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Autore: Xandrex91    01/01/2012    0 recensioni
Che cosa accade quando delle persone completamente diverse ed estranee fra loro si ritrovano a dover lavorare fianco a fianco in nome di un obbiettivo comune?
Questa è la storia di un gruppo di avventurieri che per puro caso, o forse per destino, si ritrovano a dover affrontare una realtà ben più grande di loro.
Dovranno affrontare ogni tipo di pericolo e imbarcarsi nelle più svariate imprese per portare a termine la loro missione. Un antica civiltà elfica ormai scomparsa, intrighi dal passato e nel presente, tradimenti, passioni, colpi di scena, momenti di introspezione e comicità fanno da sfondo a un avventura fantasy a dir poco epica.
In questo primo racconto verranno narrate le gesta dei beniamini di Avalorn partendo dalle loro origini, in gran parte avvolte dall’oscurità.
Questa storia è liberamente inspirata a Dungeon&Dragons, un noto gioco di ruolo da tavolo.
Non è da considerarsi una fan fiction in quanto il mondo in cui si svolgono le vicende e altri aspetti sono interamente inventati da me.
Da esso riprendo solo alcuni aspetti legati alle razze e ad alcune divinità.
Ogni riferimento a nomi e fatti è da ritenersi puramente casuale.
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1


Tutto ha inizio da un amuleto...


 
 
“Era una giornata come tante altre ad Arboren.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che proprio in quel giorno la storia di Avalorn sarebbe rimasta segnata per sempre...”
 
Il sole stava quasi per sorgere, la sua tiepida luce iniziava ad illuminare le case e il paesaggio circostante mentre gli uccelli cinguettavano allegramente dopo lunghe ore di silenzio.
Le foglie degli alberi e degli arbusti, illuminate dal sole, emettevano un lieve luccichio per via della rugiada che le ricopriva.
Improvvisamente si udì il canto di un  gallo.
Ai confini del villaggio vi era un’umile casa fatta di pietre, legno e con della paglia come tetto, vi abitavano un giovane umano con suo zio.
Il ragazzo se ne stava disteso nella sua camera, dalla finestra aperta entravano i primi raggi di sole che accarezzavano dolcemente il suo viso.
Il gallo cantò per la seconda volta.
«Prima o poi lo uccido quel gallo!» brontolò ancora mezzo addormentato.
Aprì lentamente gli occhi e si mise a sedere sul letto grattandosi il capo.
I suoi capelli erano spettinati e di colore castano chiaro; il suo viso, giovane e non ancora corrotto dal tempo, portava i segni della stanchezza. Gli occhi, mezzi chiusi per il sonno, erano di colore verde acqua.
Si udì una voce provenire dal piano inferiore, quella di suo zio.
«Coraggio pigrone, scendi. C’è ancora un mucchio di lavoro da fare e di certo non si fa da solo!»
«Sì, arrivo!» replicò assonnato il ragazzo.
Si alzò dal letto, si vestì e sistemò i capelli arruffati passandoli con le mani dopo di che scese dalle scale diretto al piano inferiore, dove lo aspettava suo zio. Mentre scendeva dalle scale fu colto da un piacevole profumo di pane appena sfornato.
«Ben svegliato, Marcus». Suo zio se ne stava in piedi davanti a un forno intento ad estrarre il pane ancora caldo.
«Buongiorno anche a te zio». Il ragazzo si avvicinò al tavolo posto al centro della stanza dove vi erano due bicchieri di latte appena munto e un paio di pagnotte messe in un piatto. Si mise a sedere e ne addentò una.
«Oggi è il primo giorno del mese e, come tutti i mesi, arriverà Mastro Williams per il ritiro della merce.».
Ora anche suo zio si era avvicinato al tavolo e si era messo a sedere, poi riprese: «Appena hai finito qui dovresti andare a preparare le casse per la spedizione.»
«Va bene zio» disse Marcus con la bocca ancora piena.
Una volta finito di mangiare, il ragazzo si recò al mulino vicino casa per preparare la merce come gli era stato richiesto di fare.
