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Autore: Main_Rouge    08/01/2012    0 recensioni
Nel mondo di Karaenia, un enorme territorio racchiuso da profondi mari sconosciuti, le molte razze che lo abitano vivono in un fragile equilibrio. I suoi abitanti, creature strane ed affascinanti, convivono senza guerre da tempo immemore. Ma l'ambizione di un re rischierà di stravolgere la pace del mondo.
Dopo molto riflettere, alla fine mi sono deciso di aprire il testo che è sempre stato il mio obiettivo: un Fantasy compiuto, sensato e, perchè no, avvincente. Razze vecchie e nuove popoleranno questo mio strano mondo, mentre il giovane Caleen scoprirà il mondo che gli è sempre stato celato.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Conclusa la cena, ognuno fu libero di fare ciò che voleva. Il tramonto era già passato da qualche decina di minuti, e la maggior parte degli uomini si diresse subito verso le rispettive case; gli spiriti, invece, si stavano recando praticamente tutti verso il centro del villaggio per il loro rito serale. Vecchi e bambini, uomini e donne, riuniti in piccoli gruppi, o “famiglie” come le chiamavano loro, iniziarono, comunque, a sciamare dalla piazza. Erano stanchi e indeboliti per aver fornito il nutrimento a lui e agli altri Spiriti della zona, ma la vicinanza dei cari, seppur normale, accendeva sempre negli Umani una certa allegria. Anche Caleen, aveva più volte notato, sorrideva più di frequente quando in giro c’erano i suoi genitori o altri conoscenti; sapeva di esserne quasi geloso, ma non l’avrebbe mai ammesso. Lo sguardo di Silon si soffermò su una giovane coppia sorridente. L’uomo cullava tra le braccia possenti, da lavoratore, una piccola bimba paffuta dai morbidi ricci biondi che, esausta, dormiva pesantemente. Lo Spiritò sospirò malinconico: tra gli Spiriti non esiste il concetto di “famiglia”, perché non esiste un processo che li genera, o quantomeno non  ne esiste nessuno di conosciuto. Gli Spiriti esistevano da che c’era testimonianza del mondo, e non invecchiavano né si ammalavano: erano creature biologicamente perfette ed eterne. Stranamente, però, i ricordi degli Spiriti si spingevano indietro solo di qualche centinaio di anni: la loro memoria non era così assoluta, e spesso erano prese per verità storiche le leggende che questi raccontavano al mondo forti della loro vita eterna.  Era stata proprio la loro natura immortale, si diceva ad esempio, ad aver creato la pace in cui tutta Karaenia era immersa: nessuno sarebbe stato tanto ingenuo da pensare davvero di poter portar guerra agli Spiriti, e a loro non importava avere potere. Erano comunque davvero i sovrani perfetti, troppo forti per essere spodestati, troppo tranquilli per portare distruzione. Ma allo stesso tempo proprio quella loro natura pacifica spaventava enormemente le altre razze di Karaenia: nessuno sapeva come avrebbero reagito se avessero scoperto che qualcuno aveva spezzato l’incantesimo con cui avevano cristallizzato la storia del mondo.
Dopo pochi metri, la famigliola girò l’angolo e, quando uscì dal suo campo visivo, Silon si riprese. Sbuffò crucciato pensando che lui non avrebbe mai potuto sentire ciò che provavano loro, poi si girò e si avviò verso la cucina sperando di incrociare Caleen. Dopo pochi passi, però, fu costretto a fermarsi di nuovo perché la sua attenzione fu catturata da un basso mugolio cavernoso. Con un sorriso, deviò verso la fonte di quel rumore così usuale nel villaggio: un grosso drago, dalle dimensioni simili e quelle delle case più piccole della zona, lo fissò con sguardo vacuo. I suoi versi, quasi un basso uggiolare, avevano mosso in Silon un sentimento di tenerezza che lo spinse ad avvicinarlo e a carezzargli il muso. Uno sbuffo di fumo grigiastro si avvolse con armoniche volute attorno al braccio spento dello spirito, segno che la creatura gradiva le attenzioni.
-Buonasera Gollor, dormito bene quest’oggi, lucertolone?- ; un altro sbuffo di fumo. Silon sorrise di nuovo, più convinto, mentre sfregava dolcemente il muso squamoso del suo “animaletto”; era di un bianco purissimo, con corna affusolate scure che ne incorniciavano la testa ed occhi dello stesso colore, un grigio opaco, tendente al nero: il colore del cielo notturno quando è coperto da nubi leggere. Era una bestia docile, per quanto potesse esserlo un drago, ed era estremamente affezionato a Silon. Creature dall’immane forza, ma non più intelligenti degli altri animali che popolavano Karaenia, i draghi erano da secoli compagni di vita degli Spiriti, che ne proteggevano le uova e impedivano che scorrazzassero nel mondo uccidendo e depredando. Si racconta che secoli addietro fossero stati pregati di piegare le creature dal soffio infuocato, perché questi avevano ridotto l’intera popolazione a patire la fame; nessuno sapeva con esattezza da dove venissero, anche se le leggende li vogliono figli dei tre grandi vulcani della regione settentrionale della Karaenia: il Bor, l’Enalon e il più alto di tutti, il Tamakun, “padre” nella lingua degli Spiriti.
