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Autore: AntheaMalec    04/01/2012    7 recensioni
Hermione Granger frequenta il settimo anno insieme a Ginevra Weasley, ma molte cose dopo la guerra sono cambiate e fra queste l'animo degli studenti di Hogwarts. Con loro, però, ci sarà anche Draco Malfoy. Cosa si cela dietro al Serpeverde?
***
Percepii un rumore di passi davanti a me, ma non me ne curai, sicura che fosse qualche studente o professore che si dirigeva in biblioteca.
Respiro affannato, un singhiozzo strozzato.
Mi fermai, cercando di capire che cosa stesse succedendo.
Piedi trascinati sul pavimento, passi che si avvicinavano a me.
Un volto ancora celato dal buio, capelli biondi appiccicati alla fronte, testa bassa come a celare un segreto disegnato sul volto.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Panic

 

 

 

                        

   E se Draco Malfoy celasse una debolezza?               

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 And you feel like falling down 
I'll carry you home
 
Tonight
 
We are young
 


[We are young - Fun]

 

 

 

 

 

 

La verdura è un termine gastronomico-nutrizionale che si riferisce a diverse parti di una pianta che vengono utilizzate nell'alimentazione umana. 
Già, proprio come la verdura che stava immobile dentro al mio piatto. Concentrati su quella Hermione, non pensare ad altro.
Il metro è la distanza che percorre la luce nel vuoto in un trecentomilionesimo di secondo circa. 
Ci sarebbero voluti solo pochi metri per avvicinarmi al suo tavolo e affatturarlo per sempre. Continua a fissare il piatto ed andrà tutto bene. Il mamba nero è considerato uno dei retili più velenosi e pericolosi del mondo, può raggiungere anche i quattri metri di lunghezza, una dimensione considerevole per un serpente velenoso; esso è famoso anche per la sua velocità imbattile. Già, anche lui era una serpe, un dannato figlio di Salazar. Uno stupido, ingrato, sconsiderato, ipocrita, subdolo, viziato, razzista...
« Hermione? » 
« Non sono agitata, dannazione! » 
Feci un movimento così brusco che la forchetta cadde per terra con un sonoro tonfo contro la pietra. 
L'espressione accigliata di Ginny mi fece capire una cosa assolutamente fondamentale: non andava tutto bene. Non andava, ad esempio, il fatto di star continuamente pensando ad un essere vivente, perchè soprannominarlo come essere umano era quasi comico, la cui importanza era pari a quella di un filo d'erba in un campo colorato dell'Irlanda, andava ancora peggio, poi, quando questo suddetto essere, perchè, ripensandoci, non potevo essere davvero certa che quel cumulo di capelli biondi e il suo ego spropositato potesse davvero comporre qualcosa di vivente, mi stava causando più problemi del previsto. Tanto da farmi cadere una forchetta dal tavolo, tanto da farmi ripassare ogni formula presente nel mio cervello, tanto da farmi innervosire. 
« Vuoi parlare di qualcosa, Hermione? » 
« Sì, vorrei parlare degli Elfi Domestici e del loro ingiusto sfruttamento. » 
Una mano sulla gonna, a riaggiustarla da pieghe immaginarie, una ad aggiustare una ciocca riccioluta dietro l'orecchio ed il respiro regolato a livelli maniacali. Niente deve intaccare la tua tranquillità, Hermione, rimani concentrata.
« Non credo che il tuo panico ne debba risentire. » 
« Il mio cosa? » Chiesi, osservandola sbalordita. 
« Il tuo panino, lo stai stritolando, non credo gli faccia piacere. » 
Panino. Panino, certo, non panico.
« Vuoi davvero parlare degli Elfi Domestici o vuoi dirmi cosa ti sta succedendo? » 
« Sinceramente non ho voglia di parlare di nulla. Sono solo molto stanca per i continui compiti che accumulo durante il giorno. » 
« Accumuli compiti? Ma non sei già a metà del programma? » 
Dannazione. 