Era uno di quei mulini a vento molto diffusi nelle pianure di Avalorn, era forse l’unico edifico nel villaggio ad avere un tetto di tegole e ad essere fatto completamente di mattoni e pietre tranne per le pale, che erano composte da un telaio di legno sulla quale vi era posto un telo molto resistente.
«Ehi Marcus, merce per Mastro Williams, vero?» Un giovane umano dai capelli scuri si era avvicinato a lui mentre impacchettava le merci per la spedizione.
«Sì Robin, purtroppo questo mese il raccolto è stato scarso.»
«E’ stato un mese duro per tutti qui al villaggio, non c’è dubbio.»
Robin e Marcus si conoscevano fin da quando erano due bambini, passavano interi pomeriggi insieme a giocare nelle campagne circostanti e ormai erano quasi come due fratelli, nonostante provenissero da due famiglie diverse.
Robin rimase orfano in un incendio avvenuto anni prima. Ronnomar, amico di famiglia e capo della milizia[1]di Arboren, si prese cura di lui fino alla maggior età. Si arruolò nella milizia all'età di 18 anni e da allora passa la maggior parte del suo tempo tra addestramento e pattugliamento delle terre circostanti il villaggio.
«Sai una cosa Marcus, secondo me lavori troppo...quando è stata l’ultima volta che ti sei preso una pausa?»
Il ragazzo si avvicinò ad un muretto dove vi era appoggiato un bastone, poi guardò l’amico con un ghigno sulla faccia.
«Non c’è tempo per riposare, lo sai. Io e mio zio dobbiamo mandare avanti la fattoria da soli.»
«Vediamo se ti ricordi ancora come si fa.... in guardia!»
Robin prese il bastone e lo brandiva come se fosse una spada intimando a Marcus di fare lo stesso.
«Non ora... non è il momento!»
«E dai!» Robin diede un colpetto sul fianco di Marcus con la punta del bastone.
«E va bene, l’hai voluto tu!»
Anche Marcus raccolse un bastone da terra e i due iniziarono a combattere fra di loro. Si muovevano agilmente, parando e contrattaccando di continuo, ma l’esperienza di Robin nella milizia gli permise di avere la meglio sull’amico per qualche istante.
Con una rapida parata e uno sgambetto, Robin fece cadere Marcus in un mucchietto di fieno e sul suo volto apparve per qualche istante un sorriso beffardo.
Mai abbassare la guardia, Marcus infatti ne approfittò per afferrare la gamba dell’amico facendolo cadere a sua volta.
I due giovani si adagiarono nel fieno, guardando entrambi le nuvole muoversi e cambiare forma nel cielo.
«Marcus... beh si insomma... hai mai pensato di andare via da qui un giorno?»
«No, perché mai dovrei farlo?»
«Beh così... per vedere il mondo, sai... vedere posti nuovi, fare nuovi incontri... e inoltre questo posto è dannatamente noioso! Voglio dire, a parte qualche bandito o animale selvatico ogni tanto, qui non succede nulla di interessante.»
«Non credo... e poi il mio posto è qui... con mio zio. Ha bisogno di me ora che sta invecchiando, non può farcela da solo con la fattoria...»
Improvvisamente Marcus si ricordò delle merci che doveva preparare e balzò in piedi.
«Accidenti! Le merci per Mastro Williams!»
«Non preoccuparti, lascia che ti aiuti.» disse Robin con un sorriso.
 
Nel frattempo qualcosa stava per sconvolgere la tranquillità e il silenzio che inebriavano spesso il villaggio. Mastro Williams stava per giungere ad Arboren.
Per le strade del piccolo villaggio si potevano udire le urla dei contadini e degli artigiani che annunciavano il suo arrivo.
«Mastro Williams è qui!»
«Presto sta arrivando!»
L’arrivo di un mercante di fama significava sostentamento per tutti i villaggi isolati, contadini e artigiani potevano infatti vendere le loro merci in cambio di beni provenienti dalle terre più civilizzate.
Il mercante si fece largo tra le strette vie fino a giungere a una piccola piazza. Se ne stava seduto sul suo carro, grande e pieno di decorazioni dorate, con il mano le briglie di quattro cavalli posti in file da due ciascuna davanti a esso.
Dietro e davanti al carro vi erano in totale quattro uomini a cavallo, sicuramente dei mercenari, ben equipaggiati e pagati per proteggere Williams e il carico da eventuali attacchi da parte dei banditi.
