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Autore: xstylesmike    07/01/2012    17 recensioni
-Come ti chiami?- gli chiesi.
-Harry... In realtà Harold, ma tutti mi chiamano Harry.
-Harry... Piacere, Jenny. Hai davvero 25 anni?
-No, diciassette- disse ridendo.
-A mai più, Harold detto Harry.- E lo baciai per un ultima volta.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mi ricordo di quel giorno come fosse ieri, il 7 novembre 2004, sette anni fa, al tempo avevo trentun anni. Erano le 5, e dovevo essere in radio alle 7 per il programma mattutino con Steve. Mi fermai nello Starbucks nei pressi di Piccadilly, quello che è pieno di turisti a qualsiasi ora. Presi un caffé lungo, con tanto tanto zucchero. Non avevo dormito tutta la notte perché la mia amica Louise mi aveva trascinato in pub nella periferia nord. Stavo seduta a sorseggiare quel caffé bollente, mi alzai e andai ad aggiungerci un po' di latte. Mentre tornavo al mio tavolo notai che un ragazzetto riccio si era seduto nella sedia di fronte alla mia.
Quando gli giunsi accanto mi schiarii la voce -Mi scusi.. Questo tavolo sarebbe occupato.
-Mi dispiace tant... - si interruppe quando giró lo sguardo verso di me. Era il solito. Adolescenti con l'esplosione di ormoni che mi guardavano in ammirazione.
-Pronto?
Scuotè la testa. -Posso rimanere? Sono le cinque del mattino cosa avrà mai di meglio da fare?
Aveva vinto. Mi risiedetti e lui fece un sorriso soddisfatto, mostrando le fossette.
-Come mai uno della tua età è in giro a quest'ora?
-Della mia età? Perché quanti anni pensi che abbia?- fece una smorfia per farmi credere che si era offeso, ma non lo era realmente.
-Ne avrai... Sedici, diciassette, al massimo.
-Pfffffff.. Ne ho venticinque.
Scoppiai in una fragorosa risata, non ci credeva abbastanza neanche lui perché sembrasse vero. -Fingiamo che tu ne abbia venticinque, allora... Cosa fai nella vita?
-Sono un panettiere, lavoro qui dietro l’angolo.
-Oh, quindi fai il pane.
-E te?
-Lavoro in radio, sai quella che ha sede vicino a Tower Bridge?
-Mmmmmh, mai sentita, vi ascolterò d’ora in poi.
-Nessuno ci ascolta- al tempo ero davvero infelice della mia carriera. Avevo uno stipendio da minatore e lavoravo ad orari impossibili. -Dimmi qualcosa di te, insomma, oltre al pane.
-Canto!- rispose con entusiasmo particolare, e io risi.
-Canti? Cos’è, vuoi andare a XFactor?
-Spiritosa...- si alzò in piedi -vuoi sentire?
-Qui? Adesso? No, no, no, no, grazie!
Inizio a cantare una canzone di Stevie Wonder ‘
Isn't she lovely, isn't she wonderful, isn't she precious, less than one minute old...’. I turisti nel locale cominciarono a guardarci, e io diventai completamente rossa. Ero una donna in un bar con un ragazzino che le dedicava una canzone. Anche se la sua voce scaldava il cuore, era davvero bravo.
Quando si risedette battei le mani leggermente -Bravo-
Era del tutto compiaciuto, poiché anche alcuni turisti si fermarono a fare complimenti. -E tu?
-Io cosa?
-Cosa fai oltre al tuo lavoro alla radio?
-Mmmmmh, dunque... Ho trent’anni- avevo leggermente barato sull’età, un anno non era niente, il fatto è che continuai ad avere trent’anni per i successivi tre o quattro -vivo con una mia amica qui in centro e... Non so... Non sono mai andata sul London Eye.
Strabuzzò gli occhi. -Tu vivi in centro a Londra e non sei mai stata sul London Eye?
Risi ancora, questo ragazzo aveva la forza di farmi ridere per qualsiasi scemenza. -Non ne ho mai avuto l'occasione, ma mi piacerebbe andarci.
-Magari ti ci porterò io.
-Dubito.
Guardò l'orologio e -Cavolo sono le sei, devo andare a prepararmi al negozio, apriamo tra mezz'ora.
-Okay, è stato un piacere conoscerti.
