Capitolo 29
Betato da Meredhit89
Pov Renesmee
Fino
a oggi mi sono detta di poter affrontare ogni tipo di dolore,
perché quello più grande e opprimente l’ho vissuto
anni fa.
La scomparsa di mia madre ha gettato nello sconforto e nella paura tutti noi, ma soprattutto me e mio padre.
Ma se ho creduto di non poter più abbracciare mia madre…
be’, mi sono sbagliata di grosso. Veder scomparire anche
l’altro genitore è stato un altro brutto colpo. È
difficile dimenticare quell’espressione di sofferenza mentre mi
stringeva fra le sue braccia, cantando la ninnananna che aveva composto
per la mamma.
Non avrei mai pensato che quella maledetta notte mi abbandonasse.
Perché in cuor mio so che lei non l’avrebbe mai fatto,
come invece quel vampiro dai capelli ramati è stato in grado di
fare. È stato facile come bere un bicchiere d’acqua,
suppongo.
Spesso mi sono domandata quanto ci tenesse a me nei giorni successivi,
lasciando trasparire tutta la sofferenza attraverso le lacrime. Avrei
dovuto mandarlo al diavolo la mattina dopo che è sgattaiolato
via come un ladro, lasciando un stupido biglietto nel cuscino. Ancora
adesso lo porto con me per ricordarmi che lui non merita niente, se non
altra sofferenza. E ogni volta che lo tiro fuori dalla tasca, lacrime
di frustrazione sgorgano dai miei occhi.
Tutti i miei familiari invidiano la mia capacità di poter
piangere, di potermi sfogare come un qualunque essere umano. Eppure non
ho mai odiato questo mio caratteristica umana come quelle volte.
È come ammettere che lui abbia un peso non indifferente nella
mia vita, cosa che sto cercando con tutte le mie forze di nascondere
agli altri.
Le
lacrime sono la dimostrazione di quanto male mi ha procurato quello
sciagurato di mio padre e non sono più disposta a mostrarle. Ho
cominciato una dura lotta in cui tutti quei sentimenti autodistruttivi
sono rimasti celati dentro il mio cuore facendo emergere tutta la mia
rabbia e il mio rancore.
Rare volte riaffiorano prepotenti per ricordarmi che non sono del tutto
un vampiro, ma una mezzosangue nata da un amore folle da parte della
mia mamma, masochista, da parte del mio papà.
E
ora, dinnanzi allo sguardo tetro, buio come una notte senza luna di mio
padre, resto impietrita. Il pianto mi rende debole di fronte alla
verità, ma non posso impedirgli di fare capolino sul mio viso.
Quello non è mio padre, non sa che io sono sua figlia, carne della sua carne.
Lo è mai stato?, domanda con acidità una vocina interiore.
Jake si frappone tra me e lui, intuendo in quegli occhi cupi un
bagliore sinistro, inquietante. E dentro di me, una nuova realtà
mi balza alla vista.
Quelli sono gli occhi di un vampiro desideroso di sangue.
Altre volte è stato assetato, ma mai da guardarci come un vampiro cattivo.
Davvero c’è mio padre dietro quella maschera crudele?
La mia bocca si spalanca in una O muta, ma prima che possa fare o dire
qualcosa, Jake si schiarisce la gola. «Ehi, Edward. Vedo che ti
sei svegliato…».
Che fai, Jake? Temporeggi?
Non riesco a vedere il viso del mio amico, ma posso avvertire la
rigidità dei suoi muscoli. Teso, con l’aria apparentemente
disinvolta, lo fronteggia come se si trattasse di un nemico da non
sottovalutare. Osservo gli occhi di papà oltrepassare la sua
figura e posarsi sul mio collo. Istintivamente porto una mano in quel
punto, respirando affannosamente.
Non può avere sete di me, no, mi rifiuto di credere che anche
solo l’idea di affondare i denti nella mia gola lo abbia
stuzzicato e reso un nemico imprevedibile.
Un sibilo roco e prolungato fuoriesce dalla sua bocca e Jake si mette
in posizione di difesa, allargando le braccia. È questione di un
attimo: papà svanisce letteralmente dalla nostra vista e subito
ci mettiamo in allerta.
Dov’è?, il mio primo pensiero. Persino i miei sensi non riescono a captarlo.
Mi volto in ogni direzione, ma di lui nessuna traccia. Possibile che se ne sia andato?
Non ricorda nulla, non saprebbe neanche come arrivare alla casa dei nonni.
«Jake, dov’è andato mio padre?» sussurro agitata.
Se uscisse nel bosco in quelle condizioni da solo i cacciatori, oppure
semplici campeggiatori, potrebbero morire e non possiamo permetterlo.
È chiaro che il suo primo bisogno è quello del sangue.
Finché non si sarà dissetato, anche io rischio grosso.
Allungo il braccio verso Jake, nel tentativo di richiamare la sua
attenzione. Dobbiamo rintracciarlo subito, fermarlo prima che sia
troppo tardi.
Accidenti! Perché anche questa doveva capitarci? Anzi, doveva capitare a me?
Con uno scatto repentino afferra il mio polso e cerca di tirarmi verso
di sé. Si volta per metà busto, non appena una stretta
gelida mi trattiene dall’altra parte.
Quel tocco…
Mi giro anche io, scorgendo un volto rabbioso e zanne affilate che promettono fiumi di sangue. Il mio.
Papà, davvero sei tu? Che fine ha fatto il papà dolce e premuroso di tanti anni fa?
«Leah!
Embry!» grida Jake, prima di lasciare il mio polso per fare un
passo indietro e trasformarsi nel gigantesco lupo dal pelo rossiccio.