Improvvisamente il mercante fermò il carro e invitò i mercenari ad aiutarlo a scaricare la merce.
Lentamente nella piazza si radunò una gran folla e si iniziarono ad udire i vocii e le urla dei paesani.
Anche i due ragazzi iniziarono a udire il vociare nella piazza.
«Mastro Williams, è qui!» disse con agitazione Marcus.
«Coraggio, andiamo» Robin prese una delle casse e iniziò a incamminarsi verso la piazza seguito dall’amico.
 
Le trattative durarono per quasi tutto il pomeriggio, poi Williams rimontò sul suo carro seguito dai quattro mercenari e lasciò il villaggio seguendo il sentiero a Nord, verso le Colline Boscose.
La tranquillità e il silenzio ripiombarono all’improvviso sul villaggio, e tutti ritornarono alla solita vita quotidiana.
Marcus era tornato ad occuparsi dei campi, mentre Robin era tornato di guardia al villaggio insieme a Ronnomar, il sole stava quasi per tramontare ormai.
Nessuno poteva lontanamente immaginare quello che stava per accadere.
Ad un tratto un cavallo uscì dalla vegetazione e venne galoppando verso il villaggio. Alcuni contadini lo videro per primi e rimasero ad osservarlo sbigottiti. Una donna emise un urlo di terrore quando, sul cavallo, notò il corpo penzolante di uno dei mercenari che accompagnavano Mastro Williams.
Dal villaggio accorsero subito alcuni membri della milizia e contadini tra cui vi erano anche Robin e Marcus.
 
Ronnomar e altri uomini calmarono il cavallo e tirarono giù il corpo del mercenario. Aveva una freccia piantata nella schiena.
Il capo della milizia gli tolse l’elmo e appoggiò due dita sul suo collo.
«E’ ancora vivo!»
Il mercenario aprì lentamente gli occhi e, sforzandosi, iniziò a parlare.
«Siamo...siamo... siamo stati attaccati...»
«Chi è stato? Sono stati i banditi?» chiese Robin.
«No...no... Goblin[2]! Sono stati i goblin... ci hanno colto di sorpresa... erano tanti... troppi... non c’è stato niente da fare... mi... mi spiace...»
L’uomo si lasciò andare di colpo con gli occhi ancora spalancati, era morto.
Ronnomar avvicinò la mano sulle palpebre dell’uomo e le chiuse delicatamente poi si rialzò da terra con decisione.
«Maledizione!...Robin, vai a chiamare gli altri, dobbiamo prepararci a...»
Mentre ancora parlava un altro uomo corse incontro alla folla urlando terrorizzato.
«Goblin! Goblin! Attaccano!»
Il comandate estrasse la sua spada dal fodero e urlò con tutto il fiato che aveva in gola. «Uomini! A me, presto!»
Nel giro di pochi secondi un manipolo di miliziani gli si era radunato attorno armati di piccole lance rudimentali e spade.
All’improvviso si iniziarono a sentire dei grugniti, accompagnati da risatine malefiche e lamenti, provenienti dalla foresta.
Alcuni worg[3]iniziarono a sbucare dalla vegetazione, in groppa ad essi vi erano goblin armati di torce e spade.
Subito dietro ve n’erano altri che correvano in modo disordinato verso il villaggio.
Le piccole creature erano sotto il comando di un goblin più grosso, con diverse rune e simboli tribali tatuati sulla pelle, un bastone con un teschio sulla cima e decorato con diversi piumaggi e ossa di animale.
Intanto al villaggio ci fu il caos. Gli abitanti fuggivano terrorizzati, alcuni si rifugiavano in casa, altri prendevano degli oggetti comuni come falci, forconi e coltelli dalle case e si univano alla milizia per combattere.
«Proteggete i bambini e le donne! Arrivano!» urlò il capo della milizia.
I goblin a cavallo dei worg giunsero per primi a tutta velocità urtando contro alcuni miliziani. I soldati armati di lancia riuscirono a trafiggerne alcuni alla prima ondata scaraventandoli giù dai worg ma le creature potevano ancora continuare a combattere, mordendo e sbranando qualunque cose gli capitasse a tiro. La seconda ondata si aggiunse alla prima dopo pochi minuti diminuendo drasticamente il numero dei miliziani rimasti in vita.
