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Autore: CrystalStewart    14/12/2011    1 recensioni
Come poteva essere successo?
Non c'era un senso logico al quesito che ormai mi stavo ponendo da un paio di giorni e notti e nemmeno c'era una spiegazione normale o accettabile per la questione presa sotto mano.
Mi ero innamorata di un licantropo.
Come diavolo poteva essere possibile; insomma... era un quasi un animale, non un umano.
Eppure con lui avevo il batticuore, mi sentivo protetta, ero me stessa in tutto e per tutto ma soprattutto, io non avevo paura.
No, non avevo paura di lui.
Si era un licantropo, che si trasformava in un lupo di due metri, largo abbastanza e digrignava i denti spesso ma mai contro di me; si mostrava per l'animale feroce che era quando doveva proteggermi ma non avevo mai avuto paura di lui nemmeno quando si era dato guerra contro altri della sua specie.
Non sapevo più cosa pensare, cosa dire per rendermi conto che era vero.
Era come nelle favole, sì solamente che questa guerra, questa foresta magica e questo lupo erano veri, come il mio amore lo era per lui.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Jake’s pov.
Odiavo avere quel sapore sulla lingua, era la cosa più odiosa della mia natura.
Voltai la mia attenzione verso Matt che stava finendo di ammucchiare i pezzi rimanenti di quella cosa: era una donna, probabilmente intorno ai venti o ventidue anni, aveva dei lunghi capelli neri e due occhi rossi ormai spenti, fortunatamente per sempre. Dai vestiti si capiva benissimo che non era delle nostre parti, forse di qualche tribù che stava sul confine fra Canada e Stati Uniti.
«Vai, ci penso io a finire qua. Finisci il giro di controllo.»
La voce di Matthew mi fece scostare dal mio ragionamento investigativo, riportandomi al mondo reale. Annuii con un piccolo verso e mi diressi verso i confini del territorio; sapevo benissimo che potevo fidarmi di lui e che avrebbe fatto un ottimo lavoro nel far sparire ogni traccia.
Ripensai ancora a quella ragazza, o meglio al mostro che era diventata, e alla sua espressione mentre la uccidevamo: in fondo, quelle grida avevano ancora qualcosa di umano, qualcosa che il veleno o l’immortalità non erano riusciti a mutare. Pensavo a quel bastardo che l’aveva trasformata, molto probabilmente il suo compagno convinto di poterle dare una vita migliore, di poterle dare di più.
Decisi di deviare, di passare prima per la parte nord verso gli scogli per controllare che fosse tutto a posto; saltai fuori dalla boscaglia e mi sporsi su una roccia un po’ più in basso, così da poter avere una visuale più ampia ma l’unico movimento che mi insospettì e cha catturò la mia attenzione fu quello di un corpo sott’acqua.
Non era un pesce, troppo grande per esserlo. Continuai a seguirlo attentamente con lo sguardo fin oa quando quella creatura non fuoriuscì dall’acqua.
Un reggiseno a fascia le copriva le accentate curve superiori mentre i capelli bagnati volteggiavano all’indietro nell’aria, fino ad atterrare nuovamente sul corpo della ragazza.
Il mio sguardo non riusciva a togliersi di dosso a quella meraviglia e un’improvvisa sensazione di familiarità mi prese dentro: sapevo chi era quella ragazza, sapevo di averla già incontrata e sapevo di volerla finalmente conoscere.
Ululai di cuore verso il sole che ci stava abbandonando, per poi dirigermi velocemente verso casa a cambiarmi.
Non contai, ne tanto meno badai, quanti secondi sfruttai per arrivare, vestirmi e scappare via nuovamente verso la spiaggia per raggiungerla, per essere ad un paio di metri da lei. In ogni caso, impiegai poco meno di tre minuti, non di più e infatti lei era ancora lì, intenta ad ammirare il tramonto all’orizzonte. Il suo corpo, snello ma al contempo abbastanza formoso, era bianco e delicato come quello di una dea; una divinità che ha come dono la troppa bellezza racchiusa dentro un insulso corpo da umano invece che essere uno spirito libero, ma in fondo era meglio così altrimenti non avrei potuto nemmeno vederla.
