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Autore: Darkshin    23/12/2011    2 recensioni
Raccolta di drabble e storie brevi sui maghi di Fairy Tail
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Elfman  non aveva mai nutrito un singolo dubbio in vita sua, o almeno dalla morte di Lisanna in poi.
I dubbi non erano virili, non erano cose da uomini: così, mentre si fletteva sulle lunghe e muscolose braccia, per evitare di pensare continuava a recitare il mantra del Take Over.
Il fondamento della sua magia era la comprensione dell’avversario, ma per sostenere il grande sforzo era necessario un fisico altrettanto prestante.
Allenandosi sotto il sole, sapeva che ogni singola goccia di sudore sarebbe stato un sassolino, che posandosi su milioni di altri sassolini si sarebbe trasformato in una enorme montagna che gli avrebbe permesso di raggiungere il suo sogno: sette anni erano passati invano, un buco quasi incolmabile che poteva distruggere tutto quello per cui aveva sempre lottato e faticato.
Diventare un mago forte e capace almeno quanto sua sorella Mira.
Erano passati sette anni.
Ma adesso, Elfman era tornato.
 
Evergreen  si voltò nel letto, mugolando insonnolita e soddisfatta: tra le palpebre socchiuse, contemplava l’uomo che dormiva di fianco a lei, cullandosi al suono del respiro pesante e del lenzuolo che si sollevava regolarmente.
Quasi contro la sua volontà, sentì rinascere al centro del petto quel calore soffice che non era solo desiderio, ma un vuoto da colmare, una sete che placava solo quando era con lui.
Molto tempo prima aveva desiderato il nome di regina delle fate perché potesse essere sempre al centro dell’attenzione, desiderata e ammirata da tutti: e lei, superiore, sarebbe stata fredda, splendida e distante, beandosi della loro ammirazione.
Con il tempo, però, aveva scoperto quanto fosse vano quel desiderio, o forse soltanto sbagliato: ora sapeva che essere ammirata da tutti non le avrebbe mai dato tanto quanto l’amore incondizionato di una persona sola. Il punto non era quanti. Ma chi.
Rivestendosi piano per non svegliarlo, però, Evergreen si avvicinò alla porta del piccolo appartamento: vero, era cambiata molto, negli ultimi tempi… però non si sentiva ancora pronta a far sapere al mondo che la bella dormiva nello stesso letto della bestia… o dell’uomo-elfo.
 
Lluvia stava disegnando dei ricami su una piccola bambola di stoffa, una delle ame-onna che aveva sempre con sé. Da bambina non aveva mai avuto amici, così quelle bambole di pezza che aveva imparato a confezionare da sola erano le uniche compagne di passeggiate, le confidenti dei piccoli segreti infantili, le sorelle che ascoltano i mille capricci di bambina.
Ma le bambole non possono rispondere, né possono spingere le altalene.
Così, un pomeriggio, sua madre le aveva donato la piccola bambola che in quel momento stringeva tra le mani, un ultimo ricordo prima di andarsene, un portafortuna: a differenza delle altre compagne, non era completamente bianca, ma decorata da tante piccole gocce d’acqua, simbolo della sua tristezza e della pioggia che portava sempre con sé.
O almeno, un tempo era così.
Ora, su ogni goccia d’acqua era ricamato qualcosa di diverso: fiamme e spade, chiavi e gemme, penne e gatti; ogni goccia d’acqua si era posata, finalmente, ed era diventato un amico, si disse mentre sorrideva alla vista degli ultimi due ricami, delle lancette d’orologio e un cuoricino.
Tuttavia, nessuno dei ricami aveva nel suo cuore un posto più prezioso di quella piccola stella di ghiaccio che campeggiava sulla fronte della bambolina: il simbolo del suo più grande amore e di una pioggia che finalmente aveva smesso di cadere.
 
Lucy fissava, a braccia conserte, la pioggia che batteva sulla finestra di casa sua, apparentemente assorta nella contemplazione degli astrusi sentieri tracciati dalle minuscole gocce.
Se qualcuno l’avesse mai vista –ma grazie al cielo quel giorno era sola in casa, una volta tanto- l’avrebbe definita come il ritratto della pace e dell’armonia e non sarebbe stato mai così lontano dalla verità.
Perché Lucy non era in pace, né si sentiva particolarmente serena: più semplicemente, Lucy era vuota. Devastata.
Poche ore prima poteva essere la donna più felice del mondo: una volta tanto, aveva accettato una uscita con il suo galante spirito stellare, Loki.
Erano andati assieme a cena in un posticino carino. Primo errore.
Come amici, si era detta. Secondo errore.
Avevano bevuto un po’, si era lasciata un po’ andare, aveva acconsentito a cadere vittima del fascino del ragazzo che dannazione, nessuno conosceva meglio di lei!
A quel punto, l’inevitabile.
Loki l’aveva baciata, lei si era lasciata cullare un secondo di troppo e il ragazzo le aveva confessato di amarla, ma di amarla sul serio. Niente mezze proposte da ritrattare con un sorriso e una battuta, nessun cenno scherzoso. Amore, puro e semplice.
Con uno sforzo, aveva bloccato sulle labbra un sì, ricacciandolo nelle profondità della gola e del cuore.
Aveva provato a ridere, incerta: ma lui era serio e lei sentiva di dovere chiudere la faccenda una volta per tutte.
Aveva provato ad accampare scuse generiche, ma il giovane –giovane?- spirito non si lasciò smuovere.
Gli aveva detto che lui era uno spirito e lei una umana, diamine, non poteva funzionare!
 
                                                                                                               Perché no, poi?
 
Poteva passare dei guai, per questo: già una volta si era salvato per il rotto della cuffia…
 
Per questo la sua vita apparteneva a lei.
 
Lucy aveva cominciato a sentirsi nervosa, sentiva le crepe che si allargavano nel muro delle difese che aveva eretto. Gli aveva detto che un giorno lei sarebbe diventata una vecchia brutta e grinzosa, mentre lui sarebbe rimasto per sempre giovane e bello…
 
Sarebbe invecchiato con lei allora. Non la avrebbe mai lasciata sola.
 
… E quando lei, un giorno, sarebbe morta?
 
Allora sarebbe morto anche lui. In nessun luogo, in nessun tempo sarebbe mai esistito, ancora una volta, il Loki di Lucy Heartfilia.
 
Gli aveva dato uno schiaffo ed era scappata in lacrime. Non poteva vederlo, ma aveva sentito distintamente il capo e le spalle del giovane crollare.
 
Poteva un amore impossibile fare così male?  Erano ore che se lo stava chiedendo, torturandosi, dannando se stessa e lo spirito la cui colpa era quella di essersi innamorato di lei, dannando l’amore stesso per essere così complicato, finchè l’occhio non le cadde sulle pagine di un libro che le aveva prestato Levy: una delle frasi era cerchiata in rosso, e recitava:
 
… quando siamo insieme, non puoi mentire: è il tuo corpo che parla per te e mi desidera…
 
Nella solitudine di casa sua, Lucy si asciugò le lacrime: aveva rivestito le sue paure di dignità e di ragionevolezza, aveva ferito con il suo egoismo una persona che la amava e che lei, lei stessa, ora se ne rendeva conto, amava allo stesso modo.
Aveva fatto quella che credeva fosse la cosa giusta, ma se fare la cosa giusta faceva così male allora si sarebbe dannata per l’eternità, disse a sé stessa mentre con le labbra sfiorava la chiave che avrebbe aperto la porta del Leone d’Oro.
 
 
 
Dark
 
  
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