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Autore: Lily White Matricide    07/01/2012    10 recensioni
Ancora una volta, Lily Luna Potter provò a scrivere una pergamena, indirizzata proprio a lui, l’autore di quel fascicolo di pergamene, di diari fitti di annotazioni, perlopiù dedicate alle Pozioni, che lei conservava gelosamente in una scatola sotto il letto: Severus Piton.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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The Spirit Carries On

But could there be more
Have I lived before
Or could this be all that we`ve got?

I used to be frightened of dying
I used to think death was the end
But that was before
I`m not scared anymore
I know that my soul will transcend

I finally feel
At peace with the girl in my dreams
And now that I`m here
It`s perfectly clear
I found out what all of this means

If I die tomorrow
I`d be alright
Because I believe
That after we`re gone
The spirit carries on

Dream Theater – The Spirit Carries On

Lilù aveva smesso di scrivere lunghe e dettagliate pergamene a Severus, non appena aveva messo piede a Les Poulains, poco dopo aver ottenuto i suoi M.A.G.O. ad Hogwarts. Incredibile come in quegli anni non avesse cambiato idea, circa la sua intenzione di andare da Severus, di vivere con lui in una casa bianca con un faro, su un isola relativamente sperduta in Francia.

Severus aveva tentato di persuaderla più di una volta, di pensarci bene, perché la sua storia era già stata scritta – proprio da Lilù! -, il grosso della sua vita era già passato, e temeva di non offrirle molto di più. Forse la ragazza voleva andare a vivere da lui, presa dalla paura di perderlo, pensò più volte l’uomo: ma Lilù liquidava tutto con una risata e una sana scrollata di capo, non smuovendosi dalla sua posizione di un millimetro. Voleva la sua compagnia, desiderava continuare a mantenere vivo quel legame e lo faceva anche per tenerlo legato a questo mondo.

E lo faceva per vedere con i suoi occhi il luogo che parte della sua anima – alla quale aveva dato un nome, un’identità precisa già da tempo, ritrovando pace e tranquillità dentro di sé dopo anni di dubbi ed incertezze – aveva visitato, aveva toccato. Quella parte di sé era stata sdraiata su quel letto, aveva contemplato il mare in tempesta, appoggiata all’enorme vetro del salotto. Aveva amato quell’uomo che Lilù aveva inseguito per così tanto tempo.

Severus, dopo quel Natale bizzarro a Norwich, aveva fatto ritorno a Les Poulains ed era tornato molto di rado in Inghilterra, giusto per far visita ai Potter ed a Lily Luna. I loro pomeriggi venivano immancabilmente passati su quella panchina che avevano fatto loro. Non cambiava molto attorno a loro, le generazioni crescevano, Lilù si faceva una ragazza decisamente più adulta, una cantante di tutto rispetto, sebbene avesse deciso di coltivare solamente la scrittura a livello professionale. Le avevano offerto posti di lavoro come giornalista in questo o quel quotidiano del mondo magico, ma aveva sempre rifiutato con educazione e garbo.

Lilù non aveva più bisogno di scrivere a Severus – e lui dovette ammettere che gli mancavano di tanto in tanto le tasche dei cappotti o del maglioni piene di pergamene scritte da lei. Non aveva più il bisogno di raccontargli alcunché, dato che avrebbe passato con lui più tempo possibile, da quel giorno in avanti. Era giunto il momento di aprire il proprio sguardo verso il mondo esterno, di portare i suoi racconti ad altre persone, magari sconosciute, semplicemente bisognose di qualche parola incoraggiante. Voleva dare loro conforto, con qualche semplice racconto od aneddoto.

E le pergamene iniziarono ad arrivare indirizzate a lei. Fiumi di parole di gente a lei grata, per le risate, per le lacrime, per le riflessioni che aveva saputo suscitare loro. Severus non sapeva dove metterle quelle vagonate di carta proveniente da ogni angolo del globo. Di tanto in tanto, Lilù si assentava da quella casa bianca, per poter andare a presentare i suoi libri, e tornava con qualche pensiero, qualche ricordo da conservare per i tempi futuri. L’uomo si chiedeva perché lei non scrivesse dei diari dei suoi viaggi. Lui non la seguiva, non amava e non aveva mai amato le luci della ribalta; la gente, poi, nel vedere una ragazza così bella e gentile con un uomo molto più grande di lei, si sarebbe dedicata ad una delle attività più antiche dell’universo, ovvero lo spettegolare allegramente e senza riguardo. Crearle ulteriori problemi era proprio l’ultimo dei suoi pensieri: già quel rapporto e quella convivenza erano bizzarri abbastanza agli occhi di qualsiasi persona sana di mente, si era detto innumerevoli volte, figurarsi se avesse iniziato ad seguirla nella sua vita di personaggio pubblico.

