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Autore: Miyuki chan    02/01/2012    5 recensioni
Io, giuro, quella ragazza non l'avrei mai capita.
Prima mi ringhiava contro, poi si arrabbiava, poi mi ignorava, poi ancora fuggiva.
E adesso addirittura mi baciava...
*
Io, un giorno o l'altro, a quello stupido pirata avrei staccato la testa dal collo.
Lui e quella sua perenne aria da moccioso compiaciuto, i capelli corvini e ribelli, le lentiggini, gli occhi scuri e ardenti...
Stupido pirata, tanto bello quanto stupido.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Marco, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Smoker, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Fire and the Tiger'
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Crave the sun, but I can't get out of bed


Mi svegliai di soprassalto: qualcuno bussava alla porta.
Mi stupii: avevo sempre avuto il sonno leggero, soprattutto da quando avevo mangiato il frutto del diavolo, ed in condizioni normali mi sarebbe bastato sentire l’eco di passi nel corridoio per svegliarmi all’istante…
I miei nervi dovevano essere davvero in pessime condizioni.
Mi sentivo frastornata e stordita, oltre che terribilmente depressa, e raggomitolandomi nelle coperte ignorai il picchiare insistente sulla vecchia porta: già stare tra i pirati non era certo il mio passatempo preferito, figuriamoci se li invitavo anche ad entrare!
Una manciata di secondi dopo la maniglia si abbassò comunque e, per nulla sorpresa, mi ritrovai per l’ennesima volta faccia a faccia con Portgas: il cappello arancione gli poggiava sulla schiena lasciando in mostra i capelli nerissimi che, completamente liberi, sembravano ancora più mossi e ribelli del solito, in netto contrasto con le perle di un rosso corallino che tintinnavano appena al suo collo mentre entrava nella cabina con un vassoio tra le mani.
“Lo sapevo che non stavi dormendo!”
Esclamò soddisfatto il pirata con un ampio sorriso beffardo.
Preferii non replicare, non riuscendo ancora ad accettare il fatto che avesse dovuto fare un tale baccano per svegliarmi.
Mi misi a sedere sul ciglio del letto per alzarmi in piedi subito dopo, squadrandolo ostile: mi sentivo terribilmente indifesa a rimanere accucciata tra le lenzuola.
“Ciao anche a te”
Mugugnai contrariata.
Il sorriso sul viso del pirata si accentuò, mentre posava sul tavolo l’ennesimo vassoio.
“Ma tu non magi mai?”
Domandò perplesso dopo qualche secondo, notando che tutto quello che mi aveva portato era ancora al proprio posto.
Voltai la testa di lato, in un chiaro segno di rifiuto: figurarsi se avevo bisogno che quel pirata da strapazzo mi facesse da mammina.
“Proprio non ti capisco”
Lo sentii dire dopo un rumoroso sospiro, e sbirciandolo con la cosa dell’occhio vidi che un sorriso divertito era di nuovo comparso sul suo volto.
“Ma parliamo di cose serie”
Tornai a guardarlo apertamente, ancora più ostile, sulla difensiva.
La cosa ironica che notai era che, mentre diceva “serie”, un enorme sorriso impertinente gli aveva riempito il viso lentigginoso, dandogli un espressione da ragazzino che si appresta a combinarne un’altra delle sue: sembrava tutt’altro che serio, dunque.
Mi rilassai mentre il mio sguardo si faceva un po’ meno duro: mi pareva incredibile come quel ragazzo di poco più grande di me con quell’ espressione tanto birichina, quasi da bambino, fosse considerato uno dei pirati più pericolosi in circolazione al momento.
Allontanai con un fremito questi pensieri, ricordandomi all’improvviso come il suo sorriso si fosse fatto minaccioso e aggressivo la prima volta che lo avevo incontrato: no, decisamente non era un bambino, e la marina aveva tutte le buone ragioni del mondo per considerarlo pericoloso.
Vedendo che non parlavo, mi incalzò:
“Avanti, non hai niente da dire?”
Incrociai le braccia sul petto, tra lo stupito e l’arrabbiato.
Ma che diavolo voleva ora? Era stato lui a dire che doveva parlare di “cose serie”, mica io!
