Before you read:
Sì, mi inginocchio dinanzi a voi e chiedo umilmente venia
._.
Ma abbiate pietà di questa povera disgraziata, che sta lavorando 7 giorni su 7
(ringraziando Dio fra poco è Natale *.*)
Prometto che non lascerò più passare 18 giorni prima di aggiornare, ma oltre a
dare la colpa al lavoro, la do anche a me stessa per un semplice motivo: ho
perso IL foglio. Sì, il foglio dove avevo scritto le trame dei capitoli ._. Probabilmente
sarà in qualche borsa o quaderno, ma al momento non l’ho ancora ritrovato ._.’
Quando me ne sono resa conto, sono andata a sbattere la testa contro il muro.
Però va beh, risolverò in qualche modo!
Ora vi lascio al capitolo =) Alla prossima!
Un abbraccio grande grande <3
Tonna
17. Si viene e si va
Harry uscì dall’ufficio di Silente e la porta si chiuse alle
sue spalle senza alcun rumore.
Si poggiò una mano sul petto per calmare i battiti del cuore e scese le scale lentamente,
la cicatrice che pizzicava leggermente e una confusione pesante in testa.
Quando sorpassò la statua del gargoyle, quella balzò di nuovo di lato e chiuse il
passaggio verso l’ufficio del Preside, e Harry non si voltò indietro neanche
per un secondo, mentre percorreva i pochi piani che lo separavano dal ritrovo
dei Grifondoro.
Quando arrivò al settimo piano, borbottò a mezza bocca la parola d’ordine e
scivolò dentro il passaggio dietro al ritratto, ritrovandosi in una sala comune
pressoché vuota.
“Ron? ...Hermione?” chiese, guardandosi intorno. Era sicuro che i suoi amici
sarebbero stati lì ad aspettarlo, ma trovò il solito divano completamente
vuoto.
Corrugò le sopracciglia e salì le scale che conducevano al dormitorio. Aprì
lentamente la porta e un secondo dopo si ritrovò addosso le braccia di Hermione
che lo stritolavano.
Harry accennò un debole sorriso e ricambiò l’abbraccio stringendola brevemente.
Inutile negarlo, le era mancata davvero tanto.
Hermione si staccò da lui e lo prese per mano, conducendolo verso il suo letto.
Harry lasciò scivolare a terra la borsa dei libri. Ron era sistemato sul
proprio, le gambe incrociate e la bacchetta tra le dita.
“Ehi, amico” indicò con un cenno a Harry il letto e lui si sedette con Hermione
accanto, che gli lasciò la mano e prese a torturarsi le dita.
“Allora?”
“Sono in punizione” biascicò Harry, sfilandosi gli occhiali e pulendoli con il
maglione.
Ron aggrottò le sopracciglia, mentre Hermione sollevò le proprie.
“Punizione? Solo?” domandò confuso.
“Sì” rispose Harry inforcando gli occhiali. “Ovviamente sarà una lunga
punizione. Niente Quidditch, tanto per cominciare”.
Ron spalancò la bocca inorridito, e Hermione evitò accuratamente di fulminarlo
con lo sguardo, anche se avrebbe voluto farlo. Perché i maschi erano sempre e
solo interessati al Quidditch? Harry aveva sbagliato alla grande, e Ron
inorridiva al solo pensiero che fosse stato sospeso dalla squadra di
Grifondoro? Era assurdo.
“Poi dovrò ripulire tutti i calderoni alla fine delle lezioni di Pozioni, e
altre cose del genere. E niente più visite a Hogsmeade”.
Harry chiuse la bocca, aspettando un’altra reazione, ma nessuna delle punizioni
nominate dopo il Quidditch suscitò più
di tanto l’interesse di Ron.
“Cosa ti ha detto Silente?” chiese Hermione sistemandosi meglio sul letto, e
Harry si voltò verso di lei, ripensando con amarezza alla conversazione a cui
aveva assistito nell’ufficio di Silente.
“Eravamo tutti nel suo ufficio, io, Silente, la McGranitt e Piton... Mi hanno
chiesto di fargli vedere i libri scolastici, per questo mi avevano detto di
portarli”
Hermione aggrottò le sopracciglia. “I libri?” poi capì immediatamente. “...Oh”.
“Non capisco” si intromise Ron. “I libri? Come... come fanno a sapere che il
Sectumsempra l’hai trovato sul libro di Pozioni?”
Harry scosse la testa. “Non ne ho idea...”
“E cosa ti hanno detto quando hanno letto l’incantesimo su quel libro?”
Harry tacque per un attimo e puntò lo sguardo a terra; sembrava indeciso su
cosa rispondere.
