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Autore: FRC Coazze    20/12/2011    11 recensioni
E se in una notte di fine ottobre 'qualcuno' fosse corso in aiuto ai Potter? E se questo qualcuno fosse riuscito a salvare la giovane Lily? E se sempre questo qualcuno fosse una persona innamorata da sempre di lei? E se Harry fosse scomparso?
Troverete risposta (forse) a queste domande nelle mia ff!
Dal primo capitolo: "Silente si era accostato ancora. La sagoma che giaceva accanto alle ginocchia della professoressa ora aveva un volto… e, per la miseria, anche un nome! Oh, Albus conosceva bene il colore di fuoco di quei lunghi capelli… conosceva bene i lineamenti freschi di quella giovane donna: Lily Evans giaceva lì, sul freddo pavimento, svenuta e con una sanguinante ferita sul petto… ma viva!"
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Lily/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Principe della Notte'
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Capitolo 28
 

IMPERIO



 

Una forza invisibile lo afferrò con forza scagliandolo contro il pavimento sul quale si abbatté violentemente sbattendo la tempia sinistra sulla nuda, fredda pietra del pavimento. Un lieve rivolo di sangue bagnò le lastre indifferenti sfiorandole con gocce rosso vivo quasi a cercare di ridare vita e colore a qual cimitero morente. Ma quelle pietre grigie rimasero impassibili a guardare gli occhi neri incrinati dal dolore del giovane che giaceva su di loro, incapaci di lenire le sue ferite.

“Sapevi quale sarebbe stato il prezzo, Severus…” Sibilò una voce mentre la figura ammantata di nero osservava con libidine il giovane bocconi sul pavimento.

Severus strinse gli occhi nel tentativo di trattenere dentro di sé le lacrime di dolore che si accanivano contro le sue iridi come prigioniere disperate, si ferivano contro le crepe taglienti d’ossidiana.

Sì, lo sapeva quale sarebbe stato il prezzo…  ma Lily… lo aveva fatto per Lily. Gli occhi verdi di cerbiatta della ragazza invasero i suoi con prepotenza portando con essi la frescura della pioggia a lenire il dolore delle ferite, a spegnere il fuoco che si dibatteva nel suo braccio sinistro ripassando le linee putride del Marchio Nero. Se solo avesse saputo… non sarebbe cambiato nulla, sarebbe comunque tornato dal suo antico padrone. Comunque. Non aveva più nulla a cui stringersi ormai.

Voldemort agitò la mano in gesto secco, come a sguinzagliare una belva invisibile contro il ragazzo a terra. Severus si sentì afferrare da braccia invisibili che lo costrinsero a voltarsi sulla schiena. Venne sbattuto con violenza contro il pavimento una volta ancora, le palle costrette contro la pietra, sul suo petto un peso invisibile che lo schiacciava a terra impedendogli di muoversi.

Il Signore Oscuro si chinò con eleganza serpentina su di lui, portando il suo viso livido a pochi centimetri da quello del ragazzo. Voldemort osservò con lezioso compiacimento i graffi e le ecchimosi che martoriavano il volto di Severus, come un pittore che osserva compiaciuto la sua opera.

“Io ti spaccherò il cuore, Severus Piton…” Sussurrò Voldemort con una tranquillità spaventosa ad addolcire la sua lingua con fiele amaro. Severus rantolava sotto il suo sguardo da cui cercava di sfuggire puntando gli occhi di carbone lontani da quel volto disumano. Ogni respiro era una frustata per i suoi polmoni, gli pareva di avere una caccia selvaggia che si dibatteva nel suo petto e la preda era il suo cuore, nella sua corsa quella caccia infernale spargeva la devastazione dentro di lui abbattendosi  con furia contro la sua carne, affondandovi artigli arroventati.

“Io ti spezzerò…” Sibilò ancora Voldemort. Una mano fredda e liscia si posò sul mento del giovane e lo afferrò saldamente obbligandolo, poi, a voltare il viso verso di lui, una carezza fatta di aghi che penetravano nella pelle. Una scintillante lacrima scarlatta sfuggì alle labbra contratte del giovane scivolando lungo il suo mento, macchiando di fuoco quelle dita gelide e bianche, un fuoco che esse bevvero assetate appagandosi del suo calore vermiglio.

Severus fu costretto ad alzare lo sguardo verso il suo signore. Voldemort gli sorrise, allentando appena la presa sul suo volto.

“Perché sei venuto?” Gli chiese con voce calma, osservandolo attentamente.

Severus lo guardò con disprezzo, quegli occhi di fuoco si erano fatti cupi, profondi e lo osservavano silenziosi. Non gli rispose.

