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Autore: Paperetta    04/01/2012    2 recensioni
"I nemici, le battaglie, l'imminente fine del mondo stavano prendendo il posto del mio sogno più grande e non riuscivo ad accettarlo; per questo fui così dura con Michiru, la prima volta che ci incontrammo, perché temevo di perdere la mia unica ragione di vita."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza serie
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LA MIA RAGIONE DI VITA



Quando avevo cinque anni, una lontana parente mi chiese cosa volessi fare da grande. A quel tempo non avevo le idee molto chiare, perciò indugiai un po'; pensai ai bambini e alle bambine con cui giocavo di solito, quando dicevano di voler diventare calciatori o ballerine, di voler andare nello spazio o fare i dottori, e mi resi conto che niente di tutto ciò mi interessava davvero. L'unica cosa che mi veniva in mente, e che dissi in risposta, fu “voglio correre”. Era una certezza già radicata in me e che è rimasta tale fino ad oggi.

Per anni, ogni volta che qualcuno mi poneva la stessa domanda, rispondevo in quel modo. Che fosse con i piedi, con una moto o una macchina non faceva differenza; l'importante era poter sfidare il vento, poter diventare un tutt'uno con esso e dimenticare ogni altra cosa attorno a me: questa sarebbe stata la mia vita.

Poi cominciarono i sogni, e conobbi lei.

Non avrei mai pensato che i miei desideri e le mie priorità sarebbero cambiati così drasticamente, e tuttavia fu proprio ciò che accadde. I nemici, le battaglie, l'imminente fine del mondo stavano prendendo il posto del mio sogno più grande e non riuscivo ad accettarlo; per questo fui così dura con Michiru, la prima volta che ci incontrammo, perché temevo di perdere la mia unica ragione di vita. Non volevo avere niente a che fare con lei, benché il desiderio di scoprire chi fosse quella ragazza misteriosa fosse sempre più vivo in me e mi portasse a cedere su alcune mie decisioni; come quando volli andare al suo concerto, sulla nave da crociera ancorata al porto, curiosa di scoprire se fosse davvero così brava nel suonare il violino. Rimasi piacevolmente colpita, ma allo stesso tempo mi incupii ascoltando gli sciocchi pettegolezzi di alcuni presenti; mi resi conto che, forse, c'era molto di più dietro all'apparenza, che anche lei avesse dovuto rinunciare a qualcosa per seguire ciò che il destino le aveva riservato. Ciò nonostante, quando la incontrai di nuovo, poco dopo, fui ancora una volta fredda e distaccata, nel mio ultimo vano tentativo di tenermi lontana dalla verità. Ripensandoci ora, il mio atteggiamento e le mie parole devono averla ferita molto più di quanto avessi immaginato, ma allora non riuscii a realizzarlo.

La terza volta che la vidi, fu durante l'attacco del demone al circuito di rally. Ho ancora ben impressa nella mente l'immagine di lei che si trasforma davanti ai miei occhi e che non esita un istante a frapporsi tra me e il nemico, nell'istante in cui si rende conto che la mia vita è in pericolo; ricordo perfettamente anche ciò che mi rivelò in seguito, parola per parola, divisa tra le mille emozioni che la attraversavano. Capii che qualcosa dentro di me stava cambiando. Capii che quella strada, a prescindere dalla mia volontà, si stava ponendo con forza di fronte a me e che forse, a dir la verità, non era poi una prospettiva così terribile; di questo, tuttavia, non ne compresi il motivo.