Più volte aveva ripensato al loro rapporto inconsueto, specie alla prima volta in cui la giovane aveva messo piede in casa sua su quell’isola. Camminava come se la conoscesse da sempre, sapeva dove mettere i piedi per non far scricchiolare troppo le assi di legno del pavimento, era sicura di sé. Si appoggiò al vetro del soggiorno con aria soddisfatta, con una luce trionfante nei suoi occhi nocciola – non verdi – ed aveva contemplato la meraviglia del mare in burrasca, in un pomeriggio soleggiato e primaverile – non era una notte invernale e non stava arrivando una tempesta devastante. Poi, si era voltata verso di lui, con un sorriso così fresco e limpido da sciogliere qualsiasi resistenza, ed aveva mormorato: “Finalmente sono a casa”.

Lei non gli aveva mai detto del sogno che le aveva rivelato la natura della sua anima, lui non si era mai sognato di tirare in ballo teorie assurde circa seconde vite, reincarnazioni, miti dell’eterno ritorno. Ma di libri, da lui definiti “paccottiglia”, ne aveva letti al riguardo, salvo poi nasconderli da qualche parte, o forse li aveva bruciati, non si ricordava bene. Non aveva mai smesso di pensarci, a dire il vero, al fatto che qualcosa di Lily fosse vivo più che mai in Lilù. Ma l’intelligenza ed il buon senso gli avevano sempre consigliato di lasciar vivere quella ragazza così buona e profonda. Eppure non aveva mai smesso di rifletterci su.

Lilù aveva smesso di avere quel sogno nel momento in cui aveva varcato la soglia di quel meraviglioso faro. Tutto era tornato in ordine nella sua mente, aveva seguito quel richiamo obbediente e con viva curiosità. Ed aveva sentito lo stomaco aggrovigliarsi, man mano che si avvicinava a quel vetro, a quella chaise longue. Le mani le tremavano leggermente, mentre le appoggiava sulla superficie trasparente, senza curarsi del fatto che avrebbe potuto lasciarvi delle macchie. Aveva fatto esattamente come una bambina che vede un panorama mozzafiato per la prima volta in vita sua, pensò divertita, ma per lei non era assolutamente la prima volta. La differenza tra sogno e realtà, rifletté, era comunque piuttosto evidente.

Aveva smesso di vivere momenti in cui l’anima era talmente in fermento e subbuglio senza apparente motivo, da toglierle il respiro. Aveva smesso di aver paura di non essere padrona della sua vita, a causa della pesante eredità che portava, quei capelli rossi che a volte aveva desiderato di tagliarsi o di tingersi. Quella paura era rimasta inconfessata, per mostrare al mondo solamente il lato solare di sé. Era una ragazza con insicurezze e paure, come tutte: aveva scelto però di scacciarle da sola, con i propri mezzi e propri doni. Aveva smesso di remare contro quei momenti in cui le sue emozioni parevano fuori controllo, guidate da qualcun altro: aveva imparato a lasciarsi andare, a raccoglierle, analizzarle con occhio attento, per poi descriverle con attenzione.

E quando varcò il faro di Les Poulains, lasciò libera nell’aria di mare quell’anima complessa e multicolore. La lasciò libera una volta per tutte. Per sé e per nonna Lily. Lasciò andare una volta per tutte la Lilù ragazzina, per entrare lì dentro come donna. Si disse che la Lilù donna avrebbe dovuto parlare con Severus di quel sogno ricorrente. Per semplice questione di completezza e di rispetto nei confronti di chi aveva davanti. E poi, rimaneva sempre una donna: le donne precedenti nella vita di un uomo vengono viste sempre con un certo sospetto e con una punta di gelosia. Voleva capire se Severus vedesse unicamente nonna Lily in lei, o se la considerasse Lily Luna Potter, senza complicazioni.

