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Autore: Iolyna92    07/01/2012    3 recensioni
I capelli biondi profumavano ai fiori di lavanda e stavano ancora bagnati e scompigliati sulla testa.
Il viso dai lineamenti eleganti era leggermente più roseo per l’ambiente caldo che aveva abbandonato e gli occhi leggermente lucidi e arrossati.
Le larghe spalle, nude e umide, insieme alle braccia possenti e il petto, dove scolpiti c’erano muscoli sviluppati dai frequenti allenamenti, brillavano invitanti sotto le luci del pomeriggio.
Sulla pelle calda e profumata, una brillante goccia d’acqua attirò il suo sguardo.
Questa era partita dalla giuntura dei capelli sopra la tempia e pian piano scivolava sul bel fisico di lui, seguendo i contorni perfetti fino all’addome, dove fu assorbita dalla tovaglia che copriva il resto del corpo fin sopra le ginocchia.
Dorothy non si fermava spesso ad osservare la fisicità dei ragazzi e mai ad osservare quella di Seifer, almeno non fino ad adesso.
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Spero di avervi incuriosito con questo pezzo tratto dalla mia storia^^
Vi sarei davvero grata se deste un occhiata e, anche se poi decideste di non leggerla, lasciare comunque una recensione. Accetto ben volentieri sia critiche che apprezzamenti xP grazie in anticipo^^
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*°*°*@Note della scrittrice@*°*°*
A “qualcuno” (Jo xP) avevo promesso di pubblicare presto l’ottavo capitolo e  *Rullo di tamburi* l’ottavo capitolo è qui!!!! Modestamente credo che sia un dei meglio riusciti (se così in itagliano si può dire xP); forse perché c’è la descrizione di Seifer… ^^
Ma non voglio anticiparvi nulla!!!! Dovete essere voi a dirmi se ho ragione o no :D
Dopo di ciò vi auguro, per l’ottava volta, buona lettura e vi prometto che presto pubblico il nono capitolo^^ (anche perché come sono “ispirata” in questo periodo mai in tutta la mia vita xP) Bye Bye
Ioly :3



Capitolo 8°
Chad. Chad Fitheberg. Chad Fred Fitheberg.

 
 

Dopo essere entrata nella sua adorata stanza, aprì la finestra per far circolare un po’ d’aria: l’afa estiva di quelle giornate le rendeva calde e “appiccicose”.
 
Odiava l’estate, l’aveva sempre disprezzata come stagione.
Il caldo umido, l’aria che manca, il doversi scoprire per stare freschi; lo trovava irritante.
Preferiva le raffiche di vento freddo, le precipitazioni abbondanti e la neve gelida dell’inverno.
Adorava i maglioni con cui si riparava dal gelo e le cioccolate calde che preparava per scaldarsi.
Amava restare alla finestra ad osservare la pioggia e la neve che danzavano, e spesso faceva la pazzia di uscire senza ombrello solo per sentirle sulla sua pelle mentre si coccolava col profumo della terra impregnata d’acqua.
 
Si tolse l’accappatoio, che poggiò accuratamente sul letto, e aprì uno dei cassetti del comodino.
All’interno, ordinata e colorata, c’era la sua biancheria intima.
Scrutò con attenzione e scelse di mettere un completino di pizzo, che indossò immediatamente.
 
Non riusciva a stare nuda più di un minuto solo per due motivi: primo, il più banale, perché non si poteva chiudere a chiave la porta, dato che la serratura era un po’ difettosa, e temeva che entrasse qualcuno all’improvviso.
 Secondo, non si apprezzava, fisicamente parlando.
 
Le spalle strette e leggermente curve erano il simbolo della sua timidezza iniziale e del suo non accettarsi.
Le braccia erano magre con pochi muscoli, i polsi stretti e le mani dalle dita lunghe e sottili, le unghie tutte mangiate e rovinate dal nervosismo.
Il seno, era piccolo e roseo, e malapena riempiva una terza misura.
La pancia completamente piatta, la vita stretta e i fianchi inesistenti.
Il suo sedere lo trovava minuscolo, anche se rotondo.
Il bacino piccolo, da cui partivano le lunghe gambe, magre e sottili anch’esse.
 