Ronnomar, vedendo che la situazione era critica, ordinò a Robin di guidare la ritirata verso la foresta.
«Robin! Prendi alcuni uomini e porta la gente via da qui! Sono troppi non possiamo farcela.»
Il ragazzo fece come il comandante aveva ordinato e iniziò a correre per le vie del villaggio incitando gli abitanti a seguirlo.
«Via di qua! Dobbiamo andarcene sono troppi! Abbandonate le case... presto!».
«Le donne e i bambini da questa parte! Veloci!».
Marcus nel frattempo aveva radunato un piccolo gruppo di contadini coraggiosi, pronti a sacrificarsi per difendere le loro case.
«Zio rimani in casa! Ci pensiamo noi qui!»
«No Marcus, non starò a guardare mentre quei piccoli mostri distruggono tutto ciò a cui ho lavorato...».
Dicendo ciò John si avvicinò al ripostiglio dove teneva gli attrezzi da lavoro e afferrò un forcone, poi si avviò verso l’esterno della casa unendosi al ragazzo e agli altri contadini.
Mentre la battaglia infuriava, lo sciamano e alcuni goblin riuscirono a superare le difese della milizia e si sparpagliarono per il villaggio seminando morte e distruzione. Alcuni entrarono nelle case sfondando la porta e mettendo a soqquadro ogni cosa. Quelli che portavano con se le torce accese si misero a lanciarle sui tetti di paglia delle case, incendiandole in pochi minuti.
Colui che li comandava era entrato in una delle case e ora si guardava intorno, come se stesse cercando qualcosa.
«Ciò che stiamo cercando è qui vicino... lo sento»
I contadini combattevano disperatamente per difendere le loro case ma sembrava non esserci più nulla da fare. In poco tempo i goblin uccisero i più audaci, facendo fuggire gli altri nelle loro case o lontano dal villaggio.
Un goblin che si era arrampicato sul tetto di una casa vicina vide il ragazzo e suo zio intenti a combattere contro altri suoi simili e fece un sorrisetto malvagio.
Estrasse il pugnale, quando John fu proprio sotto di se spiccò un salto afferrando il collo dell’uomo e gli conficcò l’arma nella schiena.
«Zio! No!». Marcus si era accorto del pericolo, con un grido di rabbia uccise l’umanoide contro cui stava combattendo e corse incontro a suo zio per soccorrerlo. Caricò a tutta velocità e diede una gomitata in faccia al goblin buttandolo a terra, poi lo trafisse con la spada.
«Zio stai bene?» chiese il ragazzo
«Si...credo di si...»
L’uomo fece per alzarsi ma appena in piedi emise un urlo di dolore e cadde di nuovo a terra.
«... dobbiamo ritirarci in casa, siamo troppo esposti qui.»
Marcus sollevò lo zio da terra e lo trascinò a fatica verso la porta della loro casa.
I due entrarono in casa e sprangarono la porta. Il ragazzo mise John a sedere,  l’uomo era evidentemente provato dalla battaglia e ora ansimava pesantemente.
«Marcus... avvicinati»
Il ragazzo si inginocchiò di fianco a suo zio. Poi l’uomo riprese a parlare
«...non c’è tempo per spiegarti ora... prendi questo...»
Dicendo ciò portò le mani intorno al collo e tirò fuori dalla camicia un amuleto decorato in oro.
«Zio...cos’è quello?»
«Prendilo...non c’è più tempo ora... devi contattare il Circolo degli Antenati, loro sapranno cosa fare. Non posso permettere che i goblin lo prendano...»
Appena finì la frase si sentì un tonfo alla porta, poi si udì la voce rauca di uno dei goblin all’esterno.
«Voi aprire porta, o noi buttare giù!»
Marcus scattò in piedi di colpo ed estrasse la spada puntandola nella direzione della porta.
Dopo pochi secondi arrivò anche lo sciamano in groppa al suo worg, sostò un attimo in una specie di estasi, poi prese a parlare.
«E’ qui!... sfondate quella porta!»
