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Autore: lispeth_    02/01/2012    3 recensioni
Guardava quegli occhi neri come la pece percorrere tutta la stanza. La stava cercando, sentiva il suo respiro ansioso di poterla toccare un'altra volta. Roxanne voleva urlare, ma facendo così avrebbe rivelato il suo nascondiglio all'assassino. La sua risata le fece gelare il sangue. "Ti troverò Roxanne Holmes, non puoi scappare" ringhiarono le sue labbra. Non era umano, era un mostro. E andava fermato, prima che fosse troppo tardi.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Here’s a song 
For the nights i think too much
Heaven can wait up high in the sky 
 


Sawyer non rispose per due giorni. Nessun messaggio, nessuna chiamata. Niente di niente. E Roxanne ormai sembrava aver perso le speranze di poter contattare il suo ragazzo.
Dov’era finito? Perchè non la chiamava?
Si sforzava di ricordare se avesse fatto qualcosa di sbagliato per farlo sparire in quel modo, ma non c’era niente nei suoi cassetti della memoria che potesse giustificare questa improvvisa uscita di scena.
Quella mattina la ragazza si trascinò a scuola senza trucco e senza essersi pettinata. Era a pezzi ed era stanca di aspettare. Gli altri però non sembrarono notare quel cambiamento, solo Renee guardò l’amica con gli occhi sbarrati non appena varcò la soglia dell’aula di scienze.
“Che cosa hai fatto ieri sera? Hai bevuto rum fino alle cinque del mattino? Altrimenti non mi spiego questa tenuta da barbona che non dorme”
“Ero troppo stanca per pensare a truccarmi tutto qui”
“Oh si certo come se mettessi i pantaloni della tuta ogni giorno”
“Insomma Renee che diavolo devo dirti? Sawyer non si fe sentire da due giorni e non ho la più pallida idea di dove sia sparito senza dirmi niente” senza di lui era in preda al panico, quasi come se le fosse stata strappata via una parte di sè. Si lasciò andare nel suo banco lanciando il libro di scienze sul banco con un tonfo che non svegliò nessuno dal torpore mattuttino. C’era troppo silenzio. Quell’assenza di rumore impediva a Roxanne di concentrarsi sulla mitosi e la meiosi. Le parole del professore erano mute, qualcuno aveva deciso di pigiare il pulsante del telecomando per togliere il volume.
C’era qualcosa di strano. Tutti sembravano essere interessati all’ultima fila. Renee continuava a guardarsi alle spalle a intervalli di dieci secondi. Che cosa c’era mai di così interessante? Roxanne si avventurò lentamente verso gli ultimi banchi e vive nuovamente quei occhi neri. Adrian Kain era vicino a Cheryl chiacchiera-facile ed erano in atteggiamenti più che intimi. Roxanne sbuffò rigirandosi verso la lavagna pensando a quanto fossero stupidi i suoi compagni di classe. Perchè mai dovevano essere così interessati al nuovo arrivato? Era una persona normale come tutte giusto? Perchè tutto quell’interesse?
Erano domande che nemmeno Roxanne non riusciva a rispondere, in fondo una settimana prima era stata lei a fissare il nuovo arrivato per un’ora intera.
Ma c’era qualcosa di sbagliato in tutto quello? Quel ragazzo aveva qualcosa di losco che riusciva a incantare chiunque lo avesse visto. Si girò ancora incrociando il suo sguardo e per un attimo rimase ad ammirare lo scintillio del piercing che aveva sul sopracciglio sinistro.
Cheryl sembrò turbata nel vedere il suo compagno di giochi disattento da sé.
Chi cavolo si credeva di essere quella? Perché stava guardando il suo Adrian? Quelle domande mentali sarebbero esplose fuori dalla sua bocca come fiamme di rabbia nei confronti di Roxanne Holmes, la ragazza che stava con il ragazzo più bello della città ma che non aveva niente di speciale.  Certo non si poteva considerare Roxanne brutta ma Cheryl si sentiva sicuramente più bella di lei.