Odiava essere così esile, le dava un’aria fragile e non coraggiosa e forte come desiderava apparire.
Desiderava fianchi rotondi, un abbondante seno e forse un po’ più di sedere, per sembrare sexy o semplicemente sensuale.
Avrebbe accettato anche essere leggermente più robusta e non sembrare uno stecchino, come invece si considerava.
Che cosa avrebbe pensato, durante una battaglia, un guerriero che se la ritrovava ad affrontarla?
E quando si sarebbe messa in posizione per iniziare il combattimento?
Sarebbe scoppiato a ridere, forse.
 
Aveva provato a mettere su qualche chilo, ma senza successo.
L’anno precedente si era sforzata per quasi un mese di mangiare qualsiasi schifezza a quantità industriale, ma la bilancia non voleva sentirne di spostare la sua lancetta.
Restava solo la viva speranza che l’allenamento e gli esercizi fisici che avrebbe eseguito in futuro la aiutassero ad aumentare la sua muscolatura.
 
Dopo aver indossato con cura il completino si affrettò a prendere dall’armadio il prendisole azzurrino che indossava per restare in casa.
Era semplicissimo, nessuna decorazione, né fantasia.
Lo indossò in un attimo.
Poi si riavvicinò al letto per prendere l’accappatoio e si avviò verso il bagno per metterlo al suo posto.
Teneva a mantenere le sue cose e l’intera casa ordinata, anche se Seifer e Lele glielo impedivano spesso e volentieri.
 
Il loro disordine invadeva non solo il bagno ma metà della casa, mentre Dorothy e Mia erano le uniche a rassettare il tutto.
-Perché scombinate tutto?!?- le rimproveravano ogni qual volta che non riuscivano a trovare qualcosa che era fuori posto.
Peccato che vestiti sporchi a terra, magliette appese nelle maniglie della porta e calzini sporchi sul tavolo non fosse il massimo dell’ordine ed era spesso questione di battibecchi nel piccolo appartamento.
“Maniache dell’ordine!” le chiamavano.
“Puzzoni!” ribattevano.
 
Appena aprì la porta, gli sbucò davanti, così all’improvviso, l’essere che al momento lo trovava il più fastidioso del mondo.
Un Seifer mezzo nudo era lì che la aspettava.
-Ma sei pazzo?- esclamò la ragazza colta di sorpresa.
 
Il biondo era poggiato con la spalla destra sulla soglia della porta, come al solito.
La squadrò dalla testa ai piedi molto attentamente, prima di riposare lo sguardo sui suoi occhi blu e chiedere: -Perché scusa?-
-Ah, pensi che sia normale farsi trovare così davanti la porta della mia camera?- chiese bruscamente la ragazza.
Gesticolava in preda all’imbarazzo, mentre le guance prendevano colore gradualmente.
Seifer accennò un sorriso cambiando posizione.
 
I capelli biondi profumavano ai fiori di lavanda e stavano ancora bagnati e scompigliati sulla testa.
Il viso dai lineamenti eleganti era leggermente più roseo per l’ambiente caldo che aveva abbandonato e gli occhi leggermente lucidi e arrossati.
Le larghe spalle, nude e umide, insieme alle braccia possenti e il petto, dove scolpiti c’erano muscoli sviluppati dai frequenti allenamenti, brillavano invitanti sotto le luci del pomeriggio.
Sulla pelle calda e profumata, una brillante goccia d’acqua attirò il suo sguardo.
Questa era partita dalla giuntura dei capelli sopra la tempia e pian piano scivolava sul bel fisico di lui, seguendo i contorni perfetti fino all’addome, dove fu assorbita dalla tovaglia che copriva il resto del corpo fin sopra le ginocchia.
 
