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Autore: sonyx1992    17/12/2011    1 recensioni
Dal capitolo 12:"I sogni sono come i bicchieri: si rompono facilmente.
Vengono chiusi in una scatola su cui viene scritto “fragile” come ammonimento, per ricordarci di quanto sia facile perderli.
Tu prendi la scatola tra le mani, stai attenta ad ogni passo, stai attenta alla stretta sul contenitore, lo appoggi al petto, giusto sotto al mento, per poter cogliere le trappole sul cammino.
Ma stai attenta!
Anche quando mancano pochi gradini i pericoli sono lì, in agguato, nascosti dietro l'angolo, celato dentro due bambini che giocano sulle scale.
Ti incontrano, vi scontrate, cadete; e cadono i sogni.
E quella scatola con la scritta “fragile” ti dimostra la sua fragilità lasciando che i tuoi sogni si frantumino.
GAME OVER.
I tuoi sogni sono distrutti, non vedi? Sono lì, a terra, spezzati in miliardi di pezzi, ormai inutili se non per ferire e tagliare chi posa un piede sopra di loro.
Ed ora cosa fai?
Ti siedi, li osservi, pensi a come andare avanti.
È inutile piangere sul latte versato e sui sogni infranti.
Ti alzi, ti tiri su con le braccia e ricominci, raccogli la scatola, rimetti insieme i pezzi di vetro e vai avanti; cammini fino alla tua destinazione, poi ti fermi e ti siedi di nuovo, vicino ad un cumulo di neve, e con le mani rosse ed infreddolite, inizi a modellarla, a schiacciarla, a toglierla.
Cosa fai?
“Voglio costruire un pupazzo di neve”, mi rispondi.
Ed io osservo la scatola accanto a te, con dentro i tuoi sogni infranti.
Ci guardo dentro e mi accorgo che tra i cocci di vetro un bicchiere è ancora intero; si, te lo giuro, non lo vedi? È ancora lì, si è salvato!
Sorrido perché i tuoi sogni ci sono ancora, nascosti tra i pezzi di quelli infranti, ma ci sono ancora.
Quindi, ti aiuto a costruire il pupazzo di neve."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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09- NON PUOI IGNORARE LA VERITA' DELLE MIE LACRIME

 

Federica”

 

 

Ci sono episodi, nella nostra vita, che ci sorprendono e cambiano tutta la trama.

Non sono affatto rari questi eventi e spesso oltre a modificare tutto, lo peggiorano.

Sei d'accordo con me, vero? Del resto, è quello che è successo a te.

Eppure, tu non ti sei resa ancora conto che qualcosa è cambiato, che l'incidente che hai avuto ha lasciato in te delle tracce indelebili ed indimenticabili.

Tocca a me essere coraggiosa questa volta, stare accanto a te, prendere la tua mano nella mia e spiegarti tutto; ti dovrei consolare con parole confortevoli, dirti che non tutto è finito perché io sono qui, accanto a te, pronta a restituirti tutto il coraggio che mi hai prestato negli anni.

Starti accanto e sostenerti, cercando in tutti i modi di allontanare il tuo dolore.

Spero tanto di riuscirci.

 

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Sto accompagnando Nicola a casa.

Ha insistito a lungo per rimanere in ospedale ma Lea non ne voleva sapere così l'ho convinto a rientrare per riposarsi un po' e a ritentare più tardi; nonostante Lea sia appena uscita dal coma, vale a dire da una situazione in cui ha rischiato di morire, non vuole ancora perdonare Nicola. È incredibile quanto sia testarda.

Quando mi fermo davanti a casa sua, lo saluto sorridendo, mentre lui, un poco abbattuto per l'ostinazione di Lea, scende dalla mia GranPunto celeste ed entra in casa, chiudendosi la porta alle spalle.

Se mi sembra incredibile fino a che punto arriva la testardaggine di Lea, potrete immaginare quanto resto stupita, ogni volta, dall'amore ostinato di Nicola per lei.

