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Autore: EsseTi    14/12/2011    0 recensioni
- E dai, Evans.. –
- Ti ho detto di no, Potter. Ci sono ancora decine di ragazze libere, perché non vai a irritare loro? Ne sarebbero felicissime! –
- Ma è te che voglio, Evans…e dai! Che ti costa! – Lily arrossì visibilmente, voltando il capo per non farsi vedere.
- Mi costa, Potter…che non ho alcuna intenzione di venire al ballo di Halloween con te! Se avessi voluto un accompagnatore del genere avrei scelto un bel palloncino gonfio gonfio da portare attaccato ad un filo! –
- Sei sempre la solita esagerata….e poi, d’accordo, io sono come il palloncino, però parlo no? Sono di compagnia! –
- Hai detto bene, tu parli…! - lo rimproverò ancora,irritata, sfuggendo al suo sguardo per imboccare la scala verso il dormitorio. Un attimo di silenzio, in cui Lily salì tre scalini, strascicando rumorosamente i piedi.
- Evans? – la chiamò di nuovo la voce maschile. Lily, sbuffando, si voltò nuovamente, i piedi su due gradini differenti.
- Ho detto no, Potter!! –
- Ma non volevo chiederti del ballo.. –
- E allora che vuoi? –
- Lo sai che sei bellissima? – Lily sbuffò ancora, di nuovo rossa in viso, quasi quanto i suoi capelli, per poi scappare su per le scale.
In stop. Verrà ripresa.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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16 settembre 1976

Pensare che, dopo aver affrontato i G.U.F.O. ,  sarebbero stati più preparati per quello che li aspettava ai M.A.G.O.  era stato un grosso errore.
Le lezioni erano iniziate appena da due settimane, e la sala comune Grifondoro era già colma di lamentele di studenti con un carico di compiti sulle spalle tanto pesante da non poter essere sollevato neppure con uno dei migliori Wingardium Leviosa. Era da poco passata l’ora di cena e, prima del coprifuoco, i giovani grifoni si erano riuniti nella loro sala comune: la maggior parte, in verità, cercava di districarsi tra una relazione di Pozioni particolarmente difficile e una traduzione di Antiche Rune che pareva scritta in aramaico antico. Solo tre figurette sottili, accaparratisi i posti migliori, si stavano godendo il gradevole tepore del fuoco e una meritata pausa dalle fatiche della giornata. La ragazza più vicina al fuoco si passò una mano tra i capelli rosso scuro, lasciando che le fiamme li facessero brillare ancor oltre la loro naturale bellezza: accanto a lei c’era una giovane biondina. Aveva il corpo più sottile, le spalle appena incurvate e il viso tondo, incorniciato da lisci capelli biondi e illuminato da un meraviglioso paio di occhi nocciola: aveva l’aria pulita, e la tuta larga che indossava la faceva sembrare ancora più piccola. Completamente diversa si mostrava la terza ragazza: spalle più larghe, testa alta e sguardo fiero, aveva i capelli scurissimi e riccioluti, lunghi fino alle spalle, gli occhi scuri e le labbra carnose. Solo l’abbigliamento, un vestito dall’ampia gonna a pois, lasciava intendere come si trattasse solo di una ragazzina.
-          Non capisco perché mi riesce tanto difficile, ci riuscite tutti! – La voce delicata della bionda risultava simile ad un lamento mentre si confidava con le due amiche, i polpastrelli volti al fuoco per scaldarli.
-          Non farla tanto lunga, Emmeline, ti serve  solo un po’ di esercizio! Hai sentito la McGrannit no? Non tutti possono padroneggiare incantesimi di questi tipo al primo tentativo.. – la rimbrottò la mora, incrociando le gambe sul pavimento.
-          La fai facile tu! Ci riesci no? –
-          Mary non ha molto tatto, Em, lo sai anche tu, ma ha ragione.. –intervenne la rossa, scoccando uno sguardo di sbieco all’amica, di nome Mary. - …ti serve solo del tempo, e più fiducia in te stessa: fino a quando penserai di non riuscirci, non ci riuscirai! Devi credere di poterlo fare, perché tu lo puoi fare! Non hai nulla in meno degli altri, e nessuno riuscirebbe mai a raggiungere il tuo livello in cura delle creature magiche! – Lily rivolse alla bionda un sorriso incoraggiante, portandosi i capelli dietro le orecchie.