Dorothy non si fermava spesso ad osservare la fisicità dei ragazzi e mai ad osservare quella di Seifer, almeno non fino ad adesso.
Nel mese trascorso insieme avevano passato il loro tempo a sistemare la sua camera e visitare la città.
E lei, un po’ costringendosi, aveva visto Seifer sempre come un amico che doveva rimanere tale o come un fratello maggiore, conoscendosi meglio in un prossimo futuro.
Ma quell’occasione non l’aiutava per niente.
Non era riuscita a “non guardare” il dio greco che si era presentato davanti e si era persa ad osservare i muscoli umidi, caldi e profumati che possedeva, perdendo il controllo e imbarazzandosi da morire.
Certo, era una provocazione bella e buona; ma, dopo tutto era da tempo che non toccava i forti muscoli di un uomo virile.
Era da tempo che morbide e calde labbra non toccavano le sue.
Era da tempo che non  passava una notte tra le coccole e i giochi di una tenera coppia.
 
Chad. Chad Fitheberg. Chad Fred Fitheberg.
Come avrebbe mai potuto scordare il suo nome.
La sua prima cotta.
Il suo primo amore.
Il suo primo ragazzo.
Il suo unico ragazzo.
Era inverno e fuori nevicava a fiotti.
Dorothy aveva appena sedici anni.
Non aveva amici, non andava a scuola, ma aiutava Madame Cortes nella sua lurida locanda.
L’aveva adottata da poco e un mestiere glielo doveva pur insegnare, così avvolta nel suo maglione preferito, nero dal collo così alto che le nascondeva il viso fin sotto gli occhi, stava dietro il bancone a lavare i bicchieri con l’acqua congelata e a servire quei pochi clienti che venivano al locale.
Non era solito per lei lavorare alla locanda: in primo luogo perché aveva poca esperienza, e le gaffe erano la sua specialità; inoltre lo trovava un luogo squallido, pieno di brutta gente e persone losche.
Purtroppo però, dopo la brutta esperienza con il barista precedente, che rubava dalla cassa i pochi soldi che la proprietaria riusciva a guadagnare, Nadì faceva fatica a fidarsi di qualcun altro.
Questione di tempo, lo sapeva bene.
Sapeva che tenendola a lavorare li, il suo locale avrebbe rischiato un attacco e le sarebbe costato troppo. Almeno così aveva sempre creduto, ma quella era un'altra storia.
Comunque le serviva solo per il tempo che avrebbe impiegato nel trovare un altro ragazzo e poi sarebbe ritornata alla sua “solitudine casalinga”.
Si godeva a pieno i giorni con cui poteva conversare con altre persone, anche se erano pazzi fuori di testa, ubriaconi impregnati d’alcol e donne dai facili gusti che le davano davvero cattivi consigli.
Passò circa una settimana a lavorare dietro il bancone della locanda e poi Nadì trovò un altro ragazzo.
Chad Fred Fitheberg era un ragazzo sui diciotto anni, dai capelli castani e gli occhi neri come il carbone, alto e pelle e robusto al punto giusto.
Il suo elemento era l’elettricità e le era impossibile dimenticare il colore ambrato della sua pelle oltre al profumo di caramello e cioccolata che la impregnava.
Aveva la reputazione di bravo ragazzo ed aveva già lavorato come muratore l’anno prima; perciò sapeva bene cosa significasse alzarsi presto, lavorare sodo e guadagnare una paga minima.
Aveva fatto breccia nel suo cuore già il primo giorno che aveva passato insieme con lui a spiegargli cosa doveva fare dietro il bancone e come.
Le aveva chiesto di uscire la stessa sera ma soltanto due giorni dopo Dorothy gli aveva concesso il primo appuntamento.
Era stato fantastico: erano stati tutto il giorno in giro per la piazza a guardare le vetrine, le aveva offerto una cioccolata calda al bar ed erano finiti a giocare, verso mezzanotte, in piazza a una battaglia a palle di neve.
Proprio durante quella battaglia, il suo solito essere maldestra, l’aveva portata ad inciampare nella grossa radice esterna di un albero.
Era caduta a terra con le ginocchia e quello destro le faceva davvero male.
Lui venne immediatamente a soccorrerla.
Lei era rimasta a terra a massaggiarsi il ginocchio che continuava a fargli male.
Lui si era seduto accanto e glielo aveva medicato con cura.
Poi fece una battutina ironica e presero a ridere, proprio come avevano fatto per tutta la serata, quando, quasi per caso, i loro visi si trovavano a pochissima distanza tra di loro.
Dorothy si era persa nei suoi profondi occhi neri, come lui in quelli suoi blu.
Stettero i cinque minuti più lunghi del mondo a guardarsi.
Sarebbe rimasta per sempre così, per sempre con lui.
E poi, all’improvviso, sentì le sue morbide labbra toccare le sue.
Le sue gelate ma morbide labbra carnose, che si schiudevano per rendere più intenso quel bacio.
Non lo avrebbe mai scordato.
Come non avrebbe mai scordato i mesi che passarono insieme a vedersi di nascosto, alle spalle di Nadì.
Come non avrebbe mai scordato quando le disse che i suoi genitori lo avevano costretto ad arruolarsi nell’esercito di Hojo e i pianti che aveva fatto perché lei lo voleva per sempre con se, anche nella lotta contro quel grande e forte nemico, che invece lui era stato costretto a diventare.
Come non avrebbe mai scordato la notte che avevano passato insieme nel suo letto a fare l’amore, prima che lui partisse.
Come non avrebbe mai scordato che Hojo, oltre i suoi genitori, gli aveva portato via anche lui …
 
