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Autore: Estiefone    20/12/2011    1 recensioni
Un Thriller/Horror. Ci sono alcuni contenuti violenti. Niente è come sembra, il prologo non dimostra nulla.
Si inseriranno scene terrificanti e le scene violente non mancheranno.
Non ci saranno scene erotiche o scene di sesso violento, e se anche fosse, non saranno descritte nei minimi particolari.
Mi scuso anticipamente per eventuali errori grammaticali.
Accetto di buon grado critiche e complimenti, Ho intenzione di migliorare, quindi potete andarci pesate (ma non troppo, ho un cuore io!! ç.ç Bene... Buona lettura allora!
La storia ha inizio!
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.

 
La mattina dopo fui svegliata dallo squillo del cellulare. Mi alzai come una sonnambula, con gli occhi semichiusi e la mente annebbiata. Tastai con la mano il tavolo finchè non trovai quell’aggeggio che vibrava. Cliccai quel tastino e mi misi il telefono all’orecchio senza nemmeno controllare chi fosse.
-Mmmmmmpronto?-
-Dottoressa Ray?-
-Si, sono io. Chi parla?-
-Sono il sergente Greg O’Malley. L’ho svegliata?.- Il sergente? Mi svegliai tutto c’un colpo. Dall’agitazione diedi un calcio al piede del tavolo. Maledissi tutti gli dei da me conosciuti.
-Accidenti! No, sergente non mi ha svegliata. Come ha fatto a trovare il mio numero?-
-Stra scherzando vero? Noi riusciamo sempre a trovare ciò che cerchiamo.- Guardai l’ora, le 8:30 del mattino.
-Vada al sodo Sergente, perchè mi ha svegliato a quest’ora?-
-Aveva detto che non l’avevo svegliata.-
-Questo non conta!- Sbottai irritata. Una volta avevo seguito un corso di Yoga, non era servito un granchè, se non per placare la rabbia e le sensazioni forti. Il Maestro diceva sempre, inspirate ed espirate, fate che la calma interiore si impadronisca di voi... Lo Feci, inspirai ed espirai. –Mi dica Sergente.-
-Stamane abbiamo provate ad interrogare James  Sarbory, si ricorda chi è?- E come dimenticarlo... i suoi occhi, i suoi capelli... –Si, mi ricordo benissimo.-
-Non vuole parlare, è da tre ore che cerchiamo di fargli spicar parola, ma l’unica cosa che dice è il suo nome.-
Presi a giocherellare con una penna trovata lì nel tavolo.
-Il nome di chi?-
-Il suo Dottoressa. Cotinua a ripetere solo e unicamente il suo nome. Sandra Ray.-
La penna mi scivolò dalle mani. Il tempo si fermò per un secondo, sentii il tonfo della penna nel parque quando toccò il terreno solido e piatto. –Se non le dispiace vorrei farla venire qui a parlare con lui. Il Capo ha acconsentito.- Attese, ma invano. Riflettevo. Perchè mai avrebbe dovuto cercare me? Perchè proprio io? –Dottoressa?- Mi chiamò sconcentrata la voce del sergente dall’altra parte del filo.
-Si, si, mi scusi, mi ero incantata. Bèh certo, non c’è problema, anzi, in realtà c’è... La mia macchina è andata in panne.- Era vero, proprio la sera prima, appena rientrata a casa, la macchina si era, spenta. Già, la solita fortuna. Silenzio da parte del sergente. Poi..
-Non c’è problema Dottoressa Ray. Se mi dice l’indirizzo in meno di venti minuti sono lì da lei.-
-Davvero? Grazie Sergente.- Diedi indirizzo, chiusi la chiamata, e senza attendere, mi lanciai di corsa verso il bagno a farmi la doccia, e poi, dopo, a farmi bella.
 