Emmeline sospirò sonoramente ma, vistosamente rincuorata, pose sulle gambe il libro di Trasfigurazione nel quale cercava conforto da diversi giorni: era una materia che non le piaceva affatto, né, per altro, risultava particolarmente portata, a differenza di Mary. Quella ragazza, prima o poi, avrebbe superato la stessa professoressa McGrannit. Lily, poi, erano rare le materie nelle quali non riusciva: il professore di Pozioni era letteralmente innamorato di lei.
-          Ciao Remus. Andato bene il giro di ronda? – Emmeline alzò il capo alla voce di Lily: Remus Lupin, uno dei prefetti grifondoro, aveva appena varcato il buco del ritratto della signora Grassa, entrando nella sala comune affollata con l’aria di chi avrebbe voluto trovarsi da tutt’altra parte.
Lily nutriva parecchia simpatia per quel ragazzo, nonostante fosse un tipo abbastanza strano: aveva sempre l’aria trasandata, i capelli troppo lunghi, costanti occhiaie e non passava mai più di un’ora in compagnia di persone che non fossero i suoi migliori amici. E Lily odiava gli amici di Remus: non tutti, forse, ma almeno due.
-          Gazza ci ha tenuti un’ora e mezzo su alla guferia: secondo lui ci sarebbero state le condizioni ideali per ricevere dei fuochi d’artificio di contrabbando questa sera. Devo ringraziare il cielo che il professor Vitious sia passato di lì e abbia convinto Gazza a lasciar perdere questo assurdo controllo. – rispose il ragazzo, prima di congedarsi con un cenno. Lily non si alzò per seguirlo, nonostante avrebbe volentieri chiacchierato con lui: sapeva benissimo dove fosse diretto, e l’idea non le garbava affatto.
Emmeline seguì il compagno di casata con lo sguardo, prima che un intervento di Mary non la riportasse alla realtà: così non vide Remus Lupin crollare seduto su una poltrona in un angolino della sala. I suoi amici lo aspettavano da un bel po’: Peter era alle prese con la relazione di Pozioni, ma Sirius e James sembravano essere in vacanza, senza alcun pensiero. Il primo giaceva su una poltrona, di traverso, fissando il soffitto con sguardo vacuo, mentre il secondo giocherellava con un boccino, soddisfatto di se stesso, attirando rapide occhiate ammirate di Peter che, in tutto, non aveva scritto neppure tre righe.
-          Lunastorta, finalmente! Credevo avessi deciso di dormire da Gazza, questa notte! – Sirius si mise seduto mentre si rivolgeva all’amico, urtando per sbaglio il contenitore dell’inchiostro di Peter. Non si voltò neppure a vedere l’ampia macchia nera allargarsi sul foglio e gli occhi di Peter spalancarsi: ci aveva messo ore per quelle misere tre righe.
Con aria stanca, Remus sollevò la bacchetta e colpì il foglio, salvando il lavoro del biondino, e rivolgendo a Sirius uno sguardo di rimprovero.
-          E’ un pazzo visionario. Come gli vengono in mente certe idee? Fuochi d’artificio di contrabbando..bah.. – si lamentò con gli amici.
Sirius trattenne una risata con tanta forza da iniziare a tossire così forte che attirò l’attenzione di un gruppetto di ragazzini del secondo anno, che lo fissarono dall’aria preoccupata: persino James, in un eccesso di risa, si fece sfuggire il boccino con cui giocava. Remus alzò gli occhi, e, con improvvisa consapevolezza, fissò i due ragazzi, spostando lo sguardo dall’uno all’altro.
-          Ditemi che non siete stati voi. – disse loro, con aria seria ma un tono di voce calmo. James, seduto, non riuscì a trattenere un sorriso mentre portava le mani avanti verso l’amico.
-          Beh, tecnicamente no, non siamo stati noi…diciamo che, probabilmente, un biglietto scritto da noi, non firmato, potrebbe essere casualmente finito sotto la porta del suo ufficio…ma è stato il caso, Remus! – si giustificò, ancora ridendo. Di fronte allo sguardo scocciato dell’amico, intervenne anche Sirius.
-          Non pensavamo mica che vi avrebbe coinvolto! Volevamo solo vederlo accampato su alla torre, al freddo, per tutta la notte… - ipotizzò, valutando l’idea.