« Sei infastidita dai miei continui Malfoy? » 
Dai suoi Malfoy? Da quando Ginny possedeva dei Malfoy? 
« Sai, ci pensavo da molto tempo...forse i miei elogi verso Harry e la mia relazione con lui ti hanno fatta sentire esclusa, non è stata assolutamente mia intenzione, lo giuro. » 
Elogi, non Malfoy. Perchè il mio udito si rifiutava di collaborare con il cervello? 
« No, Ginny, non preoccuparti, non mi sento affatto esclusa. E' il tuo momento di essere felice e te lo meriti, quindi sono contenta per tutti e due. » 
Mi diede un lieve abbraccio, percependo tutto il reale trasporto e affetto che voleva trasmettermi. Si allontanò appena, formulando un lieve sorriso che le illuminò gli occhi, leggermente lucidi. Era felice, lo era davvero, e non mi sentivo di essere così egoista da essere invidiosa di lei. 
Ne avevano passate tante, lei ed Harry, lui troppo concentrato su Voldemort e lei troppo concentrata sui suoi sentimenti continuamente rigettati. Ora che erano riusciti a trovare il loro equilibrio non potevo che fare un passo indietro e guardare da spettatrice l'amore tra due delle persone a cui volevo più bene. 
« Allora, oggi è il gran giorno, mia cara. » 
Asserì lei, afferando il mio patto abbandonato a se stesso e finendo la mia verdura. 
« Mi sono persa qualche passaggio. Cosa ci sarebbe oggi? » 
Il suo volto tra il sorpreso e l'arrabbiato mi fece fare fente locale sulla data di quel giorno. 
Il 2 ottobre, un venerdì, un'ora di Storia della Magia, due ore Difesa contro le Arti Oscure e un'altra ora di Incantesimi, la pausa pranzo che si stava svolgendo ora, le due ore di Trafigurazione e gli allenamenti di Quidditch alla quale Ginny aveva insistito tanto per portarmi...gli allenamenti di Quidditch! Al pensiero sul mio volto si palesò una faccia abbattuta che fece capire alla mia amica che finalmente avevo compreso ciò a cui si stava riferendo. 
« Hai promesso, Hermione! » 
La guardai storto, non essendo propriamente d'accordo con ciò che stava affermando. La sua era stata una minaccia vera e propria, senza contare che ad offuscare il mio giudizio e le mie parole c'era stato il delizioso camino che riscaldava le gambe e molte ore di sonno da recupare. 
« Le persone intelligenti possono cambiare idea. » 
« Ma Hermione Granger non vorrebbe mai vedere Ginevra Weasley arrabbiata, giusto? »
La luce ambigua che vidi nel suo sguardo mi fece subito comprendere che no, non avevo alcuna intenzione di essere presa di mira per una delle sue speciali fatture Orcovolanti. 
« Vedrai, ti divertirai! » 
Disse, prima di rifiondarsi sul dolce con un chè di fanciullesco. 
« Immagino... » 
Borbottai, lanciando distrattamente un'occhiata al tavolo Serpeverde. 
Se n'era andato.

 

