Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: JulsBellss    29/12/2011    0 recensioni
Questa storia narra di una ragazza che ha molto sofferto, di un licantropo che continua a soffrire e di un barlume di felicità che si sta per affacciare alla loro finestra dopo il temporale burrascoso svoltosi nella loro vita. Ma questa storia non è una favola, non terminerà proprio con il "felice e contenti" della Meyer in Breaking Dawn, perchè la vita reale non è una favola.
Quindi, fate finta per un attimo che Jacob non abbia avuto l'impriting con Renesmee. Provate ad immaginare un finale felice anche per lui, non solo un contentino per rendere tutto più facile.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 5
Voglio solo che tu mi creda, punto.




Me ne stavo seduta su una sedia scomodissima nel mezzo della centrale di polizia. Mi passavano davanti in continuazione persone vestite di blu con distintivi e moduli da compilare. Mi fissavano. Mi giudicavano. Alcuni sospiravano e scuotevano la testa; io ero immobile, con il volto basso e cercavo di riordinare suoni, parole, immagini che mi si sovrapponevano nella mente.
David. Spiaggia. Bottiglietta di vodka. Amy. Polizia. Charlie Swan. In arresto.
Non riuscivo a coordinare queste parole a formare una frase unica.
Il tenente Swan mi si avvicinò. La sua faccia non lasciava trasparire nessuna compassione per una povera innocente, quale per una volta ero io.
«Ci sono tuo padre e tuo fratello all’entrata», disse con una voce roca e profonda da uomo sulla cinquantina.
Annuii avviandomi dietro di lui.
Kyle e James erano sull’uscio e mi guardavano esasperati.
«Signor Stewart, sua figlia viene rilasciata ma le è stata fatta una denuncia per possesso illecito di stupefacenti e alchol che lei ha condiviso con delle minori».
Bugie! Tutte fottute bugie!
«Mi dispiace, non so che altro dirle, buona serata, tenente Swan», James aveva appena un filo di voce per parlare.
«Anche a voi». Charlie mi lanciò un’ultima occhiata truce e ci congedò.
Salimmo in silenzio in macchina e per tutto il viaggio di ritorno a casa nessuno aprì bocca, nemmeno Kyle che di solito mi faceva pesare tutto ciò che facevo di sbagliato aveva osato proferire parola, se ne restava con le braccia conserte, seduto sui sedili posteriori.
Arrivati davanti a casa mio padre fece scendere il mio fratellino e gli ordinò di andare a letto e aspettarlo lì perché lo avrebbe raggiunto poco dopo.
Rimanemmo soli in macchina. Non sapevo che dire. Sapevo solo che non mi avrebbe creduto qualunque cosa io gli avessi raccontato. E la cosa mi uccideva dentro. In fondo anche se odiavo che la nostra famiglia si fosse accartocciata su se stessa come i petali di un fiore appassito, e nonostante il fatto che io odiassi anche James, non volevo deluderlo, non così, in ogni caso.
«Perché, Juls, perché ti riduci così? so quanto tu sia ancora amareggiata da tutto quello che è successo, ma non rovinarti così, con quella roba poi, che diavolo ci fai? Eh? Insomma…»
«Papà, ti prego, è ovvio che quella roba non era mia, a dirla tutta anzi l’unica cosa che mi apparteneva era una bottiglietta di vodka che però non avevo mai bevuto, te lo giuro. Papà, ti prego», lo interruppi trattenendo a stento i singhiozzi dovuti al nervoso che mi salivano in gola.
«Juls, ma come fai a mentirmi? Sono tuo padre, in fondo!»
«Ed è proprio per questo che ti sto dicendo la verità, io non bevo né mi faccio di niente, puoi chiederlo a mamma, lei lo sa».
«non tirare in mezzo tua madre ora, Juls!», non stava urlando eppure per me era come se la sua voce sovrastasse tutto ciò che dicevo o pensavo.
«Dimmi cosa devo fare con te, Juls. Dimmi che cosa vuoi che faccia perché io davvero non so che pensare».
«Voglio solo che tu mi creda, papà!», urlai per farmi sentire.
Calò il silenzio, e lui mi osservò per una manciata di secondi.
«Ti prego», lo supplicai sussurrando.
Lui di tutta risposta sospirò. «Allora, avanti, raccontami che è successo».
Raccolsi tutta l’aria che era rimasta nell’abitacolo e incominciai a parlare.