L’immagine dovette risultargli abbastanza divertente, perché un altro scoppio di risa lo travolse, insieme al suo migliore amico. Anche Peter, farfugliando, ammise come l’idea fosse in fondo divertente. Remus sbuffò: come sempre, avrebbe lasciato perdere, perché sarebbe stato impossibile domarli.
Probabilmente sarebbe stato più facile costringere una coppia di Schiopodi ad indossare un tutù rosa.
-          Piuttosto, voi due, non dovreste finire la relazione per Lumacorno? Credevo di avervi sentito dire che l’avreste finita questa sera. – li rimproverò di nuovo, allungando le gambe in avanti. Era stanco, ma per il mese successivo sarebbe stato tranquillo; la luna piena era passata da poco. Certamente non era facile essere un lupo mannaro ad Hogwarts, men che meno con amici come James e Sirius, che di passare inosservati non ne avevano la minima intenzione.
Nessuno dei due sembrava particolarmente intenzionato ad ultimare il compito di Pozioni che, tra l’altro, avrebbero dovuto consegnare la mattina dopo: James amava fare le cose all’ultimo minuto.
- Oh, lo farò domattina Remus, non abbiamo lezione le prime due ore, avrò tutto il tempo. – lo rimbrottò il moro, sistemandosi gli occhiali sul naso. Remus sbuffò, non potendo trattenere un sorriso ironico.
- Questa l’ho già sentita. – gli disse ancora, accomodandosi meglio sulla poltrona. Era troppo stanco quella sera per insistere ancora.
- Ehi, Ramoso, che ne dici se prendiamo il tuo mantello e andiamo su in guferia a lanciare delle caccabombe? Gazza impazzirà! – se ne uscì improvvisamente Sirius, raddrizzandosi con una luce entusiasta negli occhi. Era sempre così quando si faceva cogliere da una nuova idea e, il più delle volte, non erano affatto buone idee. Ma James non rispose a quella provocazione, il che, di per sé, sarebbe stato grave: James non si tirava indietro. Mai. Remus sollevò il capo, volgendolo verso l’amico: aveva una mano tra i capelli e un sorriso sul viso di quelli così trionfanti che soltanto una bella vittoria a Quidditch avrebbe potuto tirar fuori.
- Evans! Hai recuperato il mio boccino! –
Sia Remus che Sirius si voltarono nella stessa direzione verso cui guardava James: vicino al camino, una furente Lily Evans cercava di districarsi qualcosa dai capelli. Aveva le guance rosse e gli occhi socchiusi mentre con le mani tra i capelli si agitava, borbottando: quando sollevò il capo qualcosa di veloce si allontanò con un fruscio veloce verso sinistra, intercettato dalla mano di James che, con un salto, era corso a fermarne la corsa. Il boccino d’oro aveva le ali spiegazzate, ma frullava ancora per liberarsi dalla presa del giovane grifondoro.
- Devi per forza fare lo sbruffone Potter? Perché non vai a giocare fuori con quell’aggeggio? –lo rimbrottò la rossa, seduta con le gambe incrociate e i capelli appena scompigliati per la lotta con la pallina dispettosa.
- Quell’aggeggio? E’ la pallina più importante di tutto il Quidditch! – rispose lui, incredulo, con gli occhi spalancati. Lily scosse il capo, con indifferenza.
- Potrebbe essere qualsiasi cosa purchè tu ci giochi fuori. Non siamo qui tutti ad osannarti, quindi smettila. – Oh, Evans, come siamo acide! –
Lily rivolse a James uno sguardo di fuoco, stringendo le labbra come faceva sempre quando l’irritazione era tanta da portarla a non saper più come controbattere alle provocazioni: optò per la semplice indifferenza, rivolgendosi alle sue amiche.
- Io vado a letto, ci vediamo di sopra. –
- E dai Evans, te ne vai già? Potremmo fare una passeggiata giù al parco! – la richiamò di nuovo James.
La rossa grifondoro non diede segno di aver sentito la voce del compagno: l’unico gesto che avrebbe potuto far presagire qualcosa sarebbe stata la leggere smorfia delle sue labbra mentre scansava una poltrona per dirigersi verso le scale. James si alzò dalla poltrona scattando il avanti per intercettarla, ma non ebbe fortuna: Lily era già con un piede sulle scale, diretta verso il dormitorio con i capelli che le danzavano sulle spalle.
