The Spirit
Carries On
But
could there be more
Have I lived before
Or could this be all that we`ve got?
I used to be frightened of dying
I used to think death was the end
But that was before
I`m not scared anymore
I know that my soul will transcend
I
finally feel
At peace with the girl in my dreams
And now that I`m here
It`s perfectly clear
I found out what all of this means
If I die tomorrow
I`d be alright
Because I believe
That after we`re gone
The spirit carries on
Dream
Theater – The Spirit Carries On
Lilù
aveva smesso di scrivere lunghe e dettagliate pergamene
a Severus, non appena aveva messo piede a Les Poulains, poco dopo aver
ottenuto
i suoi M.A.G.O. ad Hogwarts. Incredibile come in quegli anni non avesse
cambiato idea, circa la sua intenzione di andare da Severus, di vivere
con lui
in una casa bianca con un faro, su un isola relativamente sperduta in
Francia.
Severus aveva
tentato di persuaderla più di una volta, di
pensarci bene, perché la sua storia era già stata
scritta – proprio da Lilù! -,
il grosso della sua vita era già passato, e temeva di non
offrirle molto di
più. Forse la ragazza voleva andare a vivere da lui, presa
dalla paura di
perderlo, pensò più volte l’uomo: ma
Lilù liquidava tutto con una risata e una
sana scrollata di capo, non smuovendosi dalla sua posizione di un
millimetro.
Voleva la sua compagnia, desiderava continuare a mantenere vivo quel
legame e
lo faceva anche per tenerlo legato a questo mondo.
E lo faceva
per vedere con i suoi occhi il luogo che parte
della sua anima – alla quale aveva dato un nome,
un’identità precisa già da
tempo, ritrovando pace e tranquillità dentro di
sé dopo anni di dubbi ed
incertezze – aveva visitato, aveva toccato. Quella parte di
sé era stata
sdraiata su quel letto, aveva contemplato il mare in tempesta,
appoggiata
all’enorme vetro del salotto. Aveva
amato
quell’uomo che Lilù aveva inseguito per
così tanto tempo.
Severus, dopo
quel Natale bizzarro a Norwich, aveva fatto
ritorno a Les Poulains ed era tornato molto di rado in Inghilterra,
giusto per
far visita ai Potter ed a Lily Luna. I loro pomeriggi venivano
immancabilmente
passati su quella panchina che avevano fatto loro. Non cambiava molto
attorno a
loro, le generazioni crescevano, Lilù si faceva una ragazza
decisamente più
adulta, una cantante di tutto rispetto, sebbene avesse deciso di
coltivare
solamente la scrittura a livello professionale. Le avevano offerto
posti di
lavoro come giornalista in questo o quel quotidiano del mondo magico,
ma aveva
sempre rifiutato con educazione e garbo.
Lilù
non aveva più bisogno di scrivere a Severus – e
lui
dovette ammettere che gli mancavano di tanto in tanto le tasche dei
cappotti o
del maglioni piene di pergamene scritte da lei. Non aveva
più il bisogno di
raccontargli alcunché, dato che avrebbe passato con lui
più tempo possibile, da
quel giorno in avanti. Era giunto il momento di aprire il proprio
sguardo verso
il mondo esterno, di portare i suoi racconti ad altre persone, magari
sconosciute, semplicemente bisognose di qualche parola incoraggiante.
Voleva
dare loro conforto, con qualche semplice racconto od aneddoto.
E le
pergamene iniziarono ad arrivare indirizzate a lei.