Avrei voluto farglielo notare, ma preferii rispondere con un secco e stizzito “no”: stavo iniziando a farci l’abitudine, ma parlare con i pirati continuava a non piacermi per nulla.
“Oh”
Disse soltanto Portgas, tra lo stupito e il deluso.
Non riuscii a trattenermi oltre:
“Si può sapere cosa ti aspetti che ti dica?”
Domandai alla fine, nervosa e allibita.
Un sorriso sornione tornò sul viso del pirata mentre mi rispondeva con noncuranza, quasi come se stesse parlando di un argomento banale e comune come il tempo atmosferico:
“Bè, sarebbe carino da parte tua se volessi iniziare col dirmi che frutto hai mangiato, continuassi con l’assicurarmi che te ne starai buona qui senza fare disastri, per poi magari concludere spiegandomi anche perché sei tanto interessata a Smoker”
“Sai cos’altro sarebbe carino? Che tu mi lasciassi in pace”
Ringhiai, sentendo un ondata di rabbia invadermi nell'udirlo pronunciare il nome di Smoker.
Portgas non sembrò particolarmente colpito dal mio sguardo ora decisamente minaccioso, e continuò con la massima calma:
“Possiamo accordarci, tu accontenta me ed io accontento te”
Concluse, mentre quel dannato sorriso si allargava, allungandosi da un orecchio all’altro.
“No.”
Ringhiai di nuovo.
“Sei ripetitiva sai?”
Mi canzonò.
Se prima mi ero quasi lasciata intenerire dalla sua aria infantile, ora tutto ciò che volevo era cancellargli a suon di pugni quell’espressione da marmocchio compiaciuto.
“E va bene, avevo previsto che tu non fossi molto aperta al dialogo. Ora passiamo davvero alle cose importanti”
Stavolta la sua espressione si fece effettivamente un pochino più seria, pur conservando il sorriso impertinente e lo sguardo fastidiosamente sicuro di sè.
Il mio sguardo si fece, in risposta, meno minaccioso e più altezzoso, mentre mi chiedevo che cosa volesse ancora da me.
Rimase in silenzio per qualche istante, distogliendo i suoi occhi neri come la pece dai miei per esaminarmi attentamente, dalla punta dei capelli alle punte dei piedi.
Arrossii violentemente abbassando a mia volta lo sguardo, stringendo maggiormente le braccia al petto come a volermi nascondere dai suoi occhi.
Rendendomi improvvisamente conto che mi stavo facendo mettere in imbarazzo da uno stupido pirata, ripresi immediatamente il controllo di me stessa e lo fissai prendendo fiato, pronta a ordinargli di guardare da un'altra parte.
Lui però mi precedette:
“Quella è una cosa che non voglio più vedere sulla mia nave”
Disse con un enorme, sproporzionato, sorriso, indicandomi con la mano.
“Sii più preciso”
Risposi brusca, confusa e ancora rossa in viso.
Solo in quel momento tornò a guardarmi negli occhi e solo in quel momento dovette accorgersi del mio imbarazzo perché, se possibile, il suo sorriso si fece ancora più ampio e irriverente.
“Quell’uniforme”
Disse calmo e soddisfatto.
Lo guardai tra l’esasperato e l’ostile:
“E per te questa sarebbe la cosa importante?!”
“Non è piacevole dover vedere tutti i giorni il gabbiano della marina sulla mia nave”
Si giustificò senza scomporsi.
“E poi non voglio che si verifichino altri incidenti sul genere di quello di ieri”
Aggiunse, stavolta più serio.
“No.”
Replicai decisa, per la terza volta in pochi minuti.
Portgas a questo punto scoppiò rumorosamente a ridere, aumentando il mio nervosismo:
“No, non hai capito Mikami: questa non era una richiesta amichevole, questo era un ordine”
Mi ribeccò.
Rabbrividii: un po’ perché sentire il mio nome uscire dalle sue labbra faceva decisamente un brutto effetto e un po’ perché il sorriso che aveva sul viso era determinato in un modo decisamente preoccupante.
“No”
Ripetei di nuovo muovendo un passo indietro, senza però che nella mia voce ci fosse nemmeno la metà della convinzione delle volte precedenti.
