Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: virgily    06/01/2012    4 recensioni
"Ci vediamo dunque costretti a sguinzagliare le tre ombre della Regina: il fedele Cane; l’abile Ragno e la nobile Perla. Speriamo che la collaborazione di questi grandi enti della sicurezza inglese possano rendere sua Altezza fiera di voi, come sempre è stato.
Cordiali saluti.
Sua maestà, la Regina."
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La carrozza si avviava lungo uno stretto viale alberato. Le due fanciulle all’interno stavano stranamente in silenzio. Cecily, seduta innanzi alla duchessa, osservava la sua padroncina di sottecchi. Questa, aveva lo sguardo fisso nel vuoto, osservando il paesaggio tetro e nuvolo al difuori della piccola finestra. I suoi occhi erano spenti, velati da un sottile strato di tristezza che la cameriera, conoscendola bene, era ormai in grado di toccare. E sebbene Viola non ne volesse parlare, Cecily era totalmente certa che il motivo di quel cupo broncio era lo stesso per cui, qualche ora prima, la donna aveva pianto tanto: Sebastian. Ebbene, era stata proprio la giovane serva ad asciugare le sue lacrime, quando finalmente le venne concesso di rientrare nella camera dove li aveva sentiti discutere con foga. Non approvava il comportamento orgoglioso della sua padrona nei confronti del mero maggiordomo, tuttavia riusciva, allo stesso tempo, a capirla. Viola sin dalla tenera età era sempre stata sola, combattendo le sue battaglie con un’armatura che impediva a qualsiasi sorta di sentimento di entrarle dentro e corroderle il cuore. Poi, con l’arrivo di Sebastian, questo improvviso sentimento che l’aveva finalmente avvolta era riuscito a terrorizzarla, facendo scattare in lei un meccanismo di auto difesa letale. Una domanda giunse alle labbra di Cecily, premendo con forza. Ma la piccola cameriera era incerta sul da farsi. Non voleva turbarla certo, ma non poteva neanche rassicurarla se non avesse compreso cosa maggiormente sconfortasse la sua bella lady
-Voi lo amate. Non è vero?- e lo aveva chiesto con tono sereno e pacato, andando dritta al punto della questione, prendendo la duchessa in contropiede. Gli occhi di Viola infatti si sbarrarono immediatamente prima di rivolgerle lo sguardo. Le aveva perfino fatto mancare un battito con quella domanda
-Non so di cosa stai parlando...- vagheggiò la donna tentando di non incrociare lo sguardo serio dell’amica
-Se posso permettermi, my lady, non siete mai stata abile a nascondermi certe cose... Sapete bene che mi riferisco a Sebastian- bastò soltanto udire quel nome per far salire un lungo e profondo brivido lungo la schiena della duchessa.  Cecily aveva perfettamente ragione; per quanto volesse nasconderlo, non sarebbe mai riuscita a negarle che c’era qualcosa che ribolliva nelle sue vene, al solo pensiero di quel demone maledetto che aveva soggiogato il suo piccolo cuore
-Credo di non essere tagliata per questo genere di sensazioni...- confessò la castana dipingendo un piccolo sorriso amaro sulle sue labbra, abbassando appena lo sguardo mentre poggiava la guancia sul suo pugno chiuso, carezzandosi appena il collo, che aveva diligentemente coperto per mascherare quella piccola macchia, il segno della passione che finalmente era nata tra lei e il diavolo di maggiordomo del casato Phantomhive
-Tutti sono stati creati per amare, my lady...-
-Ciò non toglie che ho detto una cosa orribile a l’unico uomo che mi ha fatto sentire, per la prima volta, realmente viva...- affermò di getto, forse neanche rendendosi conto della confessione che aveva appena fatto. Calò il silenzio all’interno della carrozza, e mentre Cecily sbatteva le ciglia per lo stupore, le guance della duchessa, per la prima volta, si tinsero di porpora, donandole un rossore e una timidezza degna di una raffinata bambola di porcellana. E mentre il grazioso rosa sulle sue goti tornava a farsi pallido come il marmo, la cameriera sorrise, e sporgendosi appena afferrò le mani della piccola lady nelle sue, parlandole con il cuore in mano
-Non dovete avere paura di quello che state provando my lady. Avete vinto guerre più sanguinose e pericolose di questa. E io sono sicura che lui vi ami- Viola sorrise a sua volta con un animo rallegrato. Si sentiva stranamente sollevata, forse parlare chiaramente con la sua amica non era stato affatto un errore; forse la sua cameriera non aveva tutti i torti... Magari Sebastian l’amava davvero. Non ne era certa... Ma doveva ammetterlo, ci sperava. Tornò a poggiare la schiena sullo schienale del sedile color bacca imbottito, fissando la modesta casa che cominciava a intravedere sul fondo della via