Freddo. Come avevo fatto a non accorgermi che la temperatura fosse calata così drasticamente? Mi sarei sicuramente presa un malanno e tutto per colpa della mia poca autorità quando si trattava di Ginny. 
Freddo. Ginny mi aveva abbandonato sui gradini del campo, sparendo dentro agli spogliatoi con l'intera squadra. Quell'anno sarebbe stato più difficile, Harry era stato il miglior cercatore per sei anni ed ora avrebbero dovuto cavarsela da soli, con ancora la fama dei vincitori sulle spalle, ma senza alcun aiuto. Si sarebbero dovuti allenare molto, aveva detto Ginny, e forse non sarebbe bastato. Per questo aveva avuto il bisogno del sostegno della sua amica, per sentirsi brava e forte, per avere la sicurezza di potercela fare. Aprii il libro di Trasfigurazione, incominciando a studiare gli incanti per sciogliere le trasfigurazioni. 
Ogni tanto mi sistemavo il capellino di lana sulla testa, per ripararmi dal vento freddo, qualche volta mi perdevo ad osservare le mie dita coperte dai guanti sulle pagine ingiallite del libro di scuola, altre volte, invece, osservavo Ginny volare senza nessuna paura da una parte all’altra con l’espressione decisa che solo una ragazza Weasley poteva indossare. Mi soffermai a guardare un uccellino svolazzare a raso terra, sopra il prato, e poi spiccare il volo verso il cielo, in tutta la sua maestosità. Osservai due ragazzi abbracciati sotto ad un albero, nonostante il freddo, nonostante la miriade di compiti che li avrebbe aspettati al ritorno, scrutai con particolare attenzione un ragazzo, solo, che camminava verso il campo di Quidditch. La testa bassa, le mani in tasca, tutto sembrava dimostrare di una personalità fragile. Fino a quando non riuscii a distinguere la figura sottile e allungata, i capelli biondi che sembravano aver preso una tonalità più scura sotto quel cielo plumbeo. 
Era lui, ancora. Sembrava una persecuzione in quei giorni. Cercai di far finta di niente, concentrandomi ora sul libro, divenuto stranamente troppo noioso, ora sulla partita, troppo irrilevante, ora sul lago, troppo piatto. Era tutto troppo quando c’era lui di mezzo, mi soffermai a pensare. Quel miscuglio di sensazioni che accompagnava la sua entrata in scena non mi aveva lasciata stare dal primo anno. Le sue cattiverie, la sua stupidità, la sua ricchezza, la sua brutta reputazione, non avevano fatto altro che creare sentimenti negativi dentro di me. Ed ora pretendevo anche di aiutarlo, pretendevo da me stessa di essere gentile e dolce con un ragazzo che odiava la gentilezza e la dolcezza. Oltre ad odiare me, ovviamente. Improvvisamente riuscii a vedere il suo viso. Si era voltato e stava guardando nella mia direzione e quegli occhi, anche se così lontani, mi fecero ricordare quella sera.

 

Avevo aspettato pazientemente che si calmasse, che avesse la forza di rimettersi in piedi. Avevo aspettato, aspettato che lui stesse meglio. Avevo aspettato continuando a stringerlo, continuando a fargli capire che si poteva essere un po’ meno soli, se si voleva. Quando, poi, il suo respiro era tornato regolare, avevo voluto prolungare quello strano abbraccio, perché mi era sembrato giusto, perché avevo paura di rompere quel momento quasi cristallizzato nel tempo, o forse semplicemente perché non era stato così orribile come mi ero immaginata. La mia immaginazione aveva sempre pensato che Draco Malfoy fosse fatto di pietra dura e fredda, perché non poteva essere altrimenti, perché solo così poteva essere spiegata la sua totale incapacità di provare qualcosa di positivo. Eppure quando le mie braccia si erano strette intorno alle sue spalle come una madre protettiva, una stretta leggera per dargli i suoi spazi, avevo sentito il suo corpo e l’avevo trovato estremamente umano. Così caldo e morbido, così da uomo. Ero rimasta traumatizzata da quel contatto, il primo in otto anni di conoscenza. Lo osservai mentre riprendeva il controllo di se stesso, mentre si spostava bruscamente da me, lasciandomi scottata. Lo osservai sollevarsi senza il minimo tentennamento, perché era forte, perché aveva imparato ad esserlo. 
Il primo gesto che aveva compiuto era stato aggiustarsi il colletto della camicia e poi spazzolarsi il maglione. Fece per andarsene, senza una parola, come se non si fosse nemmeno accorto della mia presenza. 
« Un grazie sarebbe gradito. »Mormorai, nel silenzio tombale della biblioteca. Lui non disse nulla, restò solo fermo nella sua posizione, rigido come un chiodo. Le braccia lungo i fianchi e la testa dritta. Feci forza sulle braccia e mi tirai in piedi, facendo sostegno sullo scaffale della libreria. Sembravo io quella che aveva appena avuto un attacco di panico e non lui. 
« Stai meglio? » 
Ancora nulla, pareva essere caduto in una specie di coma. 
« Malfoy? » 
« Granger, la tua voce urta il mio apparato uditivo, oltre che tutto il mio intero corpo. Evita di parlare con me. » 
Stupido. Stupido, ecco che cos’era. Uno stupido bambino, uno stupido bambino cocciuto.
E stupida lo ero anche io che continuavo imperterrita ad aiutarlo quando era chiaro non volesse alcun aiuto. Infantile. Furiosa uscii dalla biblioteca a passo di marcia, borbottando maledizioni contro Malfoy. Come si permetteva di trattarmi così? Come se fossi un oggetto usa e getta di sua proprietà. Non volevo più sentire nulla di nulla sul suo conto e al diavolo gli attacchi di panico, se voleva stare da solo lo sarebbe stato. Draco Malfoy era ufficialmente un  capitolo chiuso e al diavolo la gentilezza.