* * *

Ci erano voluti anni per riuscire a far venire fuori quella domanda, la domanda più complicata di tutta la vita di Lilù. Si era fatta molto più silenziosa, ma più bisognosa di vicinanza, di gesti affettuosi,  che Severus saltuariamente non le faceva mancare.

Avevano i loro spazi, i loro momenti di solitudine. Ed il salotto, assieme alla cucina, era il loro punto di ritrovo. La ragazza di una volta, adesso completamente adulta, non aveva perso l’abitudine di sedersi ai piedi dell’uomo anziano, sebbene l’aspetto fisico fosse cambiato veramente poco negli anni, eccezione fatta per qualche ruga in più sul viso e sulle mani e qualche capello bianco in più di prima. Ultimamente, però, Lilù si sedeva accanto a lui, e non di rado cercava in Severus un abbraccio, una carezza sulla mano, od un buffetto sulle guance, gesto che l’uomo trovava eccessivamente zuccheroso, ma che con l’età, si capisce, aveva finito per concederglielo.

Le lunghe passeggiate lungo la spiaggia – perché alla fine avevano iniziato a farle assieme, e Severus si era conto di quanto fosse bello avere Lilù attorno in quei momenti, specie quando era intenta a rincorrere le onde ed a farsi rincorrere da esse – erano colme di silenzi, e Lilù si era tranquillizzata molto, apparendo molto più pensierosa del solito. Non che Severus amasse intromettersi nel flusso di coscienza della ragazza, ma si stava preoccupando di quell’improvviso cambio di umore e di atteggiamenti in lei. Camminava distrattamente, noncurante delle onde che lambivano le sue caviglie.

Non sapeva che Lilù, qualche giorno prima, nella soffitta della casa, aveva trovato delle cose appartenenti a sua nonna Lily. Una lettera scritta di suo pugno a Sirius Black, un frammento di foto, un ciondolo, una sciarpa meravigliosa verde chiaro, ancora in ottimo stato. Ed una veste di un bianco perlaceo di rara bellezza. Improvvisamente, venne assalita da una viva malinconia, facendola precipitare in un mutismo inconsueto. Per lui Lily era un fantasma costante, una presenza fissa nel suo cuore ed in quella casa. Non che avesse problemi a sopportare il peso del suo fantasma, ma ritrovare quegli oggetti, accuratamente conservati e ben riposti nel baule dopo anni, le avevano fatto specie. Perché non si trattava di un ricordo lontano.

E quella veste bianca, con un laccio appena sotto il seno, l’aveva fatta pensare. A lungo.

Lily era stata lì. Eccome, e le faceva male pensarci. Aveva scoperto tutto questo quando, ingenuamente, pensava di essere diventata lei la signora di quel luogo. Era un pensiero egoista, ma era la realtà dei fatti.

Lilù si fermò a guardare il mare placido e tranquillo. Il sole stava lentamente svanendo tra le onde del mare. I capelli ramati della ragazza erano più vivi che mai, baciati da quei raggi morenti. Sospirò, tenendosi le mani giunte in grembo.

Severus pensò bene che fosse giunto il momento di rompere quel silenzio, che tanto lui amava, ma che non trovava consono a Lilù. In quel momento era lei a trovarsi in difficoltà, persa nell’oscurità della malinconia e della tristezza. Lui non era la persona migliore ed ideale, non era la persona più solare dell’universo, ma le doveva un grosso favore. E poi, la luce era la dimensione di Lilù.

Si avvicinò, lasciando le proprie impronte laddove Lilù le aveva appena lasciate. In ogni caso, la marea le avrebbe presto cancellate. Il contatto con l’acqua fredda fece rabbrividire ed esitare per un attimo l’ex-professore, che si avvicinò alla ragazza, posandole una mano sulla spalla, appena coperta da una larga maglia con lo scollo a barchetta.

“Lily Luna” la chiamò, scandendo bene il suo nome. La ragazza si voltò e lo guardò negli occhi.

“Severus”. Oramai aveva preso l’abitudine a chiamarlo per nome. Non si davano più del lei da tempo, lasciando spazio ad un più pratico darsi del tu. C’era un limite a tutto, in quella inusuale convivenza, basata su un affetto profondissimo.

“Non amo farmi gli affari degli altri, men che meno i tuoi, ma è da qualche tempo che ti vedo turbata” constatò pacatamente, stringendole lievemente la stretta sulla spalla.