La presa di Voldemort si fece ancora più lenta. Passò con lentezza le dita sul mento e sulle labbra di Severus, pulendole dal sangue. Una carezza e una ferita allo stesso tempo.

“I tuoi amichetti ti hanno mandato qui?” Chiese il Signore Oscuro in un sussurro.

Severus continuò ad osservarlo, l’astio profondo ne invadeva le iridi come un velo, una cortina ancora più scura.

“E’ stata una mia scelta. –Disse infine con voce roca, mentre il sangue macchiava le sue labbra. –Era quello che volevi, no?” Concluse quasi in tono di sfida, gli occhi cupi scintillanti di lacrime e odio.

Voldemort non si lasciò scottare da quelle scintille nere, si ritrasse appena, osservando il giovane con occhi analizzatori.

“Era ciò che volevo, sì. –Rispose, nessuna emozione a incrinare il suo viso bianco mentre osservava il volto dell’altro, analizzandolo in ogni suo punto. – Ma non mi aspettavo che saresti capitolato così facilmente.”

Severus continuò a guardare il suo signore in silenzio.

“Come hai fatto, eh?” chiese poi Voldemort quasi sovrappensiero guadagnandosi un’occhiata interrogativa da parte di Severus.

“Come hai fatto a ingannarmi per quasi un anno?” Spiegò il Signore Oscuro, guardando la sua preda con occhi distratti, pensierosi.

Severus non rispose. I suoi occhi si allontanarono da quelli di Lord Voldemort perdendosi per un attimo nel verde di altri occhi, di occhi che non avrebbe mai più rivisto. Lo aveva fatto per Lily, sempre e solo per Lily. Era stata lei a dargli la forza, insieme con il suo dolore, la sua colpa… ma lei era sempre stata la chiave, unica e sola, che poteva aprire la serratura della sua mente.

Gli occhi famelici del Signore Oscuro parvero cogliere lo sprazzo di verde che si era acceso nella notte nera. La sua presa sulla mascella di Severus si fece più forte, rabbiosa, incandescente.

“Il tuo amore per quella Sanguesporco non ti salverà questa volta, mio mezzo principe. Non salverà né te, né lei, né quel suo marmocchio piagnucoloso.” Ringhiò Voldemort, scoprendo appena i denti bianchi in un ghigno rabbioso.

Nel sentire il Signore Oscuro riferirsi al bambino di Lily, l’ira di Severus si accese. Era bloccato a terra dalla magia oscura, ma i suoi occhi si spostarono di colpo nuovamente verso Riddle, colmi d’astio e di dolore. Le fiamme oscure della sua notte bruciarono quelle vermiglie in un abbraccio furioso riversando in esse tutto il loro dolore e la loro rabbia.

“Avevi detto che avresti consegnato Harry all’Ordine. –Ringhiò in faccia al Signore Oscuro, incurante del dolore al petto e del sangue che scorreva dalla sua bocca a macchiare il mento e le guance chiare. –Era questo il patto: io per lui.” La voce gli mancò per un attimo mentre veniva scosso da un violento attacco di tosse, accompagnato da altro sangue versato sulle sue stesse labbra.

“Ed è quello che avrei fatto, -Gli rispose Voldemort in un sorriso, con finto dispiacere a increspagli il volto. –se solo avessi avuto il bambino.”

Severus lo guardò rabbioso. Gli aveva mentito. Aveva mentito a Lily, all’Ordine… a tutti. Oh, Lord Voldemort era bravo ad ottenere ciò che voleva senza dare nulla in cambio. Era bravo a tendere trappole per le sue prede più ambite. Era bravo a giocare, a prevedere le mosse dei suoi avversari.

Era una trappola. E lui, Severus, lo aveva saputo sin dall’inizio, ma aveva comunque deciso di tentare, nella folle speranza di poter ritrovare il piccolo Harry. E’ così buffo ciò un uomo può fare per disperazione, ma, dopotutto, non aveva più alcun motivo per rimanere con l’Ordine. Gli era stato chiaro sin da subito che la sua parte su quel palcoscenico era finita con la rivelazione sulla Profezia, con il patto offerto da Voldemort. Lui ormai non serviva più a niente, tanto valeva tentare, anche se fosse stata una trappola. Senza Lily lui non era niente, senza Lily tornava ad essere una misera ombra malinconica, senza la luce, la falena vagava nel buio, persa e solitaria. Senza il sole, nemmeno le ombre potevano sentirsi vive.