Fiumi di parole di gente a lei grata, per le risate, per le lacrime,
per le
riflessioni che aveva saputo suscitare loro. Severus non sapeva dove
metterle
quelle vagonate di carta proveniente da ogni angolo del globo. Di tanto
in
tanto, Lilù si assentava da quella casa bianca, per poter
andare a presentare i
suoi libri, e tornava con qualche pensiero, qualche ricordo da
conservare per i
tempi futuri. L’uomo si chiedeva perché lei non
scrivesse dei diari dei suoi
viaggi. Lui non la seguiva, non amava e non aveva mai amato le luci
della
ribalta; la gente, poi, nel vedere una ragazza così bella e
gentile con un uomo
molto più grande di lei, si sarebbe dedicata ad una delle
attività più antiche
dell’universo, ovvero lo spettegolare allegramente e senza
riguardo. Crearle
ulteriori problemi era proprio l’ultimo dei suoi pensieri:
già quel rapporto e
quella convivenza erano bizzarri abbastanza agli occhi di qualsiasi
persona
sana di mente, si era detto innumerevoli volte, figurarsi se avesse
iniziato ad
seguirla nella sua vita di personaggio pubblico.
Più
volte aveva ripensato al loro rapporto inconsueto,
specie alla prima volta in cui la giovane aveva messo piede in casa sua
su
quell’isola. Camminava come se la conoscesse da sempre,
sapeva dove mettere i
piedi per non far scricchiolare troppo le assi di legno del pavimento,
era
sicura di sé. Si appoggiò al vetro del soggiorno
con aria soddisfatta, con una
luce trionfante nei suoi occhi nocciola – non verdi
– ed aveva contemplato la
meraviglia del mare in burrasca, in un pomeriggio soleggiato e
primaverile –
non era una notte invernale e non stava arrivando una tempesta
devastante. Poi,
si era voltata verso di lui, con un sorriso così fresco e
limpido da sciogliere
qualsiasi resistenza, ed aveva mormorato: “Finalmente
sono a casa”.
Lei non gli
aveva mai detto del sogno che le aveva
rivelato la natura della sua anima, lui non si era mai sognato di
tirare in
ballo teorie assurde circa seconde vite,
reincarnazioni, miti dell’eterno ritorno. Ma di
libri, da lui definiti
“paccottiglia”, ne aveva letti al riguardo, salvo
poi nasconderli da qualche
parte, o forse li aveva bruciati, non si ricordava bene. Non aveva mai
smesso
di pensarci, a dire il vero, al fatto che qualcosa di Lily fosse vivo
più che
mai in Lilù. Ma l’intelligenza ed il buon senso
gli avevano sempre consigliato
di lasciar vivere quella ragazza così buona e profonda.
Eppure non aveva mai
smesso di rifletterci su.
Lilù
aveva smesso di avere quel sogno nel momento in cui
aveva varcato la soglia di quel meraviglioso faro. Tutto era tornato in
ordine
nella sua mente, aveva seguito quel richiamo obbediente e con viva
curiosità.
Ed aveva sentito lo stomaco aggrovigliarsi, man mano che si avvicinava
a quel vetro, a quella
chaise longue. Le mani le tremavano leggermente, mentre le
appoggiava sulla superficie trasparente, senza curarsi del fatto che
avrebbe
potuto lasciarvi delle macchie. Aveva fatto esattamente come una
bambina che
vede un panorama mozzafiato per la prima volta in vita sua,
pensò divertita, ma
per lei non era assolutamente la prima volta. La differenza tra sogno e
realtà,
rifletté, era comunque piuttosto evidente.
Aveva smesso
di vivere momenti in cui l’anima era talmente
in fermento e subbuglio senza apparente motivo, da toglierle il
respiro. Aveva
smesso di aver paura di non essere padrona della sua vita, a causa
della
pesante eredità che portava, quei capelli rossi che a volte
aveva desiderato di
tagliarsi o di tingersi. Quella paura era rimasta inconfessata, per
mostrare al
mondo solamente il lato solare di sé. Era una ragazza con
insicurezze e paure,
come tutte: aveva scelto però di scacciarle da sola, con i
propri mezzi e
propri doni. Aveva smesso di remare contro quei momenti in cui le sue
emozioni
parevano fuori controllo, guidate da qualcun altro: aveva imparato a
lasciarsi
andare, a raccoglierle, analizzarle con occhio attento, per poi
descriverle con
attenzione.
