Panic
E se Draco
Malfoy celasse una
debolezza?
And
you feel like falling down
I'll carry you home
Tonight
We are young
[We
are young - Fun]
La verdura
è un termine gastronomico-nutrizionale che si riferisce a
diverse parti di una
pianta che vengono utilizzate nell'alimentazione umana.
Già, proprio come la verdura che stava immobile dentro al
mio piatto. Concentrati
su quella Hermione, non pensare ad altro.
Il metro è la distanza che percorre la luce nel vuoto in un
trecentomilionesimo
di secondo circa.
Ci sarebbero voluti solo pochi metri per avvicinarmi al suo tavolo e
affatturarlo per sempre. Continua a fissare il piatto
ed andrà tutto
bene. Il mamba nero è considerato uno dei
retili più velenosi e
pericolosi del mondo, può raggiungere anche i quattri metri
di lunghezza, una
dimensione considerevole per un serpente velenoso; esso è
famoso anche per la
sua velocità imbattile. Già,
anche lui era una serpe, un dannato
figlio di Salazar. Uno stupido, ingrato, sconsiderato, ipocrita,
subdolo,
viziato, razzista...
« Hermione? »
« Non sono agitata,
dannazione! »
Feci un movimento così brusco che la forchetta cadde per
terra con un sonoro
tonfo contro la pietra.
L'espressione accigliata di Ginny mi fece capire una cosa assolutamente
fondamentale: non andava tutto bene. Non andava, ad esempio, il fatto
di star
continuamente pensando ad un essere vivente, perchè
soprannominarlo come essere umano era
quasi comico, la cui importanza era pari a quella di un filo d'erba in
un campo
colorato dell'Irlanda, andava ancora peggio, poi, quando questo
suddetto
essere, perchè, ripensandoci, non potevo essere davvero
certa che quel cumulo
di capelli biondi e il suo ego spropositato potesse davvero comporre
qualcosa
di vivente, mi stava causando
più problemi del previsto. Tanto da
farmi cadere una forchetta dal tavolo, tanto da farmi ripassare ogni
formula
presente nel mio cervello, tanto da farmi innervosire.
« Vuoi parlare di qualcosa,
Hermione? »
« Sì, vorrei parlare degli Elfi Domestici
e del loro ingiusto
sfruttamento. »
Una mano sulla gonna, a riaggiustarla da pieghe immaginarie, una ad
aggiustare
una ciocca riccioluta dietro l'orecchio ed il respiro regolato a
livelli
maniacali. Niente deve intaccare la tua
tranquillità, Hermione, rimani
concentrata.
« Non credo che il tuo panico ne debba
risentire. »
« Il mio cosa? » Chiesi,
osservandola sbalordita.
« Il tuo panino, lo stai stritolando, non credo gli
faccia piacere. »
Panino. Panino, certo, non panico.
« Vuoi davvero parlare degli Elfi
Domestici o vuoi dirmi cosa ti sta
succedendo? »
« Sinceramente non ho voglia di parlare di nulla.
Sono solo molto stanca
per i continui compiti che accumulo durante il
giorno. »
« Accumuli compiti? Ma non sei già a
metà del programma? »
Dannazione.
« Sei infastidita dai miei continui
Malfoy? »
Dai suoi Malfoy? Da quando Ginny possedeva dei Malfoy?
« Sai, ci pensavo da molto tempo...forse i miei
elogi verso Harry e la mia
relazione con lui ti hanno fatta sentire esclusa, non è
stata assolutamente mia
intenzione, lo giuro. »
Elogi, non Malfoy. Perchè il mio udito si rifiutava di
collaborare con il cervello?
« No, Ginny, non preoccuparti, non mi sento affatto
esclusa. E' il tuo
momento di essere felice e te lo meriti, quindi sono contenta per tutti
e due. »
Mi diede un lieve abbraccio, percependo tutto il reale trasporto e
affetto che
voleva trasmettermi. Si allontanò appena, formulando un
lieve sorriso che le
illuminò gli occhi, leggermente lucidi. Era felice, lo era
davvero, e non mi
sentivo di essere così egoista da essere invidiosa di
lei.
Ne avevano passate tante, lei ed Harry, lui troppo concentrato su
Voldemort e
lei troppo concentrata sui suoi sentimenti continuamente rigettati. Ora
che
erano riusciti a trovare il loro equilibrio non potevo che fare un
passo
indietro e guardare da spettatrice l'amore tra due delle persone a cui
volevo
più bene.
