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Autore: Colonnello    25/12/2011    1 recensioni
Diecimila anni dalla Fondazione di Roma (circa 3000 d.C.). L'Impero Romano domina su più della metà dell'Europa e dell'Asia e su tutto il Nuovo Continente... ma la sua egemonia sta per essere messa in discussione...
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7 Salve a tutti e Buon Natale! Alla fine non sono riuscita a farcela per la notte di Natale, ma grazie al fatto che quest'anno non sono uscita dopo la mezzanotte, ho potuto scrivere fino alle tre di notte dopo che il resto della famiglia si era abbandonato tra le braccia di Morfeo! Insomma, stanotte il più del capitolo era pronto e occorrevano solo gli ultimi rintocchi e l'ultima parte, di cui però mi sono potuta occupare solo stasera, quindi... eccolo qua!
Vorrei premettere che questo è il primo capitolo d'azione (o di semi-azione, direi io, e presto capirete perchè!) che scrivo e che nella prima parte ho avuto qualche difficoltà di assestamento (credo che nella seconda si noti almeno un minimo di miglioramento), quindi tenetene conto e fatemi sapere. Io stessa sono certa di poter fare di meglio con un po' di pratica.

**************

Giunse finalmente il giorno in cui i ronin, prima dell'alba, diedero inizio alla loro preannunciata offensiva, scatenando un assalto in grande stile lungo tutto il Vallo di Alasia. Nel settore della XXVIII Legione di Plauto Corinno si iniziò in piena notte con lanci di bombe, dapprima diretti solo verso l'estremità del settore di Appio Sempronio. Negli osservatori e nelle postazioni, i legionari si guardavano in silenzio, tenendosi lontani dalle feritoie, completamente coperti dall'armatura, lo sclopetum in spalla e i comparti della corazza pieni di munizioni.

Publio, che dopo la tanto chiacchierata ricognizione nella terra di nessuno insieme a Sesto aveva iniziato a coprire i turni di notte, si trovava all'interno di uno degli osservatorii all'estremità del loro settore di competenza quando aveva avuto inizio l'attacco. Corinno gli aveva assegnato quella postazione in modo permanente, ritenendola di grande responsabilità e adatta ad un giovane ufficiale competente come lui. Per ravvivare un po' l'atmosfera, aveva inizialmente cercato di scherzare coi legionari facendo qualche battuta, ma i sorrisi si spegnevano facilmente sui loro volti. Quegli uomini erano dei veterani e si erano trovati lì presso il confine negli anni passati. Sapevano che li attendeva una giornata dura e che avrebbero dovuto lottare duramente per respingere l'attacco del nemico.

Improvvisamente il bombardamento sembrò aumentare di intensità, ma stavolta parte delle pirobule passava sopra le loro teste e siandava a schiantare fuori dalle feritoie.

-Devono essere le nostre artiglierie pesanti, dietro il Vallo!- disse Publio.

Fu solo verso l'alba che le artiglierie di entrambe le parti tacquero. I romani, rintanati nelle loro postazioni fortificate, ebbero appena il tempo di tirare un sospiro di sollievo e di lasciar passare il rimbombo delle esplosioni dalle loro orecchie, che i nionici diedero inizio all'assalto vero e proprio e si lanciarono contro il confine fortificato. Publio e i suoi osservatori si erano posizionati alle feritoie e ai computatori subito dopo la fine del bombardamento e li individuarono immediatamente. Publio ordinò al centurione di mettersi in contatto con tutte le postazioni difensive dipendenti dal suo osservatorio e di dare l'allarme, che si tenessero pronti a respingere l'attacco. Il centurione stette con il ricevitore in mano, in attesa di ricevere dal giovane tribuno l'ordine di aprire il fuoco per tutte le postazioni. Ma l'ordine non venne.

-Tribuno, non spariamo?- chiese allora il centurione.

-Non tocca a noi- rispose Publio- Guarda là fuori.

Il centurione corse a guardare fuori dalla feritoria. I ronin venivano avanti in silenzio, correndo curvi, senza gridare, ma solo sparando brevi raffiche verso le feritoie. Inizialmente Publio si era aspettato un assalto frontale, ma adesso il nemico stava deviando decisamente a sinistra, verso i capisaldi laterali di Appio Sempronio.

-Vogliono infilarsi nella valletta- affermò il centurione.

