Fuga
in pannolino e
ansia
per i futuri ammiratori!
D’improvviso
il telefono, situato sul basso tavolino del salotto, prese a suonare.
Stavo
appunto scendendo le scale quando lo sentì e affrettandomi riuscì a rispondere
al terzo squillo.
“Signora
Butler?”
La
voce all’altro capo era femminile ed un poco troppo acuta rispetto al normale. Continuavano
a chiamarmi signora Butler nonostante io e Gerard non fossimo sposati.
Forse la gente tende a darlo per assodato
quando un uomo ed una donna vivono assieme e hanno formato una famiglia. Chissà
perché?
“Si,
sono io” risposi subito
“Sono
Jillian, chiamo dall’asilo e … beh, si tratta di Beth. Ecco, vede … è successo
di nuovo, signora Butler!” chiarì lei decisa
Oh, no … ancora!
Non
aspettai nemmeno che finisse di parlare “Arrivo subito!” risposi e misi fine
alla conversazione.
Corsi
verso le scale e a grandi balzi ne
raggiunsi la cima. Entrai in camera da letto, fiondandomi all’interno, tanto
che per la fretta andai a scontrarmi contro Gerard, che allungando le braccia
riuscì a trattenermi evitandomi una disastrosa caduta.
Alzai
lo sguardo e lo ringraziai con un sorriso. Mi baciò le labbra dolcemente e
ricambiò il mio sorriso con uno altrettanto dolce.
Sgridavo i bambini quando correvano per i
corridoi ma avevo appena fatto la stessa cosa…
che esempio che sono!
“Hey,
amore … come mai così di fretta?”
Solo
allora mi accorsi che un asciugamano, tenuto legato in vita, copriva la sua intera
nudità. Aveva i capelli leggermente bagnati e la pelle umida profumava di
muschio.
Dev’ essere appena uscito dalla doccia …
Nel
frattempo che la mia mente elaborava ovvie congetture, il mio lui non mi aveva
liberato dalla sua presa, anzi con una mano mi accarezzava la schiena e con
l’altra mi sfiorava con dita leggere il collo e le spalle scoperte. Il suo
volto vicinissimo al mio.
Il
suo tocco era così ipnotico e dannatamente essenziale per me.
Mi
arresi come sempre senza pensarci.
Le
sue mani scivolavano leggere e delicate su di me come la soffice brezza del
vento d’estate. E quando le sue labbra incontrarono finalmente le mie tutto
esplose.
Dentro
la mia testa, dietro i miei occhi, nel mio petto tutto esplose. Luci, suoni,
colori non esistevano più. C’eravamo solo noi. Io e lui.
Spinta
dal bisogno di sentirlo più vicino, mi strinsi di più a lui e gli allacciai le
braccia al collo. Con un gemito famelico e insieme divertito Gerard mi sollevò
tra le braccia e mi spinse contro la porta chiusa.
“Ti
amo piccola mia!” disse lui inframmezzando le parole a baci voraci.
Gli
cinsi il bacino con le gambe e gli presi il viso tra le mani. Il bacio frenetico
e passionale che gli donai fu la mia risposta.
Mi
ritrovai, non so come, sdraiata sul letto con la schiena contro fresche
lenzuola, con lui sopra di me.
“Mi
sento persa!” sussurrai a bassa voce al suo orecchio
Lui
alzò il capo dall’incavo del mio collo e mi guardò perplesso
“Mi
sento persa quando non ci sei … quando non mi tocchi … quando non mi baci. Mi
sento persa quando il tuo sguardo non incontra il mio, per più di un giorno!”
Lui
mi fece dono di un sorriso così seducente e così pieno d’amore che anche io
sorrisi di riflesso.
Era
tornato a casa da appena qualche ora, dopo esser stato lontano da noi quasi tre
settimane.
“Mi
sei mancata anche tu. Mi manchi da morire. Tu e i bambini siete la mia vita
adesso. Senza di voi non potrei … non sarei niente. Tu, Josh ed Ely” concluse
stringendosi a me per abbracciarmi
Lui,
io e i nostri bambini. Josh ed Beth.
Beth … Elisabeth!
“Elisabeth!”
gridai alzandomi d’improvviso “mi sono dimenticata di Ely!“ aggiunsi sgusciando
via dal suo abbraccio e scendendo in fretta dal letto.
