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Autore: Ever Lights    26/12/2011    14 recensioni
Quante lacrime potevo ancora sopportare?
Quante lacerazioni poteva ancora subire il mio cuore?
Quante preghiere avrei ancora detto?
Ma soprattutto,
quanto avrei resistito, prima di stringerlo fra le nostre braccia,
felici e finalmente sereni?

La si potrebbe definire una coppia normale e dall'amore idilliaco, quella di Edward e Bella.
Lei 24 anni, lui 28, sposati ormai da tanto tempo.
Lei una normale impiegata, Edward un dottore del reparto di Neonatologia e Pediatria dell'ospedale di Los Angeles.
Hanno tutto dalla vita, si direbbe. Una persona che compendi la metà esatta dell'altra, l'amore e una famiglia che li ama.
Ma per loro non è abbastanza. C'è qualcosa di più, che loro desiderano ardentemente e stanno perdendo le speranze.
Il vuoto in quella casa verrà presto colmato con vagiti, pianti e tante coccole che Edward e Bella attendevano con ansia,
ma i due dovranno contare sul loro amore reciproco per poter superare le avversità e gli ostacoli che sbarreranno
il loro traguardo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Smile Avrei dovuto aggiornare ieri che era il 25, ma comunque vi auguro, anche se in ritardo, BUON NATALE. Spero che come regalo vi piaccia lo stesso anche se fatto in ritardo.
oggi ho un po' di tempo e vi dico che ora commenterò le vostre recensioni con il modo fi EFP, così posso lasciarvi leggere immediatamente il capitolo sena torturarvi XD
Vi ringrazio per le tante recensioni dei capitoli scorsi e vorrei che comunque vi facciate sentire così tanti un po' più spesso...
Comunque, spero vi piaccia.
Vi lascio il mio account FB :)
Besitos :33

(suggerimento musicle per il pov Bella u.u)
 


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Crazy little thing called Love.




Pov Edward.

«Edward, stai bene?»
Scossi il capo e tornai alla realtà. Perché continuavo ad andarmene in un mondo tutto mio, scostandomi dal mondo reale?
«Sì, sì sto bene. Ho solo un po’ di mal di testa.»
Greg, il mio collega, mi osservò di sbieco. «Quante ore hai dormito la scorsa notte?»
Ci pensai su. Davvero, da quanto è che non passavo una nottata decentemente? «Greg, sul serio. Non so quanto ho dormito. Poco, forse.»
«Cristo Edward! Mi potresti svenire sui ferri! Devi capire che sei qui per salvare vite, non per… per cazzeggiare! Non posso permetterti di sbagliarti! Non stai giocando a “Allegro Chirurgo”!»
Sapevo perfettamente che trasgredire anche una singola ora di sonno mi avrebbe portato allo sfinimento.
«Lo so, hai ragione Greg. E' solo che...»
«Cosa, Edward? Cosa?!»
Sospirai. «Non ce la faccio a lavorare ultimamente.»
«Me ne sono accorto sai?»
Lo guardai torvo. «Greg, non capiresti. Non saresti felice se tua moglie ti lasciasse solo perchè ha frainteso una cazzata che quella troia di Tanya ti ha fatto compiere e...»
«Ehi, tieni il freno, amico. Capisco che sei stressato per questa situazione... Ma cerca di capire che non ci vai di mezzo solo tu, ma anche tutti i tuoi pazienti. Lo so che è difficile capirlo, ma prova a pensare a questo. Per favore.»
Non aveva tutti i torti e lo sapevo perfettamente. Ed era tutta colpo mia, peccato che fossi solamente un codardo e... non avevo il minimo coraggio di chiamare Bella e piangere al telefono con lei, ammettendo che ero un misogino e che ero un totale cretino.
Volevo raccontarle tutto, di come Tanya mi aveva rimbecillito e del perchè l’avevo fatta lasciata andare così velocemente, senza fermarla oppure senza darle alcun tipo di spiegazione.
«Senti Ed… Ora va’ a casa e riposati. Dico tutto io al capo, sono sicuro che se gli dico che p per problemi famigliari capirà. Non è ancora senza cuore Alger…»
Annuii solamente e mi tolsi lo stetoscopio dal collo. «Grazie Greg. Ti devo un favore. E se vedi Tanya, dille che è solamente una zoccola.»
Gli feci l’occhiolino e si mise a ridere. «Riferirò il messaggio.»
Mi allontanai, mentre alle mie spalle Greg continuava a ridere.