I due ufficiali e i legionari che erano con loro li osservarono trepidanti, in attesa di vedere che cosa sarebbe successo. I ronin vennero avanti decisi, poi le mitragliatrici dei commilitoni oltre la valletta aprirono il fuoco e li investirono. Alcuni ronin caddero nella neve, altri per un momento si dispersero, poi, incitati dai più decisi e temerari, ripresero l'avanzata e riuscirono ad arrivare ai piedi del Vallo, defilandosi. Publio decise di prendere l'iniziativa.

-Centurione, ordina alla postazione IV di aprire il fuoco a sinistra della sua posizione... livello terra... tre quarti di miglio circa!- ordinò.

Il centurione corse nuovamente al dictor e trasmise l'ordine. La mitragliatrice di una delle postazioni sottostanti iniziò poco dopo a crepitare in direzione dei ronin che si erano defilati. Ma il tiro non era molto efficace, come poté constatare Publio con una certa delusione. I ronin se ne stavano appiattiti contro il muro di cemento e i proiettili vi rimbalzavano contro. Qualche pallottola, però, dovette arrivare a destinazione, perchè attraverso il binoculo vide un paio di ronin cadere nella neve e gli altri cercare di nascondersi.

-Dovrebbero far saltare le mine- disse un legionario.

Publio scosse la testa. Appena un paio di giorni prima, i legati delle legioni avevano dato ordine, dietro sollecitazione del comandante Valerio Massimo, di rimuovere le spolette alle mine poste vicino alla base del Vallo e di sostituirne con inneschi a distanza. L'idea era di lasciar credere ai ronin che i varchi da loro aperti giorni prima non erano stati scoperti e di far esplodere le cariche solo qualora ai piedi del Vallo il nemico fosse riuscito ad ammassarsi.

-Sono ancora in pochi e intrappolati- disse Publio- Non vale la pena sprecare l'effetto sorpresa per un nemico ormai inoffensivo.

Passarono le ore, e i ronin non sembravano intenzionati a riprendere l'attacco. Quelli inchiodati sotto al Vallo tentavano di tanto in tanto di muoversi, probabilmente per scappare, ma raffiche di mitragliatrice provenienti ora da entrambi i lati, li costringevano a rimettersi al riparo. Nello schieramento delle artiglierie nioniche, da dove era partito quel primo assalto, nessuno accennava a muoversi. Le sentinelle romane potevano vedere i ronin muoversi intorno alle loro artiglierie leggere, correre avanti e indietro e parlare concitatamente fra loro, ma non erano in grado di intuirne gli intenti.

Poi, improvvisamente, dalla cima del Vallo cominciarono a piovere sui ronin altre pirobule. Le artiglierie romane poste sulla sommità della grande opera di fortificazione caddero sul nemico con una precisione tale da costringere il nemico a ripiegare ad una distanza di sicurezza, trascinando indietro anche le artiglierie leggere.

Publio sospirò pesantemente.

-È andata... almeno per il momento- disse- Centurione, comunica al pretorio che lo schieramento nemico di fronte al nostro osservatorio sta ripiegando e che l'assalto è stato respinto... seppur dalla legione di Appio Sempronio.

Il centurione annuì con un gesto secco del capo e si affrettò ad eseguire l'ordine.

Il resto della giornata passò tranquillamente, senza attacchi da parte dei ronin. Nonostante ciò i romani rimasero in stato di massima allerta e non si mossero dalle loro postazioni. Il rancio serale venne consumato lì e non venne dato il cambio, perchè tutti gli uomini di riserva erano distaccati ai servizi di vettovagliamento e alle comunicazioni; i dictor e le ricetrasmittenti della legione, infatti, avevano subito un uso intensivo nel corso della giornata. L'intera legione, insomma, era mobilitata e tutti sapevano che quella notte nessuno di loro, a cominciare dallo stesso Corinno, avrebbero avuto riposo. I ronin, d'altronde, non si erano spostati dalla posizione di ripiegamento, e questo poteva solamente significare che il piccolo attacco di prima non era che una prova, atta a saggiare il terreno e le capacità combattive dei romani.

Publio stava finendo di mangiare la sua cena che, nella concitazione della giornata, era arrivata all'osservatorio completamente gelata, quando venne Giunio Attico a dargli inaspettatamente il cambio, dicendo che veniva dal pretorio e che il legato Corinno voleva vederlo.