I suoi movimenti, così sinuosi e dolci, la conducevano da me, stava avvicinandosi sempre di più a me e i miei occhi non riuscivano a staccarsi da quel corpo perfetto.
La vidi alzare il volto e, in quell’attimo eterno, i suoi occhi si incrociarono con i miei.
Vidi passare da un futuro vicino, un nuovo domani con lei, mano nella mano con quella dea ai miei piedi; stavamo correndo e giocando nel bosco, lei mi saliva in groppa e, aderendo con il suo corpo al mio, attraversavamo radure e intere pianure. In altri attimi invece, il suo viso da serio che era si illuminava di un caldo sorriso, tanto potente da rendere quella bianca pelle più abbronzata e olivastra alla luce rispetto a come era realmente. La vedevo correre per casa mentre io la rincorrevo poi, non appena l’ebbi davanti a me, la catturai facendola prigioniera tra le mie braccia; l’alzavo in aria e la facevo volteggiare nell’aria con quel sorriso inciso sul suo viso meraviglioso.
Quegl’occhi color ghiaccio, immobili su di me, cominciarono a scrutarmi mentre le braccia avvolgevano il corpo nudo e bagnato, quasi volessero riscaldare e coprire quella candida pelle.
Mi alzai esterrefatto da tanta bellezza mentre sentivo e vedevo il suo sguardo addosso a me; mi avvicinai dopo essermi tolto la maglia ed essendole davanti le misi la maglia, infilandogliela dal collo e poi delicatamente la aiutai a mettere anche le braccia. Tornai indietro alla mia postazione e, dopo aver preso la sua enorme felpa, mi diressi nuovamente verso di lei, facendole indossare anche quella stavolta con un aiuto anche da parte sua.
Non avevo mai incontrato niente o nessuno di così perfetto; non ero io a muovermi, era il mio spirito. Il corpo era solo il mezzo attraverso il quale lei avrebbe potuto vedere il mio gesto.
Appena messa la felpa per bene, prese i lati di questa e se li strinse addosso; indietreggiai un paio di metri e lasciai che andasse dai pantaloni e dalle scarpe.
Continuavo a guardarla, ininterrottamente mentre trovava l’equilibrio su una gamba mentre l’altra si muoveva per riempire quei pantaloni stretti; una volta infilati, se li sistemò sulla vita per poi piegarsi e raccogliere le scarpe.
Mi scappò un leggero sorriso nel vederla così in imbarazzo, quasi impacciata, davanti ai miei sguardi ma la cosa non mi toccava. Volevo continuare a guardarla, dovevo  continuare.
«Ehi.» buttai lì una parola.
La vidi alzare lo sguardo ed esplodere in un enorme sorriso.
«Ciao.» rispose, avvicinandosi.
Il silenzio che ricopriva quei momenti era quasi insopportabile, era un qualcosa che non riuscivo minimamente a sopportare, non c’era motivo per cui dovesse esserci a meno che non ci fosse stato un bacio e, purtroppo, non ci stava. Per niente.
Cercai qualcosa da dire, ma in quel momento non mi veniva in mente niente di carino, dolce o gentile.
«Ti va di fare un giro?»
Vidi il suo capo piegarsi leggermente verso la mia sinistra, per poi riaccendere quel sorriso meraviglioso sul suo viso mentre una risposta prendeva forma sulle sue labbra.
«Andiamo.»
Mi passò quasi di fianco, fino a quando non mi girai e le fui di fianco; le mie mani tremavano, palpitavano sull’orlo delle tasche dei miei jeans. Erano avide di muoversi, di poter fare qualcosa per lei che tanto tremava dal freddo, di poterla avvolgere nel loro dolce calore.
«Dimenticavo: io sono Jacob.» dissi, porgendole una mano.
In quel momento si bloccò, quasi non sapesse cosa fare.
Si muoveva lenta ed indecisa, quasi impaurita dai suoi stessi gesti, come se avesse potuto fare qualcosa che avrebbe rovinato tutto.
«Io sono Sophie.» ribatté seria in volto, mentre la sua mano fredda e bagnata stringeva teneramente la mia.
