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Autore: Vattelapesca    18/12/2011    2 recensioni
Ho scritto tante cose, ma questa è la mia prima FanFiction in assoluto. Ero curiosa di provare.
La guerra è finita ed il mondo magico è finalmente libero. Ma il dolore per i caduti sembra qualcosa destinato a non finire. Dal primo capitolo: E lui, Harry, in prima fila assieme a tutta la famiglia, addirittura prima di zia Muriel, non poteva sentirsi più estraneo. Era a mille miglia di distanza da tutto e da tutti, dal pianto disperato di Molly Weasley, dallo smarrimento sulla faccia pallida di Lee Jordan, dal dolore soffocato di Fleur e Bill, da quello puro di George, dalle mani intrecciate di Ron e Hermione e dal viso duro di Ginny che lo fissava fiera con gli occhi lucidi di lacrime.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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9.Beyond Letters Lies Something
 
Ne Ron che Hermione si fecero vedere per il resto della giornata. Parevano essersi rinchiusi in un silenzio ostinato che spaventava Harry. I suoi due migliori amici avevano sempre litigato, sin dal primo giorno in cui si erano conosciuti, e per esperienza Harry sapeva che era meglio se si urlavano in faccia tutta la propria rabbia, piuttosto che trattenerla dentro, dove sarebbe potuta peggiorare. Quel modo che avevano di ignorarsi a vicenda era pericoloso ed Harry sperava che Ron ed Hermione non cadessero in uno dei loro periodi di silenzio ed astio come tante volte era successo ad Hogwarts. Harry temeva che, questa volta, se non si fossero chiariti subito, forse non lo avrebbero fatto mai più. Ron ed Hermione erano le persone più cocciute che conosceva, dopotutto.
Al termine di una cena solitaria passata a leggere il libro dei Malandrini decise che avrebbe provato a parlare con i due amici. In realtà, anche se in minima parte, lo faceva per soddisfare una propria curiosità. Durante il litigio era stato escluso a priori, senza possibilità di scelta. Quel comportamento lo aveva un po' offeso. Se queste lettere erano tanto importanti, perché Hermione, la sua migliore amica, non gliene aveva parlato? Ma ancor di più lo aveva colpito Ron. Un tempo gli avrebbe subito raccontato della scoperta ed invece lui era rimasto completamente all'oscuro dell'intera faccenda.
Si sentiva inquieto, la calma conquistata nei giorni trascorsi alla Tana dopo la cerimonia di commemorazione sembrava essere evaporata, lasciando posto ad un'incertezza ancora più profonda di prima.
Però sapeva che isolarsi non sarebbe servito a nulla, aveva bisogno dei suoi amici come loro avevano bisogno di lui.
Non riusciva a decidere da chi cominciare. Riunirli nella stessa stanza sarebbe stato controproducente, di questo ne era certo. La risposta arrivò senza che lui dovesse nemmeno sforzarsi di cercarla. Stava salendo le scale quando, arrivato al primo pianerottolo, notò una striscia di luce polverosa proveniente dal salotto. Entrò in silenzio e la prima cosa che vide fu la testa cespugliosa di Hermione abbandonata sullo schienale del divano logoro.
“Hermione.” disse piano Harry. Lei aprì gli occhi di scatto, sussultando, aveva lo sguardo lucido e stanco.
Il ragazzo si sedette accanto a lei, il suo peso fece cigolare le molle sotto l'imbottitura del cuscino.
Hermione era seduta rannicchiata su se stessa, le braccia cingevano le ginocchia, in mano aveva dei fogli di pergamena ripiegati.
“Hermione.” ripetè Harry “devi ascoltarmi senza interrompermi.”
Lei annuì stancamente senza opporre alcuna resistenza, la luce tremolante dei lampioni in strada le illuminava il viso in maniera irreale, conferendole un'aria spettrale.
Harry deglutì, incerto, aveva passato tutta la cena a preparare discorsi, ma adesso sembravano tutti molto stupidi. La verità era che non sapeva da dove iniziare, così disse la prima cosa che gli passò per la mente.