 

Quando ritornai alla realtà di Draco Malfoy non c’era più nemmeno l’ombra, ma notai Ginny, già pronta, fuori dal campo che continuava a fare gesti frenetici per farsi notare da me. Scesi i gradini e aspettai il suo solito sfogo post allenamento. 
« Siamo andati molto bene, non credi? Siamo migliorati molto sul fattore tecnica e anche sulla velocità. Dovresti vedere James come parlava di me negli spogliatoi, diceva che stavo diventando il suo idolo. Ho sempre saputo che mi avesse una cotta per me, me l’aveva accennato Jhon, sai quello di Tassorosso? Hermione? » 
« Sì, Jhon di Tassorosso, ho capito. » 
Risposi, non prestando realmente ascolto a ciò che stesse dicendo. Ero molto più intenta ad origliare la conversazione di un gruppo di ragazze di Corvonero che stavano parlando animatamente di una nuova lite che stava avvenendo nel bagno di Mirtilla Malcontenta al secondo piano. 
« …e alla fine credo che avremo una buona probabilità di vincere la prossima settimana contro Serpeverde. Tu che dici? » 
« Dico che ora devo andare a fare una commissione urgente. Ti raggiungo in Sala Comune, va bene? » 
Non aspettai nemmeno la sua riposta che corsi a perdifiato fin dentro al castello, percorsi le scale ed arrivai davanti al bagno delle ragazze, intasato di gente che urlava e sventolava le braccia in aria. 
Pensavo avessero smesso di fare gli stupidi.
 Cercai di sorpassare gli studenti accalcati davanti alla porta a forza di scuse e gomitate. Ricorda che è proibito usare la bacchetta in mezzo ai corridoio, Hermione. Fallo per la tua media perfetta e la tua fedina pulita. Arrivai al centro del bagno, dove un piccolo gruppo di Serpeverde e Grifondoro, che novità! mi ritrovai a borbottare, stavano litigando verbalmente tra loro. 
« I Grifondoro non sono nient’altro che ragazzi egocentrici che pensano solo a loro stessi e alla loro gloria. Non riuscite a vedere ad un palmo dei vostri stupidi occhi. » 
« Non siamo noi ad avere tra la schiera un Malfoy. » 
Mi raggelai a quelle parole, sentendo tutta la tensione concentrarsi nelle mie ossa, immobilizzandomi, come se avessero pronunciato il mio nome e non il suo. Seppi subito dove guardare per trovarlo, lontano dalla folla, ma così vicino da potersi godere la nuova lite senza problemi. 
Come era sempre stato, d’altronde, mai in prima fila, solo spettatore di una guerra anche sua. Rimase stranamente in silenzio, come se niente e nessuno potesse scalfire la sua bolla di indifferenza. Tanto meglio, così avrei avuto meno persone da affatturare nel caso non avessero voluto seguire i miei ordini. 
« Oh, certo, Peter Minus era un santo, vero Chris? » 
« Siete tutti macchiati con il marchio nero e questo nemmeno la fine della guerra può cambiarlo. Rimarrete sempre servitori di Voldemort. » 
« Ora basta! Basta! » 
Urlai, senza che nessuno mi desse ascolto. Stupidi ottusi. Feci la prima cosa che mi venne in mente, mandando al diavolo l’educazione e la femminilità che cercavo di mantenere. Fischiai più forte che potei, facendo girare molte teste nella mia direzione. 