Severus sentì un ulteriore peso gravare sul suo cuore nel ripensare a Lily, al suo sole che non avrebbe mai più rivisto. Sotto gli occhi di bragia del Signore Oscuro, una lacrima scese lungo il suo viso portando via con sé il sangue in una linea bianca, d’argento. Ma quella stilla di luna irritò il fuoco, scottando lo sguardo di Voldemort.

Severus sentì la mano gelida scendere sulla sua gola stringendola in una presa ferrea. Voldemort lo costrinse a portare i suoi occhi su di lui con rabbia, ed egli penetrò in quel nero attraverso la lieve crepa che quella lacrima aveva lasciato.

Il giovane sentì i suoi occhi bruciare sotto la presa di quelli di Voldemort. Li sentì incunearsi a forza nei suoi, affondando nel nero come lame nella carne. Severus urlò sotto il dolore atroce che gli procurarono quelle lame, un urlo di dolore ingoiato dalle pareti silenziosi della sala vuota, accompagnate dalla risata profonda del Signore Oscuro. Le lame di fuoco scesero in profondità tra le grotte dello sguardo nero di Severus, bruciando le pareti di cristallo, si infilarono in ogni cunicolo, in ogni angolo, precipitarono nel profondo fino ad immergersi nelle acque del lago nero con uno sfrigolio raggelante. Severus urlò ancora, con tutta la forza della disperazione nello strenuo tentativo di resistere a quella furia di fuoco. Chiuse con forza gli occhi cercando di sottrarsi a quello strazio, cercando di preservare la piccola cerva che viveva come un fantasma, nascosta tra le pieghe della sua anima. Voldemort si infuriò nel vedere i cancelli d’orneblenda della sua vittima chiuderglisi in faccia, si lasciò sfuggire un ringhio rabbioso e strinse la presa sul collo del ragazzo.

Severus si sentì soffocare sotto quella morsa. La mano di Voldemort si faceva incandescente, fiamme sgorgarono dalla sua pelle andando ad ustionare la sua, fiamme magiche che scavavano in profondità cercando il sangue come animali affamati, ustionando la pelle senza lasciare segni, soltanto dolore. Severus gemette, ma dalla sua bocca non uscì che un lieve rantolo, gli occhi neri si spalancarono e le scie si fuoco penetrarono nuovamente in essi, frugando, bruciando, devastando tutto sul loro cammino. Cercò strenuamente di difendere i suoi ricordi più preziosi da quelle vampe fameliche, ma esse sprofondavano sempre di più disturbando il sonno del drago, inaridendo la sua tana d’acqua.

Le immagini di quella mattina furono strappate a forza dai loro letti sul fondo fangoso del lago sovrapponendosi prepotentemente alle sue iridi nere.

Vide sé stesso, avvolto nel suo mantello nero, in piedi davanti ai cancelli di Villa Silente, i raggi dell’alba che si ritraevano quasi disgustati dalla sua figura, il sole pallido gli gettava occhiate disgustate. Si vide gettare una triste occhiata alla villa, ancora avvolta tra le onde del sonno. Sentì montargli in corpo le stesse sensazioni di poche ore prima, gli stessi pensieri… Non sarebbe più tornato in quella casa. Non avrebbe più rivisto i suoi abitanti: Silente, Brix… non avrebbe più rivisto Lily.

Se ne era andato così, in silenzio, senza infastidire il sonno che avviluppava le mura della villa. Aveva lasciato la bacchetta sulla scrivania, nella sua stanza, dove l’aveva posata la sera prima. Se ne era andato… chissà cosa avrebbe detto Brix quando non l’avrebbe più trovato nella sua stanza. Pensò a quale reazione avrebbe avuto Lily quando i suoi occhi si sarebbero posati sulla lettera che le aveva lasciato, quando avrebbe letto quelle ultime parole d’addio.

Le lacrime presero a scorrergli lungo le guance portando via con loro il sangue che si era raggrumato sulla sua pelle chiara

Lily…  Severus si aggrappò con tutte le sue forze all’immagine della ragazza sorridente. Lily che giocava a scacchi  con lui, Lily che gli stringeva la mano quando era incosciente, le labbra di Lily sulle sue… la note prima, quando, per un attimo, aveva creduto di avere ancora una speranza. Lily… non l’avrebbe mai più rivista, era finita, ma ancora lei era l’appiglio, l’ancora, la salvezza… la fonte fresca in mezzo a quel fuoco che gli dilaniava la gola e la mente.