Non è come me e Mattia. O, almeno, non più.

 

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Ci incontriamo per i corridoi dell'ospedale ed è come se ci incontrassimo per la prima volta: entrambi imbarazzati, entrambi timidi ed incapaci di esprimere i propri sentimenti.

Ci fermiamo uno di fronte all'altro e ci guardiamo in silenzio, finché io non cedo, abbassando lo sguardo a terra.

Mattia si mette una mano nei capelli imbarazzato ed indeciso, il volto turbato; infine, mi passa accanto silenzioso, come se fossimo due estranei che si incontrano casualmente ma che, alla fine, ognuno capisce di dover continuare la sua strada.

Continuo a percorrere i corridoi ed entro nella stanza di Lea che, appena mi vede, mi rivolge il suo solito sorriso vivace.

Fortuna che il suo carattere non è cambiato dopo l'incidente.

 

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No, non dirmelo, Fede...”

Distolgo gli occhi da lei per non vedere la sua espressione di rimprovero dipinta in volto.

...davvero non avevi detto a Mattia che mi ero svegliata dal coma?!”.

Annuisco colpevole davanti al mio giudice inclemente e severo che, subito, esordisce in uno sbuffo contrariato: “Sei un caso disperato!”, mi accusa la mia migliore amica, colpevolizzando il mio carattere difficile.

Purtroppo, sono fatta così: non dico di averlo fatto apposta a non avvisare Mattia ma, semplicemente, mi sono fatta prendere dall'avvenimento e non ci ho pensato!

E così, vuoi farmi credere che ti sei ricordata di Nicola ma non di Mattia?!”, ribatte Lea, accusatoria.

Torno a guardarla colpevole; lei smette di tormentarmi, intuendo che sono senza difese alle sue accuse.

Mi sorride ed appoggia una mano sulla mia, che giace silenziosa e, a sua volta, colpevole sul bordo del letto: “Tranquilla, ci penserò io a sistemare tutto”, si batte l'altra mano, chiusa a pugno, sul petto, vantandosi delle sue doti di Cupido.

Le sorrido di rimando, accondiscendendo il suo carattere vivace e testardo.

 

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Questi attimi di sconforto che ci sorprendono, uscendo all'improvviso, ci fanno del male; ci fanno soffrire.

Sto attenta al tuo sguardo, ad ogni tuo minimo movimento, per essere certa che tu non ti accorga dell'imprevisto che ancora regna in questa storia.

Non posso farcela da sola e, grazie a te, non lo sono affatto.

Davide viene in mio soccorso, o questo è quello che credo; perché ancora non conosco ciò che ha in programma la realtà ed ancora non so che vuole che sia proprio io a distruggere i tuoi sogni; io, che imitando tuo fratello, ti ho augurato di raggiungerli.

 

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Davide interrompe i nostri pettegolezzi e i nostri ricordi, ricchi di risate e lacrime.

Entra nella stanza e dopo aver sorriso ad entrambe dice che mi vuole parlare in privato.

Lasciamo Lea da sola nella stanza, mentre lui mi accompagna lungo i corridoi fino alla reception, dove un sconvolto signor Marini è seduto in una delle sedie verde fosforescenti.

Riconosco, in uno dei due dottori che sono in piedi di fronte a lui, i lineamenti freddi e rugosi del medico anziano che ci aveva informato delle prime condizioni di Lea.

Mi siedo accanto al signor Marini, imitata da Davide, che si siede accanto a me; infine, tutti e tre alziamo lo sguardo sui due dottori che sembrano impazienti di metterci al corrente delle ultime novità.

Siete i parenti?”, domanda quello più giovane, dall'aria ancora inesperta ed incapace di affrontare quel mondo ammalato e morente in cui ha voluto lavorare.

Il signor Marini resta immobile ed inerme e Davide risponde al suo posto: “Si. Io sono il fratello, mentre lui è il padre.”