Un sorriso più gentile addolcì appena il volto di Portgas:
“Scommetto che l’acqua del mare che hai ancora addosso e che impregna i vestiti ti dà molto fastidio. Ho ragione?”
La sua voce bassa e calda mi diede per un attimo l’illusione che fosse davvero preoccupato per me e, anche se la mia parte più razionale e fedele alla marina infranse subito questa illusione bisbigliandomi che stava solo cercando di convincermi a fare ciò che voleva, quell’attimo fu sufficiente a farmi vacillare, e sentii per l’ennesima volta tutte le mie certezze crollare come un castello di carte mentre di nuovo tornavo a pensare che, per quanto lo trovassi irritante e a tratti decisamente odioso, non potevo dire che Ace fosse cattivo.
A salvarmi dall’ennesima crisi di pianto fu soltanto il mio orgoglio, che mi impedii di farmi vedere in uno stato così patetico da un pirata.
Da quel pirata, in particolare.
Del resto, era sempre stato così con me: sopportavo senza fare una piega gli insulti, le offese, l’odio e la rabbia, ma davanti ad un sorriso gentile crollavo, finendo in mille pezzi come un vaso di porcellana.
Quindi non avevo problemi a dimostrarmi minacciosa e ostile di fronte ai sorrisi beffardi di Portgas ed ai suoi commenti, ma appena mi mostrava un po’ di gentilezza il mio orgoglio si chetava ed io crollavo, e mi sentivo improvvisamente fragile e docile come un agnellino.
Era stato per questo che non avevo fatto nulla a quel colosso che mi aveva afferrato i polsi il giorno prima, davanti all’uomo che si era messo ad insultare me e Smoker: nonostante fossi accecata dalla rabbia non ero riuscita a fargli del male perché era stato gentile.
Eppure era un pirata…
Interruppi improvvisamente i miei pensieri, sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi: non. dovevo. piangere.
“Vieni”
Disse Portgas, ancora calmo e gentile, indicandomi la porta.
Esitai, senza capire bene cosa avesse intenzione di fare e dove volesse portarmi.
Vedendo che non mi muovevo, mi si avvicinò.
Mi ritrassi istintivamente quando vidi che allungava una mano verso di me, evitando tuttavia accuratamente di guardarlo negli occhi, temendo che non sarei riuscita a trattenermi e sarei scoppiata a piangere.
Allora si fece da parte, indicandomi la porta aperta con la mano:
“Andiamo”
Disse di nuovo, calmo e paziente.
Alzai un secondo gli occhi e, incontrando i suoi che mi scrutavano, neri come abissi, riabbassai subito i miei, deglutendo mentre ricacciavo nuovamente indietro le lacrime.
Capendo che non se ne sarebbe andato e che non mi avrebbe lasciata in pace finché non avessi fatto ciò che mi chiedeva, sgusciai oltre l’uscio, quatta e silenziosa come un ombra.
Portgas uscii a sua volta con un sorriso sul volto, e mi fece cenno di seguirlo mentre iniziava a percorrere il lungo corridoio.
Ancora non avevo capito dove fossimo diretti, ma non me ne preoccupai troppo: la mia concentrazione era tutta focalizzata nel trattenere le lacrime e, di fronte alla prospettiva di crollare davanti al pirata, ogni altra cosa perdeva di importanza.
Quindi, sentendo che non c’era altro che potessi fare, lo seguii docilmente.
 

 
 
 
Spazio autrice:
E un altro capitolo è finito ^^
...e già, le spiegazioni riguardo al frutto, al passato di Mikami o a Smoker sono ancora assenti, adesso vedrò come giocarmele, ma non temete che presto arriveranno ^^
Grazie a tutti quelli che seguono la storia e la aggiungono tra le seguite, le ricordate e anche le preferite!
Io ve la butto lì: sapere cosa pensate anche voi lettrici silenziose mi farebbe molto piacere ^^
E se non volete dire nulla... e vabbè, vi ringrazio lo stesso :D
Grazie di cuore soprattutto a Killy e Lenhara che recensiscono sempre: è talmente bello e incoraggiante leggere e rispondervi! :*
Un abbraccio a tutti, al prossimo aggiornamento ;)
  
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