“Soph,
ma che dici? Ely non è all’asilo?” mi chiese alzandosi anche lui
Annuì “Mi ha appena chiamato Jillian … la nuova
maestra ricordi?”
Ormai
ero arrivata all’armadio e stavo per togliermi la lunga t-shirt, che usavo per
stare in casa, quando mi accorsi che ero in reggiseno e mutandine.
Gerard … e il suo tocco ipnotico!
“Come
hai fatto a togliermi i vestiti senza che me ne accorgessi?” domandai
guardandolo
“Amore
… è il mio lavoro!” rispose sorridendo
maliziosamente e avvicinandosi a me completamente nudo.
Alzai
gli occhi al cielo divertita.
Oh,
beh … non c’era tempo da perdere. Dovevo correre a recuperare Ely!
“Comunque
ti dicevo … l’ha rifatto! Si è di nuovo spogliata ed ora scorrazza per tutta
l’aula con solo il pannolino addosso!”
A
quella parole lui scoppiò a ridere di cuore
“Non
ci trovo nulla da ridere, Gerard!” ribattei con tono scocciato
Mi
infilai dei corti short neri e un` altrettanto nera canotta.
“E’
già la terza volta che lo fa e non ne capisco il perché” continuai “Devo andare
a prenderla all’asilo” conclusi finendomi di infilarmi le scarpe, un paio di
ballerine nere
Nel
frattempo anche lui si era cambiato ed ora continuava a ridere scuotendo la
testa
“Andiamo,
ti accompagno. Questa non me la voglio perdere. Voglio proprio vedere come la
convincerai, questa volta, a rimettersi il suo vestitino.” mi canzonò lui
“Beh,
sarebbe più semplice se non avesse ereditato il tuo assurdo carattere!” risposi sbuffando seccata
Lui
ghignò divertito e guardandolo mi accorsi che una luce orgogliosa brillava nei
suoi occhi.
I
bambini lo amavano moltissimo e il non potergli stare sempre accanto a causa
del suo lavoro lo faceva soffrire, lo sapevo bene. Entrambi avevano ereditato
da lui tratti somatici o caratteriali. Josh aveva il mio stesso colore di capelli
e lo stesso colore d’occhi, Beth invece aveva gli stessi tratti somatici di
Gerard. Folti capelli rosso scuro (eredità della nonna paterna) ed occhi
grigio-verdi.
“Ti
sbagli amore mio. Josh ti assomiglia fisicamente questo è vero, ma è Beth quella
identica a te.” mi sussurrò accostandosi a me.
Lo
guardai stralunata ma lui continuò “Quando scoppia a ridere sento la tua stessa
allegria contagiosa, quando è triste o ha paura vedo nei suoi occhi lo stesso
velo che offusca i tuoi. E’ sempre così felice e spensierata. E’ curiosa e
delicata proprio come lo sei tu.” chiarì sfiorandomi la fronte con le labbra
Rimasi
stupita ed immobile per qualche secondo riflettendo sulle sue parole.
Davvero la mia Elisabeth assomiglia a me?
“E’
testarda e orgogliosa come lo sono io è vero, ma queste caratteristiche vengono
nascoste dal suo perenne buonumore e dal suo essere così sensibile e speciale”
concluse lui sfiorandomi le labbra con un dolce bacio
“Ora
andiamo prima che combini davvero qualche disastro” scherzò abbracciandomi e
spingendomi con delicatezza verso la porta
Appena
giunti all’asilo scorsi Jillian attendermi davanti alla porta d’ingresso con
sguardo ansioso e disperato insieme. Solo quando mi vide tirò un sospiro di
sollievo.
Entrando
riuscì a sentire i suoi gridolini entusiasti ancor prima di vederla. Mi
avvicinai all’aula e la vidi sgambettare allegramente per tutta la piccola
classe con indosso solo il suo bianco pannolino e un dolcissimo sorriso sulle
piccole labbra.
“Ely!”
la chiamai
Quando
lei mi scorse mi salutò illuminandosi e rivolgendomi un sorriso biricchino. Poi
si affrettò ad uscire dall’aula passandomi bellamente sotto il naso e correndo
via veloce.
Udì
il sospiro esageratamente esasperato da parte di Jillian solo in lontananza
perché mi ero messa all’inseguimento della fuggitiva … mia figlia!
“Elisabeth
Butler smettila di correre e vieni subito qui” la sgridai continuando a
rincorrerla
La
sentì ridere allegra, sembrava divertita all’idea di quello che considerava
sicuramente un nuovo gioco. Senza rendermene conto, Gerard si era allontanato
così quando mi girai non lo vidi dietro di me.