“Non litigate.” mormorò, sorprendendosi di udire il tono della sua stessa voce. Sembrava una supplica.
“Non mi piace farlo, Harry.” rispose lei.
“E allora smettetela, vi prego.” La frase cadde nel vuoto e per un po' nessuno dei due aggiunse nulla.
“E' che sono così stanca.” mormorò poi Hermione stropicciandosi gli occhi con due dita.
Harry sapeva cosa intendesse con quella frase. Anche lui era stanco, era così stanco che sarebbe rimasto a sedere su quel divano per sempre, se avesse potuto. Era stanco di aspettare che qualcosa si aggiustasse. Aveva speso tutte le sue energie in una guerra spietata che gli aveva portato via tanti pezzi della sua vita, uno dopo l'altro, inesorabilmente. Era stato come camminare in un lungo tunnel oscuro, senza alcuna garanzia di poterne vedere la fine. Lo aveva fatto, aveva scelto di andare avanti, sempre, ma ancora non era riuscito ad uscirne. Certo, adesso vedeva la luce alla fine, era là, nitida e ricca di promesse e speranze. Il problema era che sentiva di non riuscire più a camminare, lo aveva fatto per troppo tempo, era stanco.
La certezza che Hermione si sentisse nel suo stesso modo gli fece stringere un nodo alla gola. Era sempre stata forte, Hermione. Non era il tipo di forza che aveva Ginny, no, non aveva quella tempra decisa e spiritosa, ma qualcosa di diverso. Hermione aveva la forza di credere nelle proprie convinzioni. E per difenderle era stata pronta a fare di tutto. Harry non avrebbe mai dimenticato le sue lacrime silenziose versate nella notte, dopo che Ron li aveva lasciati, o le sue urla strazianti a Villa Malfoy. In qualche modo, il senso di colpa ultimamente assopito si risvegliò, come una bestia famelica.
“Ti ricordi cosa mi hai detto ad Hogsmeade, quando ero scappato?” le chiese Harry stringendole un braccio, come per farle coraggio “mi hai detto che capivi perfettamente come mi sentivo. Che non ero solo. Mi hai fatto capire che andarmene era stato un errore, che fuggire dagli altri non serve a niente. Non sei sola, Hermione.”
Lei sorrise timidamente, tirando su con il naso.
“Ron può essere stupido a volte, lo so. Ma anche lui è provato. Le cose stavano appena cominciando a muoversi nel verso giusto e torneranno a farlo. Abbiamo tutti bisogno di tempo.”
Lei scosse la testa, mormorando “Ron ha ragione. Sono io ad essere stata stupida.”
“Che vuoi dire?” disse Harry aggrottando le sopracciglia.
“Lo so che suona strano detto da me, ma è così. Quello che ha detto sui miei genitori è vero, che...” fece un gran sospiro, le sopracciglia aggrottate, come se dirlo le costasse uno sforzo immenso “ che non ci voglio andare.”
Lo guardò di sottecchi, come per verificare la sua reazione. Harry stava in silenzio, ancora un po' confuso.
“Non mi fraintendere, Harry. Voglio molto bene ai miei genitori e quello che ho fatto loro è stata una delle decisioni più difficili di tutta la mia vita. Ma dovevo farlo, era l'unico modo per tenerli al sicuro, capisci quello che voglio dire?” si voltò verso di lui, lo sguardo le luccicava. “Ed ha funzionato. Vivono in Australia, convinti di non aver mai avuto una figlia, e sono felici. Il fatto è che... a volte mi chiedo, forse è meglio così, no?”
“Hermione” disse Harry, sbalordito dall'enormità della cosa che l'amica aveva appena detto. “Non ci pensare nemmeno. No che non è meglio così. Tu stai...”
“Lo so.” lo interruppe lei. “Lo so, è che a volte non posso impedirmi di pensare queste cose. E' da stupidi, ma...”