-Dobbiamo essere arrivate...- affermò cominciando ad osservare l’esterno della piccola abitazione. Si sviluppava in lunghezza tutta su un piano, anche se probabilmente era dotata di un seminterrato. Il piccolo portico all’entrata racchiudeva, al suo interno, una misera porticina di legno scuro laccata di nero, proprio come il tetto spiovente. Le finestre che circondavano l’intero ambiente mostravano delle lunghe e spesse tende dai colori freddi e verdognoli, le quali non lasciavano minimamente intravedere l’interno dell’abitazione.  I cavalli cominciarono a rallentare il passo, appostandosi non troppo distanti da un secondo grande carro che li aveva preceduti. Questo aveva portato un’enorme quantità di ghiaccio, sicuramente adibito per l’allestimento settimanale della ghiacciaia
-Non è strano che una sola persona abbia bisogno di tutto quel ghiaccio?- domandò improvvisamente la giovane cameriera con tono ingenuo, cogliendo alla sprovvista la duchessa che, effettivamente, non seppe darle torto. Così, quasi istintivamente, la ragazza cominciò a pensare ad una qualche plausibile spiegazione. Rimase qualche minuto spersa all’interno dei suoi mille pensieri. Un barlume di luce, poi, irradiò il suo sguardo facendole assumere una faccia stupita e sconcertata dalla sua stessa conclusione
-Il ghiaccio non è mai troppo quando cerchi di conservare brandelli di cadaveri...- sussurrò facendo rabbrividire la sua compagna
-M-My lady ma cosa state...- Cecily non riuscì nemmeno a terminare la frase che la sua padrona la interruppe bruscamente con un singolo e preciso ordine:
-Torna a casa Cecily e avvisa Ciel. Io intanto entro...-
-C-Cosa?! E io dovrei lasciarvi sola?- rispose la moretta sgranando gli occhi
-Non è ora di mettersi a discutere. Fai come ti ho detto...-
-M-Ma my lady!- Cecily ebbe soltanto il tempo di chiamarla un’ennesima volta prima che Viola si chiudesse lo sportello alle spalle, ordinando categoricamente al cocchiere di ritornare alla villa il più celere possibile. Si ritrovò dunque sola la bella duchessa, e già con una vaga idea di quello che le sarebbe potuto succedere. Sollevando appena un angolo della pesante gonna violastra, la giovane cominciò a salire la piccola gradinata antecedente all’ingresso, osservando che anche la seconda carrozza che se ne andava di tutta fretta. Le bastò bussare una sola volta prima che la padrona di casa, con addosso un sobrio abito dal colore ardente proprio come i suoi lunghi capelli rossi, le venne ad aprire con un sorriso leggiadro e candido
-Benvenuta nella mia modesta dimora, my lady. Vi stavo aspettando-
***
Il salottino, ove le due donne si apprestavano a bere il tè, aveva una grande finestra che si affacciava sulla maestosa e quiete prateria inglese. Le pareti, rivestite da una antica carta da parati con decorazioni floreali, si accostavano graziosamente con tutto il resto del mobilio color ciliegio chiaro. Sedevano proprio l’una innanzi all’altra, e mentre attendevano che la bevanda ancora fumante nelle loro tazze si raffreddasse, avevano già cominciato a parlare del più e del meno, come due vecchie amiche che non si vedevano da anni. Tuttavia la duchessa Killarney non aveva mai abbassato la guardia. C’erano troppe domande attorno a quella donna, e distrarsi certo non le avrebbe giovato
-Ieri sera siete improvvisamente sparita, durante il ballo, my lady...- affermò la rossa sollevandosi dalla sua seggiola, avvicinandosi alla teca di vetro e legno lucidato che conteneva svariati oggetti di vario valore: un vaso cinese dipinto a mano, diversi soprammobili, un portagioie di legno scuro intagliato
-Purtroppo ero molto stanca e ho preferito ritornare alla villa del conte Phantomhive dove sono ospite...- rispose educatamente mentre seguiva con lo sguardo ogni suo piccolo movimento, da quando aveva aperto le ante della fragile teca a quando le sue mani avevano afferrato quel delicato portagioielli. Intuendo lo sguardo curioso della duchessa su di se, Daisy sorrise avvicinandosi alla sua ospite con uno sguardo raggiante che quasi la fece rabbrividire
