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Autore: Akane    22/08/2006    1 recensioni
‘Cerco un posto per me, per la mia testa, per la mia anima’.
Una ragazzina orfana cresciuta sola, selvatica e indomabile arriva in una famiglia fuori dal comune che l'aiuterà. La sua vita, il suo buio e come ne esce. La sorpresa di un nuovo arrivo nella sua vita e scoperte che sconvolgerebbero chiunque ma non lei che la rafforzano.
(la sto rimettendo rivisitata e sistemata un po'...)
Genere: Drammatico, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8:
SOTTO PRESSIONE


- Tutto bene, sia la signorina che il vostro bambino stanno bene, non si deve preoccupare, basta che stia più a riposo e non si strapazzi troppo, quando si è così giovani è normale non avere le giuste attenzioni, anche se lei non mi sembra molto più grande della sua ragazza.
Le consiglio di aver cura di lei e controllare che faccia una vita sedentaria lontana dallo stress, almeno per questi 8 mesi! -
Forse che le persone non sanno dare le notizie?
Oppure il problema è che non sanno leggere in chi hanno davanti?
Qualunque fosse il punto, non sarebbe cambiato il peso che si andava aggiungendo nell’animo di Luca.
Era solo un ragazzo. Solo un semplice, normale e comune ragazzo di 19 anni.
Eppure le spalle già gli si appesantivano con situazioni più grandi di lui.
Un ragazzino che affrontava le cose come un piccolo uomo, ecco chi era.
Gli occhi blu dalle pagliuzze dorate si sgranarono rivolte al volto del dottore che aveva appena finito di visitare Nike, sentitasi male quella sera, giorno del suo compleanno.
Il pallore già di norma sulla sua pelle si fece più visibile facendo spaventare l’uomo che gli stava innanzi, credendo di vederlo svenire da un momento all’altro gli balenò in mente l’idea che forse non sapeva la notizia!
- Mi scusi, forse ho frainteso. Non sapeva del bambino? -
Al silenzio eloquente capì l’errore che aveva fatto comunicando in quel modo una cosa del genere, si morse il labbro con fare quasi infantile per poi cercare di rimediare:
- Ecco, la ragazza è incinta di cinque settimane circa, in effetti pensavo lei sapesse già ma forse non ve ne eravate accorti, è presto per averne la certezza in effetti. Comunque il mio consiglio non cambia, glielo vuole comunicare lei alla sua fidanzata? -
A sentire queste ultime parole Luca si riscosse realizzando che li aveva scambiati per una coppia, un tempo ed in condizioni ottimali gli avrebbe fatto un certo effetto, ma ora non si poteva pretendere nulla di più di un vago e confuso:
- No, non siamo fidanzati, siamo fratello e sorella … -
Qui il dottore rimase un attimo di sasso e dovette pensarci attentamente prima di rispondere onde evitare altri equivoci. Poi disse cauto:
- Non è il padre del bambino? Allora sarà da informarne l’interessato, ci pensa lei, vero? Ad ogni modo se nessuno lo sapeva mi dispiace che l’abbiate scoperto così. Mi scuso anche per avervi scambiati per due fidanzati è che non vi somigliate molto quindi sembravate una così bella coppia … -
Sempre in condizioni ottimali lui avrebbe un po’ spiegato la situazione, ovvero che lei era stata adottata, pur con noia ma l’avrebbe fatto: ora non era in quelle famose condizioni, quindi non si poteva pretendere molto di più!
Il biondo prese ad ignorare del tutto l’uomo innanzi a sé e con sguardo perso e shockato, si mise a pensare e ripensare a quanto appena appreso. Si ripeteva continuamente quella frase, anzi il concetto: Nike era incinta, lo era di quel tipo antipatico che non gli era mai andato giù, nessuno lo sapeva, nemmeno lei, avrebbe dovuto dirglielo lui … come? Come ci sarebbe riuscito? Come si dicevano certe cose? Elisa era quella diplomatica e calma che trovava le parole giuste al momento giusto, lui era un tipo caotico in quelle situazioni, la sua mente andava in tilt e se qualcuno gli avesse parlato ora, sicuramente si sarebbe messo ad urlare isterico. Era pressione.
Sempre più messo sotto pressione.
Una cosa sembrava risolversi poi si scopriva che non era così e doveva conviverci poiché soluzione non c’era, ad aggiungersi arrivava puntuale sempre un nuovo problema più grande irrisolvibile e così avanti all’infinito.