Proprio mentre uscivo dalla doccia il campanello suonò. Mi misi un asciugamano attorno al corpo, per coprire seno e parti intime, ed andai ad aprire, con i piedi scalzi. Aprii al Sergente O’Malley, che entrò, e appena mi vide, seminuda,mi guardò dritto negli occhi, arrossendo leggermente. Liberai una mano e la alzai, lui la strinse. Una presa ferrea.
-Prego sergente, può accomodarsi dove le pare. E scusi il disordine, non ero preparata a ricevere visite.- Lui in risposta mi sorrise, e poi cominciò a squadrare la casa, mentre si dirigeve verso una sedia libera da scatroffie, computer, e libri di psicologia. Corsi in bagno a cambiarmi.
 Presi la prima cosa che mi capitò a tiro. Un paio di Jeans in pelle nera, una camicetta bianca, e dei tacchi neri ed eleganti. Presi il Foon e cominciai ad asciugarmi i capelli bagnati, mentre con la spazzola li allisciavo. Il risultato fù un bel mazzo di capelli lisci tutto scompigliati. Mi misi un pò di matita negli occhi, e un pò di profumo, poi uscii dal bagno. Trovai il sergente che leggeva un libro di psicologia. Mi lanciò un occhiata e disse:
-In questo libro dice che alcuni criminali uccidono per esperienze negative vissute nella propria vita. Qui c’è un esempio che parla di un uomo che uccise undici donne. Sua madre morì quando aveva undici anni, e l’uomo disse appunto che fù per quel motivo, che uccise tutte quelle donne.
Fù condannato a morte nel 1982, dopo essere stato considerato un uomo con gravi problemi psichici e mentali.- Concluse, poi mi vide e alzò un sopraciglio.
-Esattamente.- Dissi con tono abbastanza freddo.-Molto spesso i criminali commettono omicidi per qualche trauma, per qualche stupro, in poche parole da fatti che hanno gravemente influito nella loro capacità di riflettere lucidamente. Ho parlato con questo genere di casi, spesso mi raccontavano i particolari: come, a che ora, in che posto, in che posizione. Una cosa da...- Mi interruppe:
-Malati mentali?- Lo guardai freddamente strigendo le labbra.
-Sà quante volte mi sento dire che i  miei pazienti sono solo dei malati mentali? Non è così, io credo che se a lei l’avessero stuprata a sette anni in qualche cazzo di modo avrebbe dovuto sfogare la sua rabbia su qualcuno o qualcosa no? Alcuni sono fortunati, sono cosi traumatizzati che dimenticano, altri invecene no, altri ricordano, sentono il dolore lancinante, un peso nel cuore, una voglia di vomitare tutto il tuo dolore ogni santissimo giorno, una volgia di prendere un coltello o qualcosa di affilato e farla finita!- Sbattei il pungo sul tavolo. Calò il silenzio. Il sergente rimase boccheggiante. Scuotei la testa. Ogni occasione è buona per fare bella figura eh?
-Credo si possa andare.- Continuai. Ci alzammo e ci dirigemmo verso l’uscita. Chiusi la porta.
Salimmo in macchina. Una bella macchina. Il sergente non si trattava male, lussuosa all’interno e all’esterno. Mi sedetti comoda, e quando girò la chiave, un tremore leggero e rilassante invase la macchina.
-Bel mezzo.- Dissi io. Ero crudele, avevo messo il muso e sembravo antipatica, ma non mi importava, non era questo l’importante.
-Grazie.- Rispose freddamente, guardando dall’altra parte. Sembrava non voler incrociare il mio sguardo.
Rimanemmo in silenzio per metà del viaggio, poi il silenzio fù interrotto dal suono della sua voce.
-Quando è accaduto?- Mi aspettavo quella domanda, da quando avevo fatto la scenata in casa, eppure, ci rimasi comunque male, offesa, arrabbiata, triste.
-Questo non è fondalmentalmente importante sergente.-
-Mi dispiace Dottore...Sandra. Per tutto.-
Non risposi, guardai fuori, e attesi che passasse, come sempre.
  
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