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Autore: nevaeh    05/01/2012    6 recensioni
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Se Louis Tomlinson una sera telefonasse a casa di una qualsiasi ragazza tra i tredici e i venticinque anni, per di più invitandole a cena, le urla di eccitazione potrebbero essere udite senza grossi impedimenti fino in Patagonia; ma se lo stesso Louis telefonsse una sera a casa di Julie Horan, sempre per quella cena... Cosa potrebbe succedere?
[...] - Ma chi è che la sera deve per forza rompere i cogl….- cominciò a dire aprendo la comunicazione, arrabbiata come una iena.
- Complimenti per la finezza delle dieci e un quarto di sera, spero tu non ti sia preparata questo soave saluto apposta – la interruppe una voce maschile dall’altro lato della cornetta, ironica. Julie rimase un secondo spiazzata, riuscendo solo a pensare a quella voce. Leggermente roca, profonda, sexy. Poteva una voce essere sexy? [...]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Let me be myself 

 

And all the kids they dance, all the kids all night
until monday morning feels another life
I turn the music up
I’m on a roll this time
and heaven is in sight.

Every teardrop is a waterfall, Coldplay



Louis Tomlinson aprì gli occhi nella sua casa londinese dopo un sabato sera di bagordi particolarmente spinti. Le gambe erano incastrate tra le coperte bianche dell’enorme letto a due piazze, le tende erano aperte e con la coda dell’occhio si accorse della rossa che dormiva beatamente accanto a sé. Con occhio esperto il giovane la squadrò da capo a piedi: capelli lunghi e mossi, alta, magra, probabilmente una delle ragazze immagine della festa della sera prima. Un mezzo sorriso gli si dipinse sul volto soddisfatto al ricordo della notte precedente, poi senza tanti complimenti allungò una mano sulla spalla della ragazza. Quella si voltò assonnata e aprì un occhio azzurro, un sorriso increspò le sue labbra perfette.
- Buongiorno - borbottò, allungando una mano verso il corpo del cantante.
- Anche a te. Sparisci – rispose invece lui, alzandosi senza un minimo di vergogna e afferrando un paio pantaloni dal pavimento. La ragazza scosse la testa e senza commentare cominciò ad afferrare la biancheria e un vestitino nero; si vestì e senza scarpe si avvicinò a Louis, che nel frattempo si era accesso una sigaretta che penzolava da un angolo della bocca.
- E’ stato un piacere – sussurrò la rossa, posandogli un bacio –ricordo di tante piccole attenzioni delle ore trascorse insieme – e infilandogli nella tasca un pezzo di quella biancheria, in pizzo, nera. 
- Così non ti dimentichi di me – mormorò la ragazza, piegando la testa per rubargli un altro bacio e la sigaretta dalla mano. Louis alzò il sopracciglio soddisfatto e sorrise alla rossa.
- Potrei mai? – chiese retorico. L’altra scoppiò a ridere e con le scarpe in mano si avviò verso l’uscita, seguita a qualche passo di distanza dal cantante.
- Arrivederci signorina! – sentì poi dire mentre varcava la soglia della cucina, permeata da un invitante odore di caffè appena fatto. Harry Styles aveva appena salutato tranquillamente la ragazza che usciva di casa sollevando appena la tazza di caffè bollente che aveva in una mano, continuando con l’altra a pigiare tasti sul computer poggiato sull’angolo colazione. Louis rimase un secondo interdetto sulla porta, poi invitato dall’odore di caffè raggiunse il piano cottura e se ne servì una generosa tazza, si sedette su uno sgabello e osservò il suo migliore amico, che aveva smesso di scrivere per osservarlo a sua volta.
- Carina – 
- Ovviamente – rispose Louis, poi parve pensarci – tu non eri a Manchester? –
- E tu non mi avevi invitato a venirti a fare una sorpresa a Londra? Sorpresa! A proposito, sei sexy svestito così, sto per eccitarmi, giuro – esclamò il ragazzo, per poi scoppiare a ridere. Louis e Harry erano diventati migliori amici quando all’età di quattro anni si erano giurati eterna fratellanza sotto una quercia nel piccolo parco del loro quartiere, mentre le rispettive mamme chiacchieravano e li tenevano d’occhio. Da quel giorno erano passati quindici anni e non erano mai venuti meno a quel patto, perché loro fratelli lo erano davvero, forse anche più che di due parenti di sangue. 
- Mi fa piacere, soprattutto per il caffè. Dio solo sa quanto ne ho bisogno – fu il commento del cantante, che tornò soddisfatto a bere il suo elisir. 
- Si vede. Che hai combinato ieri notte? – chiese il suo amico con una punta di invidia. 
- Siamo fratelli ok, ma non credo sul serio tu voglia saperlo – fu la risposta del ragazzo, condita da un ghigno che era tutto una promessa. Harry lo guardò un secondo perplesso.
- Vestiti và, ti porto a fare colazione razza di buffone che non sei altro! –
- Sbruffone a me? – rispose fintamente risentito Louis, avviandosi verso la sua camera da letto. Si fermò un secondo a metà strada, poi si voltò con uno strano sorriso sulle labbra.
Harry? – chiamò, l’altro distolse l’attenzione dal pc, solo per trovarsi in faccia un perizoma nero lanciatogli dall’amico, che ridendo si decise finalmente ad andare a vestirsi.

