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Autore: ila_D    16/12/2011    4 recensioni
Salve! Questa è la prima fanfiction che scrivo e pubblico, perciò non siate troppo duri con la sottoscritta ^///^ E passiamo alla storia ora u.u
Diciamo che è partito tutto con un "e tu? hai mai pensato a Elena&Klaus?" ebbene come avrei potuto non pensarci! così ho iniziato a buttare giù qualcosa ed eccomi qui!
La fanfiction riprende dalla fine della puntata 3x05 e svilupperà una propria trama. Buona lettura! ila_D
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elena Gilbert, Klaus, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

 

 

 

 

 

 

Elena fissava rassegnata il suo letto, o meglio ciò che c'era sopra: un vestito nero, molto sobrio, per i funerali. Infatti, quella mattina si sarebbe celebrata in piazza la commemorazione di Dana e Chad, vittime dell'ennesimo "attacco di animali".

Si era alzata presto quella mattina, aveva trascorso la notte in bianco e ora si ritrovava due ombre violacee sotto gli occhi da coprire con un bel po' di correttore.

Odiava quel vestito nero. Le faceva ricordare il funerale di Jenna. Faceva riaffiorare nel suo petto un dolore sordo: ancora non aveva superato la morte della zia. E stava ancora peggio a pensare al fatto che a uccidere i suoi compagni fosse stato Stefan.

Era stanca di essere forte, stanca di fingere che lei era una ragazza forte, che in un modo o nell'altro aveva il sorriso sulle labbra. Erano tutte idiozie. Lei non era forte per niente. Chi sarebbe stato forte in una situazione come la sua?

Prese quel pezzo di stoffa nero e si infilò nel bagno di casa Salvatore.

 

Stupida. Fastidiosa. Luce. Ecco il primo pensiero di Klaus quella mattina.

Non aveva ancora aperto gli occhi, voleva godersi appieno il dormiveglia, quel momento della giornata in cui hai la mente vuota, dimentica di ogni pensiero o preoccupazione del giorno precedente.

Poi si alzò di scatto.

-Rebekah spegni quella cazzo di musica!- urlò. Non era concepibile quell'insieme di rumori chiassosi, che definivano "musica", di mattina presto.

Nessuna risposta.

Ma il volume era assordante! Si scrollò la coperta di dosso, uscì dalla stanza come una furia, con indosso soltanto i pantaloni della sera precedente.

-Oh! Buongiorno!- trillò Rebekah.

Prese il telefono che emetteva quei dannati suoni e lo scagliò in terra.

-Ehi! Era nuovo! Perchè l'hai fatto?!- disse con isterismo la bionda.

-Stavo dormendo! Quella dannata musica sparata a tutto volume mi ha svegliato!- rispose lui quasi gridando.

-Ora devo comprarmelo nuovo!- piagnucolò sua sorella.

-Perchè, perchè non ti ho lasciato nella bara?- esclamò Klaus tornandosene in camera.

-Guarda che ti ho sentito!-urlò lei di rimando.

Si trovavano in una pensione presa in affitto il giorno prima, fuori Mistyc Falls. Non era per niente di suo gusto, ma si doveva accontentare. Doveva rimane nei paraggi di quella squallida cittadina, purtroppo.

Finchè non avrebbe ideato un piano per portare via Elena.

 

-...ed è così che ricordiamo i due ragazzi scomparsi, e siamo vicini nel dolore alle famiglie...-

Elena sospirò. Erano lì da quasi un'ora e Carol Lockwood non la smetteva di blaterare le solite cose. Com'è poi che la comunità credeva sempre alla storia degli attacchi di animali? Non si ponevano delle domande? Evidentemente no, si rispose. Probabilmente le persone hanno i loro problemi e non si soffermano a pensare troppo. Come biasimarli in fondo.

Si voltò verso Caroline, dietro di lei. La sua amica guardava per aria, quando non lanciava sguardi omicidi a Tyler, seduto vicino a "una troietta", come la definiva Caroline stessa. Tyler, dal canto suo non se ne curava minimamente.

Davanti a lei Bonnie e Jeremy; chissà se per loro andava tutto bene, ultimamente non c'era stato molto tempo per parlare.

Vicino alla sceriffo sedeva Damon, probabilmente stava raccontando, non troppo nel dettaglio, com'era andata la vicenda della sera precedente.

Vicino a lei c'era Stefan.