E quando
varcò il faro di Les Poulains, lasciò libera
nell’aria di mare quell’anima complessa e
multicolore. La lasciò libera una
volta per tutte. Per sé e per nonna Lily. Lasciò
andare una volta per tutte la
Lilù ragazzina, per entrare lì dentro come donna.
Si disse che la Lilù donna
avrebbe dovuto parlare con Severus di quel sogno ricorrente. Per
semplice
questione di completezza e di rispetto nei confronti di chi aveva
davanti. E
poi, rimaneva sempre una donna: le donne precedenti nella vita di un
uomo
vengono viste sempre con un certo sospetto e con una punta di gelosia.
Voleva
capire se Severus vedesse unicamente nonna Lily in lei, o se la
considerasse
Lily Luna Potter, senza complicazioni.
* * *
Ci erano
voluti anni per riuscire a far venire fuori
quella domanda, la domanda più complicata di tutta la vita
di Lilù. Si era
fatta molto più silenziosa, ma più bisognosa di
vicinanza, di gesti
affettuosi, che
Severus saltuariamente
non le faceva mancare.
Avevano i
loro spazi, i loro momenti di solitudine. Ed il
salotto, assieme alla cucina, era il loro punto di ritrovo. La ragazza
di una
volta, adesso completamente adulta, non aveva perso
l’abitudine di sedersi ai
piedi dell’uomo anziano, sebbene l’aspetto fisico
fosse cambiato veramente poco
negli anni, eccezione fatta per qualche ruga in più sul viso
e sulle mani e
qualche capello bianco in più di prima. Ultimamente,
però, Lilù si sedeva
accanto a lui, e non di rado cercava in Severus un abbraccio, una
carezza sulla
mano, od un buffetto sulle guance, gesto che l’uomo trovava
eccessivamente
zuccheroso, ma che con l’età, si capisce, aveva
finito per concederglielo.
Le lunghe
passeggiate lungo la spiaggia – perché alla fine
avevano iniziato a farle assieme, e Severus si era conto di quanto
fosse bello
avere Lilù attorno in quei momenti, specie quando era
intenta a rincorrere le
onde ed a farsi rincorrere da esse – erano colme di silenzi,
e Lilù si era
tranquillizzata molto, apparendo molto più pensierosa del
solito. Non che
Severus amasse intromettersi nel flusso di coscienza della ragazza, ma
si stava
preoccupando di quell’improvviso cambio di umore e di
atteggiamenti in lei.
Camminava distrattamente, noncurante delle onde che lambivano le sue
caviglie.
Non sapeva
che Lilù, qualche giorno prima, nella soffitta
della casa, aveva trovato delle cose appartenenti a sua nonna Lily. Una
lettera
scritta di suo pugno a Sirius Black, un frammento di foto, un ciondolo,
una
sciarpa meravigliosa verde chiaro, ancora in ottimo stato. Ed una veste
di un
bianco perlaceo di rara bellezza. Improvvisamente, venne assalita da
una viva
malinconia, facendola precipitare in un mutismo inconsueto. Per lui
Lily era un
fantasma costante, una presenza fissa nel suo cuore ed in quella casa.
Non che
avesse problemi a sopportare il peso del suo fantasma, ma ritrovare
quegli
oggetti, accuratamente conservati e ben riposti nel baule dopo anni, le
avevano
fatto specie. Perché non si trattava di un ricordo lontano.
E quella
veste bianca, con un laccio appena sotto il seno,
l’aveva fatta pensare. A lungo.
Lily era
stata lì. Eccome, e le faceva male pensarci.
Aveva scoperto tutto questo quando, ingenuamente, pensava di essere
diventata
lei la signora di quel luogo. Era un pensiero egoista, ma era la
realtà dei
fatti.