 

 

*** *** ***



Olivia si era espressamente raccomandata con la sua migliore amica circa esplosioni o eventuali incendi dolosi nell’appartamento, ma nonostante questo non potette fare a meno di chiamare Londra non appena si fu alzata nella sua camera nello Yorkshire. Julie rispose al terzo squillo.
- Buongiorno mia cara – esclamò la ragazza.
Mpf – fu la risposta non troppo convinta di Julie, che proprio in quel momento si era svegliata – ma che ore sono? – chiese con voce spenta. Olivia la immaginava con una mano tra i capelli arruffati mentre apriva tutte le antine della cucina per cercare il caffè, dimenticando ovviamente che si trovava in dispensa.
- Le sette e mezzo del mattino, tesoro – rispose quindi, attese qualche secondo in silenzio, poi sbuffò – Julie. Terza mensola nella dispensa accanto al frigo, dietro ai biscotti integrali – l’informazione venne accolta da un borbottio e dal rumore di antine che si aprivano e di biscotti che cadevano rovinosamente sul pavimento.
- Ci sono – annunciò poco dopo la ragazza. Nella casa dei suoi genitori nel frattempo Olivia aveva infilato un vestitino rosa pallido e un paio di ballerine, un cardigan bianco e una sciarpa dello stesso colore per scendere al piano di sotto per la colazione. 
- Non avevo dubbi – la rassicurò –allora, che programmi hai per oggi? – chiese poi, servendosi una generosa tazza di caffè. Julie ci pensò un po’ prima di rispondere, mentre rimetteva a posto il sacchetto dei biscotti e azionava la macchina del caffè. D’un tratto si fermò, il braccio ancora fermo a mezz’aria, imprecando in modo da far arrossire uno scaricatore di porto.
- Ti sei appena ricordata che oggi hai l’esame e non ti sei alzata prima per ripetere, ora stai pensando al fatto che devi raggiungere l’Università entro le undici e mezzo e non passerai mai l’esame. Be’ tranquilla cara, perché tu quell’esame lo passerai e anche col massimo dei voti – disse tutto d’un fiato Olivia, smettendo per un attimo di sorseggiare la sua bevanda. Molte volte Julie ancora si chiedeva come facesse Olivia, l’emblema della superficialità e dell’egocentrismo ad essere tanto tenera e profonda. Un sorriso tenero le increspò le labbra ed ebbe l’insana voglia di abbracciarla.
- Grazie – rispose soltanto, sedendosi finalmente sullo sgabello dell’angolo colazione.
- Comunque ho fatto bene ad andare dalla manicure prima di partire – continuò la bionda. Non si era mai visto che rimanesse seria per più di quindici secondi di fila, ma sotto un certo punto di vista era una delle cose che Julie più apprezzava di lei – non sai che sciatteria che ho trovato qui a Yeadon, assurdo! –
- Non oso immaginare . A proposito – aggiunse poi – ieri sera ho preso una chiamata per te – Olivia rimase in silenzio, quasi in fibrillazione.
- Da parte di chi? – chiese circospetta.
- Non me lo ricordo … un certo Louis … com’è che si chiama quel cantante che ti piace tanto? Vabbè, da quello – rispose senza pensarci Julie, che nel frattempo si era alzata e aveva cominciato a spulciare l’armadio per trovare qualcosa da mettere – A proposito – riprese, come se il pensiero l’avesse colta solo in quel momento – non sai che tipo strambo è quello. Nemmeno tredici secondi di conversazione e mi ha mandata al diavolo. Da non crederci … -