«Jasper, ti prego fammi parlare con lei!». Sbattei la portiera del frigo e mi sedetti sul tavolo.
«Edward, non posso. Sul serio. Non sto scherzando. Alice non vuole che ti passi Bella. È ancora su tutte le furie con te.»
«Cazzo Jasper! Sono tuo cognato, lei è mia moglie! Aspetta mio figlio! »sbottai, brandendo il cucchiaio e immergendolo nel burro d'arachidi.
«Non posso fare nulla Edward! Bella non parla mai di te, a parte qualche volta. Non so se ti ama ancora..
«Jasper, non puoi dirmi così.». La voce mi si ruppe in gola.
Avevo.. avevo compreso che avevo fatto una cazzata vera e propria. E sapere che mia moglie ora quasi mi odiava... Non sapevo se mi faceva più male il cuore o la coscienza.
«Edward, ora devo andare. Mi spiace davvero tanto.»
Attaccò il telefono e mi sentii sprofondare.
Non so se ti ama ancora.
Parole che dette così non potevano che procurare altro dolore, che si aggiungeva a quello già presente.
Provai una rabbia verso me stesso, accusandomi di essere un totale coglione. Sbattei un pugno contro il muro e un TAC si propagò per qualche millesimo di secondo nell'aria. Dopo solo un gran dolore alla mano destra.
Cercai di stirare le dita, ma una fitta percorse l'arto. Trattenni un urlo di dolore e presi il telefono con la mano sana e composi il numero di poco prima.
«Pronto?»
«Jasper, sono io.»mormorai, esaminando il danno. «Mi sono rotto una mano.»
«Cosa? Come diavolo hai fatto?»
«Ehm, è una cosa lunga da spiegare. Mi devi accompagnare in ospedale, non posso guidare. »
Pensai alla macchina nuova in garage, comprata apposta se mai Bella mi avesse chiesto scusa.
Era una famigliare, con tutti gli optional disponibili e un seggiolino sul sedile posteriore.
«Uhm... Okay. Sono lì fra un paio di minuti.»
E in quei pochi minuti la mia mano si gonfiò, diventando leggermente violacea.
«Edward, spiegami come diavolo hai fatto a conciarti così.»
Mi grattai la testa. «Ho sbattuto la mano... Avanti, ho tirato un pugno al muro!»
Jasper non fece altre domande e mi caricò in auto.
Nel pronto soccorso non c'erano molte persone eppure sembrò che il dolore prolungasse l'attesa.
Quando potei entrare in una stanza e mi sedetti sul letto, osservai gli altri pazienti. Forse il mio era uno dei casi più semplici da risolvere.
«Edward?»
Alzai lo sguardo e i miei buoni propositi sparirono. Non avrei mai voluto trovarmela davanti, proprio se il paziente ero io.
«Tanya?!». Più che stupito, mi sentii sbigottito. No, lei no. Non poteva davvero essere.
«Che.. che ci fai qui?»domandò, scrivendo sulla cartelletta il mio nome e cognome.
«Non ho sbagliato reparto, toglitelo dalla testa.»borbottai sarcastico, anche se il mi tono parve troppo piccato. «Mi sono rotta una mano.». E le feci esaminare l'arto.
Mi guardò torva e provò a distendere le dita. Il dolore fu così forte che strizzai gli occhi e strinsi i denti.
«Vedo.»mormorò e scrisse qualcos'altro sul foglio. «Ti mando a fare una lastra alla mano.»
Il risultato furono tre nocche rotte, cioè tre dita steccate.
«Solo tu puoi fracassarti quasi tutta la mano dando un pugno al muro. Perché poi? Perché sei un deficiente che non riesce ad assumersi le sue colpe.»
Guardai Jasper. «Mi spiace tanto dirtelo, ma ne avevamo già parlato. E io con quella non ho più nulla a che fare.»
«Cristo, lo so! Ma dico… perché allora non vieni a riprenderti Bella così si conclude tutto?»
Già, perché non l’avevo ancora fatto? Cosa mi spingeva a ripensarci ogni volta che il pensiero affiorava nella mente?
«Perché sono un misero coglione codardo, solo questo Jazz. Perché ho paura che Bella non voglia più accettarmi e forse non potrò mai più vedere mio figlio. Te ne rendi conto? Tu hai una moglie che ami, che rispetti e due, anzi quasi tre, meravigliosi bambini che adori. Io invece sono solo un povero deficiente che è stato abbandonato dalla moglie solo per una cogliona di infermiera.»
Non mi rispose più e ci fermammo davanti a casa mia. Quando scesi, Jasper mi lanciò un’occhiata di conforto.
«Edward, facciamo così. Dopodomani vieni a prendere i bambini. Te li affido per un paio di ore. Tu li porti al parco e li fai giocare, così quando i piccoli racconteranno a casa cosa hanno fatto con te a Bella, lei capirà quanto ci tieni ai bambini e che non sei un cretino.»
Lo abbracciai, sporgendomi verso il sedile. «Grazie Jazz, non so cosa farei senza un cognato come te.»
Rise e mi salutò ancora una volta.


