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Autore: Nebula216    01/01/2012    3 recensioni
"Riattaccò, iniziando a preparare qualcosa da mangiare e godendosi i vari documentari sul paranormale; mentre stava osservando dei testi antichi, notò con la coda dell’occhio un corvo che, tranquillo, si stava pulendo le piume sul davanzale della sua finestra.
Tempo di dedicargli totalmente lo sguardo che il volatile si alzò in volo lesto, dileguandosi con pochi battiti d’ali fra le nubi dell’autunno ormai alle porte. "
Genere: Comico, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hidan, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 2: Miracle
 

 
Il suo lavoro al Miracle prevedeva l’accoglienza dei clienti e il servizio ai vari tavoli: non le dispiaceva questo, per carità, si sarebbe fatta in quattro per guadagnare, anche se le costava tanto dolore ai piedi causa scarpe col tacco e discorsi non molto puliti con ragazzi sbronzi.
C’era solo una cosa che odiava della divisa… ed era quella camicetta blu zaffiro che sembrava soffocarla.
Non dava la colpa alla sua taglia di seno, relativamente piccola rispetto ad altre sue colleghe, bensì a quei bottoni strani dalla forma di ali di angelo che non riusciva mai a far passare negli appositi buchi; in più le stava stretta, fin troppo attillata, e rischiava di veder volare qualche “ala” per il locale.
Le era già capitato, un paio di volte, e mai come in quei momenti si era vergognata tanto: i jeans a sigaretta li sopportava, le scarpe abbinate alla blusa anche, sebbene avessero un tacco di dodici centimetri, ma quella camicia proprio non la digeriva.
Iniziò a pestare la menta per preparare dei Mojito che le erano stati ordinati, abituandosi piano, piano alle varie tonalità delle luci psichedeliche: quella sera c’era il pieno, la gente sembrava stipata nei vari privè e altrettanti attendevano con ansia fuori.
Mise con cura le foglie di menta nei bicchieri, strizzando a seguito un pezzo di lime e dello zucchero di canna bianco; effettuate queste prime mosse per preparare uno dei cocktail più conosciuti del mondo, pestò lievemente gli ingredienti con un pestello nero, senza però lacerare le foglie di menta. Prese al volo dei cubetti di ghiaccio spezzati e li infilò nel bicchiere, aggiunse del rum bianco, dell’acqua gassata e un paio di pezzetti di lime, completando il tutto con una cannuccia blu scura e una lieve mescolata: il Mojito per il privè centrale era pronto.
Continuò a preparare i drink che le erano stati ordinati da un collega per quel tavolo riservato: le era giunta voce, dalla sua collega Sakura Haruno, che quella sera avevano l’onore di ospitare dei pezzi grossi della società, delle “punte di diamanti”.
Tradotto nel suo linguaggio: figli di ricchi sfondati che non facevano altro nella vita se non i mantenuti.
Mise sul vassoio, simile a una piattaforma di cristallo iridescente, gli ultimi due cocktail, un Caipiroska e una Vodka Lemon: era tutto pronto, doveva soltanto portarli al tavolo.
-Sakura! Qual era il tavolo per i dieci drink?-
Un caschetto color rosa opaco si affacciò da una porta che ricordava parecchio quelle dei vecchi saloon del West.
-Lara era il tavolo 13, privè centrale.-
-Ok grazie.-
Fece per prendere il vassoio, quando la mano dell’amica la bloccò, guardandola in modo preoccupato con i suoi occhi verdi: le due si conoscevano da una vita, ne avevano passate tante insieme e, ormai, sapevano quando qualcosa non andava. In quel momento, l’Haruno sentiva che qualcosa nell’amica non andava: ricordava quando stava male, quando aveva sofferto per un tradimento, quando era determinata a raggiungere un obiettivo… in quel momento la vedeva malinconica.
-Lara… tutto bene?-
La castana si sedette sul bancone, guardandola con le iridi avvolte dal dubbio.
-C’era un corvo sul davanzale della mia finestra… questo pomeriggio.-
L’amica sospirò, ben sapendo quanto l’altra fosse ossessionata dal paranormale e dalla mitologia: le aveva fatto una testa tanta con Odino e i suoi cupi messaggeri che ormai recitava le sue parole come una filastrocca.
Non le davano fastidio le perle di conoscenza della castana, le facevano piacere… però lei si sentiva un’estranea, e ogni qualvolta che la trovava nervosa per un motivo del genere non riusciva mai a tranquillizzarla. Ascoltò e accolse i dubbi dell’amica.
-Io… non lo so Sakura… ho un brutto presentimento.-
Disse Lara stringendosi le braccia al petto, mentre Sakura si alzò sorridente, pronta a confortarla.
-Stai tranquilla Lara, non devi aver paura. Adesso vai al tavolo e porta ai clienti da bere, ok?-
La diciannovenne annuì, prendendo il vassoio e dirigendosi verso il tavolo 13 del privè centrale.