 Scosse la testa per cacciare via la moltitudine di pensieri che vorticavano nella sua testa e tornò a posare il suo sguardo sullo splendido viso di lui.
- Cosa vuoi?- gli chiese mettendosi a braccia conserte e mantenendo lo sguardo fisso sui suoi occhi.
Com’era strano: si sentiva a disagio e in imbarazzo, ma non era lei quella che sostava con solamente una tovaglia sull’inguine; al contrario Seifer era completamente disinvolto e a suo agio, e quasi si divertiva a vedere la sua agitazione.
-Volevo semplicemente chiederti che facevi sta sera- buttò lì Seifer sogghignando appena.
Dorothy, se già era in agitazione per la situazione in cui si trovava, ora era totalmente nel panico.
-N-niente.Perchè?-
Stringeva forte a se l’accappatoio umido, mordicchiava furiosamente l’angolo della bocca mentre sulle guancie divampava un rosso sempre più acceso.
“Non sono pronta.” Pensava:“Non voglio un appuntamento. Non voglio uscire. Non voglio uscire con nessuno, soprattutto con Te!”
-Perché Lele e Mia vanno ad una festa e a me secca sinceramente imbucarmi. Quindi, a meno che tu non voglia andare con loro, puoi rimanere con me a casa a vederci un film!-
Aveva gesticolato minimamente mentre parlava e aveva terminato la frase con uno dei suoi splendidi sorrisi.
-Vedere un film? Con te, qui a casa?-
La proposta era allettante, ma le sembrava anche l’occasione perfetta per cadere in errore come sempre.
Insomma, Seifer aveva fama di uno sciupa femmine e una situazione, come quella che gli stava proponendo, non avrebbe fermato nessuna a cogliere un’occasione del genere.
Ma Dorothy non voleva, o forse non poteva, o forse entrambe.
Era confusa.
Seifer era un amico e doveva rimanere tale.
-Si. Cosa c’è di male?- chiese il biondo, tra il curioso e il divertito.
La sua nuova coinquilina si stava comportato in maniera alquanto strana, il che lo insospettiva.
-Niente, niente.- aveva risposto di getto.-E che sarebbe più carino se venisse anche qualcun altro a vedersi il film con noi-
“Brava Dorothy” si disse “ora sembrerai o la zoccola che cerca un pesciolino da adescare o quella che ha preso il suo coinquilino per maniaco!”
-Mmm… Non è male come idea! Allora vedo di chiamare Nicolas e un po’ di amici.- concluse mentre si voltò avviandosi verso la sua camera.
-Ottimo…- aveva esclamate Dorothy a denti stretti.

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