Misi le mani nelle tasche e esaminai il grande portone di ingresso aprirsi. Judith e Sean uscirono, lei teneva la mano del padre occupato a stringere Sean e a trasportare in contemporanea il passeggino.
«Tio Eddy!»esclamò la piccola, correndomi incontro. La presi in braccio e la strinsi. Emanava un buon profumo, così simile a quello di Bella e di Alice.
«Bene, qui c’è tutto. Nella tasca c’è il ciuccio e il latte di Sean nel termos, nel caso in cui avesse fame.». Jasper baciò i suoi bambini e mi dette una pacca sulla spalla. «Buon divertimento.»
Al parco ovviamente un fu così facile gestire due bambini. Agli occhi degli estranei, che non sapevano che non erano figli miei e che oltretutto non avevo esperienza, parevo un emerito imbecille che osservava dove si fosse nascosta la bambina.
Spinsi per l’ennesima volta il sellino dell’altalena e Judy rise. «Tio, ancola più in alto!»
«Tesoro, ma più in alto dove? Fra un po’ mi vai sulle nuvole!»
«Tì! Sulle nuvole! Voio andale sulle nuvole!»
Scossi il capo e rimisi il ciuccio in bocca a Sean, che mi mostrò un sorrisino sdentato. «Vedi di non farlo cadere piccolo, altrimenti poi non puoi più ciucciarlo.»
Il piccolino esaminò per terra e controllò quanta sabbia ci fosse sul suolo. Ovviamente tanta da sporcare un ciucciotto per neonati.
«Tio, pecchè tu e tia Bella avete litigato?»fece ad un certo punto Jud, fermando l’oscillazione continua delle gambe.
«Be’ tesoro, non abbiamo litigato. La zia sta solo prendendo una… pausa di riflessione, diciamo.»
Magari, mi dissi.
«Cota vuol dile pausa di liffessione?»mormorò incuriosita, balzando giù dalla seduta.
Mi accomodai su una panchina, con lei accanto e Sean fra le braccia. Come potevo spiegare a una bimba di appena tre anni cosa fosse successo fra me e Bella?.
«Be’, la zia ha solo bisogno di passare un po’ di tempo fuori da casa, per capire se mi vuole ancora bene o no.»
«Ma la tia ti vuole bene, tio Eddy. È come per mamma e papà, che si basano e fanno tanti bei bimbi.»mormorò e risi. Il suo ragionamento ovviamente non faceva una piega. Ma non sapevo se Bella anche allora mi amava o meno.
«Oh tesoro, lo so che la zia mi vuole bene.»risposi, anche se in parte mentivo.
Ad un certo punto Judy alzò il capo e mi ticchettò sul mento. «Guadda, c’è papà!»
Mi voltai e vidi Jasper correre trafelato verso di noi. Quando ci raggiunse, mi posò la mano sulla spalla e cercò di prendere fiato.
«Edward, Bella è in ospedale. Alice l’ha portata pochi minuti fa.»
Mi bastò sentire quelle parole perché capissi che Bella e mio figlio facevano ancora parte del mio mondo e che li amavo con tutto me stesso.