Sento lo sguardo del giovane medico che si posa su di me, interrogandosi sulla mia parentela con Lea.

Anche lei è di famiglia”, lo rassicura Davide, intercettando il suo sguardo e mettendo fine ai suoi dubbi.

Arrossisco, mentre lui lotta per me contro il giovane dottore, dichiarandomi come 'una di famiglia'.

Bene. Allora, seguitemi tutti e tre.”

Il dottore anziano, senza aspettare un nostro consenso, si allontana dalla reception, incamminandosi nel corridoio che porta al suo ufficio.

 

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E' una situazione molto difficile”, esordisce il dottore, come se quella frase potesse riassumere tutto; in realtà, a me sembra non chiarire proprio niente di tutta quella situazione.

Cosa c'è di tanto difficile?”, Davide prende in mano la situazione al posto di suo padre, che ancora non sembra essersi reso conto di non essere più seduto su una delle sedie verde fosforescente nell'ingresso del reparto, “Ormai l'operazione l'avete fatta, non possiamo tornare indietro e semplificare tutto per mia sorella, per farglielo accettare con calma.”

Il medico annuisce calmo, appoggiando i gomiti sulla scrivania ed incrociando le dita delle mani davanti al volto, come se volesse nascondere le sue espressioni; meglio non mostrarsi troppo 'umani' in queste situazioni delicate.

Non è questo che la rende una situazione difficile, infatti”, ribatte l'anziano con tranquillità, riuscendo a gestire con assoluta calma tutta la situazione; chissà quante volte ha ripetuto quelle frasi e quei gesti per nascondere le sue espressioni, quei respiri regolari e quella voce controllata e sicura per tenere tutto sotto controllo!

Il dottore apre una cartelletta e la sfoglia mentre con lo sguardo vuoto sembra assorbire le informazioni necessarie per continuare a parlare: “Trauma cranico, due fratture costali, ustioni...”.

Il mio cervello si rifiuta di ascoltare l'elenco pronunciato dalle labbra fredde del medico che sembra stiano pronunciando più che altro una lista della spesa.

I brividi mi percorrono in tutto il corpo e mi costringono a stringere le braccia intorno al petto, se non per il freddo, per proteggermi da quell'orribile elenco pronunciato con tranquillità e freddezza.

Alzo lo sguardo su Davide, curiosa di vedere se anche lui è turbato da tutta quella tranquillità e dal distacco assunti dal dottore; e, come sempre, mi stupisco della sua maturità e forza: gli occhi azzurri sono immobili sul medico, pazienti di incontrare quello sguardo gelido immerso nella lettura per interrogarlo; le labbra sono serrate, chiuse come se non volessero far uscire nemmeno un sospiro o un piccolo sussurro che possa interrompere o anche solo disturbare quell'analisi scientifica.

Mi faccio coraggio e cerco di imitarlo, tornando a fissare l'uomo seduto dietro la scrivania, ormai giunto alla fine dell'elenco.

Quando arriva all'ultimo punto, il più terribile e cruciale, si interrompe mentre gli occhi si alzano dai documenti e le labbra si bloccano, restando leggermente socchiuse, con le ultime parole dell'elenco che non vengono pronunciate e restano morenti su quella bocca; un attimo di pausa che sembra durare una vita e 4 dei miei respiri più profondi e nervosi, poi, finalmente, le labbra ruvide si sbloccano e riprendono ad emettere la voce neutra ed atona del dottore: “...come ha preso, la paziente, quest'ultima notizia?”.

E, per l'ennesima volta, resto sconvolta: con la coda dell'occhio, colgo lo sguardo di Davide cedere di fronte ad una semplice domanda e cadere fino al pavimento bianco ed immacolato, sconfitto e debole. Tutto il suo coraggio e la sua forza svaniscono, evaporano, si dissolvono nel nulla, stritolati nel suo pugno che ora è chiuso sui suoi pantaloni.

E quando vedo scomparire anche quella piccola fonte d'energia alla quale mi appoggiavo fiduciosa, è la fine.