I miei occhi si posarono prima sulla stretta e poi di nuovo sul suo viso: vedi il suo sguardo fermo ed immobile sulle nostre mani, per poi riempirsi di gioia come anche il suo viso fece con un altro di quei favolosi sorrisi che solo lei era capace di fare.
Non c’era niente che non andasse bene in lei.
«Allora…» dissi io, avvolgendole le spalle con un braccio «ti va di raccontarmi qualcosa di te?»
Vidi i suoi occhi posarsi diffidenti verso la mia mano che dolcemente le stringeva la spalla opposta, ma poi di nuovo quel sorriso prese il sopravvento su quel viso angelico che tanto avevo aspettato, su quei lineamenti che nemmeno Dio si immaginava di scolpire tanto bene.
La sentii sospirare.
«Da dove comincio?» sorrise.
«Che ne dici se parti dall’inizio?»
Le sue tenere labbra si incurvarono ancora di più, impegnandosi a mostrare un sorriso ancora più bello.
Ormai la gravità mi aveva abbandonato a quel capo magnetico che lentamente mi stava risucchiando verso l’epicentro, verso quella divina creatura che stentavo credere vera.

Sophie’s pov.
Non mi ero mai sentita così ma al contempo piena: non sentivo niente che mi appartenesse, ormai non più.
Lo sentivo dentro di me; tutta la mia intimità era stata violata, catturata e strappata dal profondo. I suoi occhi marroni mi stavano mangiando come le sabbie mobili quando inghiottono la propria vittima, soffocandola, ma lui no.
Lui non uccideva ne mi stringeva; ero io a volerlo con me, ma non comprendevo il perché.
«Cos’è questa sensazione? E’ come se non fossi più attaccata al pianeta, come se la gravità avesse cambiato epicentro: il punto non è più il centro della Terra, è lui.» pensai, quasi spaventata da me stessa.
Mi aiutò a vestirmi, a coprirmi e qualcosa scattò ancora: non sapevo cosa fosse, non sapevo nemmeno cosa fare, dire o persino pensare. Ero totalmente confusa, smarrita e per questo mi limitai solamente a seguirlo; lo seguii e basta. Balbettai qualcosa per rispondere a qualcosa che nemmeno ero riuscita a sentire, quasi fossi racchiusa dentro un’enorme bolla.
Avrei fatto di tutto per lui, avrei fatto tutto ciò che lui diceva e sarei stata persino disposta ad essere o diventare tutto ciò che lui voleva.
«Jacob: che cosa sta succedendo?»
Lo vidi sorridere, di cuore a capo basso.
«Si fa sentire eh?»
«Che cos’è?» cominciavo a spaventarmi davvero.
«Non ti preoccupare, non è pericoloso o almeno… non pericoloso nel modo in cui fa intendere il termine stesso.»
«Mi stai solo confondendo di più.»
Non riuscivo a capire o forse non volevo, ma il suo calore mi scaldò tanto da sciogliere le mie barriere difensive: sentivo le sue mani calde attraverso la grossa felpa di Silver, ma non mi opposi.
Le sue dita aderivano sempre di più alle mie braccia mentre mi aveva rinchiuso tra lui e la scogliera. Il freddo muro roccioso mi gelava la spina dorsale ma, in confronto al calore che il suo respiro gettava sul mio collo, non era niente.
Non capivo cosa stava succedendo e, forse, nemmeno mi importava. Ciò che contava era averlo lì accanto e sentirlo parte di quel mondo dove mi ero da troppo tempo rinchiusa.
«Sophie, non so su cosa tu stia riflettendo ma credimi, posso capirti. Non ci conosciamo, non sapevamo nemmeno esistessimo prima d’ora e ti confesso che non so neanche io cosa fare. Ma… voglio proteggerti, voglio esserci nella tua vita e non mi importa cosa pensi chiunque altro: io voglio te.»
Conoscendomi, avrei dovuto sparare un rifiuto netto; non ho mai sopportato i cascamorti, ma con lui era diverso. Era un qualcosa di magnetico, potente, ossessivo, quasi innato e naturale.
Non riuscivo ad oppormi, a resistergli ma come poteva un semplice istinto vincere su di me.