- Non lo sai che è maleducazione non rispondere alle persone? –la provocò ancora. Aveva toccato un tasto dolente: nessuno avrebbe dovuto accusare Lily Evans di maleducazione. Con sguardo furente, la rossa si voltò, facendo saettare i capelli nell’aria.
- Tu non sei una persona Potter, sei solo un pallone gonfiato! – gli rispose soffiando, con le guance rosee. Era una sua caratteristica: quando si infervorava la pelle pallida si colorava di rosso, soprattutto sulle guance e sulla punta del naso. E quando succedeva, una scarica di adrenalina percorreva tutta la schiena di James, spingendolo oltre il limite del consentito.
- E dai, devi solo uscire con me e basta! – Lily sbuffò, voltandosi di nuovo per salire le scale. – Evans!!! – urlò lui per le scale. Non la stava chiamando, o meglio, non per importunarla, bensì per attirare la sua attenzione: qualcosa di peloso e di color nocciola era sfrecciato giù per le scale, insinuandosi tra le gambe di James.
- Arwen!! –
Lily si tuffò per le scale all’inseguimento del proprio gatto: l’aveva acquistato l’anno prima, ma aveva scoperto ben presto come l’affinità tra loro non fosse affatto parecchia. Non faceva che sfuggire ad ogni occasione se non lo si teneva chiuso in dormitorio: difatti, con la porta socchiusa, attirato dalle voci, era sceso giù per le scale, lanciandosi verso il buco del ritratto proprio mentre Edward Halbor rientrava dal giro di ronda con gli altri prefetti. Lily imprecò tra i denti, scansando James sulle scale: lui le sfiorò le spalle, cercando di fermarla, ma la rossa lo superò soffiando tra i denti, lasciandolo in piedi. Doveva cercare Arwen, se lo avesse trovato Gazza avrebbe potuto passare grossi guai.
La rossa ignorò i richiami delle compagne mentre si fiondava all’inseguimento del gatto, fuori dalla sala comune, nei corridoi silenziosi: era quasi inquietante trovarsi i quel silenzio, in un orario nel quale lei lì non ci sarebbe dovuta essere. Era stata tutta colpa di Potter, se non l’avesse innervosita avrebbe fatto attenzione e Arwen sarebbe stato chiuso nel dormitorio con lei, magari sotto le coperte. Quel ragazzo era una fonte di guai inesauribile, e lei ne pagava sempre le conseguenze.
Lily aveva imboccato da poco un corridoio molto illuminato, inginocchiandosi per richiamare il gatto imitando il suono di qualche bacino e portando la mano in avanti.
- Arwen…Arweeen….dove sei micetto? Dai vieni qui, ho qualcosa per te… - sussurrava guardandosi intorno.
Ogni tanto tendeva l’orecchio pe r captare eventuali rumori, per quanto, ne era certa, se li avesse sentiti non avrebbe certo avuto dove nascondersi. – Arwen….Ar.. – Si fermò di colpo, pietrificata: sentiva un rumore di passi avvicinarsi, precisi, un rumore di tacchi che solo il custode aveva il coraggio di indossare. Lily si risollevò, mordendosi un labbro: non aveva via di scampo, se avesse imboccato il corridoio Gazza l’avrebbe vista immediatamente. Avrebbe potuto restarsene lì e inventarsi una scusa, magari che lo stava cercando per rivelargli che degli studenti progettavano di lanciare delle caccabombe nel corridoio del terzo piano. Non sarebbe servito, ne era certo: Gazza non si sarebbe mai risparmiato una punizione.
I passi erano sempre più vicini, riusciva persino a sentire il borbottio del custode.
- Vedrai carina, li prenderemo se faranno arrivare quei fuochi, e non ci sarà professore che tenga… -
Lily si appiattì ancora di più contro il muro, terrorizzata: presto sarebbe arrivato fino a lei, e l’avrebbe vista immediatamente, così al centro del corridoio.
- Ti prego, non questo corridoio, non questo corridoio… - pregava a denti stretti, con il cuore che le batteva a mille. L’idea di prendere una punizione la terrorizzava più di qualunque altra cosa.