Lilù evitò per qualche attimo il suo sguardo, fissando l’acqua increspata che bagnava i loro piedi. Sollevò lo sguardo, e l’uomo poté scorgervi un certo sollievo, ed un’impellente urgenza di sfogarsi con lui.

“Ti chiedo scusa. Sono stata una sciocca” disse lei, tutt’a un tratto con un tono di voce malinconico. Tacque per un momento, per poi riprendere: “C’è una cosa che forse avrei dovuto dirti, tanto, tanto tempo fa”.

La ragazza andò un poco più al largo, con qualche passo lento arrivò ad avere l’acqua fino alle ginocchia. Severus brontolò, perché non poteva piegarsi più di tanto a risvoltare i pantaloni scuri, dato qualche dolore alla schiena, ma decise di seguirla comunque. Un colpo di bacchetta avrebbe risolto le macchie di salsedine sugli indumenti.

“Ebbene?” fece l’uomo, rimanendo sempre un passo indietro rispetto alla ragazza.

“Non prendermi per pazza – te ne prego. E’ qualcosa che mi porto dietro sin dalla mia nascita. Forse da qualche tempo prima. Non guardarmi male e ti prego di non giudicarmi”.

Merlino, pensò Severus, quella ragazza aveva superato i trent’anni, era prossima ai trentacinque il prossimo dicembre, era persino un’affermata scrittrice e stava tutt’a un tratto regredendo allo stadio di ragazzina timorosa ed incerta del giudizio altrui. Ed insicura sull’uso delle parole, lei che non aveva mai sbagliato nulla nella scrittura, o quasi, e che riusciva a scrivere subito in maniera efficace, sebbene chiedesse sempre una lettura attenta ed accurata da parte di Severus, prima di pubblicare definitivamente i propri scritti.

“Lily Luna, ricomponiti e calmati. Da quanto vivi su quest’isola sperduta con questo vecchio insopportabile?” cercò di tranquillizzarla l’uomo, mettendosi al suo fianco, per vedere il sole svanire tra le onde. Iniziava a fare decisamente più freddo.

Lilù accennò ad un sorriso. “I numeri non sono mai stati il mio forte, ma credo oramai diciotto anni, suppergiù”.

“Ti ho mai giudicato in qualche modo?” chiese serenamente l’uomo.

“No, certo che no! Anzi, tu-“.

“Lascia perdere me, concentrati su di te e su quello che mi devi dire, sciocca ragazza!” esclamò Severus, rispolverando per l’occasione il suo tono perentorio da professore. Peccato che non potesse più togliere punti alle casate, Lilù era ben cresciuta per essere una studentessa di Hogwarts.

Era così che si doveva sentire Lilù, all’inizio dei loro incontri, a Norwich. Tante volte aveva dovuto richiamarlo e convincerlo a dire un pugno di frasi che le consentissero di andare avanti con la stesura della sua storia, delle sue memorie. Ripensò per qualche attimo a quegli attimi oramai remoti nella memoria, ma mai dimenticati.

“Scusami. Io voglio solo sapere un’ultima cosa su di te” disse tutto d’un fiato la ragazza. Non avevano mai toccato l’argomento Lily Evans, come se bruciasse ancora a distanza di anni.

Severus sospirò. Non poteva fingersi in preda alla demenza senile, giacché la sua lucidità e la sua memoria di ferro erano rimaste pressoché intatte. E sapeva che prima o poi sarebbe saltato fuori l’argomento, volente o nolente. Ma oramai, era giunto ad un’età in cui i ricordi hanno la stessa tinta e lo stesso sapore e si sovrappongono l’uno sull’altro, per diventare un unico blocco massiccio d’esperienze e di vita vissuta.

“Prima o poi suppongo che qualcuno me l’avrebbe chiesto” mormorò l’uomo, incrociando le braccia sul petto. Lo sguardo di Lilù cadde sulle mani appena rugose dell’uomo. Avevano ancora una presa decisamente salda. Oramai Severus era pronto ad affrontare quel ricordo, osservandolo con un certo distacco, con la dovuta serenità.

“Tu hai amato Lily Evans. Io lo so… L’ho visto con i miei occhi. Era una notte di dicembre. Non so se in sogno o in realtà, ma è stata una visione che mi ha accompagnato per anni. Ho provato e sentito tutto”.