La fresca acqua dello sguardo di Lily alimentava le sue lacrime, gli occhi vermigli del Signore Oscuro si riflettevano in esse con timore. Severus sentì la stretta sulla sua gola allentarsi e le fiamme spegnersi mano mano. Respirò profondamente, sentendo l’aria raschiare improvvisa dentro di lui con forza costringendolo a piegarsi su un fianco e a tossire sputando sangue. Cercò di trattenere i conati di vomito che premevano con forza contro le pareti della sua gola, aggiungendo altre tribolazioni a quelle mura sanguinanti.

Lord Voldemort osservava il giovane ripiegato su sé stesso sul pavimento gelido, nei suoi occhi una gelida stilla di sconcerto. Come era possibile? Nessuno poteva resistergli, nessuno. Nessuno poteva chiudere la sua mente al suo sguardo, eppure quel ragazzino lo aveva respinto. Nonostante il dolore che ne increspava le acque con fremiti incontrollabili, non era riuscito a sondare quelle acque, si erano cristallizzate sotto il suo sguardo e nel ghiaccio che le aveva ricoperte aveva scorto soltanto immagini distorte e incomprensibili.

“Uccidimi.” Il rantolo appena udibile sgorgò dalle labbra insanguinate di Severus afferrando l’attenzione dell’Oscuro Signore e portandola sul giovane. Severus si voltò verso di lui, guardandolo con occhi provocatori.

Voldemort lo guardò confuso per un attimo, poi un largo sorriso si aprì sul suo volto.

“Non saprai nulla da me. Non sono più il tuo servo.” Gli sputò in faccia Severus, pur sentendosi soffocare nel sangue che gli invadeva la gola e che continuava a stillare dalle sue labbra.

Voldemort continuò a sorridergli e si lasciò sfuggire una risatina divertita. Si alzò in piedi guardando la sua preda rannicchiata a terra, nel dolore e nel freddo che la pietra spandeva nel suo corpo.

“Ucciderti?- Fece, divertito. –Oh no. Prima c’è qualcosa che tu devi fare per me.”

Severus si sentì ribollire di odio all’udire quelle parole. Se Riddle si aspettava che lui avrebbe ancora obbedito ai suoi ordini era pazzo. Non temeva la morte né le torture, aveva imparato a conoscerle entrambe molto bene al servizio dell’uomo che ora lo guardava sorridendo malvagio. Eppure quello sguardo che gli rivolgeva mostrava ben altri progetti per lui, era uno sguardo raggelante nella sua sicurezza e questo lo spaventò. Non voleva più macchiarsi le mani di sangue innocente, non voleva più torturare e procurare dolore ad altri… non poteva costringerlo. Voldemort poteva torturarlo fino alla morte, se lo divertiva, poteva fare ciò che voleva di lui, ma mai, mai si sarebbe ancora piegato al suo volere.

La paura invase il giovane, una paura che non avrebbe mai pensato di poter provare. Quella scintilla che splendeva sicura e decisa nello sguardo del Signore Oscuro penetrava in profondo nel suo cuore portando con sé un’ansia opprimente. Severus sperò che la piccola cerva bianca venisse in suo soccorso, scintillante a scacciare quella creatura di fuoco. Ed eccola, la piccola goccia d’argento, il volto sorridente di Lily, la fresca cerva di sorgente a scacciare una volta ancora il fuoco oscuro.

“No!” Gridò Severus con rabbia, cercando di alzarsi da terra, invano perché catene di pura magia lo tenevano infisso al suolo.

Con furia, il suo sguardo scattò verso la figura di Voldemort, ammantata di nero, che lo sovrastava come una possente colonna, indistruttibile, invincibile.

“Non mi piegherò mai più dinnanzi a te, Riddle!” Ruggì ancora, sputando con disgusto il nome di Voldemort.

L'ira brillò incontrollata negli occhi del mago oscuro, finora repressa lontano, nel profondo del baratro nero che aveva al posto del cuore. La mano bianca e scheletrica si levò verso il ragazzo a terra, stringendo nel pugno la bacchetta.

“Crucio!” Gridò con furia.

Severus si ripiegò su se stesso in uno spasmo, il corpo sferzato dall'intenso tormento della maledizione. Il dolore lancinante bruciò in profondità ogni fibra del suo corpo, il Signore Oscuro era furioso e la sua ira si riversava come fiume di lava nella scia della maledizione.