Gollor era un drago relativamente giovane, e per questo non gli pesava lo stato di servitù con cui la sua fiera razza era vincolata agli abitanti della foresta, ma non erano pochi i draghi che dovevano essere rinchiusi o, nei casi peggiori, abbattuti perché problematici; ma ormai anche quelle vecchie lucertole stavano avvicinandosi all’ora della morte. La nuova generazione di draghi, dicevano gli Spiriti se gli uomini si lamentavano del loro carattere, sarebbe stata mansueta e utile per migliorare la vita degli abitanti del Villaggio. –Ora devo andare bello, vedi di non mangiarti nessuno- sussurrò Silon alla bestia con un sorriso divertito; quindi gli diede un buffetto, attese il suo mugolio di risposta e ritornò sui suoi passi. Gollor, appena si fu allontanato, alzò la testa e fissò un altro drago, azzurro e dal lungo collo squamoso, che ne sostenne lo sguardo per qualche secondo, per poi distogliere gli enormi occhi. Gollor emise un basso uggiolato.
 Varcata la soglia della cucina, Silon fu accolto da un sommesso saluto rispettoso ad opera degli uomini che, intimoriti, non volevano indisporlo. Dalla calca emersero dopo pochi secondi Caleen e i suoi genitori. -Ecco il perché di quest’orribile brusio!- esclamò il giovane –Davvero non so come fai a sopportarlo tutti i giorni, penso che impazzirei in qualche settimana al posto tuo-. Silon sorrise triste, un po’ perché non sapeva neanche lui come ci riuscisse: trovava molto fastidiosa l’idea di incutere paura pur non avendo mai fatto niente a nessuno. Benché li potesse capire, avendo sentito di casi di uomini uccisi da uno Spirito adirato, si chiese perché dovessero essere tutti così suscettibili alle dicerie: che qualcuno non si fidasse lo poteva capire, ma che la sua razza fosse così odiata da incutere terrore con la sola presenza era un dato di fatto con cui conviveva con qualche difficoltà. –Che ha signor Silon, si sente male? Ha un aspetto strano, quasi sciupato-. Caleen si girò incredulo verso la madre: come poteva dire che aveva un aspetto sciupato se la sua faccia era coperta da alte fiamme luminose? Ma, con sua grande sorpresa, l’amico non rispose con una battuta come era solito, né rimproverò la donna per avergli dato di nuovo del lei: si limitò a giustificarsi dicendo che il giro del bosco lo aveva logorato, e che l’aria fredda non gli faceva bene; infine, ammise con un sorriso che neanche lui, per quanto straordinariamente forte, era immune alla fatica. I genitori si mostrarono sollevati dalla spiegazione, ma Caleen non era convinto: conosceva Silon meglio di qualunque altro essere umano, e non riusciva proprio ad immaginarsi come questo potesse essere tanto affaticato da non mettersi in mostra come al suo solito. Stava per chiedergli spiegazioni, quando una forte esplosione seguita dall’assordante barrito di una bestia distolse la sua attenzione.
Lanciò un’occhiata preoccupata all’amico, che ricambiò con identico sguardo. Senza dire una parola, si fiondarono fuori dalla porta seguiti dalla calca di umani che, incuriositi, volevano provare a capire le cause di quel rumore. Appena usciti in strada, una visione terrificante li colpì: dalla porta settentrionale del villaggio, non abbastanza lontano dalla costruzione da impedire di capire ciò che vi succedeva, erano sciamati un manipolo di creature coperte da un’armatura scura con simboli ad abbellimenti di un cupo color scarlatto. Erano troppo lontani per poterlo assicurare, ma entrambi ebbero l’impressione che si trattasse di umani. Mentre questi correvano nelle viuzze periferiche ed entravano nella case, delle possenti creature grigie dalla lunga proboscide e zanne biancastre, barrendo per spaventare gli esserini ai loro piedi, mettevano in fuga chiunque non fosse così folle da tentare di fermarne l’avanzata; l’esiguo corpo di guardia umano della porta giaceva massacrato dalle armi dei soldati o calpestato dagli enormi elefanti al loro seguito. La maggior parte degli uomini, seppur stanca per la recente cena, era comunque già in fuga verso la zona centrale della città dove sapevano che gli spiriti avrebbero organizzato la difesa contro gli invasori.