“Non è da stupidi.” disse subito Harry, lei gli sorrise appena, poi riprese. “Ho paura, sai. Insomma, quando arriverò là dovrò annullare l'incantesimo di memoria, sempre ammesso che mi riesca, e poi dovrò comunque spiegarli tutto. Ci ho pensato tutti i giorni, da quando Voldemort è morto. E tutti i giorni ho continuato a rimandare. Mi dicevo che era troppo presto, che dovevo aspettare che le cose si sistemassero. Sono venuti i funerali e non avevo tempo, poi c'era la Cerimonia, perché non aspettare un altro po'? Continuavo a ripetermi che gli avrei feriti e fatti preoccupare, se gli avessi raccontato della guerra, e questo mi frenava a partire. Ma era solo uno scusa. La verità è che avevo paura di dover rivivere tutto. E intanto i giorni passano, senza che le cose brutte non smettano mai di accadere...” si interruppe, spazzando via le lacrime con il palmo della mano.
“Ascoltami, Hermione. Tu sei la strega più capace e coraggiosa che io abbia mai conosciuto e riuscirai a spezzare quell'incantesimo, non c'è nessun dubbio su questo. Ci riuscirai e tu ed i tuoi genitori tornerete in Inghilterra, perché se non c'è più niente da temere è anche merito tuo. Hai capito?”
Lei fece sì con la testa, facendo sbattere impercettibilmente il mento sulle ginocchia, e mormorò “Grazie.”
“Sono quelle le lettere di cui stava parlando Ron?” le chiese poi Harry, indicando le pergamene che la ragazza teneva in mano.
Lei sospirò, passandogli semplicemente le carte.
Harry le sfogliò, ordinandole. C'erano tre buste e tre fogli spessi. La prima portava la data di due settimane prima, la seconda era stata spedita poco più di una settimana dopo e l'ultima recava la data del giorno stesso. Erano tutte e tre scritte in una calligrafia ordinata vergata in inchiostro verde. Tutte portavano lo stemma di Hogwarts. Il ragazzo non si soffermò nemmeno a leggerle.
“Torni ad Hogwarts.” esclamò.
“Sarebbe così brutto?” chiese lei.
“No.” si affrettò a rispondere Harry. “Certo che no.”
“Continuavo a pensarci e avevo deciso di scrivere la prima lettera alla McGrannit solo per sapere se sarei potuta tornare. Volevo poter vedere la possibilità aperta davanti a me, senza dover decidere nulla. Nell'ultima mi ha inviato la lista dei libri, anche se ha scritto che se voglio posso prendermi altro tempo per decidere.”
“E hai deciso?”
“No, non ancora. Ho sempre voluto terminare la mia istruzione e tornare ad Hogwarts mi sembrava un modo per... ricominciare. Volevo dirvelo, volevo farlo davvero. Ma Ron ha scoperto le lettere e...”
“E ha fatto come suo solito.” concluse Harry con un mezzo sorriso.
Lei alzò le spalle “Non posso biasimarlo. Mi sarei arrabbiata anch'io al suo posto.”
“A quest'ora starà impazzendo.” aggiunse il ragazzo.
“Va da lui, Harry. Penso che abbia bisogno di te.”
Lui annuì e si alzò dal vecchio divano, la voce di Hermione gli giunse quando era quasi arrivato alla porta.
“Puoi dirgli che ho detto che aveva ragione lui, se vuoi. Ma non dirgli che ti ho detto io di farlo.”
Harry sorrise ed uscì dalla stanza.
 
 
“Non volevo essere così scortese ma ogni volta che tiro fuori l'argomento lei trova un modo per non parlarne! Ho pensato che se c'eri anche tu magari lo faceva e poi... poi, se la facevo arrabbiare, magari. Si, va bene , lo so, sono stato un imbecille. Ma ho ragione! E' un mese che mi tiene nascoste quelle lettere! Come... come ha fatto a tenermi nascosta una cosa come quella?”
Ron farfugliava le solite cose da dieci minuti ormai, sembrava seriamente combattuto tra il rimproverarsi per averla trattata in quel modo e la rabbia per la storia delle lettere nascoste. Ancora qualche minuto e ad Harry sarebbe scoppiata la testa.