“Beth…” il suono della sua voce rimbombò nel lungo
corridoio
Solo
allora, sentendolo, mia figlia si fermò. Voltò la sua testolina prima da una
parte e poi dall’altra per capire da dove provenisse quella voce; l’aveva
riconosciuta, ma non riuscendo a scorgerne l’autore si voltò verso di me.
Ero
riuscita finalmente a raggiungerla, lei alzò il suo visivo verso di me e negli
occhi riuscì a leggerle una muta domanda.
E’ il mio papà?
Sorrisi
ed annuì.
“Beth…”
la sua voce roca la richiamò ancora
Questa
volta quando si voltò lo vide dietro di lei. Sorridendo felicissima si lanciò
per correre verso di lui.
“Papi
… il mio papà!” cominciò a gridare
Gerard
allargò le braccia e la prese al volo. La sollevò sopra la testa e ridendo
contento anche lui se la strinse al petto
“Ciao
principessina!” la salutò lui baciandola con amore sulla guancia
“Sei
tonnato papi … il mio papi è tonnato!” continuava a dire Elisabeth in braccio a
suo padre
Più
tardi, con l’aiuto di Jillian riuscì a far rindossare i vestiti ad Ely e ancora
una volta le spiegai perché non poteva toglierli quando voleva, soprattutto in
presenza di altre persone.
La
campanella che segnava la fine delle lezioni finalmente suonò e tutti e tre ci
alzammo per tornare a casa. Io e Gerard, con Ely al centro, stavamo per uscire
dal portone, tenendola per mano, quando un bimbetto dai capelli e gli occhi
nerissimi ci si parò di fronte.
“Ely
… m-momani giochiamo? “
Sorrisi
felice allo sguardo dolce che Michael rivolgeva a mia figlia Beth. Era uno dei
suoi amichetti di gioco preferiti ed io ne conoscevo la madre. Michael era un
bimbo timido ma dolcissimo e lui ed Ely avevano legato fin da subito,
diventando inseparabili. La loro maestra mi aveva più volte informato che a
scuola quando qualche bimbetto dispettoso tentava di prenderlo in giro o lo
trattava male, Ely si intrometteva difendendolo e il poveretto che scappava a gambe levate.
“Miky!
Siiiii! “ gli rispose regalandogli un sorriso luminoso
Il
bimbo ne rimase abbagliato e abbassò lo sguardo arrossendo
“Giochiamo
come ieii al dottoe?” domandò lei innocentemente
“A-al
dot-dottore?” domandò con tono allarmato Gerard
“E
facciamo gli animai della fattoia?” aggiunse Ely con un altro abbagliante
sorriso
“Al
dot-tore? Ma … ma … come? Perché al dottore?” continuava a domandare Gerard
come in catalessi
“Tesoro,
calmati … non credo sia lo stesso dottore a cui giochiamo io e te!”gli
sussurrai all’orecchio tentando di rassicurarlo
Lui
mi guardò con sguardo pieno di desiderio alzando poi un sopracciglio. Sorrisi e
gli accarezzai dolcemente il volto.
I
bambini si misero d’accordo per il giorno seguente e poi si salutarono. Ely
dopo averlo salutato gli regalò un tenero bacio sulla guancia e Miky rimase a
fissarla con gli occhi a cuoricino per diverso tempo.
Io
sorrisi e lo salutai posandogli una mano sul capo e scompigliandogli
leggermente i capelli, Gerard invece lo colpì con uno sguardo glaciale
allontanando poi Ely da lui e prendendola in braccio.
“Hey,
tu … stai lontano dalla mia bambina, intesi?” lo minacciò Gerard con sguardo
torvo
Il
piccolo Miky annuì più per paura che per altro
“Gerard!
Ma cosa dici?” lo rimproverai
Prendendomi
per mano e con Ely in braccio mi costrinse ad allontanarci. Uscimmo fuori
diretti verso il parcheggio. Senza nemmeno badare alle mie lamentele o alle mie
richieste di spiegazioni per quell’assurdo comportamento, ci trascinò fino
all’auto. Allacciata Ely al seggiolone ingranò la marcia, partendo a tutto gas.
Continuava
a borbottare senza senso “La mia bambina … no! Non la mia piccola principessa.