Allungò una mano e aprì la borsa, tirando fuori Pozioni Avanzate, e lo porse a Ron.
Ron se lo rigirò tra le mani per un attimo, poi lo aprì.
“...Questo è il mio” constatò, girandoselo tra le mani. Lo riconobbe subito e
Hermione spalancò gli occhi.
“Hai scambiato i libri?”
“Non potevo fargli vedere il mio libro di Pozioni!” si giustificò Harry,
alzando immediatamente la voce che, comunque, era leggermente incrinata.
Hermione lo fissò severa, incrociando le braccia.
“Quel libro è pericoloso, ne abbiamo avuto la conferma! Avresti dovuto consegnarlo
immediatamente!”
“Non potevo” rispose Harry guardandola storto, poi si voltò verso Ron sperando
di trovare comprensione, ma anche lui lo stava guardando con un’espressione
seria in viso.
“Oh, avanti!” sbottò Harry, allargando le braccia. “Non guardatemi così! Non
posso consegnare il libro, l’ho usato per tutto l’anno...!”
“Quindi non vuoi consegnarlo per non fare una figuraccia?” lo fulminò Hermione,
e Harry si sentì per un attimo in colpa.
Una figuraccia? No, non era quello. Lui aveva trovato un conforto in quel libro.
Aveva trovato conforto nelle parole, nei suggerimenti e negli incantesimi del
Principe Mezzosangue, nonostante non sapesse affatto chi era.
Ma ora, nonostante tutto, nonostante l’ammirazione, ne era spaventato.
L’immagine di Malfoy steso nell’acqua, il sangue che gli usciva a fiotti dal
corpo, era ancora vivida nella sua testa e non era riuscito a cancellarla.
“Devi disfartene” si intromise Ron, cercando di calmarli. Sia Harry che
Hermione si voltarono verso di lui, che aveva posato la bacchetta sul letto e
si era alzato.
Allungò una mano. “Ci pensiamo io e Hermione. È meglio che tu non sappia dove
lo mettiamo, non deve venirti di nuovo la tentazione di usarlo”
“Gli incantesimi ormai li conosco a memoria” rispose Harry contrito, e Ron schioccò
la lingua contrariato.
“Ma potrebbe essertene sfuggito qualcuno, magari più pericoloso del
Sectumsempra. Dammi quel libro”
Harry esitò per un attimo, poi, sentendo gli sguardi dei suoi migliori amici
puntati addosso, aprì il cassetto del comodino e afferrò il libro nascosto
sotto una maglietta piegata.
Lo porse a Ron, che lo afferrò e se lo rigirò fra le mani controllando che
fosse effettivamente di Harry.
Si risedette e lo infilò nel proprio zaino, dandogli poi un calcio per mandarlo
sotto il letto.
“E poi? Che altro ti hanno detto?” domandò Hermione, lanciando un’occhiata di
ammirazione a Ron. Non lo aveva mai visto così risoluto, soprattutto non con
Harry.
Accennò un mezzo sorriso e si voltò verso Harry, in attesa di una risposta.
“Piton ha detto delle cose... Cose vere, suppongo. Ha detto che qualunque altro
studente sarebbe stato espulso per un caso del genere. Ha fatto l’esempio di
Hagrid...”
“Ma Hagrid era stato accusato di aver liberato il mostro nella Camera dei
Segreti, e ci era scappato il morto! Ora non è morto nessuno!”
“Solo perché è arrivata Hermione” mugugnò Harry, zittendo Ron che subito guardò
Hermione, che era leggermente arrossita.
“Ero... nel panico, davvero. Non sapevo cosa fare, vedevo Malfoy steso lì a terra e c’era il sangue, e...” la voce
gli morì in gola, e abbassò di scatto la testa di nuovo piena di quelle
immagini terribili.
Sentì un groppo in gola impedirgli di continuare, e ci pensò Hermione a
concludere la frase per lui, afferrandogli affettuosamente la spalla.
“L’importante è che sono intervenuta in tempo” disse annuendo con la testa, e
Ron la fissò preoccupato, gettando poi un’occhiata a Harry.
“Che ne dici di andare a nascondere il libro?” disse a Hermione, alzandosi. Si
chinò e afferrò il libro dalla borsa sotto il letto, infilandoselo in tasca.
Lei annuì e strinse lievemente la spalla di Harry, poi si alzò.
“Ora riposa un po’, noi torniamo fra poco”.
Harry fece cenno di sì con la testa e li vide uscire fuori dal dormitorio, in
silenzio.
“Pensavo di nasconderlo nella Stanza delle Necessità. Lì non lo troverà di
certo” disse Hermione non appena si chiusero la porta alle spalle.
“Ottimo, è un buon nascondiglio. Andiamo”
“Pensi che Harry starà bene?”