« Allora, oggi è il gran giorno, mia
cara. »
Asserì lei, afferando il mio patto abbandonato a se stesso e
finendo la mia
verdura.
« Mi sono persa qualche passaggio. Cosa ci sarebbe
oggi? »
Il suo volto tra il sorpreso e l'arrabbiato mi fece fare fente locale
sulla
data di quel giorno.
Il 2 ottobre, un venerdì, un'ora di Storia della Magia, due
ore Difesa contro
le Arti Oscure e un'altra ora di Incantesimi, la pausa pranzo che si
stava
svolgendo ora, le due ore di Trafigurazione e gli allenamenti di
Quidditch alla
quale Ginny aveva insistito tanto per portarmi...gli allenamenti di
Quidditch!
Al pensiero sul mio volto si palesò una faccia abbattuta che
fece capire alla
mia amica che finalmente avevo compreso ciò a cui si stava
riferendo.
« Hai promesso,
Hermione! »
La guardai storto, non essendo propriamente d'accordo con
ciò che stava
affermando. La sua era stata una minaccia vera e propria, senza contare
che ad
offuscare il mio giudizio e le mie parole c'era stato il delizioso
camino che
riscaldava le gambe e molte ore di sonno da recupare.
« Le persone intelligenti possono cambiare
idea. »
« Ma Hermione Granger non vorrebbe mai vedere
Ginevra Weasley arrabbiata,
giusto? »
La luce ambigua che vidi nel suo sguardo mi fece subito comprendere che
no, non
avevo alcuna intenzione di essere presa di mira per una delle sue
speciali
fatture Orcovolanti.
« Vedrai, ti
divertirai! »
Disse, prima di rifiondarsi sul dolce con un chè di
fanciullesco.
« Immagino... »
Borbottai, lanciando distrattamente un'occhiata al tavolo
Serpeverde.
Se n'era andato.
Freddo. Come
avevo fatto a non accorgermi che la temperatura fosse calata
così
drasticamente? Mi sarei sicuramente presa un malanno e tutto per colpa
della
mia poca autorità quando si trattava di Ginny.
Freddo. Ginny mi aveva abbandonato sui
gradini del campo, sparendo
dentro agli spogliatoi con l'intera squadra. Quell'anno sarebbe stato
più
difficile, Harry era stato il miglior cercatore per sei anni ed ora
avrebbero
dovuto cavarsela da soli, con ancora la fama dei vincitori sulle
spalle, ma
senza alcun aiuto. Si sarebbero dovuti allenare molto, aveva detto
Ginny, e
forse non sarebbe bastato. Per questo aveva avuto il bisogno del
sostegno della
sua amica, per sentirsi brava e forte, per avere la sicurezza di
potercela
fare. Aprii il libro di Trasfigurazione, incominciando a studiare gli
incanti
per sciogliere le trasfigurazioni.
Ogni tanto mi sistemavo il capellino di lana sulla testa, per ripararmi
dal
vento freddo, qualche volta mi perdevo ad osservare le mie dita coperte
dai
guanti sulle pagine ingiallite del libro di scuola, altre volte,
invece,
osservavo Ginny volare senza nessuna paura da una parte
all’altra con
l’espressione decisa che solo una ragazza Weasley poteva
indossare. Mi
soffermai a guardare un uccellino svolazzare a raso terra, sopra il
prato, e
poi spiccare il volo verso il cielo, in tutta la sua
maestosità. Osservai due
ragazzi abbracciati sotto ad un albero, nonostante il freddo,
nonostante la
miriade di compiti che li avrebbe aspettati al ritorno, scrutai con
particolare
attenzione un ragazzo, solo, che camminava verso il campo di Quidditch.
La
testa bassa, le mani in tasca, tutto sembrava dimostrare di una
personalità
fragile. Fino a quando non riuscii a distinguere la figura sottile e
allungata,
i capelli biondi che sembravano aver preso una tonalità
più scura sotto quel
cielo plumbeo.
Era lui, ancora. Sembrava una persecuzione in quei giorni. Cercai di
far finta
di niente, concentrandomi ora sul libro, divenuto stranamente troppo
noioso,
ora sulla partita, troppo irrilevante, ora sul lago, troppo piatto. Era
tutto
troppo quando c’era lui di mezzo, mi soffermai a pensare.