« Ogni studente ritorni nella sua Sala Comune e ci resti, chiaro? Come Caposcuola ho il potere di punire tutti coloro che continueranno a creare caos nella scuola. Cinquanta punti in meno a Grifondoro per le sgradevoli cattiverie che sono state pronunciate e cinquanta anche a Serpeverde, che si è dimostrata inopportuna quanto la precedente casata. Vi voglio fuori da questo bagno entro cinque minuti! » 
La minaccia sembrò scaturire l’effetto desiderato perché uscirono tutti fra borbottii e sbuffi. Si divertivano a urlarsi contro, ecco qual era il problema. La guerra aveva fatto uscire le loro parti più aggressive, li aveva inaciditi fino allo stremo, aveva ucciso ogni parte che riusciva a tenere unite le casate. 
Feci per uscire quando mi accorsi che una persona era rimasta nel bagno insieme a me, nonostante la mia sgridata. Draco. Quel nome rimbombò chiaro nella mia mente, facendomi quasi inciampare nei miei stessi piedi. 
« Non sono stato gentile con te, l’altra sera. » 
Mi fermai sulla soglia con le spalle girate verso di lui. Sorrisi appena, di nascosto. 
« Quando mai lo sei stato? » 
« Non eri obbligata ad aiutarmi eppure l’hai fatto comunque. Non sono…stato abituato a questo. » 
« All’aiuto? » 
« A te. » 
Destabilizzante. Quella sua risposta aveva avuto il potere di destabilizzare ogni singola particella del mio corpo.
Era un grazie nascosto in mezzo alle righe? O forse era molto di più. Capii che era più facile non guardarlo negli occhi, un po’ perché nascondere il mio volto mi facilitava il compito di simulare indifferenza, un po’ perché avevo paura di leggere nel suo qualcosa che preferivo non voler sapere, per ora. Illudersi era sempre stato il mio forte, dopotutto. 
« Ti stai scusando con me, Malfoy? » 
« Non chiedere troppo, Granger. Non mi abbasserò mai a chiederti scusa. » 
Ci fu un momento di silenzio, in cui capii di non poter rimanere voltata ancora a lungo senza fare la figura della stupida. 
« Posso chiederti una cosa?» 
Era ancora appoggiato alla parete, gli occhi puntati verso di me come un serpente che punta la propria preda. Come un mamba nero, così velenoso, così raro. 
« Che cosa vuoi chiedermi? » 
« Non dirai a nessuno quello che mi sta succedendo, vero? » 
« No, non lo dirò a nessuno. » 
« Quindi posso…contare su di te? » 
Fidarsi era una parola così grossa per lui? Probabilmente era una persona che soffriva di disturbo evitante di personalità, oltre che di disturbo di panico. 
« Solo tu puoi saperlo, Malfoy. Credo che la risposta io te l’abbia data molte volte in questi giorni. » 
« Quindi… » 
Un passo verso di me, un passo lontano da lui. « Hai detto che potevo contare su di te, ci sto provando. »
 Non riuscivo più a vedere il ragazzo che mi prendeva in giro dal primo anno, non riuscivo più a percepire l’irritazione che provavo nei suoi confronti. Riuscivo solo a vedere lui, lui che si avvicinava con uno sguardo imbarazzato e timoroso, come se fosse un animale braccato. E forse lo era davvero, senza che nessuno lo sapesse. 
« La prima volta in cui ho avuto un attacco sono andato da un medimago e…mi ha parlato del disturbo di panico. Diceva che deriva da molti fattori, ma che doveva essere scaturito da uno fondamentale. E’ questo, Granger, è questo il mio fattore. » 