 

***    ***    ***



Una volta arrivati al piccolo bar scelto per la colazione i ragazzi si accorsero di quanto fosse tardi, così si accontentarono si considerare lo spuntino come una sorta di brunch.
- Che fine ha fatto la cara vecchia nausea post sbornia? – chiese Harry dopo che la cameriera si fu allontanata con due l’ordinazione. Louis si limitò a scrollare le spalle, incrociando le braccia al petto (per gonfiare i tricipiti, ovviamente) e ammiccando verso un gruppo di ragazzine che lo fissavano indicandolo e ridacchiando. Scuotendo la testa Harry gli tirò un pezzetto di pane, suscitando gridolini eccitati delle fanciulle, che si erano coraggiosamente avvicinate al tavolo dei due giovani. Louis si beccò ridendo il proiettile, tirando a sua volta una mollica al compare, che gli si incastrò tra i ricci castani.
Le fanciulle accolsero il gesto con un coro di malcelati sospiri. 
Nel frattempo la cameriera arrivò con pancetta fritta e uova strapazzate, due tazze giganti di caffè americano e due muffin. 
- Buon appetito – disse con un sorriso civettuolo, per poi allontanarsi stando ben attenta a sculettare verso il bancone. Harry rispose con un sorriso ammiccante, Louis quasi non la degnò, dedicandosi anima e cuore alle uova. Lanciò un’occhiata di traverso all’amico, che continuava a sorridere maliziosamente.
- Sei geloso perché le ragazze mi muoiono dietro – decise il cantante, parlando con la bocca piena e indicandolo con la forchetta. 
- Vorrei farti notare che la cameriera sexy mi ha lasciato il suo numero di cellulare – rispose soddisfatto, mostrando lo scontrino con le cifre scarabocchiate in un angolo. Louis rifletté per qualche secondo.
- Era per me, non c’è altra soluzione – decise poi, togliendosi gli occhiali da sole e poggiandoli con cautela sul tavolino.
- Tu hai qualche problema – fu la candida risposta dell’amico, che strappò il pezzo di carta con il numero della ragazza – comunque a pensarci qualcosa per te c’era – aggiunse dopo aver messo il pezzetto di carta al sicuro nel portafoglio. Louis ghignò.
- Era ovvio. Cosa? – rispose. Fu il turno di Harry a ghignare.
- Ma il conto, caro. Cos’altro? – annunciò lanciandogli lo scontrino. Poi, dopo aver preso la giacca e gli occhiali da sole si alzò in tutta calma, imitato dal cantante che gettò distrattamente qualche sterlina sul tavolino. La nidiata di ragazze che aveva preso la panchina di fronte al locale come una specie di quartier generale seguì la scena con tanto di occhi spalancati e bava ad un angolo della bocca. Louis soddisfatto si stiracchiò – le ragazze quasi svennero, Louis sorrise – e raggiunse il suo amico di corsa.