Le piccole creature iniziarono a lanciarsi contro la porta e a colpirla con delle scuri.
«Scappa Marcus!, fuggi dalla finestra!»
«No, non ti lascio qui da solo...»
«Vai ho detto!»
Il ragazzo mise l’amuleto in una tasca, rimise la spada nel fodero e si avvicinò alla finestra; la aprì facendo attenzione a non fare rumore e saltò fuori.
Ma il desiderio di non abbandonare lo Zio fu forte, egli rimase così all’esterno della casa spiando quello che succedeva al suo interno.
Lo sciamano nel frattempo si era spazientito e ordinò agli altri goblin di farsi da parte.
«Levatevi stupidi incapaci!»
Poi scese dal worg e tese la mano nella direzione della porta.
«Sohlero Samatkan!»
Dalla sua mano uscì una sfera infuocata che andò a sbattere contro la porta provocando un esplosione che la scaraventò dall’altro lato della stanza sollevando una nube di polvere.
I goblin entrarono e videro John seduto su di una sedia vicino al tavolino al centro della stanza, aveva la testa chinata e il braccio appoggiato allo schienale, quasi come se non avesse più la forza di alzarsi.
Lo sciamano avanzò velocemente verso di lui con un sorriso malvagio stampato sul volto.
«Dov’è l’amuleto?»
John fissava il pavimento in silenzio, nascondeva dietro alla schiena un coltello da cucina.
Allora il goblin si avvicinò di più e lo colpì sulla testa col bastone.
«Sei forse sordo per caso? Ti ho chiesto dov’è l’amuleto!»
L’uomo raccolse tutte le sue forze e scatto in piedi pronto a pugnalarlo, ma lo sciamano porto davanti a se il bastone con velocità sorprendente bloccando il suo attacco e disarmandolo.
«Sciocco! Credevi davvero di uccidermi così? Voi umani siete così patetici...»
Di colpo lo sciamano si fece serio, spiccò un salto e afferrò con rabbia il collo dell’uomo facendolo cadere all’indietro.
«Hai perso la lingua per caso? ... ora ti faccio parlare io!»
Avvicinò l’altra mano al petto dell’uomo e sussurrò delle parole in lingua Magi, subito ne uscì una scarica elettrica che attraversò il corpo dell’uomo facendolo sussultare dal dolore.
«Per l’ultima volta... dov’è l’amuleto?»
«Quale... quale amuleto? Non capisco di cosa parli...»
«Risposta sbagliata...»
Lo sciamano ripeté il gesto precedente, questa volta liberando una scarica più forte.
Marcus assisteva alla scena impotente, se ne stava accovacciato fuori dalla finestra senza poter fare nulla. Strinse i pugni per la rabbia e dai suoi occhi iniziarono a scendere delle lacrime. Poi non ce la fece più, scattò in piedi urlando di rabbia.
«No! Lasciatelo stare maledetti!»
John alzò la testa guardando verso il ragazzo poi sussurrò solo una parola prima di chiudere gli occhi e lasciarsi andare.
«Scappa...»
Anche i goblin e lo sciamano si voltarono di colpo.
«Prendetelo svelti! Ha lui l’amuleto!»
Il ragazzo, accortosi del pericolo, iniziò a correre più veloce che poteva verso la foresta. Non sapeva dove andare, ma l’unica cosa da fare in quel momento era correre, non importava dove.
Le piccole creature si apprestarono a uscire dalla casa saltando fuori dalla finestra tentando di rincorrerlo ma senza successo, il ragazzo era già troppo lontano. Colui che li comandava allora richiamò a se diversi worg e ordinò loro di inseguire il ragazzo.
Le creature lo raggiunsero in pochi secondi, ora erano entrati nella foresta e gli stavano dietro.
Marcus si voltava di tanto in tanto mentre correva, per vedere se era riuscito a seminarli, ma erano ancora lì dietro di lui e si avvicinavano sempre di più.
Il più anziano dei worg fece un cenno agli altri due che iniziarono a sparpagliarsi per la foresta scomparendo nella vegetazione.