Quel miscuglio di
sensazioni che accompagnava la sua entrata in scena non mi aveva
lasciata stare
dal primo anno. Le sue cattiverie, la sua stupidità, la sua
ricchezza, la sua
brutta reputazione, non avevano fatto altro che creare sentimenti
negativi
dentro di me. Ed ora pretendevo anche di aiutarlo, pretendevo da me
stessa di
essere gentile e dolce con un ragazzo che odiava la gentilezza e la
dolcezza.
Oltre ad odiare me, ovviamente. Improvvisamente riuscii a vedere il suo
viso.
Si era voltato e stava guardando nella mia direzione e quegli occhi,
anche se
così lontani, mi fecero ricordare quella sera.
Avevo
aspettato pazientemente che si calmasse, che avesse la forza di
rimettersi in
piedi. Avevo aspettato, aspettato che lui stesse meglio. Avevo
aspettato
continuando a stringerlo, continuando a fargli capire che si poteva
essere un
po’ meno soli, se si voleva. Quando, poi, il suo respiro era
tornato regolare,
avevo voluto prolungare quello strano abbraccio, perché mi
era sembrato giusto,
perché avevo paura di rompere quel momento quasi
cristallizzato nel tempo, o
forse semplicemente perché non era stato così
orribile come mi ero immaginata.
La mia immaginazione aveva sempre pensato che Draco Malfoy fosse fatto
di
pietra dura e fredda, perché non poteva essere altrimenti,
perché solo così
poteva essere spiegata la sua totale incapacità di provare
qualcosa di
positivo. Eppure quando le mie braccia si erano strette intorno alle
sue spalle
come una madre protettiva, una stretta leggera per dargli i suoi spazi,
avevo
sentito il suo corpo e l’avevo trovato estremamente umano.
Così caldo e
morbido, così da uomo. Ero rimasta traumatizzata da quel
contatto, il primo in
otto anni di conoscenza. Lo osservai mentre riprendeva il controllo di
se
stesso, mentre si spostava bruscamente da me, lasciandomi scottata. Lo
osservai
sollevarsi senza il minimo tentennamento, perché era forte,
perché aveva
imparato ad esserlo.
Il primo gesto che aveva compiuto era stato aggiustarsi il colletto
della
camicia e poi spazzolarsi il maglione. Fece per andarsene, senza una
parola,
come se non si fosse nemmeno accorto della mia presenza. « Un
grazie sarebbe gradito. »Mormorai,
nel silenzio tombale della
biblioteca. Lui non disse nulla, restò solo fermo nella sua
posizione, rigido
come un chiodo. Le braccia lungo i fianchi e la testa dritta. Feci
forza sulle
braccia e mi tirai in piedi, facendo sostegno sullo scaffale della
libreria.
Sembravo io quella che aveva appena avuto un attacco di panico e non
lui.
« Stai meglio? »
Ancora nulla, pareva essere caduto in una specie di coma.
« Malfoy? »
« Granger, la tua voce urta il mio apparato
uditivo, oltre che tutto il
mio intero corpo. Evita di parlare con me. »
Stupido. Stupido, ecco che cos’era. Uno stupido bambino, uno
stupido bambino
cocciuto.
E stupida lo ero anche io che continuavo imperterrita ad aiutarlo
quando era
chiaro non volesse alcun aiuto. Infantile. Furiosa uscii dalla
biblioteca a
passo di marcia, borbottando maledizioni contro Malfoy. Come si
permetteva di
trattarmi così? Come se fossi un oggetto usa e getta di sua
proprietà. Non
volevo più sentire nulla di nulla sul suo conto e al diavolo
gli attacchi di
panico, se voleva stare da solo lo sarebbe stato. Draco Malfoy era
ufficialmente un capitolo chiuso e al diavolo la
gentilezza.
« Siamo andati molto bene, non credi? Siamo migliorati molto sul fattore tecnica e anche sulla velocità. Dovresti vedere James come parlava di me negli spogliatoi, diceva che stavo diventando il suo idolo. Ho sempre saputo che mi avesse una cotta per me, me l’aveva accennato Jhon, sai quello di Tassorosso? Hermione? »
« Sì, Jhon di Tassorosso, ho capito. »
Risposi, non prestando realmente ascolto a ciò che stesse dicendo. Ero molto più intenta ad origliare la conversazione di un gruppo di ragazze di Corvonero che stavano parlando animatamente di una nuova lite che stava avvenendo nel bagno di Mirtilla Malcontenta al secondo piano.