Pov Bella.

Gli ultimi venti minuti furono una specie di prova di coraggio per me.
Mi ero ritrovata in cucina, che mi tenevo alla porta mentre una contrazione mi aveva colto completamente di sorpresa e non ero riuscita a trattenere un urlo.
Eppure era teoricamente impossibile avere delle contrazioni alla ventiduesima settimana. Era relativamente troppo presto.
Il mio piccolo non era ancora pronto. Era troppo, troppo presto.
Alice mi aveva caricata in auto con la forza e mi aveva portato all’ospedale più vicino, quello di Los Angeles.
Cercava in tutti i modi di rassicurarmi che poteva capitare di avere una contrazione ogni tanto. Peccato che dopo la prima ne seguirono altre. Forse erano state cinque, forse il doppio.
Non le avevo contate ma il dolore era quasi insopportabile.
E venni portata in una camera nel reparto di maternità. Nel leggere il nome “Ostetrica e Sala Parto” mi si era gelato il sangue nelle vene.
L’infermiera mi sistemò meglio la flebo. «Come si sente?»
Ci riflettei qualche secondo. «Tutto sommato bene. Solo un grande spavento. Questo piccolo mi fa già stare in pena adesso.»
La donna non trattenne il sorriso che spontaneo le nacque sul viso. «Si dice che se sono birbantelli nella pancia, fuori saranno calmissimi e bravissimi. Io ho avuto cinque figli e le posso assicurare che la prima, il terzo e l’ultima erano dei bei peperini. Scalciavano in continuazione eppure quando nacquero e li portammo a casa, erano degli angioletti. Invece il secondo e la quarta erano i neonati più dolci che si potessero avere in grembo e in compenso sono venuti fuori due pesti.»
Sorrisi. «Cinque figli? Un bel numero! Come si chiamano?»
«Annalise, Adam, John, Christine e Helen.». Nei suoi occhi brillò una scintilla e capii che erano i suoi gioielli, le cose a cui teneva di più.
Ebbe il coraggio di accarezzarmi i capelli e di sporgermi un altro sorriso prima di uscire.
Non avevo mai visto una donna che tenesse così tanto al suo lavoro e che cercasse in tutti i modi di tranquillizzare una paziente irrequieta come la sottoscritta.
Mi assestai sulla montagna di cuscini su cui ero appoggiata e osservai il resto della stanza. Le camere erano dipinte di giallino e vi erano foto di pance e illustrazioni sulla crescita del neonato e del grembo materno. Insomma, era una camera accogliente e donava calore, per quanto fosse possibile.
Qualcuno bussò e quando mi girai Alice era già al mio fianco. «Oh tesoro, non sai come mi sono spaventata.»
«Ehi, dovresti averci quasi fatto l’abitudine dopo tutto quello che ci è successo. E poi anche io mi sono terrorizzata. Tu hai esperienza, io purtroppo no.»
«Però non fa mai piacere essere colta alla sprovvista da una contrazione. Hanno capito l’origine degli spasmi?»
Feci spallucce. «Ancora no. Però mi hanno messo una flebo di Spasmex per far sì che finiscano e a minuti dovrebbe arrivare una dottoressa a farmi l’ecografia.»
Alice esaminò la cartella ai piedi del letto. «L’importante è che il bambino stia bene. Quello è fondamentale. Poi è bene sapere la cause delle contrazioni. Una o due sono anche normali, ma giò cinque o sei direi di no.»
Non risposi più e mi abbandonai nei cuscini, mentre Alice mi sfiorò il braccio e uscì dalla stanza.
Finalmente un po’ di pace, pensai. Ma sentii dei chiacchiericci fuori dalla porta ma pensai fossero li infermieri che confabulavano.
Invece dopo qualcuno socchiuse la porta e… Be’, quello che avvenne fu un misto di emozioni.
Il suo viso si allargò in un timido sorriso. I capelli erano tutti arruffati e aveva l’aria di uno che ha corso la maratona.