Lilù
si fermò a guardare il mare placido e tranquillo. Il
sole stava lentamente svanendo tra le onde del mare. I capelli ramati
della
ragazza erano più vivi che mai, baciati da quei raggi
morenti. Sospirò,
tenendosi le mani giunte in grembo.
Severus
pensò bene che fosse giunto il momento di rompere
quel silenzio, che tanto lui amava, ma che non trovava consono a
Lilù. In quel
momento era lei a trovarsi in difficoltà, persa
nell’oscurità della malinconia
e della tristezza. Lui non era la persona migliore ed ideale, non era
la
persona più solare dell’universo, ma le doveva un grosso favore. E poi, la luce era la
dimensione di Lilù.
Si
avvicinò, lasciando le proprie impronte laddove
Lilù le
aveva appena lasciate. In ogni caso, la marea le avrebbe presto
cancellate. Il
contatto con l’acqua fredda fece rabbrividire ed esitare per
un attimo
l’ex-professore, che si avvicinò alla ragazza,
posandole una mano sulla spalla,
appena coperta da una larga maglia con lo scollo a barchetta.
“Lily
Luna” la chiamò, scandendo bene il suo nome. La
ragazza si voltò e lo guardò negli occhi.
“Severus”.
Oramai aveva preso l’abitudine a chiamarlo per
nome. Non si davano più del lei da tempo, lasciando spazio
ad un più pratico
darsi del tu. C’era un limite a tutto, in quella inusuale
convivenza, basata su
un affetto profondissimo.
“Non
amo farmi gli affari degli altri, men che meno i
tuoi, ma è da qualche tempo che ti vedo turbata”
constatò pacatamente,
stringendole lievemente la stretta sulla spalla.
Lilù
evitò per qualche attimo il suo sguardo, fissando
l’acqua increspata che bagnava i loro piedi.
Sollevò lo sguardo, e l’uomo poté
scorgervi un certo sollievo, ed un’impellente urgenza di
sfogarsi con lui.
“Ti
chiedo scusa. Sono stata una sciocca” disse lei,
tutt’a un tratto con un tono di voce malinconico. Tacque per
un momento, per
poi riprendere: “C’è una cosa che forse
avrei dovuto dirti, tanto, tanto tempo
fa”.
La ragazza
andò un poco più al largo, con qualche passo
lento arrivò ad avere l’acqua fino alle ginocchia.
Severus brontolò, perché non
poteva piegarsi più di tanto a risvoltare i pantaloni scuri,
dato qualche
dolore alla schiena, ma decise di seguirla comunque. Un colpo di
bacchetta
avrebbe risolto le macchie di salsedine sugli indumenti.
“Ebbene?”
fece l’uomo, rimanendo sempre un passo indietro
rispetto alla ragazza.
“Non
prendermi per pazza – te ne prego. E’ qualcosa che
mi
porto dietro sin dalla mia nascita. Forse da qualche tempo prima. Non
guardarmi
male e ti prego di non giudicarmi”.
Merlino,
pensò Severus, quella ragazza aveva superato i
trent’anni, era prossima ai trentacinque il prossimo
dicembre, era persino
un’affermata scrittrice e stava tutt’a un tratto
regredendo allo stadio di
ragazzina timorosa ed incerta del giudizio altrui. Ed insicura
sull’uso delle
parole, lei che non aveva mai sbagliato nulla nella scrittura, o quasi,
e che
riusciva a scrivere subito in maniera efficace, sebbene chiedesse
sempre una
lettura attenta ed accurata da parte di Severus, prima di pubblicare
definitivamente i propri scritti.
“Lily
Luna, ricomponiti e calmati. Da quanto vivi su
quest’isola sperduta con questo vecchio
insopportabile?” cercò di
tranquillizzarla l’uomo, mettendosi al suo fianco, per vedere
il sole svanire
tra le onde. Iniziava a fare decisamente più freddo.
