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Autore: fers94    02/01/2012    1 recensioni
Rober fa ritorno a Madrid dopo tre anni di assenza per ritrovare la donna che ha sempre amato.
Il primo capitolo fa solo il punto della situazione, mentre nei successivi si sviluppa l'intreccio della storia.
(...) Il suo sorriso era quello di sempre, quello che i miei occhi avevano fotografato anni prima ed avevano gelosamente custodito in un angolo segreto della mia mente (...) [dal capitolo 3]
(...) - Buongiorno... Da quanto sveglio? - Da sempre. Ho passato la notte a guardarti dormire. Sembri un angelo quando dormi. - E quando sono sveglia, invece? - Quando sei sveglia, lo sei. (...) [dal capitolo 10]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3. Lei
 
 
Quelle ore d'attesa passarono abbastanza veloci. Quando fui in orario per il rientro di Silvia, preferii andare a sedermi sulla sedia al fianco di Puri, dove però chi si affacciava allo sportello della segreteria non aveva la minima possibilità di vedermi. Aspettavo lei, e quella volta sarebbe stata lì a momenti e non c'era la lunga attesa di ore. Dopo dieci minuti, Puri mi diede una gomitata, facendomi cenno di rientrare un po' col busto per non farmi vedere, perché Silvia stava entrando. E poi venne lì, a pochi centimetri da me, senza che lei se ne accorgesse. Era meravigliosamente bella. Bella come non mai, più di quanto lo era nei miei nitidi ricordi, più di quanto avrei potuto immaginare, più di qualsiasi cosa. Da quando l'avevo vista per l'ultima volta, si era schiarita i capelli, ed aveva un colorito di pelle più abbronzato. Il suo sorriso era quello di sempre, quello che i miei occhi avevano fotografato anni prima ed avevano gelosamente custodito in un angolo segreto della mia mente, quello che mi faceva vibrare l'anima e mi faceva cominciare bene una qualunque giornata. Anche il suo profumo non era cambiato; era uno Chanel, che spesso le regalavo quando finivano le sue boccette proprio perché l'adorava, e a quanto potevo constatare, l'adorava ancora in quel momento. Sorrise a Puri, poi le fece qualche domanda.
- Buonasera, Puri. Mi ha cercato qualcuno mentre sono stata via?
- Buonasera, cara... No, non ti ha cercato nessuno. Le chiavi per la sala 2 sono al quadro; puoi usare l'aula fino alle 22, poi io stacco quindi devo chiudere scuola...
- Va benissimo, il tempo mi basterà. Penso di finire anche un po' prima, comunque è perfetto, grazie...
- Di nulla, figurati. Buon lavoro!
- Grazie Puri, a dopo!
Andò dritta verso il quadro delle chiavi, staccò quella della sala 2, la più grande aula di danza della scuola, e si diresse verso la sala interessata. Allora mi girai verso Puri.
- Mio Dio, Puri, è uno splendore...
- Beh, non le si può dir nulla, giovanotto. Devo dire che è proprio un dono della natura... Detto da me che di ragazze ne vedo tante in questo viavai!
- Lei è sempre stata una favola... Dentro e fuori... Che il cielo possa concedermi un'altra occasione... Non la butterò via come l'altra...
Detto questo, Puri mi sorrise e poi riniziò a parlarmi.
- Cosa aspetti? Va' da lei, ora. Hai aspettato troppo ed adesso è qui. Capisco che non volevi uscire allo scoperto subito per paura della reazione a caldo, ma ora l'hai vista... C'è, è ad un passo e tu fremi dalla voglia di stringerla a te. Coraggio, va' e dille quanto l'ami... Se un poco poco tu possa meritarti un perdono, lei, da ragazza giusta qual'è, non esiterà a concedertelo, ne sono certa. Ma tu la conosci meglio di me, non farti dettare regole, giovane!
- Hai ragione tu... Allora... Vado...