Dannata precocità infantile!”
Nel
destarlo da quella sua litania lo colpì pizzicandolo con forza al braccio
“Si
può sapere che diavolo ti prende?” domandai quando fui sicura di avere la sua
attenzione
“Miky
non mi piace … ha uno sguardo da furbetto che non mi piace! Dovremmo tenerlo
d’occhio!”
“Oh
mio Dio! Tutto perché tua figlia ha fatto amicizia!“ replicai sospirando
La sua gelosia…
“Non
è per quello!”
“Ah,
no?” domandai sorridendo scendendo poi dall’auto e sganciando Ely dal
seggiolone
“Assolutamente,
no!” replicò deciso
“Certo,
come dici tu” finsi di rassicurarlo alzando però gli occhi al cielo
Insieme
andammo a prendere a scuola anche Josh, che allo stesso modo della sorella fu
contentissimo di avere suo padre di nuovo a casa, e con lui tornammo tutti a casa.
Quella
stessa sera mi aiutò a mettere a letto i bambini, non prima di aver letto ad
entrambi una favola. Castelli e principesse per Ely, cavalieri e draghi per
Josh.
Ero
appena uscita dal bagno di camera nostra quando lui mi si parò di fronte e con
sguardo preoccupato mi prese le mani.
Avevo
indosso una camicia da notte quasi del tutto trasparente che mi aveva regalato
lui pochi mesi prima e mi ero messa due gocce del suo profumo preferito.
Insomma, avevo intenzioni particolari…
“Dimmi
che non è come penso!”
“E’
assolutamente come pensi…” lasciai intendere con tono malizioso
“Oh,
no! “
“Oh,
si” replicai posandogli le mani sull’ampio petto muscoloso e sollevandomi per
raggiungere le sue labbra ed unirle alle mie.
Continuava
a borbottare sottovoce senza accorgersi dei miei tentativi maliziosi.
“Gerard
cos’hai?”domandai allontanandomi un poco da lui
“Ely
e quel suo Miky!” bofonchiò in risposta lui, sbuffando irritato al solo
nominare l’amichetto di sua figlia
Lo
guardai per qualche minuto come a chiedergli se facesse sul serio.
Forse non stavamo
pensando la stessa cosa…
No, cioè… io ero
mezza nuda davanti a lui, pronta e disponibile e lui pensava ancora a
quell’episodio???
Ma
quando notai la nota disperata nei suoi occhi capì che era davvero preoccupato
e cercai di rassicurarlo.
“Ger,
tesoro non essere ridicolo … è di Ely che stiamo parlando.” andai a sedermi sul
letto e lui mi seguì “Ha appena compiuto
cinque anni e non vede nessun’altro uomo a parte suo padre. Ti adora, lo sai!”
lo accarezzai dolcemente come a tranquillizzarlo
Era così tenero e ingenuo a volte!
“Allora
dici che non mi devo preoccupare, vero?” mi domandò per la centesima volta
quella sera abbracciandomi stretta sotto le coperte
I miei deliziosi
piani per la serata erano andati in fumo … ma per lo meno lo avevo rassicurato!
Ci avevo provato
almeno!
“No,
amore … almeno non per adesso. Aspetta almeno una decina d’anni prima di
iniziare a preoccuparti!” borbottai in risposta
Stavo
per farmi rapire dalle calde e accoglienti braccia di morfeo quando lo sentì
irrigidirsi e stringermi più forte.
“Soph?
Sophie?” mi chiamò scuotendomi un braccio
“Dimmi
amore, cosa c’è ancora?” domandai voltandomi e appoggiandomi ad un gomito per
guardarlo negli occhi
“Cosa
intendevi prima con aspetta una decina d’anni prima di iniziare a
preoccuparti?”
“Esattamente
quello che ho detto. I ragazzi cominceranno ad apparire nella sua vita a
quell’età e prego dio non prima di quella, ma non ci metto la mano del fuoco.
Sai … precocità infantile.” risposi baciandolo veloce sulla bocca e
risistemandomi sul cuscino.
Mi
sporsi per spegnere l’abat-jour sul mio comodino e lo sentì abbracciarmi ancora
rigido.
Continuava
a mugugnare a denti stretti ma non vi prestai molta attenzione.
Sorridendo chiusi gli occhi e mi strinsi a
lui.
Ancora una decina
d’anni … per iniziare a preoccuparsi di tenere lontani gli ammiratori di Ely!