«David mi aveva invitata a passare con lui e le sue sorelle la serata sulla spiaggia, io ho accettato, perché non volevo restare qui con te e Kyle. Così, sono andata e loro facevano i cretini e tiravano fuori vagonate di birre e altri alcolici dalle borse delle due ragazze, poi ad un certo punto io mi sono allontanata da sola sulla spiaggia per non vederli ancora rimbecillirsi con tutta quella merda; appena sono tornata mi sono seduta vicino alla mia borsa e ho visto che Stella, una delle due sorelline di Dave stava male, e poi non so come, è spuntato Charlie e tutti gli hanno detto di guardare nella mia borsa e lui ci ha scoperto dentro quello che sai, ma ti giuro in nome di Dio che io non possedevo nulla di tutto ciò».
«Quindi pensi che te l’abbiano infilata loro dentro mentre tu eri distratta?», chiese più calmo.
«Esatto».
«Ma perché il tuo migliore amico avrebbe dovuto farti una cosa del genere?».
«Lui non è il mio migliore amico», sussurrai a denti stretti.
«tutti a LaPush sanno che David e i suoi amici sono un gruppo di squinternati; bevono, fumano, e le due ragazze sono sempre in compagnia di strani tipi di altre città, ma non posso credere che lui ti abbia fatto una cosa simile, insomma è sempre stato un bravo bambino fino a quando non te ne sei andata tu, non so».
«Cosa vuoi dire con questo?».
«Voglio dire che se è vero quello che dici allora dovremmo chiarire tutto con la polizia».
«Cioè, vuol dire che mi credi, mi credi davvero?».
«Sei mia figlia, Juliet, io andrei contro al mondo per te, ricorda telo, non importa tutto ciò che ci è capitato, tu sei e resterai sempre mia figlia».
Mi accarezzò i capelli con la mano ed io presa da un sollievo inaspettato mi lasciai andare in un pianto ininterrotto.
«Grazie, grazie, grazie, papà», dissi tra i singhiozzi.
Mi aveva creduto. Mamma non mi aveva mai dato la possibilità di spiegarmi quando tornavo a casa il mattino dopo una nottata intera in giro, quando prendevo voti orribili a scuola o quando scappavo di casa per non vederla con Robert.
Nessuno mi aveva mai da dieci anni a questa parte dato tanta sicurezza e senso di calore quanto aveva fatto quella sera mio padre, e gli fui infinitamente grata da quel momento.
«Vai a letto ora, dormiamoci su e poi domani si vedrà, per ora non pensarci, d’accordo?», disse premuroso.
Annuii e uscimmo insieme dalla macchina. Entrati in casa lui andò a rimboccare le coperte a Kyle, come promesso, ed io me ne andai direttamente in camera mia salutando entrambi dal corridoio.
Mi spogliai e mi infilai sotto le lenzuola cercando di rilassarmi e di non pensare a quello che mi era accaduto in quella serata.
Volevo solo scivolare lentamente nel sonno e lasciare che i sogni prendessero il soppravvento su di me.
Lente immagini di sorrisi e fiori mi riempirono la mente; un profumo inaspettato di pino selvatico e muschio mi perforò i polmoni e in un attimo il sole sbucò dalle alte fronde delle querce, quelle che si trovano solo sul punto più alto della montagna e che oltrepassano il cielo per arrivare più alto di quanto il mio sguardo da umana potesse vedere; tutto attorno a me una luce abbagliante, rosa come quella dei fiorellini che sbucano per primi sotto la neve dopo l’inverno, mi avvolse come un abbraccio caldo e accogliente e non mi sembrò più di sognare: vidi con esattezza le braccia che mi lambirono i fianchi e così protetta, mi lasciai stringere per tutta la notte senza esitazione, lasciandomi trasportare da quella meravigliosa sensazione di famiglia, di casa. 
Mi risvegliai di scatto nel mio letto, i raggi solari penetravano dalla finestra socchiusa e la vocetta di mio fratello mi giungeva alle orecchie come una melodia mentre canticchiava qualche canzone natalizia che non c’entrava nulla con quella giornata.
Mi stropicciai gli occhi lentamente per riavermi da quel sogno magnifico. Sentivo ancora la leggera e delicata pressione di quell’abbraccio. Doveva per forza essere l’abbraccio di mio padre. Sicuro.
Sorrisi mentre mi mettevo seduta e assaporavo quegli ultimi istanti di tranquillità prima di andare a scontrarmi con la realtà. Non sapevo se mi avrebbero rinchiuso in una cella fredda e piena di topi, o se mi avrebbero creduto. Lo sguardo severo del tenente Swan continuava a ripresentarsi nei miei pensieri. Sicuramente non me l’avrebbe data vinta così facilmente, insomma, si sa che le ragazzine provenienti da grandi città come Los Angeles sono immerse fino al culo di quella merda. Proprio una vera merda.