Non dissi nulla e lui avanzò goffamente verso di me, stringendo un mazzo di fiori. Iris e orchidee per l’esattezza. I miei preferiti.
Il silenzio che c’era fra noi era imbarazzante e nessuno di noi due si azzardò a romperlo.
Io non volevo assolutamente aprire bocca, ma non perché ce l’avessi con lui –anche se in parte era così, ma perché non volevo scoppiare in un pianto irrefrenabile che mi facesse cadere ancora più in profondità.
Depose il mazzo di fiori nel vaso accanto a me e mi guardò, con  uno sguardo carico di sofferenza e di rammarico. «Ciao.»
Mi tirai su a sedere, per vederlo meglio in faccia. «Ciao.»
Era già un grande passo. Qualcosa in quelle due settimane era cambiato fra di noi, ma non tanto abbastanza da poter rompere il nostro legame. Al massimo aveva potuto rovinarlo un po’, consumarlo.
«Jasper è… venuto a dirmi quello che è successo. »
Annuii. «Sì, quando sono uscita di casa con Alice, lui stava già correndo verso il parco.»
Indugiò nel sedersi al mio fianco, ma alla fine il coraggio non gli mancò.
«Come… come ti senti?»mormorò e avrei voluto sputargli in un occhio. Invece fummo interrotti dalla dottoressa Flint che entrò nella camera, trascinando la macchina per le ecografie.
«Non volevo disturbarvi.»mormorò imbarazzata. «Se volete entro più tardi.»
«No no Danielle. Non preoccuparti.»accorsi io, scambiando un’occhiata a Edward. Era tutto così diverso. Quasi come se uno dei due volesse parlare ma aveva paura di interrompere l’altro.
Sorrise impacciata e mi scoprì la pancia. «Controlliamo cosa succede qui dentro.»
Guardai Edward che non si azzardava a stringermi la mano o ad avvicinarsi ma appena vedemmo il nostro bimbo sul monitor ogni timore scomparve.
«Direi che sta benone.»sussurrò la dottoressa, muovendo l’ecografo sul ventre. «E’ cefalico, probabilmente ha spinto un pochino con la testa e l’utero si è contratto. Capita se il bambino è già a testa all’ingiù.»
Annuii e un impulso mi fece  stringere la mano di Edward quando nella camera si propagò il suono del battito del nostro piccolo. «E il sesso, si vede?»
Danielle provò a far girare il piccolo ma senza successo. «Ha le gambine rannicchiate contro il petto e non sembra volersi spostare.»
Feci spallucce, poiché mi importava solo che il piccolo fosse sano, e quando mi girai per guardare Edward… Be’, era semplicemente in lacrime.
«Ci vediamo comunque fra due settimane Bella, così controlliamo se il piccolo è cresciuto ancora.»
La dottoressa uscì dalla stanza e ritornai a guardare Edward, che frettolosamente si asciugò le lacrime.
«Come ti senti?». Riprese da dove era stato interrotto e io abbassai il capo.
«Come vuoi che mi senta?»mormorai con gli occhi che pizzicavano. «Hai pensato a quanto ho sofferto in queste due settimane?»
«Bella, ascoltami. Mi dispiace tantissimo. Mi vergogno come un cane di quello che ti ho fatto passare. So esattamente che razza di coglione sono stato, che non ti ho fermato e ti ho lasciata andare via, così su due piedi. Comprendo perfettamente la tua scelta di piantarmi perché vista in quel modo poteva sembrare perfettamente… quello che hai frainteso tu. Ma credimi… Io con quella lì non ho fatto assolutamente nulla, lo giuro su me stesso, anche se un fulmine mi dovesse colpire in testa adesso.»
«Edward, ti prego…»mormorai, guardandolo qualche secondo.
«No no Bella, lasciami finire. Fino a qualche tempo fa, fino a quando non ho visto l’ecografia, quella che ho saltato solo perché ero in sala operatoria a salvare un bambino che poteva essere il nostro, avevo paura che tutto potesse trasformasi ma ora sono cambiato.»