Severus osservò l’alone di raggi solari rimasto in cielo, mentre l’astro era già sparito dall’orizzonte da qualche minuto. Forse in quella paccottiglia di libri, c’era un fondo di verità, dovette ammettere tra sé e sé.

“I-io sono giunta alla conclusione che qualcosa di mia nonna viva in me. Ogni tanto sembra possedermi e risvegliarsi dentro di me… Per anni mi ha fatto vedere la tua casa, i tuoi mobili, tutti i tuoi oggetti… Mi ha richiamato a questa casa per tanto tempo. E le visioni hanno cessato di presentarsi quando ho varcato la soglia di casa tua”.

Severus si voltò per guardarla negli occhi. Non sembrava arrabbiato, semplicemente molto curioso nei confronti di Lilù e della sua confessione.

“Ti ha arrecato disturbo tutto questo?” chiese l’uomo.

“Intendi… Nonna Lily?” rispose lei “Non troppo. Ma…Mi ha fatto temere per anni di essere una sua replica sterile. Mi disturba – e ti prego, non arrabbiarti con me – il fatto di aver trovato dei suoi oggetti in soffitta, l’altro giorno”.

Si aspettava che Severus urlasse o facesse una sceneggiata delle sue, per quell’invasione in soffitta. Ma così non fu. Si chinò leggermente per immergere una mano nell’acqua schiumosa e l’estrasse nuovamente, per detergere l’altra mano. Gli piaceva il contatto con l’acqua fredda, sebbene facesse sempre fatica ad abituarsi, appena immerso.

“E’ normale che ciascuno di noi porti di sé tracce dei propri antenati. Ed è assolutamente normale che queste tracce si risveglino di tanto in tanto” iniziò, misurando accuratamente le parole. Stava scegliendo come risponderle, e sperava di risponderle nella maniera migliore possibile.

“Può darsi che Lily avesse voluto lasciarti un ricordo indelebile di quella notte, per farne memoria da scrivere e tramandare” osservò lui, calmo, con una certa emozione nella voce nel pronunciare il nome della nonna di Lilù.

“Quindi tu l’hai amata davvero, quella notte? Era in carne ed ossa?” chiese sorpresa la ragazza.

L’uomo annuì. “Contro ogni legge che governa questo mondo, presumo, ma sì: era lei. Era viva”. Tacque, pensando che fosse opportuno non indulgere ulteriormente nei dettagli, che voleva tenersi per sé, almeno quelli.

“Mi scuso se ti ha imbarazzato quella visione” aggiunse frettolosamente l’uomo. “Di solito sono fatti miei privati, ma date le circostanze eccezionali, non riesco a spiegarmi come questo possa essere potuto accadere”.

Lilù s’illuminò e sorrise. Era decisamente sollevata.

Rimasero in silenzio qualche attimo, perdendosi nello sciabordio delle onde. I gabbiani erano in procinto di appollaiarsi sulle scogliere circostanti; alcuni di loro si tuffavano verso il mare per procacciarsi del cibo, mentre altri si erano posati sulla superficie dell’acqua, lasciandosi cullare dal movimento ciclico delle onde.

“Ti aveva mai ricambiato Lily? Nella vita precedente, intendo” chiese Lilù, più coraggiosamente. Se il suo compito era scrivere anche quell’ultimo ricordo rimasto coperto dall’oscurità, voleva che fosse scritto alla perfezione.

Severus si limitò a scuotere la testa.

“O meglio, non che io sappia per certo. Forse quella notte ha voluto dirmi che mi amava, che a modo suo mi ha amato. E per quanto abbia apprezzato quello slancio pieno d’amore e di pentimento, rimane il fatto che era comunque troppo tardi, capisci? Perché poi se n’è andata al sorgere del sole, così come è arrivata” aggiunse malinconicamente.

Lilù raccolse quelle parole preziose e toccanti. Di rado Severus si apriva così tanto, e quando lo faceva, lui borbottava sempre che era colpa dell’età. Lilù pensò che nella vita, tante persone che si amano profondamente, non sempre erano destinate a stare assieme, a vivere assieme. E Lily e Severus n’erano la prova.

