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Autore: strafe    29/12/2011    4 recensioni
questa è la storia dell'Oracolo dell'antica Ilirea, una persona potente che però ha un solo sogno, la conoscenza, e scoprirà che ogni suo sogno diventerà realta se solo lei lo vuole...è la mia seconda ff e spero che vi piaccia...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angela
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap 2

Il Rispetto

Aveva sempre pensato che gli Urgali fossero un popolo di combattenti e vedendone uno arrendersi così sentì le sue certezze crollare.

Sapeva che il resto del villaggio non l'avrebbe accettata ma così doveva fare e almeno per un paio di giorni avrebbero accettato il suo comando secondo le leggi Urgali.

In più poteva approfittare del fatto che molti di quelli che adesso formavano il suo popolo erano terrorizzati da lei, sia perchè era riuscita a sconfiggere cinque dei loro guerrieri in un attimo sia perchè sapeva usare la magia, magia che da sempre terrorizzava quel villaggio.

Prese subito il controllo della situazione che iniziava a degenerare, non sapeva cosa dire ma solo il fatto di muoversi fece calare un silenzio pesante sull'assemblea, i guerrieri si sedettero di nuovo, le donne zittirono i loro figli o li portarono nelle loro tende.

Era incredibile il potere che aveva, ogni suo movimento era seguito dagli sguardi di tutti i presenti, che si scansavano appena lei si avvicinava.

-Non sono qui per farvi del male – disse – io posso aiutarvi, ho visto come vivete, i vostri più grandi problemi, e ho il potere di risolverli, si faccia avanti chiunque abbia un compito da farmi svolgere che riguardi la sopravvivenza di questa tribù e sarò molto felice di aiutarlo anzi di aiutarvi, tutti voi...perchè io posso.

Seguì un silenzio carico di tensione nessuno si fece avanti, i minuti scorrevano in fretta tra le dita del tempo.

Solo una Herndall, una madre Urgali, si fece avanti, disperata perchè suo figlio era nato due settimane prima con una gamba molto più debole del normale, e sapeva che sarebbe stato emarginato per tutta la vita, se non ucciso prima di arrivare all'età adulta.

La ragazza si fece portare alla sua tenda, il neonato era sdraiato su delle pelli di orso, la gamba destra era normale, ma la sinistra era più corta e molto più sottile, quasi come la gambetta di un umano.

Si può fare qualcosa??- l'Oracolo non ne era sicura, ma era successa la stessa cosa nella Du Weldenvarden, un piccolo elfo non nasce spesso, e quando la creatura era nata deforme tutta la comunità era stata percossa da un grande dolore e aveva usato un incantesimo per rimediare, solo che in quel caso tutti gli elfi presenti avevano unito e loro forze perchè grande era l'energia necessaria.

La sua forza era di molto superiore a quella di un qualsiasi elfo e per la prima volta lei avrebbe potuto davvero mettersi alla prova.

Chiese qualcosa su cui scrivere, poi formulo tutte le possibili varianti dell'incantesimo che era lungo e complesso, una sola parola di troppo e avrebbe potuto uccidere il bambino e rischiare la vita lei stessa.

Le ci volle un po' ma alla fine l'incantesimo era pronto.

Ogni sillaba che pronunciava era pesante come una notte senza luna, l'energia che infuse in quell'incantesimo fu tale che avrebbe potuto uccidere tutti i presenti all'istante, ma quando l'incantesimo fece effetto e sentì il potere che si estingueva l'Oracolo chiuse gli occhi, per paura dii aver fatto un enorme disastro.

Li riaprì solo quando le urla di giubilio della madre riempirono la tenda,il bambino stava bene, e la gamba era normale.

Mai la giovane dai capelli rossi si era sentita così felice, e la felicità che stava provando non era un sogno o una visione, ma la stava provando in prima persona e quello fu il dono più grande.

Tutto il villaggio tranne le sentinelle si era raccolto intorno alla tenda, tutti gridarono di gioia quando la Herndall ne uscì con il neonato salvo in braccio.

Quando finalmente riuscì a tirarsi in piedi e a uscire davanti alla folla urlante tutti erano tornati intorno al falò, anche lei si avvicinò, con un passo lento perchè era tanta l'energia che aveva speso.

Era di nuovo al centro dell'attenzione, da una parte sentiva ancora il pianto della donna Urgali con in braccio suo figlio.

Un maschio Urgali si alzò dal suo posto, avvicinandosi, si doveva ancora abituare alla spaventosa altezza di quegli essere che ormai poteva dire, erano molto molto simili agli umani e forse anche un pochettino più intelligenti in certi casi.