Un grido di dolore sfuggì alle labbra serrate di Severus bagnando la pietra gelida del pavimento, increspando appena il suo silenzio con un brivido. Il giovane cercava in ogni modo di calmare gli spasimi incontrollati dei suoi muscoli che cercavano di liberarsi da quel dolore straziante, irrigidendosi con tutta la forza che aveva in corpo, legandosi con lacci invisibili, i denti stretti a reprimere inutilmente i lamenti. Era una fuga inutile dal fuoco demoniaco, un tentativo vano si aggrapparsi alla luce, ogni brandello del suo corpo gridava disperato senza che il suo torturatore badasse a quelle grida strazianti. Ormai il giovane era rannicchiato su sé stesso, una patetica figura contratta da un dolore insopportabile, senza più fiato, e l'Oscuro Signore incombeva spaventoso su di lui, figura diafana avvolta dalle tenebre, feroce, depravato, gioiva dell'atroce tormento che stava infliggendo alla sua preda.

La tortura si estinse in un sospiro sibilante che il giovane cercò di catturare nella speranza di rubare l’aria che lo componeva per ridarla ai suoi polmoni doloranti. Tentò di prendere alcuni respiri, ma il dolore, seppur non più così acuto, continuava a torturarlo dandogli appena pochi istanti di tregua per riprendere fiato.

“Tu appartieni a me, Severus. –Sibilò tranquillamente Voldemort, l’ira come svanita nel nulla, insieme all’ultimo rantolo strappato a forza dalle labbra del ragazzo.- Il mio Marchio colora la tua carne, la mia volontà segna la tua anima. Non sarai mai libero dal tuo passato. Tu sei mio. Mio soltanto.”

Severus riusciva a malapena a respirare. Gli spasimi della Cruciatus non avevano ancora abbandonato il suo corpo e tornavano come demoni carcerieri ad incidere la sua carne con altre frustate. Le parole del Signore gli parvero lontane, come eco perdute, incomprensibili, profonde e lente, sfiorarono appena la sua mente. I suoi pensieri si allontanarono dal dolore e dalla paura, fuggirono da quel luogo empio e buio, corsero, corsero lontano a quella mattina, al viso tranquillo nel sonno di Lily.

Ripensò ad ogni gesto di quell’ultima, ansiosa mattinata. Ripensò alla lettera, chiusa in una semplice busta su cui aveva scritto il nome di Lily la sera prima. Rivide la sua mano tracciare quei segni eleganti sulla carta con gesti fluidi e rassegnati, un addio scritto in un nome amato.

“Crucio!”

Non ebbe il tempo di richiamare i suoi pensierosi che la maledizione lo colpì di nuovo con furia, una nuova incandescente ondata di dolore lo investì trascinandolo nel ribollente mare di dolore che lo aveva appena abbandonato. Questa volta non potè impedirsi di gridare, il dolore era ancora più intenso, più possente, inarrestabile. Tutto il suo corpo venne sommerso da spasmi che riuscì a malapena a contenere. Le convulsioni lo portarono più volte a sbattere con violenza il capo contro il pavimento di pietra. I suoni che permeavano dalle sue labbra erano grida cieche che andavano ad accarezzare le orecchie di Voldemort come i dolci suoni di un orchestra.

Si ripiegò ancora di più su se stesso, trattenendo inutilmente i conati di vomito e le lacrime che bagnavano indecenti il suo viso. Ma poi il dolore parve diventare soltanto un lontano ricordo mentre i ricordi del mattino tornavano ad asciugare le sue lacrime. La sua mano si allungò appena, presa dai tremori, decisa a posarsi sulla maniglia invisibile della porta della camera di Lily. Gli sembrava di essere in un sogno. Abbassò la maniglia e la porta scattò portandolo a rivivere gli ultimi attimi passati a Villa Silente.

Ricordò la camera invasa dalle acque silenziose del sonno, increspate appena dal respiro della giovane addormentata. La luce smorta dell’alba che permeava appena dalle tende chiuse. Lily che dormiva placidamente nel suo letto, racchiusa nella camera dei suoi sogni.

Rivide se stesso avvicinarsi lentamente al letto dove giaceva la giovane stringendo tra le mani la busta bianca dell’addio. Per la seconda volta osservò con nostalgia i lunghi capelli rossi della ragazza, il suo volto rilassato nel sonno. Gli suoi occhi, quegli occhi splendenti di verde, chiusi su di lui, come cancelli che ormai non avrebbe più potuto valicare. Rivide quegli occhi cerchiati da profondi segni rossi, firme indelebili di lacrime che erano scese fino a notte fonda, senza tregua.

Si era chinato di fianco al letto e aveva posato la lettera sul cuscino della giovane in un gesto dolce. Era l’unico modo che aveva avuto di far sapere a Lily ciò che aveva voluto dirle la sera prima, l’unico modo per spiegarle, per dirle della sua scelta… l’unico modo per aprirsi a lei. L’unico modo che aveva per dirle addio.