Tutto sulle sue spalle giovani ed inesperte.
Era rimasto paralizzato, poi in trance aveva mosso qualche passo portandosi davanti alla camera in cui si trovava Nike, si stava rivestendo con uno sguardo confuso e più inselvatichito del solito.
La guardò in quel momento coi capelli spettinati ma lunghi ed il trucco ormai disfatto.
Dio, se era bella.
Sicuramente la più bella ragazza che avesse mai incontrato e l’aveva avuta accanto a sé per tutto quel tempo, crescendo con lei; ora non era più con lui, lei se ne stava andando e questa notizia per lui era la certezza che l’avrebbe persa e se ne sarebbe andata veramente.
Con quel tipo.
Non l’avrebbe più avuta accanto a sé, come se cessasse di essere sua sorellastra, sua amica, la sua Nike.
Qualcun altro l’avrebbe protetta, sempre se avrebbe accettato!
Certo lui lo dava per scontato che il suo ragazzo avrebbe agito come avrebbe fatto lui al suo posto.
Lo shock di Luca non era dato dal fatto in sé che lei era incinta, ma dal fatto che lei ora se ne sarebbe andata via e l’avrebbe persa definitivamente.
Questo pensiero lo gettava nell’angoscia più totale.
La vedeva e si diceva che era una creatura splendida, la più importante per lui, non voleva perderla, lasciarla andare così, eppure non avrebbe mai potuto condividere una cosa simile con anima viva, specie con l’interessata. Lei così selvatica avida di libertà e indipendenza ma anche protezione.
Non poteva legarla a sé con un dichiarazione del genere proprio in quel momento.
La cosa peggiore era che ora, ad ogni modo, avrebbe dovuto parlarle ugualmente … proprio in quel momento ancora così confuso, proprio lui ferito, con un peso irragionevole che cresceva.
Le sue spalle cominciavano a piegarsi e i massi ad aumentare.
Luca sotto pressione.
Sempre di più.
Il suo diciannovesimo compleanno se lo sarebbe ricordato per tutta la vita.
Il giorno in cui aveva saputo di amare Nike e per questo l’aveva persa.

Entrando nella stanza dove Nike ormai pronta attendeva notizie sulla sua salute, l’aveva osservata in silenzio con un’espressione fin troppo cristallina per lo smarrimento che vi si poteva leggere. Dopo pochi attimi la ragazza l’aveva notato e con il suo sguardo verde-dorato l’aveva sottoposto ai suoi personali raggi X per capire cosa gli prendesse, poiché aveva chiaramente qualcosa. Che il medico gli avesse detto qualcosa di grave?
Lei ignara di tutto sentiva col suo istinto che qualcosa non andava, da un po’ di tempo aveva cominciato a girare in modo strano ed ora sicuramente le ruote dell’auto erano uscite di strada; ora bisognava solo calcolare il danno e le conseguenze!
- Ehi … -
Con un filo di voce l’aveva salutato a modo suo, per provare a scuoterlo da quella specie di catalessi che cominciava decisamente a preoccuparla.
- Luca? -
Il suo nome pronunciato in quel modo così fine e quasi delicato, come indagatore, risuonava fra le pareti penetrandosi nei due personaggi che si guardavano. Ad entrambi parve di sentirlo per la prima volta. Il biondo sbatté un paio di volte le palpebre come se si risvegliasse, poi fece un impercettibile suono con la gola, qualcosa che non si sentì chiaramente. Mosse un altro passo.
Come dirlo?
Lei glielo leggeva in faccia, era questa la domanda che si stava ponendo da quando aveva varcato quella soglia.
Non capiva e non sapeva e l’idea che lui avesse quell’espressione shockata la infastidiva e l’agitava, non voleva che qualcosa oscurasse di nuovo quel bel viso a lei così caro, il sole, Luca.
Nessuno aveva il diritto di annuvolarlo, ma attualmente era così grigio da sembrare inverno e non estate.
- Cosa hanno detto? È grave? Mi hanno fatto pochi esami, quasi nulla in realtà … -
Provò a immaginare cose avrebbero fatto le sue sorellastre, però capì che se avrebbe parlato sarebbe stato peggio, avrebbe potuto vederlo piangere, ne era certa.