Ricomincio a tremare e i miei occhi imitano quelli di Davide, cadendo a terra, forse trovando il pavimento bianco ed immacolato un buon argomento con cui distrarsi.

Come faranno a tenerlo così splendente, come se nessuno ci avesse mai camminato sopra? E le luci al neon sul soffitto sono state messe apposta per creare quell'illuminazione riflessa sulle piastrelle di marmo?

No, ma chi voglio prendere in giro? Non funziona, non più.

Tutti noi siamo andati avanti più di due settimane a fingere che tutto andasse bene e che, il vero problema, fosse il risveglio di Lea e non le vere conseguenze dell'incidente.

Ma, prima o poi, quelle favole e storielle che ci raccontavamo l'un l'altro, sarebbero dovute sparire e l'illusione che tutto si sarebbe sistemato sarebbe scomparso con loro.

Un po' com'è successo al coraggio di Davide, che ancora non riesce a ritrovarlo per riprendersi. Vorrei tanto aiutarlo a cercarlo, chissà, forse è caduto qui vicino e posso vederlo!

Niente, non lo trovo, le luci a neon dell'ospedale fanno troppa luce e mi impediscono di cercare bene.

Il dottore sembra intuire tutto e torna ad immergere il suo sguardo glaciale nella cartelletta di Lea, forse sperando di trovarci una soluzione o magari anche un consiglio da darci.

Ed è in questo momento che accade qualcosa di strano, qualcosa che ancora oggi non mi spiego: stringo i pugni e non so grazie a cosa, forse al coraggio di Davide che ho scorto, mentre si nascondeva impaurito tra i documenti di Lea stretti nelle rugose mani del medico, oppure per colpa della consapevolezza di dover sostenere la mia migliore amica in questo momento...fatto sta che alzo coraggiosamente la testa e fisso, sicura di me, il dottore anziano: “Glielo dico io.”

 

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E' arrivato il momento di essere coraggiosi.

E' arrivato il momento di non avere paura.

Aiutami! Ti prego, sorridimi quando entrerò di nuovo nella tua stanza e stringimi la mano quando mi fermerò accanto al tuo letto; spero basti questo per farmi forza; o, almeno, che non abbia l'effetto contrario: mi auguro che i tuoi occhi ed il tuo sorriso vivace non mi bloccheranno, bruciandomi le parole in gola e facendomi perdere il fiato.

No, niente può fermarmi: tu devi sapere cosa ti sta accadendo e devo essere io a dirtelo perché poi possa essere subito lì a sostenerti nel caso di un tuo cedimento.

L'anestesia e le lenzuola bianche ti hanno impedito di comprendere la realtà ma, Lea, la verità è che niente, per te, sarà più come prima: “Ti hanno dovuto amputare una gamba.”

Il tuo sorriso si spegne, la tua mano lascia la mia e tuoi occhi mi guardano increduli, incapaci di comprendere la sincerità nelle parole che vengono pronunciate da una bocca; tuttavia, non sono in grado d'ignorare la verità delle lacrime che mi escono dagli occhi.

E, così, proprio io che ti ho augurato di raggiungere i tuoi sogni, ora te li infrango.

 

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Eccomi qui, amati lettori con il nono capitolo.
In realtà questo non mi ha mai convinto granché...ho provato a modificarlo un po' ma ancora non è così soddisfacente come speravo...cmq eccolo lo stesso!! :D
Spero tanto che qualcuno di voi lasci un piccolo, piccolo commentino...:3
Il prossimo capitolo (il decimo) è l'ultimo che ho scritto per ora...ho tentato di scrivere l'undicesimo, quello di Nicola ma ancora risulta essere un'impresa un pò troppo ardua...
Spero di non farvi aspettare troppo cmq...;)
nel caso anticipo con gli auguri di Buon Natale a tutti voi e a tutti i membri di EFP!!! :*
Un bacio.

 

=Sony=

   
 
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