Così, la fuga dal mio destino ebbe termine. Mi trovai come di fronte a un muro, un muro alto e coperto di filo spinato, oltre il quale avrei trovato le gare di corsa, le macchine, le mie passioni; se avessi tentato di superarlo, mi sarei di certo fatta male, ma il desiderio di ritrovare la mia libertà era troppo forte per essere ignorato. Per arrivare dall'altra parte avevo bisogno di un aiuto, e quell'aiuto lo trovai proprio lì, accanto a me, pronto a tendermi una mano, a ferirsi insieme a me col filo spinato pur di portarmi dall'altra parte. Rimasi alquanto sorpresa, non molto tempo dopo, quando scoprii che superare quel muro non era più il punto fermo su cui ruotava la mia esistenza; avrei preferito mille volte restare lì, all'ombra di quei freddi blocchi di pietra, purché con me vi fosse quella mano che aveva cercato di aiutarmi, perché era diventata per me la cosa più importante: era lei la mia luce, era lei la mia libertà.

Intravedo sempre un velo di tristezza nei suoi occhi, quando parliamo dei nostri primi incontri. Non capii subito quale fosse la ragione; per qualche tempo, pensai che non si sentisse più legata a me, che fossi io il problema, ma fortunatamente mi sbagliai. Solo ora credo di aver compreso ciò che pensa realmente.

Ho visto il suo sguardo farsi più cupo quando questa mattina, insieme a quelle due buffe ragazze, ho rivelato una parte di me, quando l'ho interrotta e corretta, affermando che il mio sogno più grande non è più diventare un'affermata pilota, ma impegnarmi oltre il possibile per adempiere alla mia missione. Il suo senso di colpa era così forte da essere quasi palpabile, ma ancora più grande lo è stato il mio, per non essermi accorta prima di questo peso che si porta dietro da così lungo tempo.

Michiru”.

Sì?”

Non mi interessa correre o vincere una gara, se all'arrivo non ci sei tu ad aspettarmi”.

Se qualcuno mi chiedesse di nuovo cosa voglia fare della mia vita, non indugerei un istante.

Sogno di essere libera come il vento, di poter correre e vincere. Sogno di combattere e proteggere il mio pianeta. Ma sarebbe tutto svuotato, privo di valore, se non potessi realizzare tutto ciò insieme lei.

La mia ragione di vita.



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Nota: il senso di colpa di Michiru è dato dal fatto che si pente di aver indotto Haruka a trasformarsi e rinunciare così ai suoi sogni. E' una cosa che si nota abbastanza nell'anime!

Nda – Ecco qui il mio secondo esperimento nel fandom di Sailor Moon e su questa coppia davvero fantastica!

Anche in questo caso, come in quella su Michiru, ho puntato molto sull'introspettivo (mi piace moltissimo come genere!) e ho cercato di descrivere i suoi pensieri e le sue sensazioni e come si siano un po' evolute, basandomi in parte su come racconta la sua vita nell'anime.

A proposito di questo, volevo specificare una cosa. Io sono cresciuta guardando il cartone in tv e lo conosco a memoria, però ho cominciato anche a leggere il manga e ho notato parecchie differenze; perciò, visto che comunque – e penso che non valga solo per me – il punto di riferimento è l'anime, molto più conosciuto, e che nel manga ci sono altrettanti spunti molto interessanti, ho deciso di usarli entrambi, naturalmente a patto che non contrastino in qualche modo. Ad esempio, la Michiru su cui mi baso è quella del cartone, ma nelle mie storie darà lezioni di violino come nel manga (nell'anime non succede, a meno che non abbia saltato qualche pezzo, cosa di cui dubito :P).


Infine, come nell'altra fic, vi invito a vedere questa scena dell'anime originale, perché il dialogo è stato notevolmente cambiato nell'adattamento italiano e perciò chi non lo conosce non può comprendere al meglio il loro rapporto, soprattutto da parte di Michiru nei confronti di Haruka.


http://www.youtube.com/watch?v=hseyty8kCwE


Ah! Quando Haruka parla della scena con "quelle due buffe ragazze", si riferisce a questa:


http://www.youtube.com/watch?v=3NvkGEyTj0k&feature=related


Io me la cavo un po' in inglese, per cui se qualcuno non ci capisse niente posso fargli qualche rapida traduzione!;D


Grazie per aver letto e auguri di buon anno a tutti!:D


  
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