Il cielo si stava facendo scuro, spegnendo i colori accesi che avevano caratterizzato il tramonto. La ragazza con un piede alzò degli schizzi d’acqua, rivolti a nessuno in particolare. Tutto aveva acquisito una certa chiarezza, per quanto certi eventi potessero essere limitatamente chiari e con una buona dose di mistero che li avrebbe sempre caratterizzati. Aveva capito una volta per tutte che non aveva più tanto senso attaccarsi al passato come se fosse l’unica ancora di salvezza, ma di dare un giusto peso ai ricordi ed agli antenati. E che soprattutto, gli oggetti erano solo un modo come un altro per ricordare la presenza di chi non c’è più. Come le parole che vanno a comporre una biografia, un racconto di una vita. Erano importanti, ma non bisognava diventare dipendenti da essi.

“Tu mi vuoi al tuo fianco in quanto Lily Luna Potter, vero?” chiese infine la donna, sistemandosi i capelli agitati dalla brezza marina.

Severus la guardò, rispolverando il caro vecchio sguardo da professore disperato di fronte ad una domanda di una stupidità allucinante.

“Tu per me sei solo Lily Luna Potter, sciocca ragazza. Cantante, scrittrice, ottima studentessa ad Hogwarts e pessima cuoca. E la persona che mi ha re-insegnato a vivere, tenendo a distanza i fantasmi del passato” disse, con sguardo grato alla ragazza.

* * *

Severus e Lilù si erano seduti sul bagnasciuga, a contemplare il mare notturno e la stellata sopra di loro, sebbene fosse turbata da qualche sporadica nube.

Lilù aveva le ginocchia raccolte al petto, e le aveva circondate con le proprie braccia. I suoi piedi affondavano nella sabbia umidiccia e le loro dita non stavano mai ferme, continuando a scavare. Severus era lì, seduto accanto a lei, con le gambe ben distese, e non parve curarsi troppo della sabbia che la ragazza gli lanciava sui pantaloni. Le aveva affettuosamente accarezzato i capelli per gran parte del tempo, e le aveva cinto le spalle con un braccio.

“Severus?” chiamò Lilù ad un certo punto.

“Dimmi”.

“Noi siamo come le onde: come loro, ritorneremo nuovamente su questa riva. Magari non subito dopo la nostra morte. Però, penso che ci sarà data una possibilità di ricominciare daccapo, di incontrarsi ancora, di ridere ancora assieme, di innamorarsi di nuovo. Perché alla fine, non si muore mai davvero. La nostra anima andrà sempre avanti, oltre questa vita”.

Severus non disse nulla, ma sorrise tra sé e sé, in uno dei suoi rari sorrisi autentici che avesse mai fatto in tutta la sua vita. Era nascosto nell’oscurità, dimensione a lui congeniale, sin da quando era nato. Era bello ballare nell’oscurità del tempo, ignorando quanto potesse rimanere ancora da vivere a lui ed a Lilù.

Ma in cuor suo, pregò affinché quella danza di amore, di luce e buio potesse continuare, in un’altra vita e ancora in un’altra vita. All’infinito. Sempre.

 

* * *

Questa storia mi mancherà da morire. Davvero. Mi è piaciuta davvero tanto da scrivere e l’ho trovata molto particolare ed una bella sfida.

Io ora sono un po’ commossa, e spero che vi piaccia questo capitolo conclusivo. Ma tutti i miei grazie vanno alla pagina Repayment ITA, ad e m m e, a DiraReal, ad Unbreakable_Vow, al mio carissimo RaspberryLad, a kira91, ad Erodiade, a Iurin, a Cabiria Minerva, ad Eden Garden, a Morning Moon, a Glass Heart, a Lis2, a Chiara53, a Violet Acquarius, a MartinaSnape, a Lena Mayfleet, a duedicoppe… E mi scuso con chi posso aver dimenticato. Ma GRAZIE per l’affetto e supporto, immancabili per una scribacchina come me.

 

Ora tornerò all’opera con Irish Rain, ma non dimenticherò il divertimento nello scrivere questi capitoli di un pairing così particolare e speciale. Davvero, non pensavo neanche che sarebbe piaciuta così tanto.

E la canzone conclusiva non può che essere questa: The Spirit Carries On, dei miei amatissimi Dream Theater, che hanno ispirato tutta questa storia. (Solo ora mi accorgo che l’album cardine che mi ha aiutato a scrivere, “Metropolis Pt.II”, è composto da nove atti, come i nove capitoli di questa fan fiction).

Keep the dream alive!

Alessandra <3

P.s. La mia pagina Facebook, il mio contest, prima che me ne dimentichi.

   
 
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