*** *** ***



- Comunque prima non scherzavo quando ti ho detto che hai dei problemi – annunciò poco dopo Harry senza voltarsi a guardare l’amico che gli camminava di fianco. Louis alzò il sopracciglio e gli lanciò un’occhiataccia.
- E’ meraviglioso detto dal mio migliore amico, non c’è che dire –
- Scusa se mi preoccupo per te – fu l’acida risposta del riccio, che infilò le mani in tasca e si strinse nelle spalle – ok, mi dispiace. Forse sono stato brusco – riprese dopo una pausa.
- Forse – concesse Louis.
- E’ che non mi piace cosa ti sta succedendo – continuò Harry fingendo di non essere stato interrotto.
- Non riesco a capire che intendi. Anche questo – rispose Louis, indicando due ragazze che gli scattavano una fotografia da lontano – fa parte del mio lavoro adesso e mi stupisco che nemmeno tu possa comprenderlo – terminò stizzito. Harry continuò a camminare senza rispondere, imitato dall’altro ragazzo che fissava ostinatamente le vetrine dei negozi.
- Lo comprendo. Sapevo che la tua vita sarebbe cambiata ed ero pronto ad un’eventuale popolarità. Quello che non mi aspettavo era … questo – ricominciò Harry – torni a casa ad orari assurdi, eviti di rispondere alle telefonate da casa, ti svegli ogni giorno con una ragazza diversa a fianco … -
- Fammi capire bene, io pensavo che fossi venuto a trovarmi perché ti mancavo e invece sei venuto per conto dei miei genitori? Come un postino o … - lo interruppe Louis, voltandosi di scatto e fissando gli occhi azzurri in quelli verdi del suo amico.
- Sono soltanto preoccupati per te … Siamo preoccupati per te. Tuo padre … - provò ancora Harry.
- Mio padre – rispose lapidario Louis – potrebbe prendersi il disturbo di chiamare, anche se credo che dopo avermi cacciato di casa per essermi iscritto a quel dannato programma televisivo preferirà tagliarsi una mano piuttosto che alzare la cornetta per sapere che fine ho fatto – il breve discorso, cominciato quasi con un urlo, era diventato un sibilo rabbioso; il viso di Louis si era avvicinato a quello del suo migliore amico, che respirando profondamente si liberò dalla stretta che gli artigliava un polso.
- Smettila di fare l’idiota e telefona a casa –concluse invece Harry con profonda calma – e non pensare nemmeno per un secondo che sia venuto fin qui a fare il postino per conto di qualcuno. Mi mancavi e sono venuto a trovarti, ti voglio bene e ti consiglio di non comportarti da idiota. Fammi uno squillo quando torni ad essere il mio migliore amico e non questo stronzo egoista che sei diventato – e senza girarsi si allontanò, lasciando Louis da solo nel bel mezzo della strada.



*** *** ***


Baby, I'm so into you 
You got that somethin', what can I do? 
Baby, you spin me around 
The earth is movin, but I can't feel the ground.
You drive me crazy, Britney Spears 


Una doccia, due tram e diverse imprecazioni dopo, Julie giunse finalmente davanti alla facoltà di Medicina e Chirurgia della Queen Mary Universtity. Senza guardare in faccia nessuno si diresse a grandi passi verso l’aula 17, dove stavano cominciando a fare l’appello. La ragazza si legò i capelli con una matita pescata a caso dall’astuccio ripetendo formule e leggi, che sicuramente gli avrebbero chiesto. In silenzio i candidati entrarono e presero posto, un plico di fogli dall’aria minacciosa era in bella mostra su ogni postazione.

- Avrete quattro ore a partire da … ora – annunciò il presidente, per poi sedersi e cominciare a sfogliare senza interesse dei documenti. Julie smise di pensare non appena aprì la prima pagina del questionario. Nel suo cervello si riconcorrevano solo nomi di chimici famosi, teorie e differenze tra le varie nomenclature; la mano scorreva sicura sul foglio, spuntava una risposta, risolveva un esercizio, si fermava a pensare un secondo ticchettando con la penna sul labbro inferiore. Quasi non si accorse quando d’un tratto il professore si alzò, invitando gli studenti a chiudere i fogli e annunciando la data di consegna dei risultati. Julie si sciolse i capelli meccanicamente, raccattò la penna che aveva lasciato sul banco e prese il cellulare, inviando un sms a Olivia: “Pensavo peggio, almeno un venti non me lo toglie nessuno :P” poi soddisfatta uscì nella fresca aria di novembre, infilò la giacca e salutò un paio di amiche, una di loro sia avvicinò con un caldo sorriso sul volto.

- Credevo sul serio di non farcela” annunciò Selene Jones, la ragazza più dolce e timida del mondo.

- Non me ne parlare – rispose l’altra annuendo gravemente – che avevi tu? –

- Letteratura francese – rispose la ragazza. Le due si avviarono verso la fermata della metro; Selene era al primo anno come lei e studiava Letteratura, unica sua passione. In realtà non era difficile immaginarla tra libri antichi e traduzioni assurde, la ragazza era piccolina, esile e con due occhi marroni enormi così dolci da far venire il diabete. All’inizio Julie infatti l’aveva trovata un po’ antipatica, salvo poi scoprire che la sua compagnia discreta e rilassante era un toccasana nei momenti più stressanti.

-Non posso continuare così – stava intanto dicendo, togliendosi dal viso i corti capelli scuri.