Ron sospirò mentre scendevano le scale. “Non ne ho idea. Deve essere stato terribile...
odia Malfoy, ma non penso voglia vederlo morto”
“Certo che no!” sbottò Hermione scendendo l’ultimo scalino dietro Ron, e andò a
sbattergli contro la schiena.
“Ahi, perché ti sei f-” Hermione si bloccò immediatamente sporgendosi sulla
spalla di Ron.
Lavanda era in piedi davanti a loro due, i pugni serrati e gli occhi
assottigliati dalla rabbia.
“Cosa ci facevi lassù con lei?!” sbottò con voce stridula, avvicinandosi a
grandi falcate.
Ron arrossì leggermente e aprì la bocca per dire qualcosa, ma non trovò nulla
da dire.
Forse era una buona scusa, quella, per mollare – o farsi mollare da – Lavanda?
Qualunque cosa per lui andava bene.
“Scusami, ma abbiamo una cosa urgente da fare” disse solo, e allungò una mano
dietro di lui per cercare a tentoni Hermione. Le afferrò il polso e la trascinò
fuori sotto lo sguardo scioccato di una Lavanda quasi in lacrime e uscì dal
buco del ritratto.
“Ron! Sei stato indelicato...” lo rimproverò Hermione, sentendosi al contempo
felice e al contempo una grande ipocrita. Non le importava affatto che Ron
avesse ferito Lavanda, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che lui la stava tenendo per mano. Sì, perché
lentamente la mano di Ron era scesa fino alla sua mano e l’aveva stretta come
mai aveva fatto in vita sua.
Ron scrollò semplicemente le spalle e Hermione accelerò il passo per stare
accanto a lui, ma non disse nulla. Si limitò a ricambiare la stretta e a
dirigersi insieme a lui verso la Stanza delle Necessità.
Quando arrivarono, Hermione lasciò a malincuore la mano di Ron e passò tre
volte davanti la parete della Stanza concentrandosi; qualche secondo dopo, si
delineò una grande porta chiusa, che Ron non esitò ad aprire.
“Comunque gli è andata bene” disse Ron all’improvviso, dopo essere entrato.
Hermione lo seguì e si chiuse la porta alle spalle.
“Cosa?”
“La punizione. Anche se il Quidditch...”
“Oh, Ron, piantala” sbottò Hermione incrociando le braccia. Ron si voltò verso
di lei.
“Chiunque altro al suo posto sarebbe stato sbattuto fuori all’istante! Il
Quidditch mi sembra il minimo!”
“Beh, Silente ha sempre avuto un debole per Harry, lo sappiamo tutti” rispose
Ron ignorando volutamente il commento sul Quidditch. Prese a camminare per la
Stanza enorme e girò un angolo sconosciuto, ritrovandosi davanti a un vicolo
cieco. Scosse la testa e tornò indietro, Hermione alle calcagna.
“Piton non era contento” proferì lei in un borbottio. “E stavolta devo
ammettere che ha ragione”
“Sì” concesse Ron con un cenno della testa, rigirandosi fra le mani il libro di
Pozioni. “Harry ha esagerato, ha fatto troppo affidamento su questo libro... Ma
non poteva sapere che fosse così malvagio, non è da biasimare”
Lo biasimeresti eccome se avessi visto le condizioni di Draco in quel momento,
pensò Hermione, ma si guardò bene dall’esprimere quel pensiero.
Era stato bellissimo fare pace e tornare a parlare con loro era stata la cosa
migliore capitata da mesi. Non voleva sciupare tutto così, pur sapendo che
quello che avrebbe avuto da dire sarebbe stato più che giusto.
“Ok, nascondiamo questo libro, dai...” Hermione afferrò il libro dalle mani di
Ron e sparì dietro un angolo.
Qualche secondo dopo, Ron la seguì e la vide china su un baule. Vi infilò
dentro il libro, nascondendolo sotto tutto il ciarpame contenuto nel baule, e
si risollevò chiudendo il coperchio, sfregando le mani l’una contro l’altra.
“Fa freddino qui dentro” borbottò. Ron sollevò le sopracciglia.
“Pensi sia un posto sicuro?” chiese sfilandosi il mantello. Hermione incrociò
le braccia per trattenere più calore possibile e scrollò le spalle.
“Anche se riuscisse a entrare in questa stanza, lo sfido a trovare un libro
così piccolo” ridacchiò, e l’attimo dopo rimase senza fiato.
Ron l’aveva avvolta nel proprio mantello e l’aveva stretta lievemente, prima di
allontanarsi e lasciarla andare.
“Giusto” le sorrise. “Andiamo?”