E lei sentiva dentro di sè un mix di rabbia, ansia e stanchezza. Eppure era ancora mattina. Sospirò un'altra volta.

-Cos'è che turba la fonte di sangue che devo proteggere?- le bisbigliò all'orecchio all'ennesimo sbuffo.

Ora rabbia, ansia e stanchezza si erano fuse insieme, facendo nascere un'incredibile voglia di prenderlo a schiaffi. Forse non doveva trattenersi, sfogarsi le avrebbe fatto solo bene. Però là davanti a tutti... per il momento si limitò a girarsi e far finta di non averlo sentito. La cosa migliore da fare era ignorarlo.

Inoltre le era venuto un gran mal di testa e le sembrava di soffocare in mezzo alla gente. Decise di andare a fare due passi, altrimenti sarebbe impazzita lì. Dopo molti "mi scusi" e "permesso" riuscì ad allontanarsi abbastanza. Peccato che si ritrovò davanti nientemeno che Stefan.

-Sul serio, Stefan?- .

Lui ghigno. -Faccio solo il mio dovere-.

-Almeno mi concedi 5 minuti? Una tregua? Voglio stare da sola- gli disse.

-E sia. Ma dopo torna qua-.

Si voltò senza nemmeno rispondergli. A chi credeva di dar ordini?

Dopo qualche passo che la fece calmare un poco, si ritrovò nei pressi del cimitero. Era da un pò che non andava là per scrivere nel suo diario. Sfortunatamente ora non l'aveva con sè, ma entrò ugualmente.

Camminò piano, respirando a fondo la pace e la tranquillità di quel luogo, a lei così familiare.

Si arrestò di colpo.

Le si mozzò il respiro in gola.

Klaus.

Era appoggiato contro un albero, a pochi metri da lei, e dormiva.

Elena rimase immobile, attenta a respirare pianissimo. Il panico si fece strada dentro di lei.

Era sola, nessuno sapeva dove fosse in quel momento e non aveva nulla con cui difendersi. Però lui sembrava non essersi accorto della sua presenza. Forse dormiva profondamente.

Ma lei aveva una dannata paura. Perchè si trovava al cimitero? Perchè proprio nel momento in cui c'era lei? Questa si chiamava sfortuna!

Alzò lo sguardo e l'osservò attentamente. Sembrava una statua antica, immobile com'era. Aveva i capelli un pò spettinati, color del grano; indossava una maglietta grigia, che lasciava intravedere un lembo degli addominali perfetti perchè aveva il braccio destro piegato dietro la testa, jeans e scarponi entrambi neri. Sul viso, l'ombra di una lieve barba. Sembrava un angelo.

Elena sbattè gli occhi.

Sì, un angelo della morte, si corresse. Ma perfino un angelo della morte era buono e gentile al confronto con Klaus.

In ogni caso, se si fosse svegliato, per lei era la fine. L'avrebbe portata via dalla sua casa, dai suoi amici, dalla sua città per svolgere il ruolo di sacca di sangue ambulante. Non avrebbe avuto più nessun futuro.

Ora iniziavano a farle male le gambe. Non poteva rimanere senza muoversi in eterno, doveva trovare un modo per andarsene di lì senza svegliarlo. Impresa impossibile, pensò.

Klaus si mosse nel sonno.

Il cuore della mora perse un battito.

Si maledì per aver indossato delle scarpe col tacco quella mattina.

Si alzò il vento, che le scompigliò i capelli e le fece volare alcune foglie secche in faccia, così chiuse gli occhi per ripararsi.

Quando lì riaprì non potè fare a meno di lanciare un urlo, che squarciò il silenzio del cimitero. Klaus si trovava a due centimetri dal suo volto.

-Elena, che bella sorpresa incontrarti proprio qui- le soffiò sul volto.

Era davvero sorpreso di ritrovarla proprio nel luogo che aveva scelto per sonnecchiare. Comunque, era un occasione da non perdere. Era sola.

La vide deglutire, e le sorrise. -Noto con piacere che abbiamo le stesse idee sul fatto di "luoghi rilassanti"- continuò, facendo qualche passo.

-Non sono qui per rilassarmi- disse lei tra i denti. Bugia. Era andata al cimitero proprio per trovare tranquillità.

Klaus alzò un sopracciglio.

-In ogni caso, sono affari miei- disse, leggermente più sicura di sè.

-Grazie per avermi risparmiato la fatica di venire a prenderti, Elena- disse l'ibrido. Le tese la mano.