- Perché? –

-  Al supermercato dove lavoro mi pagano una miseria e devo fare anche gli straordinari, il tipo che mi ha affittato la casa ha deciso che vuole almeno il doppio e minaccia di cacciarmi. E io non posso tornare – si lamentò la ragazza. Non aveva mai fatto mistero del cattivo rapporto che la legava alla sua famiglia, dalla quale era fuggita – se così si può dire – non appena ne aveva avuto l’opportunità. E sicuramente non posso fargli capire che ho fallito, anche se è così a ben pensarci – concluse la mora, con un sospiro sconsolato. Julie si morse un labbro come faceva sempre quando era pensierosa e si passò una mano tra i capelli mossi. Diede una stretta consolatoria all’amica – la superava di qualche centimetro, ma non arrivava al metro e settantadue di Olivia – e le indicò un bar dove rifugiarsi per pranzo.

- Potresti venire a stare da noi, sai che Olivia impazzirebbe di gioia – propose Julie con un sorriso, accomodandosi a un tavolino.

- Si, ma poi dovremmo mettere fuori la mobilia. Quella casa è sul serio troppo piccola – rispose ridendo Selene, togliendosi giacca e sciarpone.

-Non offendere la mia meravigliosa dimora! – rispose ridendo Julie, imitandola. Ok, forse era un po’ piccola, va bene, era molto piccola, ma rappresentava la sua indipendenza e poi dopo averci trascorso tanto tempo ci si era affezionata.

- No ok scusa, ma sul serio abbiamo un problema. Dovrei cercare di … - ricominciò dopo qualche secondo Selene, interrotta però dall’arrivo del cameriere.

- Che vi porto ragazze? – chiese quello, blocchetto e penna alla mano. La risposta però, non arrivò tanto presto. Le due ragazze si erano voltate quasi in contemporanea ed erano rimaste incantate alla vista del ragazzo.

- Ragazze? – chiese daccapo, cercando di non ridere.

Sexy.

Non c’era altra parola per descriverlo, solo sexy. Alto, almeno uno e ottanta, carnagione olivastra, occhi scuri, maglietta attillata che era tutta una promessa, denti bianchissimi. Sexy.

- Una … un … caffè, grazie – riuscì a dire dopo un po’ Selene, le guance deliziosamente arrossate e lo sguardo basso.

- Due – aggiunse Julie, che al contrario della sua amica lo guardava con la bava alla bocca. Il cameriere annotò l’ordinazione.

- Non vi posso dare nient’altro? – chiese poi, un sorriso malizioso che gli increspava le labbra piene e invitanti. Julie quasi si strozzò con la sua stessa saliva, Selene scosse il capo, le gote viola. Con un’ultima occhiata il ragazzo si allontanò verso bancone, le due amiche ricominciarono a respirare.

- Sto per avere un orgasmo – annunciò Selene, facendo scoppiare a ridere di gusto l’altra ragazza, che non l’aveva mai sentita così sboccata.

- Io l’ho già avuto . fu il candido commento, voltandosi a guardare il cameriere che dietro al bancone preparava tramezzini e caffè con mosse meccaniche. La ragazza continuò a far vagare lo sguardo nel locale, per poi soffermarsi di fronte a un foglio di risma con un annuncio nero stampato sopra.

- Sel? – chiamò allora la ragazza, che stava controllando il telefonino – credo di aver appena risolto tutti i tuoi problemi – annunciò con uno strano sorriso.

- Eh? – rispose la mora, ma la sua amica non l’ascoltò nemmeno, impegnata a recuperare il foglio con aria estremamente soddisfatta. Lo lesse nuovamente e poi lo  passò a Selene, che la imitò strabuzzando gli occhioni.

- Cercasi cameriera, prezzo contrattabile – ripeté Selene, rilanciando un’occhiata al cameriere – bene Julie, direi che ho appena trovato il lavoro perfetto –

- E mica solo quello! – rispose ridendo la ragazza, mentre venivano raggiunte dal sexy cameriere con le loro ordinazioni.


***    ***    ***


Grazie mille per le rensioni, i preferiti e le seguite, spero vogliate continuare a seguirmi ;D

Se volete aggiornamenti o anche solo due chiacchiere seguitemi su Twitter: @nevaehEFP :)

   
 
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