Destreggiarsi in quella folla non era cosa semplice, aveva sempre paura che qualche drink le si rovesciasse addosso o cadesse per terra, e né l’una né l’altra opzione la confortavano: la puzza di alcool, nel primo caso, le sarebbe rimasta nelle narici per parecchio tempo, nella seconda situazione il capo le avrebbe fatto pelo e contropelo.
I ragazzi, in pista, ballavano e permettevano alle ragazze di strusciarsi come gatte in calore, compiacendosi se ne avevano più di una intorno; questo la disgustava e non poco: dov’erano finiti gli appuntamenti romantici?
Tutti nel cesso, ecco dove erano finiti.
Ormai una relazione si costruiva su pochi punti: incontro, ballo, camera, sesso e il più delle volte, dopo la scopata, nessuno dei due andava a ricercare l’altro. Sospirò, imponendosi mentalmente di tornare al suo lavoro ed uscire al più presto da quel locale.
Il privè centrale dominava sulla pista da ballo e consentiva a coloro che l’avevano prenotato, grazie alla sua forma a mezzaluna, di avere un’ottima visuale fino ai banconi dei bar-men. Inutile dire che la maggior parte degli affittuari, nell’80% dei casi, erano dei maniaci di prima categoria, quegli stessi pervertiti che godevano come maiali nel fango a vedere le ragazze accerchiarli.
Ormai le lettere d’amore, gli appuntamenti al lume di candela e le passeggiate nel parco erano storia antica.
Salì i gradini, prestando attenzione a quei tacchi che, sicuramente, le avrebbero fatto venire le vesciche ai piedi: il direttore ricordava, ad ogni singola cameriera, che dovevano sorridere, anche quando erano doloranti. Scostò una ciocca di capelli che le cadde sul volto, evidentemente troppo corta per poter esser tenuta ferma dalla pinza a forma di farfalla che si era messa quella sera. Prese un respiro e arrivò al tavolo, accennando un sorriso cordiale, per quanto possibile visto il dolore ai piedi e gli sguardi di coloro che avevano prenotato il privé.
Strinse il vassoio di finto cristallo, come se potesse darle sicurezza, tentando in ogni modo di reprimere i brividi che si stavano facendo sempre più visibili sul suo corpo.
Un ragazzo, in particolare, la scrutava interessato.
Un interesse strano illuminava quegli occhi ametista con riflessi vermigli.
-Ecco… ecco le vostre bevute. Benvenuti al Miracle, vi auguro di passare una bella serata.-
Disse, cercando di ignorare gli sguardi che l’intero gruppo le stava rivolgendo, lui in particolar modo. Il suo istinto iniziò ad agitarsi, ad urlare nella sua testa… un urlo che, però, le risultò muto.
Inesistente.
Soppresso violentemente da quello sguardo ipnotico incastonato in un volto di puro alabastro… un viso divino e demoniaco posto da uno scultore ignoto su un corpo composto da fasci di muscoli scattanti e predatori.
Si impose di deglutire, girarsi e tornare, con una certa fretta, verso il bancone: si fece largo tra la folla, tentò di scappare dal peso di quegli occhi, inutilmente… erano ovunque. Si portò una mano alla testa, appoggiandosi al bancone con il fiatone: che le stava prendendo?
Sobbalzò quando sentì la mano dell’Haruno appoggiarsi alla sua spalla.
-Lara calma! Che succede?-
Le domandò l’amica dai capelli rosa.
-I-io… non lo so Sakura. Penso… penso sia la stanchezza. Sì, è sicuramente quella. Esco un attimo a prendere una boccata d’aria.-
Camminò verso la porta che dava sul retro, inspirando a pieni polmoni l’aria fredda e pungente della notte autunnale. Si appoggiò al muro, stringendo le braccia attorno al petto, come una bambina intimorita: non sapeva cosa le fosse preso dentro il locale, forse le stava venendo la febbre, forse era una conseguenza dello stress, oppure semplice paura.
No…Era qualcosa di più.
Qualcosa che lei non riusciva a comprendere.
Si sciolse i capelli sospirante, nel tentativo di raccoglierli tutti nella pinza nera. Tempo di riunirli con le mani che un gracchiare rauco e sgraziato attirò la sua attenzione: sul cavo della corrente, solitario nella notte gelida, un corvo la osservava con i suoi occhi color onice.
La castana ricambiò lo sguardo, aspettando un qualsiasi segno.
-Cosa vuoi?-
Si limitò a sussurrare, prima di sentire una goccia cadere dal cielo, seguita da un’altra, e un’altra ancora; il volatile aprì le ali, lanciando un ultimo stridio, ripetuto e nervoso, prima di spiccare il volo e confondersi nelle tenebre del cielo. Lara sbuffò, dandosi un colpetto in testa con la mano.
-Scema, i corvi non parlano. Torna a lavoro e finisci in fretta il turno.-
Si disse, prima di rientrare nel locale, in mezzo a quella folla priva di alcun freno, spinta ad agire da istinti che si perdevano nella notte dei tempi.