Lilù
accennò ad un sorriso. “I numeri non sono mai
stati
il mio forte, ma credo oramai diciotto anni,
suppergiù”.
“Ti
ho mai giudicato in qualche modo?” chiese serenamente
l’uomo.
“No,
certo che no! Anzi, tu-“.
“Lascia
perdere me, concentrati su di te e su quello che
mi devi dire, sciocca ragazza!” esclamò Severus,
rispolverando per l’occasione
il suo tono perentorio da professore. Peccato che non potesse
più togliere
punti alle casate, Lilù era ben cresciuta per essere una
studentessa di
Hogwarts.
Era
così che si doveva sentire Lilù,
all’inizio dei loro
incontri, a Norwich. Tante volte aveva dovuto richiamarlo e convincerlo
a dire
un pugno di frasi che le consentissero di andare avanti con la stesura
della
sua storia, delle sue memorie. Ripensò per qualche attimo a
quegli attimi
oramai remoti nella memoria, ma mai dimenticati.
“Scusami.
Io voglio solo sapere un’ultima cosa su di te”
disse tutto d’un fiato la ragazza. Non avevano mai toccato
l’argomento Lily
Evans, come se bruciasse ancora a distanza di anni.
Severus
sospirò. Non poteva fingersi in preda alla demenza
senile, giacché la sua lucidità e la sua memoria
di ferro erano rimaste
pressoché intatte. E sapeva che prima o poi sarebbe saltato
fuori l’argomento,
volente o nolente. Ma oramai, era giunto ad un’età
in cui i ricordi hanno la
stessa tinta e lo stesso sapore e si sovrappongono l’uno
sull’altro, per
diventare un unico blocco massiccio d’esperienze e di vita
vissuta.
“Prima
o poi suppongo che qualcuno me l’avrebbe chiesto”
mormorò l’uomo, incrociando le braccia sul petto.
Lo sguardo di Lilù cadde
sulle mani appena rugose dell’uomo. Avevano ancora una presa
decisamente salda.
Oramai Severus era pronto ad affrontare quel ricordo, osservandolo con
un certo
distacco, con la dovuta serenità.
“Tu
hai amato Lily Evans. Io lo so… L’ho visto con i
miei
occhi. Era una notte di dicembre. Non so se in sogno o in
realtà, ma è stata
una visione che mi ha accompagnato per anni. Ho provato e sentito
tutto”.
Severus
osservò l’alone di raggi solari rimasto in cielo,
mentre l’astro era già sparito
dall’orizzonte da qualche minuto. Forse in
quella paccottiglia di libri, c’era un fondo di
verità, dovette ammettere tra
sé e sé.
“I-io
sono giunta alla conclusione che qualcosa di mia
nonna viva in me. Ogni tanto sembra possedermi e risvegliarsi dentro di
me… Per
anni mi ha fatto vedere la tua casa, i tuoi mobili, tutti i tuoi
oggetti… Mi ha
richiamato a questa casa per tanto tempo. E le visioni hanno cessato di
presentarsi quando ho varcato la soglia di casa tua”.
Severus si
voltò per guardarla negli occhi. Non sembrava
arrabbiato, semplicemente molto curioso nei confronti di
Lilù e della sua
confessione.
“Ti
ha arrecato disturbo tutto questo?” chiese l’uomo.
“Intendi…
Nonna Lily?” rispose lei “Non troppo.
Ma…Mi ha
fatto temere per anni di essere una sua replica sterile. Mi disturba
– e ti
prego, non arrabbiarti con me – il fatto di aver trovato dei
suoi oggetti in
soffitta, l’altro giorno”.
Si aspettava
che Severus urlasse o facesse una sceneggiata
delle sue, per quell’invasione in soffitta. Ma
così non fu. Si chinò
leggermente per immergere una mano nell’acqua schiumosa e
l’estrasse
nuovamente, per detergere l’altra mano. Gli piaceva il
contatto con l’acqua
fredda, sebbene facesse sempre fatica ad abituarsi, appena immerso.