Quando arrivò al pretorio, c'erano già anche altri tre tribuni e nei loro volti stanchi e tirati dalla preoccupazione Publio riconobbe facilmente se stesso. Strinse la mano a Sesto, che si trovava anche lui lì, e scambiò qualche cenno di saluto con gli altri, prima che Corinno li richiamasse all'ordine e prendesse la parola.

-Vi ho convocati qui per consegnarvi gli ordini di smobilitazione- annunciò, catturando immediatamente la loro attenzione- Meno di un'ora fa ho ricevuto un dispaccio firmato da Decimo Valerio Massimo in persona, che comunica lo scoppio di una rivolta nei principali centri abitati dell'Alasia, Aleupoli compresa. Quello che da tempo si temeva è accaduto, temo. Una guerra civile è scoppiata nella provincia, e non è un caso che i ronin abbiano dato inizio all'attacco proprio oggi.

I tribuni si scambiarono occhiate sconvolte e preoccupate. Adesso il nemico era dunque anche alle loro spalle? E perchè adesso venivano smobilitati?

-Il motivo per cui vi mando via da qui è perchè proprio oggi Valerio Massimo ha preso sotto il suo comando la XIV Legione Britannica, appena giunta da Magna Castra. La legione manca di ufficiali che conoscano il territorio, mentre voi avete già acquisito almeno un minimo di esperienza con il territorio alasiano- Corinno pronunciò quelle ultime parole rivolgendosi in particolare a Publio e a Sesto- Ad ogni modo, non dovrete partire subito, la legione non è ancora arrivata, anche se Valerio Massimo ne ha formalmente preso il comando. Tenetevi pronti, quindi, e nel frattempo tornate ai vostri posti. Potete andare.

**************

-In che brutta storia siamo venuti a trovarci, Scipione!- commentò Sesto mentre tornavano verso le loro postazioni- Finché si trattava di combattere contro i ronin, non avevo alcuna remora morale, ma adesso? La XIV Legione verrà schierata contro i rivoltosi, contro la nostra stessa gente, capisci?

Publio sospirò. Era pienamente d'accordo con l'amico, ma temeva che loro due fossero fra i pochi a pensarla in quel modo. Per molti di quelli che a Roma sedevano in Senato e decidevano delle sorti di quell'immenso impero che Roma si era costruita attorno nel corso di millenni, cittadini romani erano solo quelli che vivevano nell'Urbe, o al massimo in Italia e nelle province limitrofe. In tutto il resto del territorio imperiale vi erano solo altre due categorie di individui: i latini coloniari e gli indigeni, e neanche i primi potevano osare paragonarsi ai cittadini romani, anche se pagavano le tasse e contribuivano attivamente alla prospeità dell'Impero. E se gli uni o gli altri osavano sfidare il potere dei romani, allora andavano dichiarati nemici di Roma e annientati.

-Preferirei di gran lunga rimanere rinchiuso qui- borbottò Sesto.

-Cerchiamo di non vederla così male, Balbo- rispose Publio- L'idea di sparare contro della gente che in fondo è romana quanto noi mi disgusta, ma sono certo che si arriverà ben presto ad una soluzione. So che Livio Druso, il governatore, è un uomo giusto e ragionevole, e di mentalità affatto stretta per quanto riguarda l'argomento della cittadinanza.

Publio non aveva mai incontrato di persona il governatore dell'Alasia, ma suo padre e Livio Druso si erano frequentati un tempo e suo padre gliene aveva parlato bene.

Poco dopo, i ronin ripresero a sparare con le artiglierie. Ormai era buio e dalle feritoie filtrava solamente la luce pallida della luna. Nelle postazioni i romani stavano al buio; niente luci, per non dar modo al nemico di avere un obbiettivo chiaro da prendere di mira. Anche i monitor dei computatori erano illuminati il minimo indispensabile per renderli utilizzabili, ma per il resto i legionari si muovevano nelle casematte per istinto, perché avevavo vissuto lì abbastanza tempo che non avevano bisogno degli occhi per interagire con il piccolo ambiente.

Publio ebbe una nottata impegnativa. Le artiglierie e le postazioni difensive poste sotto la sua gestione avevano l'ordine di non rispondere al fuoco per il momento, ma nell'osservatorio l'attività ferveva inarrestabile. Le sentinelle scrutavano la pianura innevata dalle feritoie e attraverso i computatori di sorveglianza. Gli addetti alle comunicazioni diramavano rapporti sulla sorveglianza e ricevevano rapporti dalle varie postazioni. Publio si divideva fra tutti questi compiti e addirittura contattava le postazioni per assicurarsi che avessero il pieno di munizioni. Non sarebbe rimasto lì a lungo, ma finché era lì era intenzionato a darsi da fare, perché non si dicesse che aveva lasciato la sua legione con un buco nella formazione!