Era la mia parola contro quella di un ragazzo del posto. Uno che aveva sempre vissuto a LaPush e che aveva una famiglia perfetta e non era stato trascinato via dal posto dove era nato. Bella, la merda.
Inspirai e finalmente mi decisi ad alzarmi. Il pavimento di parquet era freddo gelato. Ripensai per un attimo all’opzione di restare nel letto e fingere un malore, ma lo scartai, non sono mai stata una che scappa dalle situazioni difficili, infondo.
Mi cambiai e mi infilai dei vestiti puliti, poi uscii dalla camera e oltrepassai il corridoio dalle pareti ingiallite coperte di vecchie foto di famiglia veramente imbarazzanti. La voce roca di mio padre rimbalzava lungo le pareti fino ad arrivare a me.
«sì, grazie mille, Billy, saresti molto gentile ad accoglierci in casa tua questa mattina, dovremmo parlarti». L’uomo dall’altro capo del telefono parlò per una decina di secondi prima che la parola ritornasse a mio padre. «d’accordo, a più tardi allora, ciao».
«Chi era?», chiesi a James prima che sia lui sia Kyle si accorgessero che mi ero svegliata.
«Buondì, tesoro. Ho chiamato Billy Black, gli ho chiesto se possiamo andare solo io e te da lui questa mattina, per parlare di quello che è successo ieri».
A queste parole rimasi sconvolta. Perché mai voleva parlarne con questo tizio, cosa diavolo c’entrava lui? Forse era solo una mossa per farmi sentire ancora più in colpa e in imbarazzo davanti a un suo amico. Mi infuriai, capendo che in realtà il sogno era tale e la realtà non cambia nel giro di una notte; era ovvio che mio padre non voleva affatto aiutarmi.
«Ci vai tu da Bill o come diavolo si chiama, io non vengo per raccontare a uno che neanche conosco i fatti miei, non l’ho nemmeno mai visto», dissi chiudendo i pugni fino a sentire che le unghie mi perforavano la carne. Strinsi i denti e abbassai lo sguardo mentre lui tentava di controbattere.
«Ma…credo che tu non abbia capito il mio intento; Billy Black è un amico molto stretto di Charlie Swan, il tenente che ieri ti ha arrestata. Vorrei solo fare in modo che Billy possa parlarne con Charlie e vedere se è disposto a crederti e a ritirare la denuncia, o comunque a fare chiarezza». Parlò pronunciando parola per parola come fa un papà premuroso che prima di dare la buona notte al figlio gli legge una storia. Lo guardai sbigottita. Avevo sbagliato un’altra volta su di lui.
Distesi le labbra fino a formare una linea retta e allentai la presa dei pugni.
«Ah», fu l’unica cosa che riuscii a cacciare fuori dalle labbra.
«Ma, papà, scusa io con chi sto?», chiese Kyle che seduto sul divano ci ascoltava silenziosamente.
«Starai qui da solo, se non ti spiace, poi più tardi possiamo andare in spiaggia e fare ciò che vuoi».
«Okay», sospirò il piccolo accendendo la tv.
Io intanto presi una tazza di caffè e mi sistemai vicino al mio fratellino a guardare un cartone animato, non prestai molta attenzione però, ero troppo occupata a pensare a quello che avremmo detto a Billy, e soprattutto quello che lui ci avrebbe risposto. Ero impaurita e sollevata allo stesso tempo.
Riuscivo a vedere un minuscolo puntino di luce alla fine del tunnel e questo mi rendeva un po’ più tranquilla. Sì, sarebbe andato tutto bene.

Io e mio padre arrivammo a casa di Billy poco dopo. La casa era piccola e vecchia, colorata di un color rosso porpora ormai quasi del tutto scrostato.
Nel vialetto erano parcheggiate due automobili e una moto.
Sembrava una roulotte più che una casa da tanto che era piccola.
Un uomo in seggiola a rotelle aprì la porta bianca d’entrata e fece capolino sorridendoci. «Oh, è un vero piacere conoscerti, Juls, tuo padre mi parla sempre di te e di tuo fratello. Io sono Billy Black, forse hai già avuto modo di conoscere mio figlio». Si appoggiò i palmi delle mani sulle gambe e attese una mia risposta. Suo figlio? Black. Oh, ma certo! Jacob Black.
«Oh, sì, sì, due sere fa. Ad ogni modo il piacere è tutto mio», gli strinsi la mano mentre lui continuava sorridere amichevolmente.
«Prego, entrate non state lì fuori». Ci fece strada nella vecchia casetta. Aveva un tetto davvero troppo basso anche per il mio metro e sessantasette e le pareti erano sbollate dall’umidità, ma malgrado non fosse una casa così accogliente all’apparenza c’era un odore di ricordi e sentimenti che impregnava tutto. Qualcosa che non sentivo nella mia da un bel po’ di tempo.