Hermione rimase un attimo immobile, poi si aprì in un sorriso e si strinse più
forte nel mantello, inspirando il profumo di Ron.
*
“Oh!”
Hermione si bloccò prima di entrare nel buco del ritratto, e Ron, sentendo
quella piccola esclamazione, si voltò verso di lei.
“Cosa c’è?”
Hermione si sfilò il mantello di Ron di dosso e glielo porse, un leggero
sorriso compiaciuto che le increspava le labbra.
“Volevo fare un salto in biblioteca prima di cena!” esclamò, mentre Ron
afferrava il mantello e la fissava incuriosito.
“Tipico di te” rispose lui accennando un sorriso.
Hermione tirò fuori la lingua e lo salutò con una mano. “Ci vediamo a cena!”
disse, sparendo velocemente lungo il corridoio.
Ron la fissò andare via – ignorando le proteste della Signora Grassa, che si
stava lamentando che non voleva rimanere aperta un altro secondo di più –, poi
strinse il mantello nella mano e si avviò verso il dormitorio.
*
Hermione entrò in
infermeria guardandosi intorno alla ricerca di Madama Chips; non era sicura
fosse l’orario delle visite, quindi con tutta probabilità sarebbe stata buttata
fuori a calci.
Quando fu completamente sicura di avere via libera, si richiuse la porta alle
spalle e si avvicinò all’unico separé posto in fondo alla stanza, dietro al
quale c’era un letto.
Hermione era sicura di trovare Draco lì, ma possibile che fosse ridotto così
male da doverlo nascondere agli occhi degli altri?
Le tornò in mente l’immagine di Malfoy steso a terra in un bagno di sangue, che
gli usciva a fiotti da ogni ferita.
Sì, probabilmente era stato nascosto ad occhi indiscreti proprio per le ferite
riportate.
Hermione si trovò ad esitare mentre percorreva quei dieci metri che la
separavano da Malfoy.
Cos’avrebbe trovato su quel letto, dietro la leggera tenda di tessuto?
Strinse i denti e pronunciò il suo nome forte e chiaro, ma con una nota di
disagio nella voce.
“Draco...?”
Si fece coraggio e oltrepassò il separé.
Contrariamente ad ogni aspettativa, Draco sembrava stare bene.
Lo sguardo di Hermione corse al suo viso sorpreso, alle lievi cicatrici quasi
invisibili sulla fronte e sulle guance, agli occhi grigi e al colorito pallido
della pelle.
E poi giù, al busto senza maglietta ma ricoperto da uno strato pesante di garze
e bende bianche macchiate di rosso qua e là, segno che probabilmente quella
notte le ferite si erano riaperte.
Il resto del corpo, escluse le braccia e le mani fasciate, era coperto dalle
lenzuola scure, ma Hermione suppose all’istante che ciò che non vedeva fosse
nelle stesse condizioni di ciò che aveva appena visto.
Lo sguardo salì di nuovo e si soffermò sul libro che Draco stringeva tra le
mani bendate.
Teoria della Magia Difensiva.
“Granger”.
La voce di Malfoy la catapultò fuori da quei pensieri; sollevò lo sguardo e
incrociò quello di Draco, che la fissava con un’espressione piatta.
“Co-come stai?” chiese Hermione, pensando a come l’aveva chiamata: Granger. E
lei invece aveva detto Draco.
Ma cosa c’entrava, adesso?
“Non ho voglia di fare conversazione, men che meno con una inutile MezzoBabbana
come te, perciò se sei qui solo per fare domande ovvie, sparisci”.
Hermione soppesò ogni singola parola che Draco le aveva appena sputato addosso
e si morse l’interno della guancia.
Dov’erano finiti i bei tempi, quando lei e Draco riuscivano perfino ad avere
una conversazione quasi normale e in modo pacifico?
“Inutile?” domandò quindi Hermione, accigliata e risentita. “Ti ho salvato la
vita”.
Di nuovo, pensò, ma evitò accuratamente di dirlo; non era proprio il caso di
tirare in ballo quel discorso.
Draco serrò la mascella violentemente, e
Hermione fissò quel cambio di espressione quasi intimorita.
“E pensi di avermi fatto una favore? Nessuno te l’ha chiesto, perciò sparisci,
Granger”
Hermione corrugò le sopracciglia.
“Sarò stupida, ma mi aspettavo un grazie” disse titubante.
“Sì, sei stupida” rispose brusco Draco. “Ora fuori”.
Draco allungò la mano sul comodino trattenendo un gemito di dolore a stento e
afferrò la bacchetta, puntandola contro Hermione, che però non si mosse.
Draco digrignò i denti, frustrato.
“Cosa vuoi, Granger? Che io ti ringrazi per avermi salvato da Potter dopo che
sei stata proprio tu a mettermelo alle costole?!”