Il centurione gli portò da bere una tazza di kave, che lui accettò con gratitudine, e gli offrì un sikar, che rifiutò con garbo. Stettero insieme davanti alla feritoia principale, parlando a bassa voce, poi d'un tratto entrambi sentirono qualcosa di fronte a loro, fuori. Prima che potessero mettere mano ai binoculi, intravidero anche dei movimenti nel buio. Il cielo totalmente sgombro e la luce chiara e intensa della luna rendevano particolarmene facile, quella notte, il compito degli osservatori. Publio guardò a lungo davanti a se, a occhio nudo e poicon il binoculo, e quello che vide non gli piacque per niente. C'era molto movimento nello schieramento nionico e questo non prometteva nulla di buono. Stavolta attaccano proprio noi!, pensò. Senza pensarci due volte, ordinò di allertare tutte le postazioni.

Per un attimo calò il silenzio. Ma non il silenzio tipico della notte, il silenzio dell'ambiente addormentato e tranquillo, ma un silenzio carico di tensione... un silenzio che preannunciava l'arrivo di qualcosa di grave.

E infatti, poco dopo si sentì la voce di qualcuno che sembrava volesse incitare un gruppo di persone e subito dopo i ronin uscirono di nuovo all'assalto. Le armi romane aprirono prontamente il fuoco e Publio tirò un sospiro di sollievo. Efficaci come sempre. Le artiglierie leggere in cima al Vallo sparavano a distanza ravvicinata rispetto al confine per creare uno sbarramento. Quando poi entrarono in azione anche quelle pesanti della retroguardia, Publio sorrise di cuore, profondamente sollevato. Se quelli di Appio Sempronio erano riusciti a fermarli, allora ci sarebbero riusciti anche loro.

I nionici avanzavano di corsa, sparando, si gettavano a terra, poi si rialzavano e riprendevano a correre verso di loro. Era chiaro che il loro obbiettivo era ammassarsi ai piedi del Vallo per poterlo poi superare in qualche modo. Lo scorso anno erano quasi riusciti a scalarlo. Chissà che cosa avevano escogitato stavolta. Improvvisamente, a Publio tornò in mente l'informatore romano al villaggio aleutino. Che cosa poteva aver svelato quel traditore ai ronin? Forse quell'uomo era a conoscenza dei piani strutturali dell'immensa opera di fortificazione e li aveva passati al nemico? O, chissà, forse era lui che aveva lavorato troppo di fantasia. Magari quel tizio non era neanche romano e fungeva solo da collegamento tra i rivoltosi alasiani e i ronin. In ogni caso, si ammonì, non era il momento per pensarci. Adesso il suo compito era solo quello di respingere i ronin e fino a quel momento i legionari sotto il suo comando stavano facendo un buon lavoro, perchè il nemico non era nemmeno riuscito ad arrivare in prossimità del campo minato. Alla luce della luna che filtrava dalle feritoie, vide i volti dei legionari osservatori all'opera; lavoravano di buona lena, ma erano più rilassati di prima ora che la situazione sembrava volgere a loro favore.

Anche i ronin si resero conto che da lì non sarebbero passati e, ancora una volta, deviarono a sinistra verso l'insenatura che interrompeva la continutà della fortificazione. Lì era difficile scorgerli e colpirli; avrebbe dovuto esserci un campo minato, ma l'ordine di far saltare le cariche esplosive non venne. Publio fece spostare lateralmente il tiro delle postazioni, poi si attaccò al dictor per far accelerare il carico delle munizioni sui montacarichi diretti alle sue postazioni. Quando tornò alla feritoia principale, era calato nuovamente il silenzio; solo poche e sporadiche raffiche si udivano fra la sua posizione e il settore di Appio Sempronio. Nello schieramento nionico tutto taceva e la piana fra questo e il Vallo era sparsa di cadaveri e di feriti degli aggressori. Qualcuno di loro si lamentava, altri cercavano di trascinarsi indietro, verso i loro compagni. 

