Quella
mattina ricevetti tanti di quei messaggi che il mio Nokia
andò in tilt: "Buongiorno,
fai buon
viaggio", "Buon viaggio e divertiti", "Mi hanno detto che
parti, buon viaggio allora."
Ero
felice, finalmente
staccavo un po' dalla mia monotona vita.
Ero
anche preoccupata... di lasciare tutto e non
ritrovare nemmeno quel poco che avevo al ritorno; di fare un buco
nell'acqua e
peggiorare la mia situazione; o di non inserirmi bene a scuola tra i
compagni.
Mio
padre mi avrebbe aspettato all'aeroporto, poi
mi avrebbe fatto vedere la mia nuova casa e lasciata riposare.
Salii
nell'aereo che erano le undici passate, ero
un po' nervosa, ma era normale... era un grande passo quello che stavo
per fare
e non mi sarei tirata indietro;
Ormai
era fatta, tra circa due ore mi sarei ritrovata
da tutt'altra parte.
Mi
diedi un pizzicotto, ancora non ci credevo.
L'aereo
decollò, iniziava la mia avventura.
Durante
il volo non badai a niente, né alle tre o
quattro hostess che percorrevano il corridoio centinaia di volte,
né alla tipa
seduta accanto a me.
C'erano
solo le mie cuffie, il mio iPod, la musica
e le soffici nuvole fuori dal finestrino.
Sofia
aveva inserito tutte le canzoni dei one
direction... quelle cinque voci, insieme a quelle di Adele, Bruno Mars
e la
Cyrus mi guidarono per tutto il viaggio, interrotte da quelle di
qualche
cantante italiano che era finito lì per caso, non che non mi
piacesse la musica
italiana, eh.
I
miei occhi puntavano dritti fuori dal finestrino
proiettando meravigliose immagini, talvolta chiudendosi, altre volte mi
incantavo e i pensieri inondavano la mia mente.
Erano
le tredici e qualcosa quando l'aereo tocco
l'asfalto. Londra, sono arrivata.
Accesi
il telefonino e chiamai mia mamma,
l'aggiornai e mandai un bacio a tutti.
Vidi
mio padre era lì da un quarto d'ora circa, ci
abbracciammo poi parlammo un po' della scuola, aveva già
sistemato tutto.
Salii
in macchina mentre mio padre caricava le
valigie, mi ero portata tutto il mio armadio, per lo più si
trattava di jeans e
felpe.
Destinazione:
nuova casa.
Scesi
dalla macchina.
Ero
ad un passo dalla porta di quella che sarebbe
stata la mia casa per un bel po' di tempo.
Entrai,
mio padre stava dietro.
La
casa era abbastanza grande, eravamo tre ragazze
ad abitarla.
-
Ciao, piacere sono Roberta.
-
Piacere mio, Elizabeth.
-
Io e Claire abitiamo qui da un po', spero ti
ambienterai presto. Ah Claire è l'altra ragazza, un po'
schietta, ma molto
divertente. Vedrai ti farà simpatia. In quanto a me mi
conoscerai col tempo.
Questa è la tua stanza.- disse indicando una camera che si
trovava in fondo al
corridoio a destra.
-
Oh, sì, mi piace.
-
Sapevo ti sarebbe piaciuta.- disse mio padre-
Adesso vi lascio, devo scappare, divertiti Lizzie.- mi baciò
la fronte e uscì.
-
Beh, lui è mio padre.
-
Di dove sei?
-
Italia, tu?
-
Oh, ma che coincidenza, sono di Roma, beh,
almeno adesso potrò parlare un po' della mia lingua, sai
Claire è inglese.
-
Ah, bene, diciamo che adoro l'inglese e lo so
parlare più o meno, ma mi da' tanto sollievo sapere che
qualcuno parla la mia
stessa lingua.
-
Ahahah, ci aiuteremo a vicenda!
Parlammo
per un altro po' di tempo, Roberta aveva
la mia età, era una vivace rossa con gli occhi verdi, era
davvero una bella
ragazza, alta e snella, davanti a lei non mi sarei nemmeno vista, ero
qualche
centimetro più bassa, circa tre o quattro.