“Cosa?! NO!” esclamò Hermione balzando in piedi. La sedia scivolò rumorosamente
all’indietro e cadde a terra con un tonfo sordo, ma entrambi la ignorarono.
“Non sono stata io! Perché avrei dovuto?!”
“Non lo so” ribatté Draco trattenendo a stento il tono della voce. “E perché mi
hai coperto con i tuoi amici? Perché non mi denunci al Preside e agli
insegnanti? Sai che sono un Mangiamorte e che entro regolarmente nella Stanza
delle Necessità, e allora perché te ne stai zitta?! È tutto l’anno che me lo
chiedo, Granger, a che gioco stai giocando?!”
Hermione non seppe cosa rispondere.
Già. Perché l’aveva coperto tante e tante volte, gli aveva salvato la vita,
aveva litigato perfino con i suoi migliori amici per lui.
Ma era ovvio che l’aveva fatto per il bene superiore, no? Per il mondo della
magia e tutto il resto.
E anche se Ron diceva che c’era di più, non era vero. Non c’era assolutamente
nulla di più.
“Non sto giocando a nessun gioco...” borbottò Hermione, contrita. “Stavo solo
cercando di... di...”
“Di?” la incalzò Draco abbassando la bacchetta.
Hermione si sentì sotto interrogatorio e non le piacque per niente. Lo fissò
dall’alto, strinse i pugni e prese un paio di respiri profondi per calmarsi.
“Niente, sono solo venuta a vedere come stai...”
“Non è una risposta alle domande che ti ho fatto” la fulminò Draco con un
occhiataccia, e Hermione abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di
ghiaccio del suo interlocutore.
Perché lo aveva fatto? Ma era ovvio, no?
Senza rispondere, Hermione girò i tacchi velocemente e sparì in fretta e furia
dietro la porta d’entrata dell’infermeria.
Draco rilassò immediatamente le spalle, lasciandosi cadere a peso morto sul
letto, le braccia spalancate.
Quella Granger portava solo guai, e l’unica possibilità per non venirne
risucchiato era starle alla larga il più possibile.
*
Harry si alzò di scatto dal letto trattenendo un urlo; gli
occhiali gli volarono via dal viso e caddero a terra, mentre la porta appena
spalancata veniva sbattuta contro il muro.
Ginny Weasley, trafelata, i capelli sempre lisci ora arruffati, si precipitò su
di lui con il pugno chiuso.
“Punizione?! ESCLUSO DALLA SQUADRA DI QUIDDITCH?!” sbottò adirata, sputandogli
in faccia tutto il suo rancore; era paonazza, e Harry, oltre a pensare che
anche da arrabbiata era decisamente troppo carina, si ritrovò a constatare che
aveva molte caratteristiche in comune con il fratello Ron.
“Gi-Ginny, calmati...” cercò di tranquillizzarla lui, allungando un braccio a
terra per afferrare gli occhiali. Li trovò immediatamente e li inforcò,
trovandosi davanti una Ginny messa a fuoco in tutta la sua altezza e la sua
frustrazione.
“Capivo l’anno scorso, ti giuro Harry, l’anno scorso eri più che giustificato,
la Umbridge era disgustosa, ma perché anche quest’anno?! Ci tieni così poco
alla squadra?!”
Harry si mordicchiò il labbro, indeciso su cosa rispondere.
Eppure non si era affatto aspettato una sfuriata del genere; se la sarebbe
aspettata fino a tre anni prima da Baston, e magari fino all’anno prima da
Angelina e Alicia, ma non da Ginny.
Gli venne in mente Hermione, e il fatto che non avesse battuto ciglio quando
lui aveva ammesso di essere stato espulso dalla squadra... Ma quanto potevano
andare d’accordo quelle due, anche se così diverse?
“Ehm, io...”
“Tu?! Tu cosa?! Io ti ammazzo!” sbottò lei allungando le mani per afferrargli
il collo, ma Harry gliele bloccò a mezz’aria senza però stringerla troppo.
“Harry, non ti importa niente della squadra? Non ti importa nulla del
Quidditch? Di noi?!”
“Certo!” ribatté Harry velocemente, senza pensare. “Certo che mi importa di
noi!”
Ginny si ammutolì all’improvviso, le mani ormai molle strette in quelle di
Harry.
Harry arrossì lievemente e tossicchiò per dissimulare l’imbarazzo.
“Ehm... per noi, intendo la squadra... E-e sì che mi importa, Ginny, ma ti
giuro che...”
“Che hai combinato? Ron non ha voluto dirmelo”
“È stato lui a dirti dell’espulsione?” domandò Harry, e Ginny annuì con la
testa. Lentamente fece scivolare via le mani dalla presa di Harry e sospirò,
sedendosi sul letto di fronte a lui.