Anche questa volta è finita, pensò Publio, stupendosi come una situazione come quella che aveva appena vissuto avesse potuto sfiancarlo peggio di un combattimento vero e proprio. Tutto quello che aveva fatto nel corso della giornata, del resto, era stato di starsene lì a osservare il movimento del nemico, a riferire cifre di posizioni e distanze alle postazioni e assicurarsi che sparassero dritte al bersaglio. La tensione, lo sforzo mentale necessario a mantenere la concentrazione e anche una notevole dose di paura, paura di vedere i ronin riuscire nel loro intento, lo avevano stancato quasi avesse combattuto in campo aperto, correndo qua e là.

Ma non era finita. Publio stava per allontanarsi dalla feritoia per sedersi un momento, quando la porta dell'osservatorio si aprì ed entrò lo schiavo personale di Plauto Corinno.

-Tribuno Scipione?- chiese, intimidito dai legionari.

-Sono qui- rispose Publio ragiungendolo.

-Il mio padrone vuole vederti.

-Di nuovo?

Lo schiavo scrollò le spalle e scosse la testa. Non sapeva perchè il padrone chiedeva di Giulio Scipione, era stato solo mandato ad avvertirlo. Publio si rassegnò a seguirlo, dopo aver affidato il comando al centurione.

Nel pretorio, Corinno sedeva alla scrivania, pallido e con gli occhi infossati. Nella sua persona si accumulava e si rifletteva la stanchezza di tutta la legione. Sembrava sul punto di crollare per la fatica.

-Ah, Scipione, sei qui! Bene!- disse vedendolo- Ascoltami bene, da questo momento in poi Attico prende il tuo posto all'osservatorio.

-Devo già partire?- chiese Publio stupito.

-No, non ancora. Ho solo bisogno che tu prenda degli uomini dalla riserva e vada ad appostarti nelle postazioni scoperte nella valletta, accanto agli uomini di Sempronio- disse- Qualcuno di quei bastardi è riuscito a infiltrarsi e bisogna stanarlo e ricacciarlo indietro o toglierlo di mezzo prima che provochi una bella breccia.

-Va bene- rispose Publio annuendo- Mi hai fatto chiamare solo per questo?

Corinno fece un sorriso che somigliava più a una smorfia. Poi gli porse il palmare che teneva sulla scrivania. Publio lo riconobbe immediatamente.

-Volevo riconsegnarti questo. È possibile che ti capiti di passare da Aleupoli nei prossimi giorni- disse- Se ne hai la possibilità, sai a chi consegnarlo. Preferivo dartelo in privato, visto che quando partirete verrò a salutarvi tutti insieme.

Publio annuì e infilò il palmare sotto la corazza.

-Bene, legato- rispose- Ora vado... spero non faccia troppo freddo là fuori!

Corinno si alzò e, inaspettatamente, tese la mano al giovane tribuno che, dopo qualche esitazione gliela strinse.

**************

Le postazioni romane nella valletta fra i capisaldi di Plauto Corinno e Appio Sempronio erano costruite su un terrapieno più basso rispetto al Vallo e, salvo le casematte per le mitragliatrici, erano allo scoperto e pericolosamente esposte agli attacchi nemici. I ronin lo sapevano e non a caso avevano concentrato lì i loro sforzi nei due attacchi lanciati in una sola giornata. Solo la perizia dei romani che occupavano le postazioni fortificate ai due lati dell'insenatura aveva impedito che quella breccia naturale venisse forzata. Pochi ronin, tuttavia, erano riusciti ad infiltrarsi, ma avevano incontrato la resistenza dei legionari appostati in fondo alla valletta che, proprio perchè più esposti, avevano combattuto con maggiore accanimento. L'arrivo del tribuno Publio Giulio Scipione e dei suoi legionari di rinforzo venne accolto con favore dagli altri legionari presenti e dal centurione che li comandava. Più uomini significava più volume di fuoco, e quindi meno possibilità per i ronin di forzare il blocco.

-Lieto di cederti il comando, tribuno- disse il centurione- Come vanno le cose in prima linea? Qui dietro siamo più isolati.

-Fin'ora abbiamo respinto due attacchi- rispose Publio- Non avete neanche un dictor, centurione?

-Ce lo avevamo, ma l'ultimo bombardamento ha dannegiato i cavi che lo collegavano alla centralina all'interno del Vallo. E i caricatori della ricetrasmittente si sono esauriti e non ce ne sono altri disponibili. Adesso uno dei miei legionari più giovani fa da staffetta.