« …e alla fine credo che avremo una buona probabilità di vincere la prossima settimana contro Serpeverde. Tu che dici? »
« Dico che ora devo andare a fare una commissione urgente. Ti raggiungo in Sala Comune, va bene? »
Non aspettai nemmeno la sua riposta che corsi a perdifiato fin dentro al castello, percorsi le scale ed arrivai davanti al bagno delle ragazze, intasato di gente che urlava e sventolava le braccia in aria.
Pensavo avessero smesso di fare gli stupidi. Cercai di sorpassare gli studenti accalcati davanti alla porta a forza di scuse e gomitate. Ricorda che è proibito usare la bacchetta in mezzo ai corridoio, Hermione. Fallo per la tua media perfetta e la tua fedina pulita. Arrivai al centro del bagno, dove un piccolo gruppo di Serpeverde e Grifondoro, che novità! mi ritrovai a borbottare, stavano litigando verbalmente tra loro.
« I Grifondoro non sono nient’altro che ragazzi egocentrici che pensano solo a loro stessi e alla loro gloria. Non riuscite a vedere ad un palmo dei vostri stupidi occhi. »
« Non siamo noi ad avere tra la schiera un Malfoy. »
Mi raggelai a quelle parole, sentendo tutta la tensione concentrarsi nelle mie ossa, immobilizzandomi, come se avessero pronunciato il mio nome e non il suo. Seppi subito dove guardare per trovarlo, lontano dalla folla, ma così vicino da potersi godere la nuova lite senza problemi.
Come era sempre stato, d’altronde, mai in prima fila, solo spettatore di una guerra anche sua. Rimase stranamente in silenzio, come se niente e nessuno potesse scalfire la sua bolla di indifferenza. Tanto meglio, così avrei avuto meno persone da affatturare nel caso non avessero voluto seguire i miei ordini.
« Oh, certo, Peter Minus era un santo, vero Chris? »
« Siete tutti macchiati con il marchio nero e questo nemmeno la fine della guerra può cambiarlo. Rimarrete sempre servitori di Voldemort. »
« Ora basta! Basta! »
Urlai, senza che nessuno mi desse ascolto. Stupidi ottusi. Feci la prima cosa che mi venne in mente, mandando al diavolo l’educazione e la femminilità che cercavo di mantenere. Fischiai più forte che potei, facendo girare molte teste nella mia direzione.
« Ogni studente ritorni nella sua Sala Comune e ci resti, chiaro? Come Caposcuola ho il potere di punire tutti coloro che continueranno a creare caos nella scuola. Cinquanta punti in meno a Grifondoro per le sgradevoli cattiverie che sono state pronunciate e cinquanta anche a Serpeverde, che si è dimostrata inopportuna quanto la precedente casata. Vi voglio fuori da questo bagno entro cinque minuti! »
La minaccia sembrò scaturire l’effetto desiderato perché uscirono tutti fra borbottii e sbuffi. Si divertivano a urlarsi contro, ecco qual era il problema. La guerra aveva fatto uscire le loro parti più aggressive, li aveva inaciditi fino allo stremo, aveva ucciso ogni parte che riusciva a tenere unite le casate.
Feci per uscire quando mi accorsi che una persona era rimasta nel bagno insieme a me, nonostante la mia sgridata. Draco. Quel nome rimbombò chiaro nella mia mente, facendomi quasi inciampare nei miei stessi piedi.
« Non sono stato gentile con te, l’altra sera. »
Mi fermai sulla soglia con le spalle girate verso di lui. Sorrisi appena, di nascosto.
« Quando mai lo sei stato? »
« Non eri obbligata ad aiutarmi eppure l’hai fatto comunque. Non sono…stato abituato a questo. »
« All’aiuto? »
« A te. »
Destabilizzante. Quella sua risposta aveva avuto il potere di destabilizzare ogni singola particella del mio corpo.
Era un grazie nascosto in mezzo alle righe? O forse era molto di più. Capii che era più facile non guardarlo negli occhi, un po’ perché nascondere il mio volto mi facilitava il compito di simulare indifferenza, un po’ perché avevo paura di leggere nel suo qualcosa che preferivo non voler sapere, per ora. Illudersi era sempre stato il mio forte, dopotutto.
« Ti stai scusando con me, Malfoy? »
« Non chiedere troppo, Granger. Non mi abbasserò mai a chiederti scusa. »
Ci fu un momento di silenzio, in cui capii di non poter rimanere voltata ancora a lungo senza fare la figura della stupida.
« Posso chiederti una cosa?»
Era ancora appoggiato alla parete, gli occhi puntati verso di me come un serpente che punta la propria preda. Come un mamba nero, così velenoso, così raro.