Trattenni il fiato. «Tu… tu credi poco nel cambiamento.»
«No invece! Sono cambiato perché ho capito che chi non da peso al cambiamento è un misero deficiente, cioè quello che ero io! Ora ho capito che tutto quello che abbiamo fatto assieme è racchiuso qui dentro.»
Mi sfiorò la pancia e cacciai indietro le lacrime. «Vorrei poterti credere…»
«Invece devi farlo perché ora non mi importa più niente di me stesso! Ora tutto quello che mi interessa siete tu e lui. Non posso vivere senza voi due. Io… ti amo alla follia e mi sono innamorato alla follia. Mi sono innamorato di mio figlio.»
Ormai pensavo potessi crollare da un momento all’altro. «Sul serio?»
Annuì con il capo e mi sorrise. «Sono innamorato del fatto che sei tu l’altra parte perfetta di lui. Sono innamorato del fatto che lui è il mix perfetto di noi due, un gioiello del nostro amore.»
Ero sull’orlo di una crisi di pianto. «Edward, hai quasi rovinato tutto! Come faccio…»
Toccò delicatamente la pancia. «Stt. Sei nel sesto mese. Il bambino comincia a sentirti.»
«E tu come fai a saperlo?»
«Mi sono documentato! Ho letto “cosa aspettarti quando aspetti un bambino”, ho chiesto a mia madre, ho frequentato dei corsi per padri. E ho venduto l’auto.»
Oh… Non era possibile. La sua adorata automobile, la sua amata Audi, che aveva ancor prima di conoscere me. «Davvero?»
«Sì! È una Citroen C3 Picasso. Azzurra, dato che a te piacciono le auto colorate, con tutti gli optional disponibili per le famiglie e c’è anche il seggiolino.»
Con il groppo in gola, lo guardai negli occhi. Quei suoi occhi verdi che mi erano tanto mancati.
Il mio sguardo cadde sulla sua mano fasciata. «Che ti sei fatto?»
«Oh questa?»alzò l’arto infortunato. «Un piccolo errore di riflessione.»
Sorrisi, cercando di sembrare il più naturale possibile. Mi sfiorò le mani congiunte sul grembo.
«E poi c’è un'altra cosa.»mormorò, estrasse dalla tasca dei jeans una scatoletta blu di velluto e me la depose fra le mani.
Non capii più niente in quell’istante e gli lanciai un’occhiata per avere un suggerimento, anche se l’incredulità al momento era a mille.
«Aprila.»
Rigirai l’astuccio per esaminarlo meglio e con le mani tremolanti la aprii. Un piccolo anello di platino brillò sotto la luce fioca dell’abat-jour e il piccolo brillante scintillò.
«Oddio Edward…»mi si mozzò il fiato e lui catturò il mio viso fra le sue mani.
«So che può sembrare una pazzia…. Ma mi vuoi sposare di nuovo?»
In quel momento tutti i miei problemi e le mie paure svanirono e il mio amore per Edward tornò a galla.
«Sì…»mormorai con la poca forza che avevo nel corpo. Tutta la sorpresa uscì con le lacrime e abbracciai Edward.
Le nostre labbra si incontrarono dopo tanto tempo e il piccolo scalciò all’impazzata.
«Dio Edward.»mormorai, e i nostri nasi si sfiorarono.
«Vi amo tanto, tantissimo.»sussurrò lui, carezzando il pancione e un calcetto arrivò poco dopo.
«Anche io ti amo, anche io.»dissi fra i singhiozzi e capii che nulla mi importava più e che mi ero nuovamente innamorata di lui e di mio figlio.
Per via di una piccola pazza cosa chiamata AMORE.






Ultime cosine:
Awwww io ho il diabete a mille non so voi *_________________________*
Ditemi... come vi sono sembrati? Com'è venuta la scena? u.ù
Ci ho messo taaaaaaaaaaaaaaaaanto AMORE **
E l'ho scritta in... 6 ore? Sì, mi sento potente cavolo u.u
Vabbò, aspetto numerose le vostre recensiomni <3
Un mega bacione e ancora buon natale <3
Giulia
 


   
 
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