Lo vide sedersi nel letto accanto a lei e continuare a guardarla mentre si tormentava le mani come faceva da piccolo quando qualcosa non gli piaceva dal profondo ma sapeva che non poteva evitarla. Era così vicino che vedeva le iridi quasi grigie e una sensazione sgradevole l’attanagliò alla bocca dello stomaco torcendoglielo in un dolore fisico sempre crescente.
Scrutò il suo bellissimo viso d’angelo e per un attimo riuscì anche a provare attrazione per quelle labbra carnose da donna.
Attese che lui facesse qualcosa con l’ansia che cresceva a dismisura, poi improvvisamente si sentì avvolgere delicatamente dalle sue braccia forti, inizialmente s’irrigidì istintivamente, quando realizzò che era Luca ad abbracciarla si sciolse e lo lasciò fare senza allontanarlo. Si chiese perché lo facesse ma se ne dimenticò quando la invase la pace che cercava dalla nascita, quella pace che la colpiva di sfuggita quando lui la sfiorava, la guardava o stavano semplicemente insieme.
Ora ne fu completamente invasa, c’era dentro interamente e le sembrò di respirare per la prima volta. Una cosa simile lui non l’aveva mai fatta, provò del vago stupore sostituito subito dalla sensazione di benessere che superava ogni cosa.
Non era da Luca abbracciare le ragazze in quel modo e nemmeno provarci con loro, figurarsi se aveva mai osato sfiorare Nike!
Dopo un attimo che li vide fermi in quella posizione insolita per loro, il ragazzo mormorò al suo orecchio con voce rotta e smarrita, si poteva percepire il dolore che aveva nel dire ciò:
- Nike, ne sarei felice se non fosse di lui e tu lo sai. Non voglio che nessuno ti porti via da me ma devi percorrere la tua strada. Aspetti un bambino, sei alla quinta settimana. -
Eppure nonostante ci sia qualcuno che sa leggere in chi ha davanti e dà le notizie nel modo corretto, la reazione non migliora lo stesso.
Come un pugnale fu colpita da quelle parole che dovette studiare prima di comprendere appieno.
Era un addio.
L’addio di Luca.
Non un addio concreto, un addio simbolico.
Ora Nike avrebbe dovuto a forza prendere la propria strada differente da quella di Luca.
Angoscia più per questo pensiero che per il bambino che aveva in grembo.
Madre … non ne aveva avuto una biologica ma aveva avuto un grande esempio e non aveva paura di quello scoglio, sapeva che sarebbe stata aiutata, ma l’idea che ora fosse forzatamente di un altro, la gettava in un fosso poiché la sua luce, Luca, si stava allontanando.
I giochi dei bambini erano finiti.
Era una cosa naturale, accadeva a tutti di staccarsi dalla famiglia di nascita per farsene una propria, non è un addio definitivo, porta gioia, di norma, allora perché per lei era diverso?
Non provava dispiacere per lasciare l’intera famiglia, bensì lo provava per lasciare Luca.
Il suo Luca.
Fratello, amico o che altro …
Gli faceva male pensare che le cose sarebbero cambiate e che la persona più importante della sua vita sarebbe dovuta per forza essere il suo fidanzato e non Luca.
Un pensiero cercò di fare capolino in lei ma era così confuso e caotico che lo fece zittire e tutto ciò che riuscì a fare fu solo farsi abbracciare ancora.
Lasciarsi andare per un attimo in quel sentiero smarrito e cercare la pace e la luce che aveva sempre avuto accanto a lui.
Nulla.
Vedeva il buio.
Il padre di suo figlio non era chi avrebbe sempre voluto fosse in realtà, peccato  che modo per cambiare tutto questo non c’era.


Quando Luca giorni dopo si vide arrivare Nike in lacrime, sentì il famoso peso sulle spalle diventare insopportabile.
Capì subito, non serviva che gli dicesse nulla, ormai la conosceva al punto da non dover usare le parole.
Lo cercò immediatamente, senza nemmeno riflettere, si gettò fra le sue braccia interrompendo la sfida di basket con Nicola, lui perse il passaggio e mentre la palla palleggiava lontano da loro due, lei, ignorando il sudore di Luca che per il caldo stava giocando senza maglietta, gli si aggrappò piangendo silenziosa.
Non gli era mai capitato di vederla così.
Gli fece impressione e la pressione stessa cominciò a farsi sentire, quella pressione che lo calpestava da un po’ di tempo.