Cheryl era fatta così. Pretendeva che tutta l’attenzione fosse incentrata solamente su di lei, voleva che tutti pendessero dalle sue labbra. La popolarità la faceva sentire protetta nonostante non avesse niente per la quale poteva essere ammirata. I suoi difetti erano troppi perfino da elencare dalla sua lingua troppo lunga. Era stata l’unica ragazza ad aver avuto il coraggio di avvicinarsi al nuovo  arrivato. Le ci era voluto un bel bicchierino di vodka nascosto sapientemente in una bottiglietta di thè non trasparente per riuscire ad essere così sfacciata e ad Adrian non era dispiaciuto affatto. Anzi, aveva apprezzato che una ragazza finalmente avesse deciso di rivolgergli la parola anche se avrebbe preferito parlare con la ragazza dai capelli rossi che in quel momento si era voltata per guardarlo.
Sapeva il suo nome: Roxanne, un nome così azzeccato per i suoi capelli porpora più che castani eppure così poco incline alla sua personalità. Sembrava di vedere il suo opposto. Pareva così fragile da essere spazzata via solamente con una folata di vento. La ragazza non li permise di procedere nell’osservare il suo  viso leggermente puntellato di lentiggini che si voltò immediatamente a guardare il professore.
“Ti sei distratto?” gli chiesi Cheryl leggermente innervosita.
“Può capitare anche a uno come me” disse Adrian  con un sorriso smagliante spostando una leggera ciocca di capelli dietro all’orecchio della ragazza che ebbe un leggero sussulto. 
“Stavi guardando Roxanne Holmes non credermi stupida”
“Non posso guardare nessuno adesso?”
“Preferirei che non guardassi lei” Cheryl era leggermente indispettita, nominava quel nome con un tono differente, quasi fosse un insulto costretta a sputare fuori. La tensione le si leggeva negli occhi nocciola, la pupilla le si ingrandiva leggermente quando era arrabbiata con qualcosa.
“Che mai avrebbe potuto farti quella ragazza innocente?”
“Innocente? Stiamo scherzando? Non chiamarla in quel modo. Ti assicuro che non lo è affatto” i suoi occhi erano ormai diventati quasi del tutto neri.
“Come vuoi, eviterò di guardarlo se questo più ti aggrada principessa” il suoi sorriso annesso alla frase fece calmare del tutto Cheryl che riprese a giocare con i suoi capelli corvini. Era così facile per Adrian: un sorriso, alcune parole rubate a qualche romanzo e le ragazze erano ai suoi piedi senza nemmeno aggiungere altro. Avrebbe preferito avere qualche altra abilità, a volte essere terribilmente affascinati poteva stancare. Poteva avere tutte le ragazze che voleva ma non poteva avere l’amore, era la maledizione del karma. L’eccesso in qualcosa in contrasto con l’assenza dell’altro.  Si torturò il piercing sul sopracciglio pensando alla superficialità della ragazza che aveva accanto. Era assurdo il genere umano. La complicatezza della vita era troppo complessa per essere capita da certe persone, ad alcune come a Cheryl piaceva pensare che la vita fosse fin troppo facile se guardata da occhi perfettamente truccati e contornati da ciglia finte. Con il tempo avrebbe capito che non erano così le regole ed Adrian lo aveva capito fin troppo presto. Gli era dispiaciuto crescere così in fretta, per la prima volta nella sua vita avrebbe voluto tornare indietro nel tempo e ricominciare da capo. Desiderava la libertà di un tempo, la possibilità di poter farsi vedere in giro senza avere rimorsi. Era per quel motivo che aveva deciso di trasferirsi in quella nuova città insieme alla sorellina Annaleigh. Desiderava cambiare aria come tutti e vedere volti nuovi e magari la possibilità di innamorarsi di nuovo.
No, quello lo voleva evitare oppure sarebbe successo di nuovo.
La storia non doveva ripetersi.
Non in quella città.
Non con quella ragazza.

Aveva deciso di ignorarlo completamente. Occhio non vede cuore non duole giusto? Quella tecnica sembrò bastare a Roxanne per tutta la mattinata di lezione fino a quando Cheryl non decise di avvinarsi al suo banco quasi di soppiatto. Appoggiò violentemente le mani sul legno rovinato dal tempo facendola sobbalzare.