-Mi lasci così, senza dirmi niente?
Mi alzai in piedi e gli strinsi la mano, quasi per scherzo. Mi avvicinò a lui tirandomi il braccio e quasi mi baciò, ma mi allontanai. Poi ci ripensai. In fondo era solo un perfetto sconosciuto, non l'avrei mai più rivisto. Mi avvicinai, spontaneamente stavolta, e lo baciai. Sapeva di burrocacao, e di caffé. Era un mix piacevole, e le sue labbra erano morbide. Quando mi staccai la sua faccia era stralunata, gli sorrisi e gli spettinai la folta chioma riccia.
-Dai usciamo- Gli dissi, e lui mi seguì. -Da che parte devi andare?
-Sinistra.
-Okay, anch’io.
Quando arrivò alla sua destinazione mi chiese il mio numero, ma non glielo diedi. -Almeno entra, solo cinque minuti. Ti regalo una pagnotta!
-Okay, okay, entro!
Si mise un grembiulino bianco sporco di impasto, e mi fece ridere, per l'ennesima volta. -Sensuale!
Mi si avvicinò -Mi prendi in giro?- Sapevo che stava per baciarmi di nuovo, e lo fece. Sentii di nuovo quel mix di sapori che rendevano così piacevole baciarlo.
-Ci sai fare per essere solo un ragazzino.- Questa volta fu lui a ridere. Quel baciò diventó sempre più intenso, finché non ebbi un improvvisa voglia di fare sesso con lui. In fondo ero una donna annoiata senza un fidanzato o simili, e gli piacevo, cosa c'era di male?
-Quanto tempo hai prima di dover aprire?
-Almeno mezz'ora.
-Okay.
Si tolse la maglietta, poi i jeans, e io il top e la gonna aderente, poi mi baciò ancora, e intanto mi slacciò il reggiseno. Ero appoggiata sul bancone del pane, e lui davanti a me. Non fu esattamente la cosa più romantica del mondo ma mi piacque, era bravo, molto di più di certi miei coetanei con cui ero uscita.
Ci interrompemmo solo quando oltre le tendine che oscuravano il vetro iniziò a bussare una figura bassa e tozza. Mi disse che era il suo capo. Ci vestimmo in fretta e mi diede un sacchetto con del pane, una scusa quasi credibile per giustificare la mia presenza lì.
-Come ti chiami?- gli chiesi.
-Harry... In realtà Harold, ma tutti mi chiamano Harry.
-Harry... Piacere, Jenny. Hai davvero 25 anni?
-No, diciassette- disse ridendo.
-A mai più, Harold detto Harry.- E lo baciai per un ultima volta.
-Ehy aspetta! Non potrò più vederti?
-Se ci incontreremo di nuovo, sarà destino, altrimenti ne troverai tante altre.
Fece una smorfia. E io uscii, diretta verso Tower Bridge.

Non lo vidi più, almeno fino ad oggi. Sono al supermercato che compro quello che mi serve per preparare la cena di compleanno di Louise, non viviamo più insieme ma siamo ancora amiche.
Vedo alla fine del corridoio delle bibite un ragazzo con i capelli ricci, occhi chiari, che mi guarda con un sorriso mostrando le fossette. Lo riconosco subito, è il ragazzo dello Starbucks. L'ho pensato praticamente ogni giorno da sette anni a questa parte. È cresciuto tanto e si vede. Lui è un ragazzo maturato, io una donna invecchiata.
Si avvicina a me e mi saluta -Jenny! Mio dio, sei proprio tu! Dici che è il destino che arriva tardi?- E ride. La sua risata è rimasta la stessa. -E chi è questo bell'ometto?- Chiede, piegandosi su un bambino con un caschetto biondo e occhioni simili ai suoi.
Gli risponde -Sono Harry. Il mio nome sarebbe Harold ma tutti mi chiamano così-
Si rialza e si rivolge a me. -E’ tuo figlio?-
Faccio cenno di sì.
-Quanti anni ha?
-Sei.
Ha un’aria quasi sconvolta. -Okay, ehm... Dunque. Vi va di fare un giro? Vi porto sul London Eye?
Il mio bambino, o meglio il nostro, accoglie la proposta con entusiasmo. E io gli sorrido, si è ricordato del London Eye, e in effetti non ci sono ancora andata.

  
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