-No-. Rispose Elena.

-Sai, oggi mi sono alzato con la luna storta, per così dire- continuò calmo -non ti conviene farmi arrabbiare sul serio tesoro-.

Elena lo guardò a lungo negli occhi, sostenendo il suo sguardo. La cosa si rivelava piuttosto difficile, pensò. Aveva degli occhi... basta Elena! Si rimproverò da sola. Stava impazzendo. Era la stanchezza accumulata nei giorni.

Si abbassò fino a terra e iniziò a levarsi quelle maledette, dolorose scarpe col tacco.

Klaus guardò incuriosito, non capiva perchè si stesse togliendo le scarpe. Continuò a fissarla mentre si massaggiava i piedi con un'espressione sofferente in volto. Senza scarpe era davvero uno scricciolo, quella ragazza.

Poi Elena si alzò di scatto e iniziò a correre.

Corse più forte che poteva, sentendo il vento che le sferzava il volto e le mandava all'aria i capelli; correre con un vestito non era certo il massimo.

Ultimamente non le sembrava di far altro che correre. Scappava continuamente, e tutta colpa di quel... quel... aveva esaurito gli insulti?! Non le veniva nulla. Però si era accorta che la stava lasciando andare di proposito, era stato troppo facile.

-Ahia!- dannazione, dannazione! Si era anche fatta male alla caviglia. Oddio no. No! Stava di nuovo entrando in panico. La calza le si era strappata e la caviglia stava sanguinando. Ecco, Klaus non aveva nemmeno bisogno di fermarla, aveva fatto tutto da sola. Dio, come le bruciava la caviglia!

Il biondo arrivò piano, camminando senza fretta alcuna. Sghignazzava per la misera figura che aveva appena fatto la ragazza.

S'inchinò di fronte a lei e fece un ampio sorriso.

 

Caroline si affiancò a Damon, che stava tornando a casa.

-Hai visto Elena? Doveva venire da me dopo la commemorazione ma si è volatilizzata nel nulla!-.

-No, non la vedo da stamattina- rispose Damon con un'alzata di spalle. -Magari è andata a fare quattro passi per schiarirsi le idee- ipotizzò il vampiro.

-Non risponde nemmeno al telefono!-

Damon alzò gli occhi al cielo, quando diventava isterica Caroline era insopportabile. Meglio dileguarsi e lasciarla blaterare da sola. -Ci si vede Barbie!- disse Damon, e se ne andò usando la super-velocità.

La biondina lanciò una serie di imprecazioni, prima di raggiungere il suo ragazzo, urlando il suo nome a squarciagola.

 

Elena aveva la nausea. Dopo che Klaus aveva notato la sua caviglia, l'aveva sollevata di peso e portata a super-velocità in un furgone. Non era abituata a "viaggiare" a quella velocità, e ora stava letteralmente per vomitare sul furgone. Klaus era alla guida.

-Klaus...-boccheggiò. -...ferma...ferma il furgone- riuscì a dire ansimando. -Per... favore...-. Elena non avrebbe mai immaginato di dover rivolgere queste parole a quell'assassino. Ma in quel momento si sentiva morire.

Il biondo si girò a guardarla.

Il viso di Elena era cinereo, e a tratti tremava.

Inchiodò e si fermò. Aprì lo sportello del passeggero e ne tirò fuori la ragazza, quasi svenuta. La mise in piedi.

-Non vomitare sul furgone, fallo qua fuori se proprio devi- le disse con un tono che Elena non riuscì a identificare.

Appena toccò terra le arrivò una scossa di dolore dalla caviglia, costringendola ad aggrapparsi all'ibrido. Le girava la testa, tutto il paesaggio vorticava. Strinse il braccio di Klaus ancora più forte. Poi il buio.

 

 

 

 

 

Note dell'autrice u.u

 

Dopo una settimana esatta, ecco il secondo capitolo! (o primo, dipende dai punti di vista u.u) come vi sembra? Ho pensato di fare il funerale a quei poveretti di NonadessoDana! E l'amico, visto che nelle puntate sono stati "ignorati" xD

bene, ditemi che ne pensate, accetto anche critiche e correzioni per migliorare :) quindi lasciate una piccola recensione pleaaaaseeee!

Ringrazio _Ericuzza_ (:DD) e Aniel per aver recensito il prologo X)

A presto, ila_D

  
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