Un’ulteriore ondata di dolore invase il suo corpo. Le convulsioni incontenibili dei muscoli, i lamenti strazianti che uscivano dalle sue labbra alimentavano i ricordi, come fresche acque che bagnavano le radici di un giglio bianco, puro e semplice che cresceva nel suo cuore. Erano la sua condanna e al contempo la sua salvezza, uno strano ponte che univa gli abissi che gli laceravano l’anima, punti dolorosi che riunivano quelle pezze lacerate.

“Perdonami, Lily.” Aveva sussurrato, sfiorando appena i capelli della ragazza in un’ultima carezza.

Aveva osservato a lungo il viso di Lily, imprimendosi nella mente ogni suo particolare, la sua bocca, le sue guance… tutto. L’aveva osservata a lungo, assopita e tranquilla, le occhiaie rosse unico segno della disperazione e della delusione che l’avevano imprigionata in quella notte. Ed era stato lui la causa. Lui. Quei segni rossi erano le lacrime di sangue che lui le aveva lasciato. Aveva sperato di essere felice insieme a lei, che avrebbero potuto stare ancora insieme, ma era stato solo un ingenuo. Un’anima dannata come lui non poteva sperare di fare felice un angelo, era un cancro che rodeva quell’anima pura fino a portarla alla disperazione. Lily era stata acqua fresca per lui, ma lui per lei era stato soltanto fuoco, un fuoco che l’aveva illusa, consumata, ferita nel profondo.

Un grido di dolore a malapena contenuto scosse il viso di Lily, facendo sussultare le acque dei ricordi, il viso di Lily ondeggiò confuso per qualche secondo fino a sfumare in una nebbia incerta davanti agli occhi sbarrati di Severus, luminosi di sofferenza.

Uno spasmo lo costrinse a inarcare la schiena con forza come mani rigide che lo piegavano e lo modellavano secondo i loro desideri più empi. Voldemort continuava a puntare la bacchetta contro di lui, costringendolo in una lunga ed estenuante prigionia agonizzante, scagliando contro il suo corpo martoriato altri torturatori ghignanti.

“Lily…” La sua stessa voce tornò a colorare i suoi pensieri portandolo nuovamente lontano dal suo dolore, ma solo per immergerlo in una gelida nostalgia.

Si era chinato appena sulla giovane addormentata, aveva scostato dal suo viso una ciocca rossa fuoco con la dolcezza e la lentezza infinita di si chi sapeva che sarebbe stata l’ultima volta. Aveva accarezzato la guancia di Lily godendo nel sentire la sua pelle sotto le sue dita, poi si era abbassato fino a posare le labbra su quella stessa guancia, lasciandosi andare in un bacio leggero, pur consapevole che sarebbe solo stata una rosa d’aria che Lily non avrebbe ricordato.

“Ti amo, Lily.” Aveva sussurrato, mentre le lacrime scioglievano il buio dei suoi occhi e lo accompagnavano sulla pelle chiara della giovane, una parte di lui che sarebbe rimasta sempre a bagnare la guancia di Lily, un ultimo ricordo del suo principe della notte. E poi se ne era andato.

“Ti amo, Lily.” Mormorò appena tra gli spasmi della maledizione, tra le gocce di sangue e le lacrime salate e amare. Ma quelle tre semplici parole riuscirono in qualche modo a porre fine alle sue sofferenze, perché non appena le sue labbra si richiusero a gustare ancora il bacio che aveva lasciato sulla guancia della giovane,  Lord Voldemort interruppe la sua tortura.

Riddle guardò il giovane bocconi ai suoi piedi, sdraiato sul fianco destro, le braccia allargate, abbandonate dove le convulsioni le avevano lasciate. Guardò le lacrime che avevano bagnato il volto di Severus, il sangue che continuava a colare denso dalla sua bocca a bagnare il pavimento già inscurito da quella linfa calda.

Con un gesto stizzito ripose la bacchetta tra le pieghe del mantello nero, osservando soddisfatto la sua opera, un sorriso lieve ad increspargli appena la linea scura della bocca socchiusa. Si voltò facendo ondeggiare appena il lungo mantello, lasciando Severus a terra, incapace di muoversi, i tumulti del dolore ancora vivi dentro di lui, gli occhi vitrei puntati in un nulla che nemmeno loro conoscevano. Respirava appena, tra un rantolo e l’altro.