“E’
normale che ciascuno di noi porti di sé tracce dei
propri antenati. Ed è assolutamente normale che queste
tracce si risveglino di
tanto in tanto” iniziò, misurando accuratamente le
parole. Stava scegliendo
come risponderle, e sperava di risponderle nella maniera migliore
possibile.
“Può
darsi che Lily avesse voluto lasciarti un ricordo
indelebile di quella notte, per farne memoria da scrivere e
tramandare” osservò
lui, calmo, con una certa emozione nella voce nel pronunciare il nome
della
nonna di Lilù.
“Quindi
tu l’hai amata davvero, quella notte? Era in carne
ed ossa?” chiese sorpresa la ragazza.
L’uomo
annuì. “Contro ogni legge che governa questo
mondo,
presumo, ma sì: era lei. Era viva”. Tacque,
pensando che fosse opportuno non
indulgere ulteriormente nei dettagli, che voleva tenersi per
sé, almeno quelli.
“Mi
scuso se ti ha imbarazzato quella visione” aggiunse
frettolosamente l’uomo. “Di solito sono fatti miei
privati, ma date le
circostanze eccezionali, non riesco a spiegarmi come questo possa
essere potuto
accadere”.
Lilù
s’illuminò e sorrise. Era decisamente sollevata.
Rimasero in
silenzio qualche attimo, perdendosi nello
sciabordio delle onde. I gabbiani erano in procinto di appollaiarsi
sulle
scogliere circostanti; alcuni di loro si tuffavano verso il mare per
procacciarsi del cibo, mentre altri si erano posati sulla superficie
dell’acqua, lasciandosi cullare dal movimento ciclico delle
onde.
“Ti
aveva mai ricambiato Lily? Nella vita precedente,
intendo” chiese Lilù, più
coraggiosamente. Se il suo compito era scrivere anche
quell’ultimo ricordo rimasto coperto
dall’oscurità, voleva che fosse scritto
alla perfezione.
Severus si
limitò a scuotere la testa.
“O
meglio, non che io sappia per certo. Forse quella notte
ha voluto dirmi che mi amava, che a modo suo mi ha amato. E per quanto
abbia
apprezzato quello slancio pieno d’amore e di pentimento,
rimane il fatto che
era comunque troppo tardi, capisci?
Perché poi se n’è andata al sorgere del
sole, così come è arrivata” aggiunse
malinconicamente.
Lilù
raccolse quelle parole preziose e toccanti. Di rado
Severus si apriva così tanto, e quando lo faceva, lui
borbottava sempre che era
colpa dell’età. Lilù pensò
che nella vita, tante persone che si amano
profondamente, non sempre erano destinate a stare assieme, a vivere
assieme. E
Lily e Severus n’erano la prova.
Il cielo si
stava facendo scuro, spegnendo i colori accesi
che avevano caratterizzato il tramonto. La ragazza con un piede
alzò degli
schizzi d’acqua, rivolti a nessuno in particolare. Tutto
aveva acquisito una
certa chiarezza, per quanto certi eventi potessero essere limitatamente
chiari
e con una buona dose di mistero che li avrebbe sempre caratterizzati.
Aveva
capito una volta per tutte che non aveva più tanto senso
attaccarsi al passato
come se fosse l’unica ancora di salvezza, ma di dare un
giusto peso ai ricordi
ed agli antenati. E che soprattutto, gli oggetti erano solo un modo
come un
altro per ricordare la presenza di chi non c’è
più. Come le parole che vanno a
comporre una biografia, un racconto di una vita. Erano importanti, ma
non
bisognava diventare dipendenti da essi.
“Tu
mi vuoi al tuo fianco in quanto Lily Luna Potter,
vero?” chiese infine la donna, sistemandosi i capelli agitati
dalla brezza
marina.