***

 

Occhi verdi smeraldo, come l’assenzio che aveva ordinato.
Corporatura snella ed atletica.
Lineamenti del volto delicati, simili a quelli di un angelo.
E la paura scolpita nelle iridi.
Strinse il bicchiere contenente l’alcolico con una certa impazienza, ignorando di sana pianta le occhiate che gli rivolgevano gli amici: quella ragazza era diversa da tutte le altre, lui l’aveva intuito con una sola occhiata. Si torturò con i denti, nervoso e bramoso, il labbro inferiore, noncurante delle occhiate degli altri: doveva apparire molto simile a una persona più malata che sana.
-Hidan, che succede?-
Lo richiamò un compagno, un moro con i capelli raccolti in una coda di cavallo bassa e dallo sguardo color onice.
-Sono impaziente Uchiha.-
Bevve un lungo sorso d’assenzio, leccandosi a seguito le labbra con fare predatorio. Gli amici si guardarono: ben sapevano che, all’albino, piaceva parecchio rimorchiare nei locali o andare a menare chi gli aveva fatto un torto; eppure, quella sera, il suo sguardo era diverso dal solito.
Più cupo.
Ancor più predatorio del solito.
Un ragazzo, con dei lunghi capelli biondi e un bizzarro codino, smise di bere la sua Vodka Lemon, scrutandolo furbescamente con i suoi occhi color cielo.
-Impaziente? Tranquillo, fra poco rimorchiamo qualche troiet…-
-Non voglio quella caccia Deidara. Mi ha stancato.-
Bevve un secondo sorso di assenzio, prima di rivolgere al gruppo uno sguardo che, di angelico, aveva ben poco.
-Voglio una caccia diversa… qualcosa di più… eccitante.-
Disse quasi sibilante e a denti stretti, senza mai staccare i suoi occhi dalla cameriera col fermaglio a forma di farfalla.
-…E penso di aver proprio trovato la preda ideale…- 


Angolo Autrice: Ecco il secondo capitolo! Mi scuso se ho tardato, ma fra una cosa e l'altra il tempo per scrivere si riduce al minimo -.-''.
Cosa accadrà? Si vedrà nel prossimo capitolo!
Bacioni!
Nebula216

 

   
 
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