuo fratello, così da dirti che anche tu sei bellissima?"
Mi rivolse una breve occhiata scrutatrice, prendendo a mordicchiarsi un unghia.
"No... non puoi conoscerlo." 
"Perchè, sentiamo!" 
"E' strano... non ti piacerebbe conoscerlo, fidati." 
"L'ho già detto, però preferisco l'anormalità." Le feci un occhiolino, ridacchiando per il suo colorito stranamente pallido.
"E ti cacceresti solo nei casini, ti conviene stargli lontano. Per favore!" 
Mi arresi, alzando le mani in segno di sconfitta, ridacchiando poi per averla sentita sospirare sollevata.
"Ora devo proprio andare." Mi fece notare l'orario, era rimasta anche fin troppo tempo oltre il dovuto.
"Certo, però... non mi fido a lasciarti andare da sola a quest'ora." Si era fatto troppo tardi, e il mio lato protettivo era tornato a farsi sentire. 
"Tranquilla, chiamo mio fratello, sarà qui a momenti." Mi sorrise, cercando di tranquillizzarmi, dopo di chè, tornò dentro per chiamare il fratello. la chiamata durò pochi secondi, giusto il tempo per dargli indicazioni sul luogo.
"Io vado ad aspettarlo all'incrocio, gli risparmio un po di strada." a nulla valsero le mie proteste, dopo aver preso la sua roba e avermi salutato, se ne andò.
 
Prima di andare a letto, passai a prendere Peter dalla sua cameretta, cercando di non svegliarlo, per poi adagiarlo cautamente nel lettone vicino a me.
Era bellissimo, mentre lo stringevo tra le mie braccia, e sentivo le sue manine premere leggermente contro il mio petto, chiudendo i pugni sul mio pigiama. Coprii entrambi con un lenzuolo, prima di spegnere la luce e accarezzare, baciare, coccolare Peter.
Prima di addormentarmi, riuscii a pensare a Lucy, a quella straordinaria ragazza che si prendeva cura di mio figlio.
Era simpatica, più volte l'avevo trovata mentre disegnava, sporcava, urlava e giocava con Peter, e mai si era lamentata.
Di lei mi era subito piaciuta la riservatezza. La sua; e non faceva mai domande, riguardo alla mia.
Al mercato - quando capitava - o anche dal medico, tutte le volte che qualche signora vedeva Peter, si sentiva in dovere di chiedermi di quel bellissimo bambino, ma soprattutto, di farmi una domanda che aveva la forza di rigettarmi nel mio passato.
Una domana strana, dolorosa, piena di brutti ricordi.
Una domanda che Lucy non mi aveva mai rivolto, aveva capito che non erano cose di cui impicciarsi.
Chi è il padre di questo bel bambino?
Una domanda. Serviva giusto una risposta per mettere a tacere tutte quelle donne.
Una risposta facile, forse.
Già!
Peccato che me la facevo spesso anch'io!
Chi è il padre di Peter...?
 
 
 
 
 
 
 
Ecco il terzo capitolo xD
Spero piaccia a qualcuno, anche perchè si iniziano a capire un paio di cosette... spero XD
Una cosa che forse non importerà a nessuno, ma ci tenevo a dirla. Il negozio da cui ho preso spunto è l' AberCrombie, Con la piccola variante che non severa con i miei personaggi come lo sono nella realtà con i veri modelli... uno è stato licenziato perchè sorpreso a mangiare un cornetto durante la settimana dei servizi fotografici :( è un modello, inutile dire quindi che è bellissimo. Va beh, questo non c'entra, ma era per far capire che non scriverò sempre cose attendibili :p
Ringrazio yuukicross e _Lilac_ per aver commentato gli scorsi capitoli, grazie veramente <3
Se notate egli orrori in mezzo al testo, fatemelo sapere, così da poter migliorare.
A presto =)
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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