«Senti: non so di cosa tu stia parlando, ma non aspettarti che una semplice attrazione fisica abbia la meglio su di me.»
Ero sempre stata razionale, abituata a pensare prima di fare; andando contro me stessa e quell’istinto mi sentivo triste e tremendamente vuota.
«Tu non hai la minima idea di che cosa sia e di cosa possa fare.»
«Cosa? Cosa potrebbe essere tanto forte da farmi cambiare me stessa e i miei principi?» chiesi curiosa, mentre un briciolo di rabbia cominciava a manifestarsi.
«L’imprinting è qualcosa che decide la natura, non tu. Non vi è alcuna creatura al mondo che possa resistergli e di certo tu, piccola umana, non sarai la prima.» sorrise.
La sua mano scottava ardente contro il mio bianco collo, tanto da sentirlo quasi bruciare sotto la sua pelle.
Mi ripetevo che non dovevo, che non poteva vincere quella semplice sensazione su me e il mio autocontrollo, ma con quel tocco lui aveva distrutto ogni mio possibile tentativo di difesa.
«Lo senti? Il cuore sta accelerando.» sorrise malizioso.
Appoggiai la mia mano sul suo petto.
«Non è l’unico a correre.»
«Non ho detto che fosse l’unico.» disse, prima che quei denti bianchi furono scoperti del tutto.
Ogni mio tentativo di ribellione o resistenza era messo a tacere da un suo gesto: i miei sensi erano stati uccisi dall’istinto si averlo, di sapere e voler essere sua.
Scossi la testa, cercando di scacciare via da me quei pensieri carnali, quasi li vedessi come un demone in cerca di un’anima da divorare.
Nell’aria si diffuse un riso; era il ghigno di quel angelo che avevo davanti e i suoi denti bianchi sostituivano la luce del sole ormai nascosta dall’orizzonte, brillavano come le stelle del cielo.
«Non puoi scappare.» disse alzandomi il viso mentre mi accarezzava dolcemente la guancia «Non cercare di resistere a qualcosa che il tuo stesso corpo vuole.»
«E sarebbe?»
«Me.»
Quelle due lettere sembrarono una sentenza dettata dal giudice dell’anima, quello che cercavo di ignorare, di non ascoltare, di coprire con lo stupido pensiero che fosse una semplice attrazione fisica; ma quel bacio fu la prova contraria.
Le sue labbra, morbide e carnose, si gettarono sulle mie, come un lupo che balza addosso alla sua preda, ma non era la foga a regnare nell’atmosfera. La sua bocca era dolce, delicata, quasi attenta a non farmi del male e questo lo sentivo ovunque: la sicurezza, la fiducia di quel gesto d’affetto mi stava sconvolgendo. I fianchi bruciavano sotto quel tocco, il collo ardeva coccolato da quella carezza e la spina dorsale fremeva con tutto il resto del corpo vicino a lui.
Le mie braccia, indecise e paurose, risalirono il suo petto fino ad arrivare ai suoi capelli, appoggiandosi comodamente alle sue enormi spalle, quasi fossero addormentate in un sogno irreale, in un meraviglioso scherzo immaginario della mia mente. Come il sole stava calando, anche le mie paure mi abbandonarono, lasciando spazio ad un sentimento che ormai mi era sconosciuto e che, in così pochi secondi, era riaffiorato in tutto il mio essere.


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Ancora -ciao miei cari lettori;
ultimamente non sono più sicura di niente, non riesco ad esserlo nemmeno se lo voglio e ciò vale anche per i capitoli.
Spero vi piacciano, come sempre d'altronde, ma in ogni caso mi farebbe piacere chiedervi - nonostante so sia una scocciatura, almeno per gli altri - lasciare un segno del vostro passaggio, un commentino, una faccina, una critica: insomma, un vostro pensiero così da potermi regolare anche un po' con me stessa e migliorare sempre di più queste storie che ormai stanno diventando tanto per me, davvero tanto e avere qualcuno che spreca anche solo cinque minuti per leggere i capitoli mi riempie di orgoglio e gioia.
Sì, di orgoglio perchè finalmente sento che ho trovato una strada che mi appartiene.
- con affetto,

Crystal.

  
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