Per poco non urlò quando si sentì strattonare dal braccio: l’aveva beccata. Eppure, non si era ancora presa un rimprovero. E quel profumo…credeva che Gazza profumasse di vecchio: quando riaprì gli occhi, con il cuore che le batteva a mille, erano ben altri gli occhi che si era ritrovata davanti.
- Potter! Che cosa… - iniziò lei, ma la mano di James Potter la fece tacere. Erano entrambi nascosti sotto quello che sembrava un mantello. – Non è divertente, ci farai scoprire! – lo rimproverò, cercando di districarsi dalla stoffa e uscire dal corridoio nella speranza che Gazza decidesse di non imboccare proprio quello: il grifone non era dello stesso avviso e, con un gesto veloce, la trattenne vicino a sé, facendola arrossire in corrispondenza delle guance.
- Shhh. E’ un mantello dell’invisibilità, nessuno ci può vedere qui sotto, ma ci può sentire, quindi.. – lasciò la frase a metà, sostituendo le parole con un eloquente gesto in cui si faceva scorrere le dita come a incernierarsi le labbra.
Lily avrebbe voluto controbattere, ma i passi di Gazza erano vicinissimi: aveva imboccato il loro corridoio tanto silenziosamente che la rossa si era sentita gelare il sangue, credeva che i battiti sordi del suo cuore avrebbero svegliato tutto il castello. Accompagnato dalla sua gatta, il custode percorreva il corridoio, biascicando qualche parola che risultava ad orecchie estranee del tutto incomprensibili: il felino lo seguiva strusciando nelle sue gambe con insolita lentezza, puntando gli occhi gialli nella direzione nella quale i corpi di due adolescenti respiravano il più silenziosamente possibile. Per un attimo, Lily si chiese se quel mantello fosse veramente efficace, e se lo fosse con i gatti soprattutto: se fosse stato un altro scherzo di Potter lo avrebbe ucciso.
- Che c’è carina? Hai visto qualcosa? – Il custode si stava pericolosamente avvicinato verso il luogo in cui Lily e James stavano in piedi: la ragazza indietreggiò in modo così istintivo da schiacciare con forza il piede di James, perdendo l’equilibrio; i riflessi allenati dal Quidditch permisero al giovane di mantenere il sangue freddo e impedire la caduta della ragazza afferrandola per le spalle. Lo sguardo del custode era sempre più vicino, ma evidentemente sul serio non aveva modo di veder nulla perché, dopo qualche secondo, si distrasse, tornando al corridoio. –Su, andiamo. Abbiamo altri corridoi da perlustrare alla ricerca di studenti fuori dal letto! – concluse alla fine, avanzando con una lanterna in mano seguito, dopo qualche istante, dalla gatta, i cui occhi gialli si erano soffermati ancora sui due corpi immobili e invisibili nel corridoio.
I due grifondoro rimasero in silenzio per quelle che parvero ore, respirando piano e tendendo l’orecchio per cogliere eventuali passi in avvicinamento, ma il silenzio regnava sovrano nel largo corridoio: Lily sentiva il petto di James sollevarsi ritmicamente ad ogni respiro dietro di lei, con le guance in fiamme. Era la prima volta che non si trovava così vicino a Potter solo per insultarlo.
- Hai un buonissimo profumo, lo sai Evans? –  Infatti, era troppo tempo che non era così vicina a Potter per insultarlo: con un movimento fulmineo, Lily sfuggì da sotto la copertura del mantello, allontanandosi nel corridoio. Aveva la schiena sudata, e alcune gocce di sudore freddo le imperlavano la fronte. – E dai, ti sei arrabbiata di nuovo? Dovresti ringraziarmi, ti ho salvato da Gazza! – la richiamò il grifone.
In realtà l’aveva seguita solo per infastidirla ancora, ma si era portato il mantello nell’eventualità che incontrassero qualche insegnante o il custode, come era infatti avvenuto: eppure vederla lì, schiacciata contro il corridoio con lo sguardo terrorizzato era stato troppo per infierire. Sirius l’avrebbe preso in giro a vita se avesse saputo che aveva rinunciato alla possibilità di essere messo in punizione con la Evans e di tormentarla per ore e ore, senza che lei potesse sfuggirgli.