Più
tardi arrivò l'altra ragazza, una biondina con
gli occhi profondi e azzurri come il mare, sembrava una barbie se non
fosse stato
per l'altezza, era la più bassa tra noi tre. Già
Londra mi piaceva.
Era
il periodo natalizio e le ragazze avevano
decorato un piccolo alberello in salotto.
Verso
il tardo pomeriggio misi la musica e iniziai
a sistemare la mia camera.
Scoprii
che anche alla ragazza inglese piacevano i
one direction, sembravamo due sceme mentre parlavamo di loro.
Mi
addormentai presto, era stata davvero una lunga
giornata.
Mi
svegliai alle undici e mezzo a causa del mio
cellulare che continuava a squillare e squillare... era Sofia.
Risposi:
-
Ehi dormigliona! Ti sei svegliata adesso eh? Si
vede perché non parli. Piaciute le canzoni che ho messo nel
tuo iPod? Sai che
qui non c'è il cd, magari lì lo trovi.
-
Mh... sì, poi vedo, come stai?
-
Bene, inizi a mancarmi, ma vabbé... tu?
-
Bene, domani è la vigilia, una delle poche che
passiamo lontane.
-
Già, divertiti eh! Io lo farò, credo, tu so che
passerai un bel Natale lì.
-
Ci mancherebbe. -ridemmo.- Ora vado a fare la
doccia, ciao bella, un bacio.
-
Ciao scema, ti voglio bene.
-
Anch'io.
Il
pomeriggio le ragazze mi fecero fare un giro
per Londra. Scoprii che erano davvero molto simpatiche e divertenti,
entrambe,
io e Roberta saremo state nella stessa classe molto probabilmente,
passai un
bel pomeriggio, stare lì mi piaceva.
Era
come se in qualche modo dovessi stare lì,
iniziai a pensare di starci per più di un anno, ma per
adesso ero lì, e mi
sarei goduta il momento senza pensare a cosa avrei fatto "dopo".
Claire
mi disse che una volta era stata ad un
concerto dei 1D ma non li aveva ancora visti a Londra, ma entrambe lo
speravamo; Rob invece diceva che erano davvero dei bei ragazzi, nulla
di più.
Ma ognuno la pensa a modo suo, in fondo i gusti sono gusti e ognuno ha
i propri.
La
mattina seguente trovai un pacco nell'ultima
valigia che mi era rimasta da sistemare. C'era un biglietto:
"È
il primo Natale che passiamo lontane, so già che mi
mancherai, ma è una tua scelta, e sono felice che tu possa
fare quest'esperienza.
Spero che il mio regalo ti piaccia, piccola mia. Ti voglio bene, e ti
conosco,
so che aprirai il regalo appena lo troverai.
Baci, la mamma. :)"
Oh,
ma che dolce, aprii... era un album, iniziai a
sfogliarne le pagine.
Mi
portò
così tanti ricordi, vacanze, momenti in famiglia, feste... e
in tutte queste
eravamo una famiglia. UNITA.
Io, Mia, mamma e papà.
Tutti. Insieme.
Un professore di religione una volta disse che quando i genitori sono
separati
non è più una vera famiglia quella.
Beh, ripensandoci adesso mi ferivano quelle parole, ma io una famiglia
ce
l'avevo... spezzata, ma c'era.
Uscii avevo bisogno di aria, di stare sola.
Poco dopo le lacrime iniziarono a bagnarmi il viso, il vento le
asciugava
provocando una brutta sensazione di freddo.
Tutte quelle vacanze, quei momenti... mi ricordavano che non sarebbe
stato più
così, niente più come prima, niente insieme,
niente come una famiglia, o con
lei o con lui, adesso erano due cose separate.
Distinte, seppur ad ognuno davo la medesima importanza.
Ma ciò non si poteva cambiare, credo.
Di sicuro IO non avrei potuto cambiare nulla.
Io non potevo fare NIENTE, mi sentivo così inutile.
Mi sedetti in una panchina, levai un po' di neve che stava sopra essa e
mi
sedetti, davanti un parco.
Quella città era magica, era la vigilia di Natale
più bella che potessi passare
e io stavo lì a piangere.
Sola...
Anche se qualcuno si era appena seduto, ma non osavo guardare chi
fosse, stavo
piangendo e non mi piaceva che qualcuno mi vedesse.