“Scusami se mi sono comportata come una pazza, poco fa” disse contrita,
sistemandosi i capelli scarmigliati. Harry avrebbe voluto dirle che non c’erano
problemi, purché gli permettesse di tenerle le mani ancora per un secondo, ma
decise che era meglio tenere quel commento per sé.
“Non preoccuparti, è comprensibile la tua reazione... Buttato di nuovo fuori...”
“Sì, ma anche io sono nervosa questo periodo. A parte i G.U.F.O... io e Dean ci
siamo lasciati” borbottò a mezza bocca, abbassando lo sguardo, e gli occhi di
Harry si illuminarono immediatamente e contro la sua volontà. L’ultima cosa che
voleva era farsi vedere così felice per quella che doveva essere una brutta
notizia.
“Oh!” esclamò, e Ginny alzò lo sguardo per capire quell’esclamazione.
“Oh...” si corresse Harry immediatamente, cercando di sfoderare la sua più
convincente espressione contrita. “Mi dispiace... Non lo sapevo...”
“Beh, si va avanti” rispose Ginny facendo spallucce, ma Harry riuscì lo stesso
a capire che mentiva.
Dopotutto, anche lui era stato depresso per un periodo quando si era lasciato
con Cho, anche se quel periodo era durato effettivamente cinque secondi (dato
che il pensiero di quanto lei fosse sciocca era stato un’ottima cura).
“Se vuoi parlarne...” iniziò Harry, mordendosi l’interno della guancia, “Io...
beh, sono qui... Basta che non entri più nel dormitorio come una furia come hai
fatto oggi, perché rischio l’infarto”
Ginny scoppiò a ridere di cuore, e quello di Harry si colmò di calore. Sorrise
rivolto verso di lei e sentì il cuore battere forte sotto la cassa toracica.
“D’accordo, accetto volentieri l’offerta” rispose lei divertita, poi si calmò e
tornò seria. “Allora, cos’hai combinato per essere stato buttato fuori dalla
squadra?”
Harry esitò per un secondo, fissando Ginny negli occhi.
“Io... ho duellato con Malfoy...”
“Ma ne hai combinate di peggiori!” sbottò Ginny. “Perché espellerti dalla
squadra per uno stupido duello?”
“Perché ci ha quasi rimesso la vita. Se non fosse stato per Hermione, che è
intervenuta, l’avrei lasciato lì a morire”.
Ginny tacque improvvisamente, l’espressione sul viso divenuta d’un tratto
greve.
Harry non riuscì a sostenere il suo sguardo, perciò lo puntò immediatamente a
terra.
“Pensi che io sia una pe-persona cattiva...?” mormorò, sentendo le lacrime
pizzicargli gli occhi.
Dio, no, non doveva piangere, non davanti a Ginny. Aveva già sicuramente perso
la faccia dopo quella rivelazione, piangere era davvero troppo.
Un attimo dopo, però, il suo cervello smise di lavorare e gli occhi si spalancarono.
La mano di Ginny era corsa ad afferrare la sua, stringendola affettuosamente ma
con forza.
“Tu non sei una persona cattiva” rispose Ginny, poggiandogli l’altra mano sotto
il mento per farglielo alzare.
Harry la fissò con le sopracciglia corrugate.
“Tu hai salvato me al secondo anno, l’anno scorso hai salvato papà nell’Ufficio
Misteri... hai combattuto quasi tutti gli anni contro Tu-Sai-Chi... Una persona
cattiva non può fare questo. Quello che è successo con Malfoy è stato un
incidente”
“Come fai a dirlo?” rispose lui, ricambiando la stretta alla mano e sentendo
dell’altro calore espandersi per tutto il corpo.
Quelle erano le più belle parole che gli erano mai state rivolte.
“Perché ti conosco da... vediamo, sei anni? Facciamo cinque, quando ne avevo dieci
ero troppo spaventata da te per parlarti” rispose lei con una scrollatina di
spalle, e Harry si lasciò scappare un sorriso tirato.
“So che non faresti male a una mosca”
Harry gonfiò il petto in un sospiro e rilassò le spalle, sciogliendosi in un
grande sorriso.
“Ti ringrazio” disse sincero, ricambiando più forte la stretta della mano.
“E ora ricambio la tua offerta. So che ci sono Ron e Hermione, ma se ti serve
una... spalla su cui piangere, chiamiamola così, io ci sono. Anche se tu non
potrai mai irrompere nel dormitorio come una furia, visto che gli incantesimi
vietano l’accesso ai ragazzi”
Harry ricordò con divertimento misto a imbarazzo quando, per la prima volta,
lui e Ron avevano cercato di raggiungere Hermione nel suo dormitorio, e la
scala si era trasformata all’improvviso in una rampa scivolosa, facendoli
ruzzolare velocemente a terra.