Marcus si voltò ancora, ora era rimasto un solo worg, avrebbe potuto girarsi e affrontarlo, ma non poteva fare a meno di chiedersi dove erano finiti gli altri. Mentre ancora era voltato, inciampò in una radice che spuntava dal terreno, ruzzolando per terra. Si rialzò velocemente, ma più voleva correre veloce e più i piedi gli scivolavano nel fango.
Appena riuscì ad alzarsi, dal cespuglio davanti a lui sbucò fuori un altro worg ringhiando seguito da un altro ancora che uscì da dietro a un tronco.
Marcus guardò rapidamente in tutte le direzioni in cerca di una via di fuga, ma le belve lo avevano circondato impedendogli di scappare.
Iniziarono a girare intorno al ragazzo, ringhiando e perdendo la bava.
«Guarda, guarda, guarda... un giovane umano... è da tanto che non mangio carne umana...»
«A me il primo morso!»
«No! E’ mio!»
I due worg iniziarono a discutere tra loro su chi avrebbe mangiato per primo. Poi si fece avanti il più anziano.
«Stolti! Non siamo qui per mangiare, avete sentito Yamatchaa... dobbiamo prendere l’amuleto.»
«Al diavolo l’amuleto dico io...e al diavolo Yamatchaa! sono stanco di mangiare carne di ratto arrostita...voglio il sangue...»
I tre iniziarono a litigare tra loro mordendosi e ringhiando, il worg più anziano era talmente tanto intento a riportare l’ordine nel branco che si dimenticò del ragazzo per qualche istante.
Marcus ne approfittò e facendo molta attenzione a non fare rumore si allontanò furtivamente dalla scena. Una volta lontano si mise a correre con tutta l’energia che gli rimaneva fino a che non trovò un albero con una cavità nel tronco, una cavità abbastanza grande per ospitare un uomo. Si precipitò dentro di essa e trovò qualcosa con cui chiudere parzialmente l’entrata. Vicino al tronco vi era un grosso sasso, Marcus lo fece rotolare davanti all’entrata, e camuffò il tutto con delle foglie secche, poi finalmente si mise a sedere e tirò un sospiro di sollievo. Quel luogo era l’ideale per passare la notte, considerando che gli davano ancora la caccia.
Intanto le tre creature stavano ancora litigando, il worg più giovane era sdraiato in mezzo alle foglie secche leccandosi le ferite, l’anziano e l’altro worg stavano ancora lottando, quando l’anziano si fermò di colpo.
«Fermo!! Il ragazzo... ce lo siamo fatti scappare! Stupidi! E’ tutta colpa vostra!»
Dicendo questo il worg anziano diete un morso al collo del giovane, facendolo guaire dal dolore.
«Che vi serva da lezione... Yamatchaa non sarebbe stato così indulgente con voi...».
Poi riprese. «Cerchiamolo presto. Non deve esser andato poi così lontano.»
I tre si misero ad annusare il terreno e, come tre segugi, si misero sulle sue tracce.
Il sole ormai era sparito all’orizzonte, il cielo iniziava a tingersi d’oscurità e le prime stelle, come per magia, iniziarono a mostrarsi.
Marcus era sfinito... la paura di essere scoperto e la rabbia per la morte di suo zio gli tenevano compagnia e lo tenevano sveglio, ma alla fine la stanchezza ebbe il sopravvento e si addormentò.


[1]La milizia è un corpo militare formato dagli abitanti di un villaggio o di una cittadina, rappresenta l’unica difesa di cui molti villaggi dispongono. Alcuni villaggi come Arboren sono molto distanti dalle terre civilizzate di Re Enrico IV e quindi molto difficili da raggiungere dalle normali pattuglie imperiali.
[2]Goblin: piccoli umanoidi di natura malvagia. Un goblin è alto poco più di 90 cm e cammina eretto anche se le sue braccia sono lunghe tanto da arrivargli fino alle ginocchia. Hanno naso schiacciato, faccia piatta, orecchie a punta come quelle degli elfi e una bocca larga con piccole zanne.
[3]Worg: bestia magica simile a un grosso lupo con manto scuro, occhi luccicanti di rosso e aspetto sinistro. I worg sono più intelligenti dei comuni animali e sanno anche parlare. Sono di natura malvagia ma nonostante ciò, si comportano esattamente come i lupi comuni.
  
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