- Guarda un po’, per un attimo avevo pensato che anche tu potessi essere gentile! – gli rispose lei a tono, imboccando un corridoio per risalire fino alla sala comune. Non avrebbe rischiato di essere beccata ancora, e Arwen poteva aspettare fino a domani.
- E infatti lo sono! Avrei potuto lasciarti lì e godermi la scena da sotto il mio mantello! – Lei si fermò, voltandosi verso di lui, con aria interrogativa.
- Com’è che l’hai avuto, a proposito? –
- Non è illegale, era di mio padre. E’ in famiglia da generazioni e adesso è mio! Quando mio figlio sarà ad Hogwarts lo avrà anche lui, così potrà continuare la tradizione di famiglia! – Lily sbuffò, in una mezza risata.
- Tsè, figurati! Chi ti dice che avrai un figlio maschio? Potrebbe essere una femmina! –
- I Potter non falliscono mai! Sarà un maschio e si chiamerà Edward! –
- Edward? E’ un nome bruttissimo! –
- Ha parlato la rossa con il gatto di nome Arwen! Sentiamo, che nome troveresti meglio di Edward? –  Lily soppesò le sue parole per qualche secondo, scostandosi i capelli dal viso.
- Mmmm…..Harry, per esempio… - gli disse alla fine. Era ferma in un corridoio, con James Potter, a parlare del futuro nome di suo figlio, con Gazza che girovagava per i corridoi: era impazzita? Arrossendo di nuovo furiosamente, iniziò a farfugliare, muovendo le mani intorno. - …e io che me ne sto qua a perdere tempo con te! Dovrei tornare in dormitorio! – mormorò alla fine, voltandosi di nuovo per imboccare il corridoio. James la seguì prendendo la riconcorsa, con il mantello che ballonzolava in mano.
- Ehi, non dovevi cercare il tuo gatto? Dai, ti aiuto….abbiamo il mantello! Lo troviamo senza farci beccare e lo riportiamo in dormitorio! – la richiamò. La rossa si arrestò a metà del corridoio, senza voltarsi: stava soppesando le sue parole. Quel mantello era un’enorme comodità e se avesse trovato Arwen quella sera stessa non avrebbe dovuto preoccuparsene l’indomani: l’unico tarlo sarebbe stato dover sopportare Potter.
- D’accordo, ma sbrighiamoci. Girovagare a quest’ora mi mette ansia… - accettò, riprendendo a camminare senza voltarsi, tanto che James non potè fare a meno che accelerare per raggiungerla e proseguire al suo fianco, muovendosi contro la parete e tendendo l’orecchio. – Sai, Potter, potrei anche iniziare a pensare che sei simpatico. – se ne uscì all’improvviso lei. James si lasciò sfuggire un sorrisino, portandosi la mano a scompigliare i capelli.
- Allora esci con me? –
Un altro sbuffo irritato della rossa echeggiò per i corridoi, mentre imboccavano le scale verso la cucina, nella speranza che, attirato dall’odore, il felino avesse pensato di fare una capatina nel bel mondo del cibo.
- Ho cambiato di nuovo idea. Sei il solito sbruffone. –
- Non posso chiedere di meglio. –
 

Ho sempre odiato i gatti: così subdoli, ignobili, con la loro aria fiera.
Eppure ne ho voluto uno al mio matrimonio, che precedesse me e la mia sposa lungo la navata, all’uscita dalla chiesa, portando agganciato alla coda un palloncino interamente bianco.
Il gatto non era bianco: con una scelta stilistica poco apprezzata, l’ho voluto nocciola.
E l’ho chiamato Arwen.
James Potter, marzo 1979

Note dell'Autrice
Sono imperdonabile, lo so, e in tremendo ritardo: l'ispirazione per questo capitolo non arrivava, ma adesso che ho ingranato sarò più celere con gli altri.
Ringrazio chi ha recensito, chi ha letto e chi sta seguendo questa storia: i Malandrini mi affascinano troppo per lasciarli lì a marcire nel dimenticatoio.
Così, rieccomi.
Spero che questo capitolo, che poi è un capitolo di transizione per ingranare con la nostra storia  -noioso, ma necessario-  vi sia comunque gradito: a me, sinceramente, non ha soddisfatto come i precedenti. Sarei davvero contenta di sapere i vostri pareri.
Non mi resta che augurarvi a presto, sicuramente alla prossima settimana con un altro capitolo!
Esse
   
 
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