Mi alzai e guardai il corridoio che mi separava dalla sala 2. Avevo in mente un programma preciso per il mio incontro con lei; dietro l'apparente enorme vetro della sala 2, in realtà c'era uno stanzino. Insomma, di quelli che dall'interno della sala viene visto solo uno specchio e quindi la propria immagine riflessa mentre da quello stanzino lo specchio diventava un semplice vetro e si poteva spiare l'interno della sala senza che chi sta dall'altra parte se ne potesse accorgere. Era stata proprio Silvia a farmi scoprire questo segreto. Ogni tanto andavamo a fare l'amore lì dentro, proprio perché nessuno poteva vederci e noi potevamo invece vedere i ragazzi degli altri corsi ballare lì dentro. A quei tempi, mi aveva raccomandato di non svelare questo particolare a nessuno. Lei l'aveva scoperto perché una mattina aveva visto aprire una porta sospetta da sua zia Alicia, che era appunto la codirettrice dell'Arrànz. E poi aveva scoperto lo stanzino, abbastanza spazioso per andarci in due e così mi ci aveva portato, in modo da poter stare nella scuola, ma tranquillamente e felicemente isolati. Tornando a noi, avevo quindi in mente di guardarla ballare dallo stanzino per qualche istante, per preparare il discorso giusto, anche se già immaginavo che alla fine mi avrebbe trascinato via il mio classico fiume di parole, impulsivamente. Così feci. Scambiai uno sguardo complice con Puri e mi diressi verso il retro della sala 2. La porta dello stanzino era molto piccola e si confondeva con la parete, ma ricordavo precisamente come individuarla e aprirla. Era rimasto tutto come tre anni addietro, dunque entrai in quello stanzino che tanto mi ricordava Silvia con estrema facilità. I miei occhi si soffermarono immediatamente su quella vetrata, dove riuscivo a vedere Silvia che si stava scaldando alla sbarra. Si osservava allo specchio, e questo faceva sembrare che cercasse il mio sguardo. La guardavo, e mi ripetevo quanto fosse bella. Mi scese qualche lacrima poiché mi passavano davanti mille ricordi di me con lei, ma il mio volto manteneva il sorriso perché mi bastava guardarla perché il mondo mi sembrasse meno difficile. Il mio cuore era in defibrillazione, e tra lacrime e sorrisi, l'unica emozione che riuscivo ad identificare in quel momento era l'amore verso di lei. Aveva iniziato già a ballare, la musica si sentiva anche oltre la vetrata. Ballò "Ain't no sunshine when she's gone", una canzone che ballavamo frequentemente quando eravamo allievi. Quella musica blues evidenziava molto la sua sensualità ma il suo movimento era così lineare che quella precisione contrastava la femminilità, perché trasmetteva solo pura poesia. Poesia della danza, di quell'arte che lei adorava sopra ogni cosa, forse l'unica che non l'aveva davvero mai tradita e abbandonata e dove Silvia si buttava in qualsiasi momento, sia che fosse bello che meno. Mi sembrava impossibile che fossi così vicino a lei, credevo ormai che non avrei avuto mai il coraggio di tornare a Madrid, anche se in realtà il mio inconscio l'ha sempre saputo. Cominciai poi a fissare la maniglia d'uscita. Mi chiedevo se fosse arrivato il momento di precipitarmi nella sala e aprire le braccia verso lei, mentre le lacrime mi scivolavano ormai sul collo. Sospirai, poi sentii partire una musica familiare. Era un pezzo di un prestigioso pianista di cui non ricordo il nome, ed era una musica talmente meravigliosa da far venire la pelle d'oca ad ogni ascolto. Ascoltandola per pochi istanti, mi riaffiorò improvvisamente un ricordo ben nitido in testa; ricordavo che Silvia, quando eravamo insieme e frequentavamo la scuola, adorava ballare quel pezzo ad occhi chiusi. Lo ballava sempre così perché diceva che chiudendo gli occhi, la musica e il corpo stabilivano un rapporto indescrivibile e si legavano con estrema naturalezza. Insomma, secondo lei ballarlo ad occhi chiusi migliorava la riuscita dell'esecuzione e portava il danzatore a fare un necessario e meraviglioso sforzo di livello emotivo. Ero sicuro che anche in quel momento, Silvia ballava ad occhi chiusi. Andandoci a fare caso, effettivamente era proprio come pensavo. Silvia sembrava dormisse, ma riusciva a danzare in maniera eccellente, senza pecche. Decisi che quello era il momento di andare da lei. Senza indugi, mi dissi "ora o mai più", e sgattaiolai via dallo stanzino. Raggiusi la sala dove ballava Silvia in silenzio. I miei passi erano lenti e felpati, questo perché volevo che Silvia non si accorgesse dell'arrivo di qualcuno, e così non aprisse gli occhi prima della fine della musica. Riuscii a fare quel che volevo, quindi mi posizionai alle spalle di Silvia. Avrebbe chiuso la coreografia di fronte allo specchio, in questo modo, una volta aperti gli occhi, mi avrebbe visto sullo sfondo, alle sue spalle, e si sarebbe girata per catturare il mio sguardo, quello vero, non il riflesso di un isignificante pezzo di vetro. Solo così avrebbe realizzato che ero lì, altrimenti, lo specchio non le sarebbe bastato a provarle la mia presenza, che secondo me, considerava più che improbabile. C'eravamo quasi. Quello era il momento del pezzo che in una canzone si chiama "refrain", ovvero il pre-ritornello finale. La musica era davvero bellissima, come lei, la mia dolce Silvia. Giro di piroette in chasseux, podeux-bras e poi quinta posizione. Ora tendeva il braccio sinistro verso l'alto e in quell'istante avrebbe aperto gli occhi. Avrebbe aperto gli occhi, ed io avevo paura, terrore. E fu così che la musica in quell'attimo finì. Silvia aveva ancora gli occhi chiusi, rivolti verso l'alto. E poi, una volta per tutte, chinò il capo verso lo specchio e aprì quei suoi occhi. Li aprì, poi ebbe come un brivido, ponendo il suo sguardo sulla mia immagine riflessa. Si voltò, si spostò i capelli che le coprivano gli occhi con una mano tremolante, e l'affanno del post-coreografia. Fece scivolare le sue braccia a peso morto, mi fissò in silenzio con la bocca socchiusa e i respiri sempre più pieni d'ansia. Io neppure tremavo, ero immobile e ammutolito per l'emozione. Provai a dirle qualcosa, allora.