“Ron.”
“Insomma, perché deve fare così? Cioè, io avevo ragione, capisci? Però in questa maniera lei ha una scusa per darmi torto e...” lo ignorò lui, continuando a camminare gesticolando come un matto per tutta la stanza.
“Ron!” ripeté ancora una volta Harry a voce più alta.
Lui si fermò di botto “Che c'è?” esclamò, come infastidito.
“Ho parlato con Hermione e mi ha spiegato tutto. Se tu stessi zitto ti potrei dire cosa mi ha detto.”
“Oh, ma lo so già cosa ti ha detto. Che sono un insensibile e che non ho il diritto di immischiarmi nelle sue faccende private! Che ho la sfera emotiva di un cucchiaino e che non capisco niente! Già me la immagino! Beh, sai che ti dico? Io non ho la sfera emotiva di un cucchiaino, perché se ce l'avessi allora non avrei sentito così male quando ho scoperto che mi mentiva!”
“Ha detto che hai ragione.”
“Ecco, vedi! Lo sapevo, che ti avevo detto? Io...” aveva le braccia a mezz'aria quando si fermò un'altra volta e sgranò gli occhi “No, aspetta, che hai detto?”
“Hermione dice che hai ragione.”
Ron si avvicinò di botto, prendendolo per le spalle.
“Sei sicuro di quello che dici?”
“Certo!” rispose Harry, un tantino infastidito.
“Tu stai dicendo che Hermione Jean Granger mi ha dato ragione, non è vero?”
“Accidenti, Ron, ti ho detto di sì! E adesso lasciami!”
Il ragazzo lo lasciò di botto, come si fosse appena accorto di averlo stretto in quel modo.
“Scusa, amico.” borbottò poi, passandosi una mano tra i capelli con un espressione totalmente sbalordita.
“E... e... che altro ha detto?”
“Niente di tutto quello che hai detto tu prima, poco ma sicuro. Era scossa, Ron. La verità è che ha paura di tornare a prendere i suoi genitori in Australia. E' un po' sopraffatta, ecco. Non voleva nasconderci la questione delle lettere ma non sapeva come dircelo.”
Ron annuì, pensieroso, poi lo squadrò di sottecchi. “Com'è che a te dice tutte queste cose?”
Harry sbuffò, esasperato. “Non vorrai ricominciare con questa storia, spero.”
“Dico solo che...” cominciò lui.
“Beh, le direbbe anche a te, queste cose, se gliele chiedessi.” lo interruppe Harry.
“Ma io l'ho fatto!” replicò Ron, alzando le braccia, come in segno di resa.
“Adesso non ha più importanza. Vai a parlarle ora, sono certo che ti dirà tutto quello che ha detto a me, ed anche di più.”
“Certo, certo.” assentì Ron, con un piede già fuori dalla stanza, visibilmente impaziente di scendere giù da Hermione. “Ah, e... grazie, amico.”
Harry ridacchiò, chiedendosi quanti altri grazie avrebbe ricevuto quella sera.
 
 
Nella camera di Sirius trovò una sorpresa ad attenderlo. Appollaiato, o per meglio dire, aggrappato come un naufrago alla riva, c'era Errol, il vecchio gufo dei Weasley. Aveva le piume tutte arruffate ed un aspetto piuttosto malconcio, il caldo torrido incontrato durante il viaggio doveva averlo spossato.
Harry si affrettò a prendere le lettere che il gufo gli porgeva, poi vuotò un vecchio porta penne e con un colpo di bacchetta lo riempì d'acqua. Errol ci si avventò sopra con troppa foga e gli schizzi volarono da tutte le parti. Il ragazzo si allontanò velocemente per mettere in salvo le missive. Si sedette sulla sponda del letto, c'erano due buste, una era indirizzata a lui, l'altra a Hermione. Aprì la sua.