Voldemort raggiunse in fretta il suo scranno nero all’estremità del salone oscuro, dove aveva posato un’elegante scatola di legno nero. La afferrò con sicurezza osservandola attentamente, valutando la prossima mossa. Un movimento alle sue spalle lo portò a voltarsi verso il giovane che aveva lasciato rantolante a terra.

Il Signore Oscuro sorrise orgoglioso quando vide che Severus stava con fatica cercando di rialzarsi, di allontanare da se il misero gelo del pavimento. Orgoglioso, sì, perché sapeva che ci voleva ben altro per piegare Severus Piton al suo volere, ammirava la forza di quel giovane e ne era stato orgoglioso quando poteva vantarsi di averlo al suo servizio. Per questo il suo tradimento l’aveva scosso tanto, per questo non poteva credere che davvero fosse lui, il suo mezzo principe, il suo seguace più abile, ad averlo affrontato quella notte a Godric’s Hollow. Presto avrebbe potuto nuovamente godere dei suoi servigi, ma prima voleva ancora prendersi una piccola rivincita sul suo servo traditore.

Sorrideva maligno, la scatola nera stretta nelle mani mentre si avvicinava al giovane in ginocchio che combatteva contro il dolore per riacquistare la sua dignità e il suo orgoglio, sforzando la sua schiena a raddrizzarsi con una fierezza mai perduta, nonostante la paura, l’odio e il dolore che lo laceravano e cercavano di trascinarlo verso il basso.

Voldemort si fermò innanzi a lui. Severus, il capo chino, vide l’angolo della sua lunga veste sfiorare leggero il pavimento e alzò gli occhi verso di lui. Si alzò in piedi con fatica, i muscoli che urlavano di dolore in tutto il corpo, tuttavia si erse fiero dinnanzi al suo signore ripudiato, gli occhi duri, scintillanti.

 Il Signore Oscuro si ritrovò spiazzato di fronte a quello sguardo: non erano gli occhi di uno schiavo, quelli; non erano gli occhi di era stato duramente spezzato, di chi era stato orrendamente torturato. No. Nel buio profondo dello sguardo si Severus, Voldemort vide soltanto una luce di fierezza, brillante, pura, non intaccata dal dolore, né dall’umiliazione, quelli erano gli occhi di un uomo che aveva chiuso con il suo passato, che aveva compreso i suoi sbagli e non li avrebbe mai ripetuti, erano occhi che non potevano essere incrinati o spezzati nella loro dignità, nemmeno dal potere oscuro di Lord Voldemort.

Il Signore Oscuro riacquistò il suo sorriso, irridendo quelle faville nere che lo osservavano arroganti, integre e luminose. Con un gesto lento della mano fece scattare la serratura dell’elegante scatola nera ed essa si dischiuse in silenzio di fronte allo sguardo stupito di Severus. Dolcemente racchiusa nel velluto nero, c’era la sua bacchetta. La sua… quella che era rimasta a Cokeworth. Era lì, nera e brillante in quello scrigno fosco che il Signore Oscuro reggeva tra le mani. Era lì, era lì davanti a lui in attesa che l’afferrasse, desiderosa di tornare nelle mani del mago suo compagno.

“Bellatrix è stata così gentile da portarla a me.” Disse dolcemente Voldemort mentre la estraeva con cura dalla sua custodia e gettava questa a terra con noncuranza. Il legno sbatté contro la pietra producendo un suono sordo che rimbombò in tutta la sala come una grassa risata.

Severus guardava sospettoso il legno nero così in contrasto con le dita bianche del Signore Oscuro. Perché aveva conservato la sua bacchetta? Che cosa aveva in mente?

“La tua tortura è finita, Severus. –Disse Voldemort. –Almeno quella del corpo. Vuoi riavere la tua bacchetta? Bene, dovrai inchinarti davanti a me.” Concluse con un ringhio, mentre la rabbia inondava i suoi occhi ravvivando le fiamme in essi.

“Mai.” Disse Severus con voce roca, decisa, obbligando quella parola ad uscire dal suo corpo dolorante.

Gli occhi di Voldemort si fecero feroci. Prima ancora che potesse rendersene conto la sua mano scattò abbattendosi con forza sul volto di Severus in un schiaffo che lo costrinse a ruotare il capo.

“In ginocchio.” Sibilò Voldemort, ma ottenne soltanto un’occhiata di sfida da parte di Severus, gli occhi neri scintillanti come non mai.