- Ciao Silvia...; e seguì un sospiro angoscioso.
- R-Rober... Perché sei qui?
- Non mi chiedi nemmeno come sto?
E lei si voltò, mettendosi le mani sul volto. Forse dava via qualche lacrima, quindi venne il magone anche a me, così mi avvicinai a lei e l'abbracciai da dietro, ponendo la mia testa china sulla sua spalla destra. Le ricominciai a parlare, con un far dolce.
- Non sono tornato per vederti piangere...
- Ah no? Se non avessi voluto vedermi piangere, ora non saresti qui. Ma che diavolo vuoi ancora da me, eh? Non ti è bastato tutto quello che hai già fatto? La nostra storia è affondata tanto tempo fa... C'è andato di mezzo un figlio... Poi, nonostante io ho cercato di rifarmi una vita felice e sembrava che anche tu stessi tentando di fare lo stesso, mentre sei fidanzato con un'altra, dici di amarmi e il giorno dopo parti con lei... Ed ora? Ora torni qui dopo circa... Ehm... Tre anni. La mia domanda è solo: "Cosa vuoi?"
- Hai ragione. Sono solo un fottutissimo coglione. Un coglione che però è qui per te. Vuole rimediare, per quanto possibile, per quanto glielo potrai permettere.
- Ti ha lasciato, vero? Per questo ora sei qui, sbaglio?
- Sì, sbagli. L'ho lasciata io. Perché non ne potevo più di fingermi innamorato. Non potevo più andare avanti ingannando me e gli altri. L'ho lasciata per correre qui, qui dove c'è tutta la mia vita, quella che non avrei mai dovuto abbandonare. Ascoltami... Ho sbagliato tutto. Tutto. So che sembra assurdo, ma sono stato lontano da te per tre anni perché non volevo darti altre sofferenze. Ho provato a ricominciare da zero, ho provato a dimenticarti ma... Nonostante tutto questo tempo, non ce l'ho fatta. Ho capito che soffriamo di più a stare lontani. Ho capito che quella sofferenza che c'era prima, se vogliamo possiamo eliminarla. La vera sofferenza è non stare insieme. Ho resistito per tre anni con quelle mie stupide convinzioni, forse ho anche peccato di egoismo perché non sapevo cosa ne pensassi tu. Quell'ultimo giorno abbiamo fatto l'amore, ma tu non mi hai detto nulla su quel che sentivi per me. Ho rischiato di impazzire. Ma ora basta. Sono tornato per riprendere in mano la mia vita. E voglio farlo con te...
- Chi ti dice che io non sia andata avanti dopo che tu sei scappato a Malaga, eh? Chi ti dice che io non mi sia fatta una nuova vita con un nuovo uomo, una nuova libertà, nuovi ideali...? Chi?
- Lo so. Lo so e basta. Lo so perché noi ci apparteniamo. Lo so perché mi avresti continuato ad aspettare fino alla fine del mondo. Perché per te esisto io e basta... Non è egocentrismo, ma è verità. Per me è la stessa cosa. Ci sei tu e basta. E sento che per te è proprio così, anche se fatichi ad ammetterlo perché provi giustamente tanto rancore nei miei confronti. E lo so perché tu per me sei un libro aperto, mi basta guardarti negli occhi per capire che è così. Lo so semplicemente perché ti amo. Ed io so leggere l'anima di chi amo. Come la persona che amo sa leggere la mia, che io sia lontano o vicino...
- Vaffanculo, stronzo...
Detto questo, si lasciò andare tra le mie braccia, in un pianto silenzioso. Quel lasciarsi andare in quel modo fu come un segno di resa. Avevo detto esattamente quello che sentiva, così si era accorta che non c'era persona che la conoscesse meglio di me. Detestava questo fatto, ma era la realtà e si era arresa ad essa. E soprattutto, detestava di amarmi, ma era così. 
   
 
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