« Che cosa vuoi chiedermi? »
« Non dirai a nessuno quello che mi sta succedendo, vero? »
« No, non lo dirò a nessuno. »
« Quindi posso…contare su di te? »
Fidarsi era una parola così grossa per lui? Probabilmente era una persona che soffriva di disturbo evitante di personalità, oltre che di disturbo di panico.
« Solo tu puoi saperlo, Malfoy. Credo che la risposta io te l’abbia data molte volte in questi giorni. »
« Quindi… »
Un passo verso di me, un passo lontano da lui. « Hai detto che potevo contare su di te, ci sto provando. »
Non riuscivo più a vedere il ragazzo che mi prendeva in giro dal primo anno, non riuscivo più a percepire l’irritazione che provavo nei suoi confronti. Riuscivo solo a vedere lui, lui che si avvicinava con uno sguardo imbarazzato e timoroso, come se fosse un animale braccato. E forse lo era davvero, senza che nessuno lo sapesse.
« La prima volta in cui ho avuto un attacco sono andato da un medimago e…mi ha parlato del disturbo di panico. Diceva che deriva da molti fattori, ma che doveva essere scaturito da uno fondamentale. E’ questo, Granger, è questo il mio fattore. »
Disse, prima di tirare su la manica della camicia immacolata e farmi vedere il Marchio Nero, inciso a forza sulla carne nivea. Sembrava un brutto sbaglio sul suo braccio, su di lui, come se non c’entrasse niente con tutto il suo essere.
« Il Marchio nero è stato, è e sarà sempre il mio sbaglio più grande, Granger. Non volevo prendere una decisione in questa guerra, da reale codardo quale sono, ma sono andato dalla parte più comoda, dove mi sarei sentito più accettato. E io lo volevo, Granger, lo volevo da impazzire i primi tempi. Poi tutto si è fatto più scuro, più torbido, ed ecco la verità. Non esiste il potere, non è mai esistito. Tutto quello che ho fatto è stato per proteggere la mia famiglia e se avessi potuto scegliere, sarei scappato via subito, senza ripensamenti. Non sono come te, non ho la continua e insensata voglia di salvare il mondo. Penso per me e per la mia famiglia, l’ho sempre fatto. »
Aveva abbassato gli occhi, durante il racconto, come se si vergognasse di ogni parola che stava sgorgando dalla sua bocca. Eppure sembrava tutto così tangibile, reale. Era lui, era lui Draco, lo sentivo. L’aveva nascosto per così tanto tempo, oppure era solamente nato dalle ceneri della guerra? Qualunque cosa fosse, era da togliere il fiato.
« Anche io ho un fattore che mi porta a pensare, sai? E ce l’ho sul corpo, proprio come te. »
Tirai su la manica del maglione, facendogli vedere la scritta che sua zia mi aveva intagliato nella carne a Malfoy Manor. Mudblood. A quella vista sembrò raggelarsi.
« C’eri anche tu quella volta. Mi ricorda sempre che ci sono persone che non mi accetteranno mai, che sono una maga diversa dagli altri. Guarda, Draco, anche la mia è una cicatrice che porterò sempre con me. E’ ciò che siamo, sono le scelte che abbiamo fatto, piangerci sopra non aiuterà a recuperare nulla. »
Stava ancora fissando il mio avambraccio, come traumatizzato da ciò che i suoi occhi stavano vedendo. Mi afferrò rudemente il braccio con la mano destra mentre accostava il suo braccio sinistro al mio. Li stava paragonando. Capii di aver fatto io lo sbaglio più grosso, in quel momento.
Non avrei dovuto ricordargli Malfoy Manor, non avrei dovuto ricordargli lui poco tempo fa.
« Questo, Granger, è ciò che sei, l’hai subìto per difendere te stessa e le tue convinzioni, il Marchio Nero è ciò che sono diventato, la scelta è stata mia e mia soltanto. Non siamo uguali, Granger. Non pensare che uno stupida macchia in comune ci faccia avvicinare, siamo troppo diversi per capirci. La tua fedina penale è pulita, resta lontano dai tipi come me. »
Se ne andò via, senza dire nient’altro. Lo osservai andare via e sparire dietro l’angolo. L’avevo sconvolto, in qualche modo. Sentivo ancora il braccio bruciare per la sua presa ferrea.
Ma era per questo che bruciava? Per la forza o per qualcos’altro? Mi appoggiai allo stipite della porta.
L’ultima parola ancora impressa tra le labbra.
Draco.