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Autore: Rubber Soul    19/12/2011    1 recensioni
La storia del poeta inglese John Keats,vissuto tra il 1700 e l’800 e la delicata e intensa tresca amorosa con Fanny Browne.
Pure sempre fermo, sempre senza mutamento,
vorrei riposare sul guanciale del puro seno del mio amore,
sentirne per sempre la discesa dolce dell’onda e il sollevarsi,
sempre desto in una dolce inquietudine
a udire sempre, sempre il suo respiro attenuato,
e così vivere in eterno - o se no venir meno nella morte.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3.
 
 

Darei la vita per non morire.
(Jim Morrison)
 

 
 
 
- Che cosa hai detto a Tom?
- John,gli ho detto che stasera ci sarebbe stata una specie di festa. E che mi sarebbe piaciuto che tu fossi venuto con me.
- Charles,ma lo sai in che razza di condizioni sta mio fratello?
- Lo so,John. Lo so. E tu sai benissimo che tra poco dovrai abituarti alla sua assenza. Lo sai perfettamente. Il problema è che lo neghi sia a lui che a te stesso. E questa cosa vi sta distruggendo entrambi.
- Charles,il problema non è questo,adesso. Stasera non sarebbe stato il momento di andare ad una festa. A Tom non resta molto,e me ne rendo conto. E’ proprio per questo che voglio stare vicino a lui più che posso.
- John… Senti,le erbe che ti fanno prendere non ti rendono del tutto immune. O almeno,non è sicuro che tu sia immune al cento per cento. Te l’ho già detto che non è bene stare con Tom per troppo tempo.  Lo sai. Ma tu sei duro.
- Charles,non puoi capire.
- Non posso capire,giusto. Ma sto cercando di salvare almeno latua,di vita. Tutto qui.
- E poi,oggi era nel giardino,sdraiato nell’erba. Mi ha detto che ce l’hai portato tu. Mio Dio,Charles. Era così felice. I suoi occhi brillavano,sul serio.
- Lo so che i discorsi che ti faccio sono dolorosi,ma le cose stanno così: la morte di tuo fratello è imminente. Perciò,fallo vivere per quanto può. Reputo che egli preferisca morire per aver sgarrato piuttosto che  continuare a vivere con la preoccupazione che domani non potrebbe più fare ciò che desiderava.
- E’ vero. – considerò John rivolgendo lo sguardo al cielo scuro.
 
 
***
 
Ad accoglierli al portone c’era una coppia di maggiordomi.
Tolsero a ciascuno di loro giacca e cappello e si congedarono gentilmente.
John rimase stupito dello sfarzo con cui era arredata la casa.
Il pavimento sembrava di cristallo. Di fronte a lui,un’immensa scalinata in marmo arrivava chissà dove. Le pareti erano addobbate con decorazioni allegre e colorate,in occasione della festa. Molte dame giravano su e giù per la casa aggiustandosi le voluminose acconciature e i prosperosi seni,rivolgendo maliziosi e ammiccanti sorrisini agli ospiti.
William Severn era intento a parlare con altri ospiti in un angolo del salotto. Non appena notò John e Charles si congedò da quelli e venne incontro ai due.
- Signori,buonasera.
- Buonasera,Severn.
John era sempre un po’ stupito dal fatto che William fosse sempre molto elegante in ogni cosa che faceva. Anche nel salutare gli ospiti e nel congedarsi aveva un fascino molto notevole.
- Signor Keats,sono davvero contento che siate venuto. Come sta il vostro caro fratello?
- Vi ringrazio,signor Severn. Mio fratello per adesso sta bene,ma non durerà molto. A breve le sue sofferenze svaniranno del tutto.
- Vi porgo tutti i miei dispiaceri. Sir Tom è un ragazzo così caro ed educato,che io non ne ho mai visti di simili.
- Lo credo bene anche io. – si intromise Charles.
- In ogni caso,messer Keats,siete il benvenuto. Vorrei portarvi un po’ di gioia,perciò fate come se foste a casa vostra. Ci sono tante belle dame qui. In ogni caso,io sono a vostra disposizione.
- Sir,vi ringrazio. - ,disse John nel fare un piccolo inchino.
- Gradite qualcosa da bere?
- Grazie.
Il cameriere portava nel vassoio una certa quantità di bicchierini di rum.
Severn ne afferrò uno e ne svuotò immediatamente il contenuto.
- Spero sia di vostro gradimento.
- Si,grazie signor Severn.
In quel momento,Severn si voltò a salutare un altro gruppo di ospiti: una dama sulla quarantina d’anni accompagnata dai suoi tre figli. Una bimba che poteva avere circa sei anni,che,Dio,sembrava una piccola Grazia.
Un ragazzo sulla quattordicina ,biondissimo,ed una giovane fanciulla,che doveva essere la maggiore.
- Signora Browne! Dio buono,come sono contento di vedervi! I vostri figli crescono a vista d’occhio. Margaret! – gli occhi di Severn si illuminarono nel sollevare di peso la piccola biondina e portarsela al collo.
- Guardatela! Come sei bella! Quando sei grande ci sposiamo,ti va?
La bambina rideva,era abituata a complimenti simili.
- E tu,Samuel! Sei un uomo! Ti ho visto solo l’altro ieri,ma già mi sembri essere cresciuto ancora. Fanny,voi siete,ecco…indescrivibile. La vostra bellezza è qualcosa che non si può spiegare. Signora Browne, - disse facendo il baciamano alla ragazza, - non avete nulla se non di essere fiera di queste creature.
- Perdonatemi,signor Keats,sono stato scortese. Lei è la signora Browne,e questi sono i suoi figli Fanny,Margaret e Samuel.
- Onoratissimo. – si presentò John facendo il convenzionale inchino. – John Keats.
- Sir Keats,i figli di questa bellissima dama sono stati allievi del mio fratello defunto, - fece tutto compunto Severn, - e si sono affezionati così tanto a lui che quando per volere divino è scomparso,il loro affetto è passato a me. Mi sta a cuore il benessere di questa famiglia,e spero di conservare sempre lo splendido rapporto d’amicizia che ci unisce.
- Ho capito, - fece John,distratto.
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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