-Io sono il fratello del vecchio capo, sono Nar Daroen, accetto il tuo comando e giuro sulla luna rossa che ci sovrasta e a nome di tutta la tribù degli arieti della tribù di Bolvek che nessuno dei presenti ti arrecherà danno, siamo un popolo di barbari, questo te lo concedo, ma teniamo sempre fede ai giuramenti.

Gli altri abitanti del villaggio ruggirono in segno di approvazione, quella era stata una giornata davvero molto entusiasmante per la rossa, ma lei non dubitava che non sarebbe finita lì, anzi, era appena cominciata.

Daroen la accompagnò fino alla tenda dell'ex capotribù, dentro ebbe l'impressione di trovare una gigantessa, la moglie del capo Urgali era alta quasi il doppio di lei, e anche se lei non era proprio una spilungona era comunque un'altezza notevole.

Era china su una rozza culla, da cui proveniva il dolce vagito di un neonato, la donna le toccò la spalla, e quella trasalì, voltandosi di scatto, e l'Oracolo si ritrovò davanti a due occhi fiammeggianti e pieni di collera e dolore, un dolore puro, un dolore così travolgente che tutt due ne furono possedute.

-Io... - la ragazza non sapeva cosa dire, aveva portato il suo amato al suicidio e poi aveva preso il suo posto al comando della tribù, era quella la verità e non sapeva come farci i conti.

Uscì dalla tenda senza aggiungere altro e si diresse verso i confini del bosco, sempre seguita da quello che già considerava suo amico, che anche se la seguiva da vicino produceva solo lievi suoni.

Voleva sfogarsi, quindi diede l'ordine di prepararle una tenda e Dareon si allontanò, rimase da sola, rannicchiata sotto un pino e piangere, si era sporcata le mani con il sangue di quello che forse non era un'innocente, ma di sicuro non le aveva fatto niente di mela, e adesso che lo avevano bruciato l'unico segno che aveva lasciato sulla terra erano quei quattro segni paralleli sul suo costato che erano state le sue unghie a provocare.

Pianse finchè i suoi occhi non si prosciugarono, ma rimase comunque rannicchiata sotto quel bellissimo albero ricoperto da goccioline di rugiada, rimase lì finchè i primi raggi del sole accarezzarono le punte dei monti, incendiandone i ghiacciai rischiarando il cielo.

La ragazza non aveva bisogno ne voglia di dormire, ma quando tornò al villaggio non trovò nessuno, nemmeno le sentinelle, l'unica cosa che si muoveva era il sottile filo di fumo che era l'unico segno della pira funeraria di Nar Garzvogh.

Dareon uscì dalla sua tenda, si avvicinò per fornire spiegazioni ma la rossa lo liquidò con un gesto, sapeva che il giorno dopo la cerimonia per la luna rossa tutti gli uomini e le donne dovevano stare insieme fino allo zenit del sole, a costo di farsi massacrare tutti per non avere montato la guardia.

Intanto l'unico ariete che non credeva negli dei ed era proprio davanti a lei la informò che la tribù da un po' di tempo soffriva la fame perchè i branchi di cervi si erano spostati, l'unica era di abbattere uno dei pochi Nagra, i cinghiali giganti che si credeva vivessero solo nei monti Beor, ma nessuno dei guerrieri si era offerto di provarci, tutti dicevano che era troppo pericoloso.

Non poteva non accettare la sfida che gli stavano porgendo, aprì la mente, tentacoli di coscienza spaziarono un raggio di quasi dieci miglia, trovando quello che stava cercando dopo pochi secondi.

Si fece prendere in braccio dal Kull e lo fece dirigere di corsa verso il punto dove il mostruoso animale stava ancora riposando fin quando non furono a pochi metri da lui.

Il vento cambio, e il lezzo Urgali lo fece svegliare, ma l'Oracolo non aveva intenzione di farselo sfuggire, uscì allo scoperto, guardando lo stupido animale negli occhi, senza muoversi, nemmeno quando quello lo caricò, ma si immerse nel flusso del potere che gli scorreva in corpo e mormorò una sola parola nell'Antica Lingua: Morte.

Ma lo slancio non lo fece arrestare, e lo portò fino ai suoi piedi, al suo posto, ai piedi di un essere a lui superiore, un essere molto più potente di quello che si potesse pensare, l'essere forse più potente e saggio che il mondo avesse mai visto.

 

Mi scuso con tutti quelli che aspettavano il secondo capitolo di questa ff ma ho avuto qualche problema...spero che vi piaccia questo come il primo capitolo...:)

  
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