“Allora Roxanne come stai oggi? Ho sentito dire che stai entrando in depressione. Bè guardando come sei vestita ci credo eccome. Che cosa ti è successo poverina?” la voce di Cheryl era terribilmente noiosa e tendente all’ironico. Roxanne l’avrebbe definita più che altro maligna, tutto quello che usciva dalla sua bocca non erano altro che bugie e letame.  E pensare che una volta erano migliori amiche. All’asilo erano inseparabili e si dicevano ogni cosa. La scomparsa di Eileen però aveva cambiato così tanto Roxanne da allontanarla da Cheryl che prontamente si era trovata un gruppetto di sostegno che non aveva niente a che fare con la personalità della ragazzina.
“Oh ciao Cheryl mi sembrava di aver sentito puzza di vomito. E’ un piacere vederti oggi sai? Comunque non sono affatto depressa e se lo fossi non sarebbero certo affari tuoi. Quindi perché non mi fai un favore e vai a ficcare la lingua in gola al nuovo arrivato?” aggiunse un sorrisetto acido che avrebbe allontanato chiunque. Purtroppo Cheryl era fin troppo competitiva in quelle gare di botta e risposta.
“Sono contenta che il mio profumo ti piaccia, piace molto anche ad Adrian. Sai quel ragazzo che hai fissato per tutto il primo giorno? Oh si, a lui piaccio io befana.”
“A quando le nozze?”
“Oh non fare la sfacciata. Chi è morto questa volta? Solitamente indossi quella felpa quando è morto qualcuno, stavolta a chi è toccato? A tuo padre o al piccolo Noah?”
Un tonfo fece cadere per terra Cheryl che iniziò a frignare come una bambina. Roxanne l’aveva colpita in pieno naso e non faceva altro che sanguinare.
”Non ti permettere più di dire una cosa del genere, sono stata chiara?” la ragazza dai capelli castani con riflessi rossi sembrava essere infuocata dalla rabbia. Nessuno si era mai permesso di dirle quelle parole e non le importava di aver fatto del male a Cheryl. Il suo veleno non aveva alcun effetto su di lei tranne quando si tirava in ballo il suo piccolo fratellino Noah. Alzò le mani al cielo in segno di resa quando il professore entrò nell’aula puntandole immediatamente le mani addosso. Prese i suoi libri e andò direttamente in presidenza dove ci era finita una volta per aver preso a calci la macchinetta del caffè non intenzionata a darle il resto dei suoi soldi. Si sedette sulla morbida sedia color antracite e aspettò impaziente che la professoressa Roxton entrasse nell’ufficio.
Erano cambiate delle cose in quella stanza. La scrivania in mogano non era più ricoperte di cornici di famiglia o di statuette di ottone. Il tavolo era glabro, lucido e sopra vi era appoggiato solamente il telefono. Dov’erano finite le foto dei figli di Miss Roxton? Quella di suo figlio Alec in groppa a un cavallo bianco era sparita nel nulla per non parlare di quella di sua figlia Selene sotto all’albero di Natale.
“Che cosa hai fatto questa volta?” la voce della professoressa fece sobbalzare Roxanne. Si divertivano a farla spaventare? Non si era nemmeno accorta che Evrin Roxton fosse alle sue spalle. Quel giorno indossava una gonna di jeans e una camicia bianca, non amava vestirsi troppo elegante come facevano i suoi colleghi. Era uno dei motivi per cui Roxanne adorava quella professoressa, era talmente spontanea e luminosa da farti sorridere non appena entrava in una stanza. La considerava come una madre mancata e sapeva che quel sentimento era ricambiato dalla stessa.
“Ho picchiato Cheryl. Ma è colpa sua, non fa altro che fare la stronza con me”
“Sappiamo tutti che la signorina Graham non è certamente una grande amica di tutti ma questo non ti autorizza a spaccarle il naso”
“Ma…”
“Niente ma mi toccherò sospenderti per due giorni solamente perché devo fare bella figura. Se fosse per me ti chiederei di darmi il cinque per la prontezza di spirito e la buona mira”
“Ok accetto i due giorni di sospensione”
“E?”
“E non colpirò mai più in faccia Cheryl Graham e nemmeno in altre parti del corpo” Evrin guardò la ragazza con fare soddisfatto e annuì leggermente. Si sedette dall’altra parte della scrivania per poi guardarla attentamente.