Così dicendo, il centurione additò un giovanissimo legionario che gli stava praticamente attaccato alle spalle, come in attesa di suoi ordini. Doveva avere appena sedici anni, solo un paio d'anni meno di Publio. Una differenza pressoché nulla in quelle circostanze. Ma tu sei nato nobile, Scipione, si ricordò mentalmente Publio. E hai quindi diritto ai gradi e a rivestire un ruolo di comando. Quel ragazzo, invece, si era probabilmente arruolato per non morire di fame. Adesso era lì e aveva certamente la pancia piena... ma rischiava di morire ucciso da quei ronin di cui tutti parlavano lì, ma che quasi nessuno aveva mai visto realmente in faccia, tanto che Publio, essendosi trovato corpo a corpo con uno di essi, che lo stava per infilzare con una spada corta, era diventato una specie di leggenda. Era uno dei pochi legionari romani in forza al Vallo di Terranova che avesse guardato il nemico negli occhi mentre lo affrontava.

-Attenzione, pirobula!

L'urlo di uno dei legionari riscosse immediatamente Publio dalla momentanea distrazione. I ronin avevano ripreso ad attaccare, fermamente intenzionati a varcare i confini dell'Impero di Roma. Avevano anche allungato il tiro delle loro artiglierie e Publio se ne rese conto quando sentì l'urlo del centurione e un'assordante esplosione sopra la propria testa. Qualcosa colpì con violenza il suo elmo, sabbia e neve gli rimbalzarono addosso. Rimase per un momento stordito, senza capire che cosa era accaduto di preciso, poi sentì qualcuno gridare vicino a lui. L'optio, l'attendente del centurione e suo sostituto in caso di sua morte, giaceva a terra, urlando di dolore, con un braccio squarciato e quasi pendente dal gomito. Venne subito soccorso da due dei legionari appena arrivati. Quando era andato a scegliere fra i riservisti gli uomini da portare con se, Publio aveva ritenuto opportuno prendere anche due barellieri che potessero all'occorrenza prestare soccorso ai feriti, prima di mandarli all'ospedale da campo dietro il Vallo. Mentre il ferito veniva medicato alla meglio, quel tanto da consentirgli di sopravvivere fino all'arrivo in ospedale, Publio si guardò intorno e capì cos'era successo. Una pirobula nionica era esplosa proprio sopra le loro teste, ma solo l'optio era rimasto ferito.

Il bombardamento, d'altro canto, cessò in fretta e la notte tornò ad essere silenziosa. Ma Publio non era affatto tranquillo. La presenza di qui ronin infiltrati lo metteva in apprensione. Quegli uomini erano estremamente pericolosi, proprio perchè erano in pochi. Col favore delle tenebre, avrebbero potuto superare le loro postazioni e penetrare il Vallo, andando a svegliare gli imboscati delle retrovie che in quel momento, sicuramente, dormivano della grossa. Ma nulla di tutto questo accadde, perché venuto a conoscenza dell'infiltrazione, Appio Sempronio decise di mandare fuori nella valletta una centuria di esploratori. Ben presto, si sentirono spari isolati e raffiche di sclopetum a poche miglia di distanza, verso il ponte coperto. Gli esploratori non avevano tardato a trovare i ronin e adesso stavano dando battaglia.

D'un tratto, Publio si accorse che stava incominciando l'alba. Il sole cominciava a rischiarare lentamente la valletta, riflettendosi sempre più intensamente nel bianco della neve. Publio aveva assistito più volte all'alba sul confine, ma era sempre avvenuto al chiuso delle postazioni fortificate. Lì all'aperto era tutta un'altra cosa, pensò! Deltro al Vallo, giorno e notte non avevano alcun significato. Lì fuori, invece, Publio si stava rendendo pienamente conto dell'inizio del nuovo giorno, e questo gli fece ricordare l'estrema stanchezza che l'aveva preso dopo la fine del secondo attacco. Adesso sentiva le palpebre farsi pesanti e gli occhi bruciare e lacrimare per il sonno. Da due notti e due giorni non dormiva, aveva anche molta fame, ma non poteva soddisfare nessuno di quei due bisogni. C'erano ancora tante cose da fare, e il pericolo rappresentato dai ronin non era certo finito.