“Già” rispose lui. “Puoi... scusarmi, Ginny? Ho una cosa da fare”
“Certo!” rispose lei alzandosi, ma non mollò la mano di Harry. “Anche io devo
andare, ho una ricerca da completare...”
“Grazie” rispose Harry sincero, alzandosi insieme a lei. Si avvicinò e la
strinse in un abbraccio affettuoso – ma fu costretto a lasciarle la mano –, che
Ginny ricambiò con vigore.
Quando si staccarono, Harry, il volto congestionato, si precipitò giù dal
dormitorio.
Ginny si era lasciata con Dean, ma non gli pareva proprio il caso di fare
qualcosa di azzardato in quel frangente.
Avrebbe tanto voluto, ma non era davvero il caso.
Dal canto suo, Ginny rimase a fissare la porta dalla quale era sparito Harry. Mosse
lentamente le dita della mano che avevano stretto la sua e, con un sorriso
stampato in volto e le guance arrossate, scese anche lei, sicura che ora la sua
poca concentrazione sarebbe decisamente andata a quel paese.
*
Harry si avvicinò titubante alla porta dell’infermeria.
Aveva paura di vedere lo stato in cui versava Malfoy, ma la chiacchierata con
Ginny l’aveva rilassato come nulla era riuscito a fare.
Sentì il cuore accelerare i battiti, ma si fece coraggio. Spinse lentamente la
porta e notò immediatamente un separé posto in fondo alla stanza, e delle voci
appena udibili provenire da dietro.
Si avvicinò con cautela e riconobbe immediatamente la voce di Blaise Zabini e,
ovviamente, quella lenta e strascicata di Draco.
Si nascose velocemente dietro una colonna, le orecchie tese, sperando che non
entrasse nessuno a rivelare la sua presenza.
“Ho sentito dire che la Granger è venuta a trovarti. L’hanno vista uscire da
qui in fretta e furia”
Zabini afferrò la sedia accanto al letto di Draco e la spostò rumorosamente
indietro, prendendo posto.
“Mh” fu la risposta di Draco, che prese a sistemarsi i cuscini dietro la
schiena con aria interessata.
“Mh? Che vuole dire? È vero o no?”
“A meno che chi l’ha vista non soffra di allucinazioni, allora sì, Blaise, è
vero” borbottò Malfoy in risposta, trovando finalmente una posizione comoda.
Blaise sbuffò, grattandosi la nuca.
“Bastava un sì” rispose acido, e Draco accennò un sorriso compiaciuto. “Perché è
venuta a trovarti?”
“Per vedere come stavo!” esclamò Draco esplodendo in una risata forzata. “Capito?
Prima mi fa fare a pezzi da Potter, poi
mi chiede come sto! Non ti sembra un paradosso divertente?”
Blaise non rise, al contrario di Draco. Lo fissò con le sopracciglia
aggrottate, concentrato, come per cercare le parole giuste da dire senza
causare l’improvvisa ilarità dell’amico o la sua rabbia.
“Non credo che la Granger sia
responsabile di quello che ti è successo” commentò Zabini, pensieroso. “La
trovo molto... cambiata, soprattutto nei tuoi confronti”.
“È una maledetta ficcanaso, ecco cos’è” rispose Draco con uno scatto. “È una
schifosa Mezzosangue, avrei dovuto farla fuori subito, ho sprecato un sacco di
occasioni”
“Un sacco di occasioni?” domandò Zabini con espressione sorpresa. “Draco, quanto
tempo avete passato insieme nell’ultimo anno?”
“Più del dovuto” ribatté lui mesto, torturando la coperta con le mani. “Ma me
la pagheranno, lei e Potter...”
“Ah, ho sentito che non è stato espulso” lo interruppe Zabini. Draco spalancò
gli occhi all’istante e si voltò verso di lui.
“COSA?!” scattò. “Mi ha quasi ammazzato e neanche lo espellono?!” gridò.
Zabini annuì con la testa, ma fece spallucce. “Ne so quanto te. Stai calmo,
puoi sempre parlarne con tuo padre, e...”
“No” Draco sollevò una mano, calmandosi, e la sua espressione passò da furiosa
a quasi spaventata. Se ne accorse Zabini guardandolo in viso e se ne accorse Harry,
poco più dietro, sentendo il tono di voce cambiare.