“E’ successo qualcosa di grave? Mi sembra di vederti più pallida del solito”
“Oh niente di importante il mio ragazzo non si fa sentire da due giorni e sono leggermente preoccupata ma niente di grave”
“Dovrei parlarne con mia sorella sicuramente sono andati da qualche parte” Evrin era la zia di Sawyer, le sorelle Roxton però non erano così unite da parlare ogni giorno.
“Oh non preoccuparti non serve che chiami Sarah, semplicemente si sarà stufato di me. Non è la prima volta che succede”
“Voi ragazzi di adesso. Non vi capirò mai”
“Posso andare adesso?” chiese insistente Roxanne alzandosi dalla poltroncina. Voleva andare via da quel posto in più fretta possibile. Continuava a pensare che Sawyer fosse semplicemente a casa sua con una bella sorpresa che aveva preparato in quei due giorni facendola preoccupare per niente. Magari era così o magari era solamente la proiezione del paradiso nella vita reale.
“Come stai veramente Roxanne?” le chiese improvvisamente una voce amica, cavata fuori dall’oblio che poteva chiamare a suo malgrado la sua vita. In quel momento voleva saltare addosso alla Miss Roxton ed abbracciarla. Aspettava quella domanda da tempo, ma nessuno, nemmeno Sawyer, si era mai azzardato a chiederle. Forse avevano paura di una sua possibile reazione esagerata per non parlare di qualche crollo emotivo. La credevano una pazza? Una bomba ad orologeria che non poteva nemmeno essere sfiorata con lo sguardo?
Fece un lungo respiro come le aveva insegnato sua madre prima di affrontare un discorso di qualsiasi genere. Il trucco era quello di concentrarsi solamente sul respiro per qualche secondo per poi cavar fuori le parole adatte alla situazione.
Come stava veramente? Ci doveva pensare così tanto?
Si sentiva come se improvvisamente avesse perso se stessa e non fosse più in grado di recuperarsi. Correva nella sua stessa direzione ma la vera Roxanne continuava a sfuggirle.
“Mi sento terribilmente vuota, si lo so sembra strano dirlo alla mia età ma è terribilmente così. Ci ho riflettuto per tanto tempo, volevo evitare questa mia condizione ma…non sento niente. Quasi come se qualcuno mi avesse tolto il cuore in un colpo senza che me accorga” sentì la mano di Evrin sulle sue spalle, lentamente la portarono a respirare normalmente. Non si era nemmeno accorta di essersi agitata troppo nel parlare, aveva un groppo alla gola che non la faceva respirare.
“Calmati Roxanne! E’ una cosa comune a voi tutti giovani, per quello che posso sapere è che una fase passeggiera. E non te lo dico per farti stare tranquilla con quattro balle, te lo dico perché è la verità. Ti basterà trovare la persona giusta che riesca a dare un senso alla tua vita, tutto quello che devi fare è aspettare ed essere te stessa. Il paradiso può attendere”
Stranamente quelle parole, dopo tutte  le altre bugie, la fecero calmare all’istante. Era d’accordo pienamente con Evrin. La situazione era sua e doveva smetterla di piangersi addosso come una bambina di cinque anni. Almeno non si era beccata un “andrà tutto bene” che ormai le ronzava nell’orecchio come un moscerino fastidioso. Odiava quando le persone si credevano veggenti e avevano la faccia tosta di predire il suo futuro.
Insomma come diavolo facevano a sapere che sarebbe andato tutto bene? Per caso avevano contatti con il destino o con chi cavolo gestiva il mondo?
“Ti ringrazio, ora però è meglio che torni a casa”
“Certamente salutami Noah e va a letto direttamente, hai seriamente bisogno di dormire un bel po’”
Fece un sorriso ad Evrin ed uscì dalla presidenza piacevolmente sollevata da quella chiacchierata finalmente sincera.
Uscita da scuola stava già cominciando a tramontare il sole. Non si era accorta che fossero già le cinque del pomeriggio. Il gelido silenzio di casa sua ormai non sembrava più farle lo stesso effetto come quel bigliettino lasciato svogliatamente sul tavolo che annunciava che Noah era andato da un suo amico a dormire sembrò mutare il suo sguardo assente.


Quella notte Roxanne urlò il nome di Adrian Kain nel sonno.
  
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