Per tenersi occupato, controllò la riserva delle munizioni e mandò il giovane legionario sedicenne a chiederne delle altre. Mandò anche a chiedere il cambio per i legionari del centurione, che erano lì da due giorni ininterrotti. Le munizioni arrivarono e il cambio anche, ma il centurione volle restare lì per aiutarlo e Publio non fece obiezioni. Rimase con lui in una delle casematte, ad osservare la valletta che si stendeva di fronte a loro, fiancheggiata dalle mura del Vallo, e ad ascoltare il rumore del combattimento degli esploratori contro i ronin infiltrati. Con il sorgere del sole, la visibilità era notevolmente aumentata, e fu così che guardando più attentamente davanti a se Publio si accorse di due ronin che stavano nascosti poco lontano dalla casamatta, praticamente sepolti nella neve. Dovevano essersi sganciati dagli esploratori durante la notte e aver tentato di superare il confine, poi l'inizio del nuovo giorno li aveva costretti a trovare un riparo e, dal momento che l'unico era la neve, vi si erano infilati.  Dopo un po' che li osservava, i due si resero forse conto di essere stati scoperti e si mossero; uno scattò in piedi e si mise a correre verso l'uscita della valletta. Publio imbracciò lo sclopetum, prese la mira e sparò. Lo vide cadere di schianto nella neve. L'altro ronin, che si era alzato per seguirlo, tornò a gettarsi nella neve e, poiché il suo kimono era completamente bianco, Publio lo perse di vista.

-Si muove! È ancora vivo!- gridò improvvisamente il centurione.

Publio guardò esterrefatto l'uomo a cui poco prima aveva sparato scattare di nuovo in piedi e rimettersi a correre. Il centurione imbracciò a sua volta la sua arma e sparò. Publio vide il nionico cadere di nuovo nella neve, ma stavolta non rimase immobile; prese a contorcersi e a cercare di trascinarsi, macchiando di rosso la neve sotto di se, poi si fermò definitivamente. Il suo compagno tentò una seconda volta di scappare, ma una raffica di colpi lo costrinse a rimettersi nuovamente al riparo. Publio mandò la staffetta al settore di Appio Sempronio, per avvertire gli esploratori. Ci avrebbero pensato loro a stanarlo e a catturarlo.

Trascorse altro tempo e il sole era ormai alto, quando improvvisamente l'ira di Giove parve abbattersi su tutto il Vallo di Alasia. Publio sentì un gran boato e la terra sotto i suoi piedi tremare. Alzò lo sguardo e vide grosse scie di fuoco solcare il cielo e andare ad abbattersi contro i due lati del Vallo di Alasia e su di loro. I legionari si gettarono tutti a terra o si accalcarono nelle casematte, mentre intorno a loro si susseguivano le esplosioni. Accucciato a terra, in poco spazio, Publio sollevò lo sguardo verso il centurione; la visiera del suo elmo era alzata e nei suoi occhi Publio vide il suo stesso terrore. Questi, riuscì solo a pensare, Sono missili! Come fanno i ronin ad avere un armamento simile?!

Alla prima raffica ne seguì un'altra, poi un'altra ancora, e ogni volta i legionari furono costretti a gettarsi nelle trincee in preda al terrore, ogni volta Publio trattenne il fiato di fronte a quella assurda potenza di fuoco. Quella era la prima volta che assisteva all'azione di un lanciamissili. Era spaventoso e loro che si trovavano lì allo scoperto dovevano ringraziare gli dei se nessuno di quegli ordigni li aveva centrati in pieno.

Finalmente l'artiglieria romana rispose al fuoco. Poi tornò in silenzio, ma durò poco. Lì, nella profondità della valletta, Publio era relativamente isolato dal resto del fronte, per cui venne a sapere solo più tardi i dettagli di quel che accadde dopo quella spaventosa e del tutto imprevista salva di artiglieria lanciamissili. Sperando di aver abbastanza stordito i romani, i ronin lanciarono un nuovo assalto, stavolta con tutta la fanteria a loro disposizione. Inevitabilmente, stavolta furono molti di più quelli che riuscirono a superare lo sbarramento di fuoco del Vallo e ad imboccare l'accesso all'insenatura, superando anche il ponte coperto, che aveva subito danni dai missili. Publio, però, aveva sentito l'inizio dell'attacco in anticipo e aveva avuto tutto il tempo di disporre e di preparare i suoi uomini, dandolo loro l'ordine di non sparare fino al suo segnale. Voleva contrattaccare il nemico ad una distanza ravvicinata, dove il volume di fuoco delle sue armi avrebbe avuto un effetto micidiale.