Disse, prima di tirare su la manica della camicia immacolata e farmi vedere il Marchio Nero, inciso a forza sulla carne nivea. Sembrava un brutto sbaglio sul suo braccio, su di lui, come se non c’entrasse niente con tutto il suo essere. 
« Il Marchio nero è stato, è e sarà sempre il mio sbaglio più grande, Granger. Non volevo prendere una decisione in questa guerra, da reale codardo quale sono, ma sono andato dalla parte più comoda, dove mi sarei sentito più accettato. E io lo volevo, Granger, lo volevo da impazzire i primi tempi. Poi tutto si è fatto più scuro, più torbido, ed ecco la verità. Non esiste il potere, non è mai esistito. Tutto quello che ho fatto è stato per proteggere la mia famiglia e se avessi potuto scegliere, sarei scappato via subito, senza ripensamenti. Non sono come te, non ho la continua e insensata voglia di salvare il mondo. Penso per me e per la mia famiglia, l’ho sempre fatto. » 
Aveva abbassato gli occhi, durante il racconto, come se si vergognasse di ogni parola che stava sgorgando dalla sua bocca. Eppure sembrava tutto così tangibile, reale. Era lui, era lui Draco, lo sentivo. L’aveva nascosto per così tanto tempo, oppure era solamente nato dalle ceneri della guerra? Qualunque cosa fosse, era da togliere il fiato. 
« Anche io ho un fattore che mi porta a pensare, sai? E ce l’ho sul corpo, proprio come te. » 
Tirai su la manica del maglione, facendogli vedere la scritta che sua zia mi aveva intagliato nella carne a Malfoy Manor. Mudblood. A quella vista sembrò raggelarsi. 
« C’eri anche tu quella volta. Mi ricorda sempre che ci sono persone che non mi accetteranno mai, che sono una maga diversa dagli altri. Guarda, Draco, anche la mia è una cicatrice che porterò sempre con me. E’ ciò che siamo, sono le scelte che abbiamo fatto, piangerci sopra non aiuterà a recuperare nulla. » 
Stava ancora fissando il mio avambraccio, come traumatizzato da ciò che i suoi occhi stavano vedendo.  Mi afferrò rudemente il braccio con la mano destra mentre accostava il suo braccio sinistro al mio. Li stava paragonando. Capii di aver fatto io lo sbaglio più grosso, in quel momento.
Non avrei dovuto ricordargli Malfoy Manor, non avrei dovuto ricordargli lui poco tempo fa. 
« Questo, Granger, è ciò che sei, l’hai subìto per difendere te stessa e le tue convinzioni, il Marchio Nero è ciò che sono diventato, la scelta è stata mia e mia soltanto. Non siamo uguali, Granger. Non pensare che uno stupida macchia in comune ci faccia avvicinare, siamo troppo diversi per capirci. La tua fedina penale è pulita, resta lontano dai tipi come me. » 
Se ne andò via, senza dire nient’altro. Lo osservai andare via e sparire dietro l’angolo. L’avevo sconvolto, in qualche modo. Sentivo ancora il braccio bruciare per la sua presa ferrea. 
Ma era per questo che bruciava? Per la forza o per qualcos’altro? Mi appoggiai allo stipite della porta. 
L’ultima parola ancora impressa tra le labbra.
Draco.





   
 
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