 
Harry,
di sicuro questa lettera ti arriverà in ritardo, ma mi era rimasto solo Errol, visto che mamma ha usato il gufo di Percy. Come avrete di sicuro immaginato, mamma è andata fuori di sé, quando ha letto la notizia sul Profeta. Voleva partire immediatamente per Londra ma grazie al cielo è arrivato Kingsley in persona a tranquillizzarla. Ci è voluto un po', ma alla fine l'ha convinta ad aspettare.
Ha mandato una lettera a Ron e per una volta,(ma tu non dirglielo) lo compatisco. Non vorrei essere in lui. Comunque non ti stupire se domattina la vedrai arrivare a Grimmauld Place. È tutto il giorno che blatera sul fatto che è un sacco di tempo che non va a Londra.
Giusto per fare un giro a Diagon Alley e poi magari potrei passare dai ragazzi, visto che è di strada.”
Peccato che non sia affatto di strada. In ogni caso, io ti ho avvertito.
Kingsley ci ha già spiegato tutto quello che è successo, è terribile. Vorrei essere lì con voi, non deve essere stato facile, sopratutto con il Profeta che dice un sacco di cavolate.
Qui va tutto bene, cioè, andava meglio prima della faccenda di Yaxley. Adesso, come potrai immaginare, c'è un bel po' di agitazione. Ma non sto qui a lamentarmi, di sicuro a voi è andata molto peggio.
Spero di poterti raggiungere presto, ma con mamma così agitata non mi sembra il caso di andarmene. E poi George ha cominciato a parlare di più anche con me, non voglio lasciarlo solo.
Stai vicino ad Hermione, (conto su di te, perché il mio caro fratello ha la ben nota sensibilità di un babbuino). Anche se non sembra, sono sicura che è molto scossa. Ho inviato una lettera anche a lei, accertati che la riceva, per favore, non mi fido troppo di Errol.
Mi manchi,
Ginny.
 
Ps: fai riposare un po' Errol, prima di inviare la risposta, anche se il viaggio non è lunghissimo per lui è molto stancante.
 
Harry rilesse la lettera due volte, immaginandosi Ginny intenta a scriverla. Non aveva mai ricevuto una lettera da lei, ne lui le aveva mai scritto. Ora che ci pensava, quella era una delle poche volte in cui aveva visto la sua calligrafia, se non addirittura la prima. Percorse con le dita le lettere tondeggianti che Ginny aveva tracciato per lui. Sulla pergamena aleggiava ancora il vago profumo di fiori che da sempre Harry associava a lei.
Quel profumo lo fece sentire a casa.
Ripose la lettera con cura, poi andò a posare la busta per Hermione sulla soglia della sua camera. La porta era aperta e la stanza era buia, segno che lei e Ron erano ancora di sotto. Tornò in fretta in camera sua, impaziente di poter rispondere a Ginny.
Scrisse finché la mano non cominciò a fargli male, mantenendo per tutto il tempo un sorriso ebete stampato sul volto. Le raccontò di tutto quello che era successo, perché, nonostante Kingsley lo avesse già fatto, Harry sapeva che lei voleva sentirselo dire da lui. Scrisse con leggerezza, senza timore di esternare le sue preoccupazioni. Quella semplice lettera era riuscita a risollevargli l'umore in maniera incredibile.
Fu a malincuore che andò a letto, quando un crampo alla mano e la stanchezza gli impedirono di continuare. Se avesse potuto, le avrebbe scritto di tutto il mondo.
 
 
PS:
I'm back.
Mistero delle lettere svelato, spero di non aver deluso nessuno, ma l'idea era stata sempre quella. Niente amanti misteriosi o Krum, anche se farei carte false per inserirlo, solo per scrivere il suo accento, o la gelosia di Ron, che mi ha fatto sempre sbellicare dalle risate.
Comunque, vi ringrazio come sempre per le vostre opinioni e ringrazio anche le nuove persone che l'hanno messa tra i seguiti.
Spero di non essere stata troppo malinconica.
Vi saluto tanto, alla prossima. :D
  
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