I ronin attraversarono l'insenatura e rimasero stupiti dalla mancanza di reazione da parte dei romani, fra l'altro ben mimetizzati nelle loro postazioni. Dopo qualche esitazione, si deciso ad avanzare, seppur mantenendo una certa cautela. Ma nello spazio stretto fra i due lati del Vallo, i legionari di Publio erano in netto vantaggio. Publio attese che si avvicinassero abbastanza, poi:

-Fuoco!- gridò.

La prima a sparare fu una mitragliatrice. Una breve raffica, poi improvvisamente spararono tutte le armi romane presenti nella valletta, comprese le piccole artiglirie portatili. I ronin non ebbero neanche il tempo di stupirsi per quell'improvvisa reazione che furono investiti da un'impressionante pioggia di fuoco. La loro avanguardia venne rapidamente sterminata, mentre quelli che si trovavano più indietro al momento del contrattacco per un attimo si fermarono, indecisi sul da farsi, poi, contro ogni regola d'onore alle quali in genere si attenevano fanaticamente, batterono in ritirata, anche se sapevano che difficilmente sarebbero riusciti a mettersi al riparo e a tornare al loro schieramento.

-Cessate il fuoco! Basta così!- ordinò Publio.

Le armi tacquero e lui tirò un sospiro di sollievo. C'era mancato davvero poco, stavolta! I ronin erano così tanti che, se non fosse stato per i commilitoni su al Vallo che li avevano rallentati, consentendogli di preparare l'imboscata, avrebbero ben potuto sfondare il confine. Rimase a guardare attonito i cadaveri che si erano ammucchiati di fronte alle loro postazioni, e pensò a quanti altri ne dovevano essere rimasti più avanti, davanti e ai piedi del Vallo. Se qualcuno era riuscito a sopravvivere, ci avrebbero pensato gli esploratori alla prossima spedizione.

Doveva essere a dir poco terrificante avanzare correndo e sparando in quel modo, alla luce del sole, in una pianura, senza alcun tipo di riparo, con proiettili e pirobule che volavano in ogni direzione e colpivano pressoché a caso. Nessun comandante romano, non uno che avesse un minimo di buon senso avrebbe mai ordinato un'azione simile. Solo i nionici potevano osare tanto e, per quanto lo considerasse stupido e privo di senso, Publio non riuscì a fare a meno di ammirare il coraggio di quegli uomini che ora giacevano morti nella neve, davanti a lui che in fondo, fino a quel momento, aveva combattuto da fermo e relativamente al sicuro delle postazioni.

-Scipione?

Publio si riscosse e distolse lo sguardo dai nemici morti per ritrovarsi davanti Giunio Attico, che sorrise con un misto di pietà e di comprensione nel vederlo ridotto ad uno straccio, sporco e stravolto dalla fatica. Gli batté una mano sulla spalla e gli fece cenno di togliersi l'elmo.

-Sono venuto a darti il cambio- disse- Tu e gli altri partirete fra poco e Corinno vi vuole riposati per allora. Vai, su! E che la Fortuna ti assista se non dovessimo rivederci!

Publio annuì in silenzio, troppo stanco per parlare, e si avviò verso il camminamento che conduceva su alle fortificazioni del Vallo. Prima che lo imboccasse, il centurione gli andò incontro per stringergli la mano e qualcuno dei legionari si batté il pugno destro sul petto.

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Ufff... finito! Accidenti non avrei mai creduto che fosse così difficile scrivere un pezzo improntato alla descrizione di una battaglia, soprattutto se si è abituati ai dialoghi o alla narrazione di eventi più tranquilli. A un certo punto, fra l'altro, ho dovuto inserire una parte narrativa, non solo per esigenze di trama, ma perchè io stessa sentivo il bisogno di fare una pausa e riordinare le idee. Tutto questo alle tre della notte di Natale! Insomma, mi sono stancata come il povero Publio (beh... forse un po' meno, visto che sono reduce di un ricco pranzo natalizio), ma spero che il risultato non sia malaccio! Ancora una volta... fatemi sapere!
Detto questo, vi riauguro Buon Natale, buone feste e anche Buon Anno, visto che non credo che riuscirò a scrivere qualcosa prima di Capodanno, quindi... arrivederci al 2012!
  
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