Dopo qualche minuto l’esercito in armatura nera continuava d affluire come un torrente dall’ampia porta intarsiata: inondò le strade con violenza, ma senza badare ad eliminare gli esseri umani che non si opponevano loro. Stranamente non sembravano voler eliminare nessuno, ma solo concentrare le loro forze verso la zona centrale di Hesomi. Silon, nel frattempo, aveva preso Caleen per un braccio e gli aveva gridato poche parole decise affinché sentisse nonostante i versi animali e le urla che rimbombavano nella testa di tutti: -Vai a dire a tutte le persone ancora nella cucina di andare al centro, ci vediamo là-. Con un cenno, il giovane si fiondò nel basso edificio; Silon invece corse verso gli uomini in fuga per dirigerli nella direzione giusta e, se gli fosse capitato, per bruciare un paio di invasori incauti. Senza fermarsi un attimo indicò con le mani le strade in cui riversarsi; il suo obiettivo era bloccare gli uomini in nero per un po’, almeno fin quando non avesse avvertito il Canto degli Spiriti. Superati  gli ultimi abitanti in fuga, si mise tra loro e l’ondata di armature, quindi lasciò andare una serie di vampe laterali che creò un muro di fuoco: in questo modo blocco il passaggio lungo la strada principale che va direttamente al cuore del villaggio e congiunge la porta settentrionale con quella meridionale di Hesomi. Alcuni soldati armati di alabarde si lanciarono contro lo Spirito; Silon sorrise appena mentre evitava con naturalezza i loro affondi e portava colpi fulminei al petto dei suoi ingenui aggressori: le loro armature lucide poterono ben poco contro l’impressionante energia di uno Spirito del fuoco. Dopo poco meno di un minuto un basso cumulo di cadaveri faceva da piedistallo alla creatura, mentre pochi altri, convinti di poter superare il muro di fuoco, avevano pagato con la vita la loro fiducia. –Zihioon!- li insultò lo spirito: si trattava di un termine orribile, per il quale la lingua degli uomini non ha un corrispondente: indica chi condannato l’anima del mondo alla sofferenza. –Zihioon! Come osate voi portare armi e creature assassine nella Gola? Verrete sterminati tutti per la vostra presunzione, voi e i vostri compagni dalle altre porte- disse indicando dietro di sé, da cui provenivano altre grida, non causate dai sei elefanti entrati dalla porta davanti a lui, che stavano seminando distruzione nei quartieri vicini. –Avanti. Chi è il prossimo? Voglio vedere i vostri volti contorti nelle fiamme, pagherete per i danni che avete voluto arrecare al popolo di Hesomi-.
Una grossa risata spezzò l’aria statica. Gli uomini, sentendola, si aprirono d’istinto come un sipario nero per far passare nel mezzo delle fila un grosso uomo dall’armatura rossa che, a differenza degli altri, aveva il capo totalmente scoperto, lasciando in vista dei lisci capelli grigi ed un agghiacciante ghigno divertito. –Mi spiace contraddirti, spiritello, ma non abbiamo fatto del male a nessuno, a parte le guardie che hanno deciso di attaccarci: non avevamo intenzione di versare sangue, e così e stato. Il nostro obiettivo è semplice, e visto che siamo qui potremmo iniziare con te-. A questo parole un soldato incappucciato dal busto coperto da un mantello scuro gli si avvicinò: con un gesto plateale liberò il suo corpo, su cui erano appesi su ganci fissati all’armatura cinque grossi anelli metallici, dal sudario nero. –Pensi forse di spaventarmi con il tuo atteggiamento?- ringhiò Silon -Non esiste arma umana che possa ucciderci, ne uomo forte abbastanza da ferirci: cosa sperate di fare contro tutti gli Spiriti della gola?- -Perché non vieni a scoprirlo, ridicola fiaccola?-.
Nonostante l’evidente provocazione, Silon era troppo sicuro dei suoi mezzi per dargli peso. Unendo le mani in fronte a se, scagliò una fiammata dai pugni chiusi verso il corpulento soldato dall’armatura cremisi. Ma mentre il fiume di fiamme ancora scorreva, l’uomo parve risalirne la corrente con la mano sinistra protesa in avanti a schermare il colpo dalle fiamme. Appena fu abbastanza vicino sfruttò la sorpresa dello Spirito per afferrarne i polsi con la mano destra e strattonarlo in modo da farlo scontrare contro la sua armatura. Il fuoco smise di uscire dalle mani di Silon. –La prossima volta, sciocco Spirito, non disturbare il contatto visivo con il tuo avversario, specie se è tanto sicuro da riderti in faccia-; quindi gli tirò un potente pugno sul volto, che unito all’effetto indebolente della presa, probabilmente una qualche magia legata ai guanti dell’armatura pensò Silon in un lampo, lo lasciò moscio e stordito, ma ancora totalmente acceso, anche se non luminoso come al solito. A quel punto l’enorme umano fece un cenno al mago incappucciato, che con un sussurro fece levitare gli anelli. Silon ebbe solo la forza di vedere gli strani oggetti volare verso di lui scattando con un rumore metallico. –Kayees- sospirò collerico.
  
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