Senza attendere oltre, puntò la bacchetta di Severus contro il suo stesso padrone. Il giovane si sentì afferrare da una forza invisibile, mani che premevano sulle sue spalle cercando di schiacciarlo a terra- Cercò di resistere, ma il dolore delle Cruciatus era ancora troppo vivo. Le sue ginocchia si piegarono di colpo sbattendo contro la pietra e costringendo in ginocchio il ragazzo, il suo volto contratto dallo sforzo di resistere alla magia di Voldemort. Le mani invisibili premettero sulla su schiena obbligandola a piegarsi dolosamente in avanti finchè il suo viso non fu ad un palmo dal freddo pavimento, i capelli neri, sporchi si sangue e sudore, sforavano la pietra coprendo il viso di Severus contratto in una smorfia. Voldemort sorrise, gustandosi la scena, poi tornò a dare nuova forza alle braccia che imprigionavano il giovane costringendo il suo viso ancora più in basso finchè le labbra non sfiorarono l’angolo della sua veste nere.

Severus serrò forte gli occhi, trattenendo il disgusto nel sentire quella stoffa putrida contro la sua bocca. La risata del Signore Oscuro penetrò a fondo nel suo cuore aprendo ferite profonde e sconvolgendo le acque del lago. Il drago nero si abbandonò ad un urlo straziante colpito dalle lance gelide dell’umiliazione che penetravano a fondo nelle sue carni oscure.

“Sei solo uno sciocco, Severus Piton.” Disse Voldemort tra le risate, godendo della vista del giovane prostrato innanzi a lui. Quindi Severus sentì il peso sulle sue spalle svanire in un soffio. Rialzò immediatamente lo sguardo, puntandolo con rabbia nei bracieri del suo antico signore. Voldemort rise di fronte a quegli occhi neri, vedendo la scintilla d’orgoglio in essi spezzata in più punti. Presto l’avrebbe sbriciolata del tutto.

Gettò la bacchetta nera davanti al ragazzo ancora in ginocchio, privo ormai della forza necessaria a rialzarsi del tutto. Severus guardò la stecca di legno davanti a lui, ma non osò allungare la mano per afferrarla.

“Prendila.” Gli ordinò Voldemort con durezza.

Severus allungò un mano tremante e la chiuse intorno al legno liscio e semplice sentendo la bacchetta fremere sotto le sue dita. Era felice di sentire di nuovo la sua stretta, la magia si scuoteva dentro di essa come un fiume in piena ora che aveva ritrovato il suo compagno.

 “Ti legherò a me, Severus Piton. Visto che con te dolore e umiliazioni non funzionano, dovrò usare altre catene.” Continuò Voldemort sorridendo mellifluo.

Voldemort estrasse la sua bacchetta con un gesto serpentino puntandolo poi contro il ragazzo a terra. Gli occhi di Severus si alzarono verso il mago oscuro affrontandolo senza timore. Aveva capito cosa intendeva fare Voldemort… aveva capito già da tempo dove voleva arrivare. Non poteva farci niente. Si era consegnato a lui consapevole delle torture a cui andava incontro, sia fisiche che dello spirito.

Ti amo, Lily.

Quelle tre parole carezzarono un’ultima volta il cuore di Severus. Il giovane chiuse gli occhi, arrendendosi al suo destino, consapevole che quelle parole sarebbero sempre rimaste con lui. Quelle parole rimbombarono dentro di lui riempiendolo con le loro acque dolci, coprendo la voce di Voldemort che formulava la maledizione scivolando viscida dalle sue labbra livide.

 “Imperio!”
 

*******

 

Eccole le catene maledette della profezia: la maledizione Imperius! E Harry non è da Voldy… ma dove sarà mai il marmocchio? Mah… :D

Il capitolo, di per sé, non è una meraviglia, ma ho notato (dal precedente capitolo) che i capitoli che piacciono a me non piacciono a voi e viceversa, quindi questo incontrerà il vostro gradimento... spero.

Non sono molto brava a descrivere torture e simili. Se devo dire, neanche le ultime battute di Voldy sono un granchè, ma non avevo l’ispirazione giusta. Forse neanche mischiare Cruciatus e ricordi è stata una scelta felice, ma non sapevo come inserire Lily. Non so se sono riuscita a descrivere bene le sensazioni di Severus, quel suo aggrapparsi a Lily, abbandonarsi al dolore perchè sente di meritarlo.

Vabbè… spero che a voi il capitolo sia piaciuto. Nella prossima puntata avremo Narcissa a Villa Silente.

Siccome non so se riuscirò ad aggiornare ancora prima di Natale (probabilmente no), ne approfitto per augurare a tutti un buon Natale. Certo un capitolo simile sotto le feste... ehm... non è molto allegro...
 

BUON NATALE A TUTTI!

 

  
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