-Volevo mostravi una cosa my lady...- affermò la padrona di casa sollevando lo spesso coperchio, svelando il suo prezioso contenuto: un braccialetto in argento lavorato da mani esperte con rubini di un profondo rosso cremisi, lo stesso colore degli occhi ardenti e sensuali del suo diavolo di maggiordomo
-È molto bello...- fu tutto quello che riuscì a dire mentre la rossa lo estraeva con delicatezza dal suo piccolo scrigno
-Provatelo my lady... Deve starvi d’incanto- propose porgendoglielo, prendendola per qualche secondo alla sprovvista
-Oh ma non posso. Sarebbe scortese da parte mia...-
-Non fatevi pregare my lady. In fondo una prova non ha mai ucciso nessuno...- ridacchiò la giovane Daisy penetrandola con i suoi grandi occhi chiari. Eppure Viola trovava inquietante quella strana sensazione di vuoto che sentiva quando fissava i suoi occhi angelici ma profondi ed enigmatici allo stesso tempo. Tuttavia, forse spinta dal fatto che quel gioiello tanto le ricordava il suo bel demonio, la duchessa indossò il pregiato braccialetto, allacciandolo al polso destro. Automaticamente un sorriso a trentadue denti, che tanto pareva un ghigno, si scolpì sulla faccia della padrona di casa, che soddisfatta tornò a sedere al suo posto
-I rubini vi donano molto...- affermò accavallando le gambe sotto la gonna del suo vestito, senza togliergli gli occhi di dosso. La duchessa Killarney ringraziò  per il complimento, osservando ancora una volta il gioiello che fasciava perfettamente il suo candido polso
-È un vero peccato che dicano che sia maledetto...- sbuffò la rossa attirando immediatamente l’attenzione della nobil donna su di se
-Maledetto?- domandò cominciando a sentire il sudore freddo colarle lungo la schiena
-Dicono che sia in grado di annullare qualsiasi traccia del potere demoniaco di una mezzosangue finché è in suo possesso. Era un ingegnoso stratagemma che usavano i demoni per renderle docili e poterle possedere con più facilità. Ma queste sono soltanto vecchie storie... E dubito che una donna nobile e di alto rango come voi creda a queste leggende...-
Impietrita Viola rispose a quell’affermazione con un sorriso tirato e nervoso, mentre con la mano sinistra tentava segretamente di sfilare quel diabolico gioiello che, purtroppo, si era automaticamente stretto attorno al suo polso
-Vi vedo turbata...- cos’era quel tono divertito con cui la giovane Sunset le si rivolgeva? Immediatamente la duchessa frenò la sua mano, cercando di mantenere la calma, sebbene era assai difficile non perdere il controllo nella situazione in cui, scioccamente, si era cacciata
-A-Assolutamente- rispose pacatamente sollevando appena l’angolo sinistro della labbra. Sebbene Daisy non riuscisse a vederlo, le mani di Viola avevano cominciato a tremare
-Oh! Il tè si è raffreddato, finalmente!- ridacchiò la donna invitandola cortesemente a bere con lei la tiepida bevanda ambrata.
Con più naturalezza possibile la piccola lady afferrò la piccola tazzina di porcellana candida e priva di decori tra le mani, portandosela alle labbra. Voleva concedersi un minuto o due per riflettere sul da farsi in attesa che Cecily avesse avvisato Ciel della situazione. Ma puntualmente, soltanto dopo aver ingerito buona parte della bevanda, Viola si rese conto di aver commesso un altro errore fatale. Con uno scatto impulsivo gettò a terra la tazza, la quale si frantumò in mille scaglie biancastre proprio ai suoi piedi. Sgraziata e disgustata sputò quel poco del tè che le era rimasto in bocca, portandosi le mani alle labbra prima di cominciare a tossire con veemenza. Come i guaiti di un cane ferito, la sua voce roca rallegrava le orecchie della padrona di casa, che dal canto suo sorrise. Sentiva girarle la testa e il fiato mancarle sempre più, mentre il cuore cominciava a battere freneticamente. Impacciata e priva di agilità tentò di sollevarsi dalla seggiola, ma senza migliorare la situazione. Si udì un tonfo, e il corpo della duchessa giaceva a terra circondato da ciò che rimaneva della tazza ormai ridotta un cumolo di cocci appuntiti. Le sue palpebre pesanti cominciavano lentamente a chiudersi. Vedeva sfocato, ma riconobbe ugualmente l’orlo dell’abito rosso della donna che sinuosamente si avvicinava a lei
-Sogni d’oro, mia piccola perla- la sentì ridere di gusto, civettandosi come mai l’aveva sentita prima. Ma alla fine il sonno ebbe la meglio, e poi venne il buio.
  
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