“Mio padre non c’entra in questa storia. Sono affari miei. Lui... lui deve
starne fuori”
“...È la prima volta che ti succede qualcosa e non ti sento dire ‘mio padre lo
verrà a sapere’” commentò Zabini trattenendo una risata. Quella situazione
aveva un che di comico, ma l’espressione sul viso di Draco era tutto meno che
divertente.
“Sono stanco, Blaise, potresti andare via?”
Zabini fissò Draco per un attimo, ma non si mosse.
“...Per favore” domandò poi il biondo, e Blaise si sentì strano. Non aveva mai
sentito Draco dire per favore a qualcuno. Doveva essere una cosa importante.
“D’accordo”
Blaise si alzò dalla sedia e Harry, con uno scatto silenzioso, percorse la poca
distanza che lo separava dalla porta dell’infermeria e uscì, nascondendosi
dietro un angolo.
Qualche secondo dopo, Zabini uscì dalla stanza e si diresse nella direzione
opposta, probabilmente verso il dormitorio dei Serpeverde.
Harry rimase immobile, in attesa che i passi si spegnessero in lontananza.
Quando fu sicuro che non vi fosse più possibilità che tornasse indietro, si
avvicinò alla porta e sgattaiolò nell’infermeria, cercando di fare più rumore
possibile con i piedi.
Sentì Draco sbuffare da dietro il separé, e dire: “Hai dimenticato qualcosa,
Blaise?”.
Per un attimo Harry si fermò dietro il separé, titubante. Poi afferrò il coraggio
a quattro mani e lo sorpasso, uscendo allo scoperto.
La bocca di Draco si spalancò a dismisura. Sembrava infastidito, o peggio,
inorridito.
“Cosa c’è? Sei venuto a finire il tuo capolavoro?” sputò Draco velenosamente, e
Harry fu colpito da quelle parole.
Finire il suo lavoro? Veramente Draco credeva che lui lo avrebbe ucciso con
tanta tranquillità?
Ci rifletté un attimo.
Sì, in effetti, al suo posto anche lui avrebbe pensato la stessa identica cosa.
“Scusa” disse Harry, abbassando lo sguardo.
Draco fu felice che lo avesse fatto, perché non avrebbe mai e poi mai voluto
mostrargli l’espressione sorpresa che gli si era stampata in volto proprio in
quel momento.
Si riprese quasi subito, e parlò immediatamente con voce tagliente.
“Scusa di cosa? Di avermi provocato queste?” e indicò il corpo ricoperto da
garze che coprivano le ferite. Harry alzò lo sguardo e si sentì nuovamente in
colpa.
“O di avermi quasi spedito all’altro mondo?”
Draco tacque, prendendo in considerazione quella prospettiva.
Altro mondo? Niente Potter, niente Signore Oscuro, niente Granger.
Poteva essere molto allettante, se presa nella giusta prospettiva.
“Per tutto” rispose Harry. Ora che aveva davanti Draco, il ricordo del bagno si
fece ancora più vivido e forte. Il sangue, le urla, l’acqua, il terrore...
“Oh” disse poi, quando gli venne in mente Hermione. “Lei non c’entra”
“Lei?” chiese Draco, pur avendo capito immediatamente di chi stesse parlando.
Poi capì anche un’altra cosa.
“...Hai ascoltato la conversazione tra me e Blaise?!” sbottò, e Harry annuì
piano con la testa, sperando di aver fatto la cosa giusta a dire la verità.
Draco fece per allungare la mano per afferrare la bacchetta, ma Harry fu più
veloce. Gliela bloccò, tenendogli il polso.
“Lasciami”
“E tu ascoltami! Hermione non c’entra niente, sono stato io a seguirti e lei è
venuta a sapere che eravamo nel bagno, e... e ti ha soccorso”
“Perché dovrebbe importarmene qualcosa?! Non farti strane idee, io-”
“Te lo sto solo dicendo” disse Harry, calmando il tono di voce, “perché tu
sappia che tutto quello che è successo, non è colpa di Hermione. Se devi
prendertela con qualcuno, prenditela con me”
Draco serrò la mascella. Prendersela con lui? Certo che avrebbe voluto, e di
certo una volta nelle condizioni adatte l’avrebbe pure fatto. Ma perché non
doveva prendersela con la Granger? Non gli aveva praticamente rovinato l’anno,
standogli così addosso quasi fino a non farlo respirare?
Digrignò i denti e liberò il polso dalla stretta di Harry.
“Me la prendo con chiunque non mi va a genio, e attualmente tu e la Granger vi
contendete il primo posto. Ora fuori”
Harry soppesò quelle parole e capì al volo che la conversazione era finita.
Con le labbra serrate, si voltò e sparì fuori dall’infermeria, giurando a se
stesso che avrebbe tenuto quella conversazione per sé fino alla fine dei suoi
giorni.