- Se ne va’. Non vuole saperne del bambino e mi molla. Dice che si trasferisce e non vuole saperne di me. Anzi, mi ha consigliato di abortire … ha detto che … che un figlio nato da un orfana non potrà mai essere felice, mi abbandona anche lui, Luca. Ed io … io ora che faccio? Cosa dovrei fare? Non posso ucciderlo, non posso, proprio io … no! Non so cosa fare … -
Il resto si confuse fra i singhiozzi. Un pianto sempre più rumoroso e pieno di dolore per i ricordi della litigata appena avuta, condita da ricordi del suo passato che sicuramente non potevano essere felici.
Questo accadde.
Colpì Luca con la potenza di un camion in corsa.
Forse basterebbe a descrivere il suo stato d’animo, oppure si potrebbe immaginare una frana che minaccia di crollare per molto tempo ed infine accade dopo l’ennesimo terremoto che la colpisce. Prevedibilmente va giù tutto ciò che vi stava sopra.
Un ragazzo come lui sotto pressione, con principi e valori enormi ed incrollabili a cui gli toccano una delle cose più importanti della sua vita e calpestano circa tutto ciò in cui lui ha sempre creduto, come potrebbe reagire?
Un solo modo plausibile.
Uno solo.
Gli occhi da azzurro per il sole che li colpiva, divennero color ghiaccio, due fessure sottili, lame taglienti pericolose.
- Questa no. Questa non deve farla. -
“Io ho dovuto rinunciare a lei per lui e lui la tratta così e le assicura un futuro da inferno perché è uno stronzo immaturo bastardo e vigliacco? La fa piangere. Fa piangere Nike e scappa … questa volta no.”
Pensò così prima di separarsi dalla sorellastra, consegnarla a Nicola che fissava in silenzio la scena, ed andarsene di corsa.
Sapeva dove trovarlo.
Lo sapeva.
Lo sentiva.
Non se ne era ancora andato e lui l’avrebbe trovato.
L’avrebbe trovato e avutolo fra le mani, poi, gli avrebbe detto quello che pensava.
Non sarebbe scappato da quello.
Da lui.

Vedere Luca in quello stato fu uno shock di per sé per chiunque lo conoscesse. Nicola e Nike gli andarono dietro cercando di fermarlo, certi che non avrebbe mai potuto fare una cosa esagerata, lui non poteva alzare le mani su nessuno.
Lui era Luca.
E lo stesso Bryan portò queste motivazioni ribadendo quanto detto alla ragazza poco prima.
- Tu non sai alzare le mani nemmeno su una mosca, non fai paura a nessuno … -
Eppure avrebbe dovuto averne, di lui in quel momento avrebbe dovuto aver paura. Sarebbe bastato conoscerlo come lo conosceva Nicola e Nike stessa, sarebbe bastato poco, in effetti, ma lui quel poco non l’aveva mai messo, nemmeno in quel momento.
- Tu … ho solo una cosa da dirti. Sei un pezzo di merda e se te lo dico credimi che lo penso ed è vero! -
Lui insultava solo se lo pensava fortemente e lo pensava fortemente solo se era vero.
Gli altri che assistevano alla scena indietreggiarono intenzionati a non fermarlo quando udirono codesta frase:
- Chi mi assicura che sia mio il figlio? Una come quella può essere stata con chiunque, perché proprio io? -
La furia si abbatté definitivamente sulla causa di tanta rabbia.
Un pugno potente colpì il moro che cadde a terra stordito e stupito. Non si sarebbe mai aspettato una cosa simile da lui, si rese conto di aver fatto un errore sostanziale: non aver mai voluto conoscerlo!
Lo colpì con un pugno, Bryan dopo la prima sorpresa reagì e ben presto nacque una rissa non indifferente, nessuno pensava che Luca potesse colpire in quel modo, tranne il suo migliore amico che l’aveva subito sulla pelle in una vecchia litigata storica. Dovette fermarlo proprio lui di forza, poiché la cosa degenerava.
Ira, furia ed insieme a queste il dolore per aver sopportato cose che non avrebbe voluto sopportare, per tutti i nodi ingoiati, per ogni cosa repressa.
Perché lui era buono e gentile ma c’erano cose per cui partiva e si trasformava in qualcosa più simile ad una bestia che altro.
Nike e la dignità, nonché l’onore, erano fra queste.
Non sarebbe servito a nulla se non a proprio sfogo personale, ma per lo meno la sanità mentale del ragazzo era salva!
   
 
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