Assaporai a pieni polmoni quel sapore fino a che nono fui certa di esserne pregna. Billy si posizionò sul tappeto in mezzo al salotto lasciando che io e James ci sedessimo sul divano.
«Allora, dimmi, James, di cosa volevi parlarmi così urgentemente?». Disse facendo di colpo scomparire il sorriso e passando a un’espressione seria.
«Bè, ti ho già raccontato cosa è successo ieri sera…».
«Sì, ricordo», disse lui annuendo.
«Ecco, vedi, Juls può sembrare all’apparenza una ragazza ribelle e a volte maleducata, ma…».
«A me non lo sembra affatto», Billy continuava a interrompere mio padre il quale perdeva il filo del discorso. La scena sarebbe stata ridicola se solo non si fosse parlato della spada di Damocle che pendeva sulla mia testa pronta a trafiggermi.
«Esatto, perché vedi, Billy, Juliet è una ragazza molto dolce e sensibile, e non lo dico per proteggerla, ma perché è la verità. Quando siamo tornati a casa dal commissariato lei mi ha chiesto, anzi direi pregato di ascoltarla, perché afferma di non aver fatto nulla di male, e io le credo».
«Come ogni buon padre che si rispetti e che conosce la figlia come i cassetti della biancheria intima di sua moglie», disse ridacchiando. Io sorrisi divertita.
«Ma non ho capito cosa io c’entri con tutto ciò», riprese Billy.
«Avrei bisogno che tu parlassi con il tenente Swan, so che siete molto amici, e se magari lo convinci che Juls non era la proprietaria del materiale che le è stato perquisito forse potrebbe cercare di scoprire chi è il vero proprietario».
«Vorresti che io incolpassi David Brown per l’accaduto di ieri notte?», chiese.
«No, non sono sicuro che sia lui il responsabile, perché loro due da piccoli erano molto amici, forse le sorelle di lui o i loro fidanzati».
«Se mi posso intromettere, lei non dovrebbe sottovalutare David, sa essere veramente perfido con chiunque», una voce roca ci fece sobbalzare, sia io che mio padre ci voltammo e vedemmo che appoggiato allo stipite della porta che portava in cucina c’era Jacob.
«Farò quello che posso», disse Billy osservando il figlio.
Lui annuì e pose per un istante gli occhi su di me.
Io mi rivolsi nuovamente verso Billy. «Grazie mille, non so come farti capire quanto mi faccia sentire sollevata il fatto che anche tu mi creda».
«Oh, cara, tutti sappiamo che comunque quel gruppo di ragazzi non è molto apposto e poi sai, io ho una specie di potere riesco a capire se una persona mi mente oppure no, e nei tuoi occhi vedo solo paura e nient’altro». Sorrise di nuovo e io non riuscii a trattenermi dall’imitarlo.
«Ora, volete qualcosa da mangiare o da bere, Jake, sii gentile porta un po’ d’acqua ai nostri ospiti».
«Oh, no non disturbatevi, veramente, dobbiamo andare, sai ho promesso all’altra peste che è rimasta a casa di portarlo in spiaggia».
«Quanti impegni danno questi figli, ti capisco»,Billy lanciò una rapida occhiata a Jacob il quale alzò gli occhi al cielo.     Entrambi i padri continuarono a parlare di quanti problemi dessero i figli mentre io non riuscivo a distogliere lo sguardo da Jacob. Calò il silenzio nel momento in cui anche lui cominciò a guardarmi con quegli occhi penetranti color pece. Fu per un secondo ma mi sembrò di essere rinchiusa in una bolla nella quale l’unica cosa che riuscivo a sentire era il rumore del mio battito cardiaco un po’ confuso. Quando mio padre  mi richiamò la magia finì e dovetti ritornare a sentire tutto intorno a me con chiarezza.
«Andiamo dai, Juls, Kyle ci starà aspettando».
«Sì,arrivederci, Billy, grazie mille ancora».
«Di niente, ciao». Mi sembrò di sentire un ciao sommesso anche da parte di Jacob ma non ne fui certa.
Io e mio padre ce ne andammo salendo nella vecchia monovolume blu.
Sì, le cose avrebbero preso una piega migliore.







Autrice:
ciao a tutti, scusate per il terribile ritardo, ma la scuola mi ha tenuto occupata moltissimo, però sono riuscita a scrivere qualcosa, non so come sia uscito ma spero sempre che vi piaccia e che vi sembri interessante. Un bacio buona lettura.



  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: JulsBellss