Severus la
guardò, rispolverando il caro vecchio sguardo
da professore disperato di fronte ad una domanda di una
stupidità allucinante.
“Tu
per me sei solo Lily Luna Potter, sciocca ragazza.
Cantante, scrittrice, ottima studentessa ad Hogwarts e pessima cuoca. E
la
persona che mi ha re-insegnato a vivere, tenendo a distanza i fantasmi
del
passato” disse, con sguardo grato alla ragazza.
* * *
Severus e
Lilù si erano seduti sul bagnasciuga, a
contemplare il mare notturno e la stellata sopra di loro, sebbene fosse
turbata
da qualche sporadica nube.
Lilù
aveva le ginocchia raccolte al petto, e le aveva
circondate con le proprie braccia. I suoi piedi affondavano nella
sabbia
umidiccia e le loro dita non stavano mai ferme, continuando a scavare.
Severus
era lì, seduto accanto a lei, con le gambe ben distese, e
non parve curarsi
troppo della sabbia che la ragazza gli lanciava sui pantaloni. Le aveva
affettuosamente accarezzato i capelli per gran parte del tempo, e le
aveva
cinto le spalle con un braccio.
“Severus?”
chiamò Lilù ad un certo punto.
“Dimmi”.
“Noi
siamo come le onde: come loro, ritorneremo nuovamente
su questa riva. Magari non subito dopo la nostra morte.
Però, penso che ci sarà
data una possibilità di ricominciare daccapo, di incontrarsi
ancora, di ridere
ancora assieme, di innamorarsi di nuovo. Perché alla fine,
non si muore mai
davvero. La nostra anima andrà sempre avanti, oltre questa
vita”.
Severus non
disse nulla, ma sorrise tra sé e sé, in uno
dei suoi rari sorrisi autentici che avesse mai fatto in tutta la sua
vita. Era
nascosto nell’oscurità, dimensione a lui
congeniale, sin da quando era nato.
Era bello ballare nell’oscurità del tempo,
ignorando quanto potesse rimanere
ancora da vivere a lui ed a Lilù.
Ma in cuor
suo, pregò affinché quella danza di amore, di
luce e buio potesse continuare, in un’altra vita e ancora in
un’altra vita. All’infinito.
Sempre.
* * *
Questa storia
mi mancherà da morire. Davvero. Mi è
piaciuta davvero tanto da scrivere e l’ho trovata molto
particolare ed una
bella sfida.
Io ora sono
un po’ commossa, e spero che vi piaccia questo
capitolo conclusivo. Ma tutti i miei grazie vanno alla pagina Repayment
ITA, ad
e m m e, a DiraReal, ad Unbreakable_Vow, al mio carissimo RaspberryLad,
a
kira91, ad Erodiade, a Iurin, a Cabiria Minerva, ad Eden Garden, a
Morning
Moon, a Glass Heart, a Lis2, a Chiara53, a Violet Acquarius, a
MartinaSnape, a
Lena Mayfleet, a duedicoppe… E mi scuso con chi posso aver
dimenticato. Ma
GRAZIE per l’affetto e supporto, immancabili per una
scribacchina come me.
Ora
tornerò all’opera con Irish Rain, ma non
dimenticherò
il divertimento nello scrivere questi capitoli di un pairing
così particolare e
speciale. Davvero, non pensavo neanche che sarebbe piaciuta
così tanto.
E la canzone
conclusiva non può che essere questa: The
Spirit Carries On, dei miei amatissimi Dream Theater, che
hanno ispirato tutta
questa storia. (Solo ora mi accorgo che l’album cardine che
mi ha aiutato a
scrivere, “Metropolis Pt.II”, è composto
da nove atti, come i nove capitoli di
questa fan fiction).
Keep
the
dream alive!
Alessandra
<3
P.s. La mia
pagina Facebook,
il mio contest,
prima che me
ne dimentichi.