Forse ora mi lascerà andare, capirà che è stupido
cercare di affrontarli tutti insieme e getterà la spugna.
Sì, proprio così. Non può fare altrimenti. O sbaglio?
Nel volto di mio padre passa un lampo di indecisione, riflettendo su
chi deve attaccare per primo tra me e lui. Nel frattempo, due lupi
balzano alle sue spalle, tentando di artigliargli le spalle.
Ma cosa fanno?! Si tratta comunque del mio papà, anche se in
questo momento dubito sia in grado di ragionare con lucidità.
Perché lo stanno attaccando? Se gli parliamo, forse riusciremo a
farlo tornare in sé. Se mi concedono del tempo per parlargli,
riuscirò a farlo desistere e andremo a caccia per placare la sua
sete.
«Fermi! È mio padre, non sa quello che fa!» urlo,
cercando di strattonare il polso da quella presa d’acciaio e
salvarlo dai tre lupi. Lo fisso implorante per una frazione di secondo,
incontrando per la prima volta un ghigno raccapricciante.
Non ho mai visto questo lato di mio padre. Quello sadico, cattivo, privo di scrupoli…
Non può essere solo la fame a farlo reagire così.
Si appiattisce contro la parete del corridoio, facendo tremare i muri
della casetta. Un quadro vicino a lui cade per terra, il vetro si
frantuma e i ruggiti dei tre lupi si espandono nell’aria, pronti
a lottare.
Jake evita il pugno che mio padre tenta di sferrargli, cercando di
staccargli con un morso il braccio. Ci sarebbe riuscito se mio padre
non mi avesse afferrato per la gola e mi avesse usato come scudo per
difendersi dai loro attacchi. Il mio amico continua a ringhiare, mentre
lotto invano nel tentativo di districarmi da quelle dita che stringono
sempre più.
Jake non esiterebbe ad ucciderlo pur di salvarmi e proteggermi.
Dimenticherebbe persino che si tratta del mio papà. Non gli
importa niente di lui, solo a me. Devo impedir loro di uccidersi,
perché è chiaro che papà non sarebbe l’unico
a riportare ferite. Mio padre potrebbe ucciderlo con un solo morso.
«Papà… sono io».
La mia voce si affievolisce sempre più e alcune immagini di noi
due distesi su un prato mi tornano alla mente. C’era anche la
mamma quella volta.
Accarezzai con le
dita dei petali di alcuni fiori raccolti nella radura. Mio padre mi
portò lì per la prima volta circa due mesi dopo la venuta
dei Volturi, l’antica famiglia reale italiana.
Chiesi più volte quel giorno a mia madre di quale sorpresa
parlasse papà, ma nessuno dei due disse alcunché. Si
limitarono a sorridere complici, rispondendo che era un bellissimo
posto nel bosco, lontano da sguardi indiscreti e soprattutto da umani.
Un luogo in cui ci saremmo potuti rilassare, liberi da
quell’immensa bugia che era diventata la nostra vita in mezzo
agli uomini.
Infatti fu una vera sorpresa quel posto. Rimasi incantata, ammirando la
bellezza di quel prato fiorito e la calma che sprigionava. Ero in pace
con me stessa, scoprii con sorpresa.
«È bellissimo qui, papà».
Lui sorrise, abbracciando la mamma da dietro e poggiando la testa
nell’incavo del suo collo. «Ne sono felice, tesoro
mio».
La mamma rise, attirando l’attenzione di entrambi. Fu papà
ad intervenire per primo: «fai ridere anche noi».
Mamma scrollò le spalle, liberandosi dalla stretta di
papà che la guardò contrariato per
quell’interruzione e, sedendosi sul prato, giocherellò con
il gambo di un fiore. «È qui che tuo padre mi ha mostrato
il suo aspetto tenebroso e cupo».
«Davvero?» domandai curiosa.
La loro storia era sempre affascinante per me. La conoscevo ormai a memoria, ascoltandola anche dagli altri miei zii
e nonni. Ognuno mostrava qualche tassello nuovo, divertente nel caso
dello zio Emmett, e questo non faceva altro che incuriosirmi come non
mai.
«Sì» sorrise mamma, afferrando per un lembo dei pantaloni papà e trascinandolo giù.
Lui rise, accucciandosi sul mio grembo. «Mamma era spaventata, ma
non lo ammetterà mai davanti a nessuno» bisbigliò,
anche se era inutile.
L’udito della mamma ormai era fin troppo fine per poter parlare
senza la sua intrusione. Afferrò una ciocca di capelli di
papà e la tirò indietro.
«Chi è che faceva la parte dell’agnello?» rimbrottò.
«Ehm…». Papà finse di pensarci, ma io fui più veloce di lui nel dare una risposta.
«Lui!» ridacchiai, indicandolo con l’indice.
Papà mi trucidò con lo sguardo. Con uno scatto improvviso
mi ritrovai a cavalcioni sopra di lui che mi tenne prigioniera tra le
sue braccia.
Ridemmo entrambi, mentre la mamma ci osservava con sguardo sereno.
«Secondo te, il tuo papà era l’agnello? Mamma era
un’umana sola con un vampiro in questo posto sconosciuto…
io ero il leone cattivo, altroché!»
Ci riflettei su, ma più cercavo di immaginarmi la scena di loro
due soli, con papà simile a quei Volturi, più la scena si
trasformava in qualcosa di magico Poggiai una mano sulla guancia di
papà e, tramite il mio potere, gli mostrai quello che sarebbe
successo in ogni caso lì.
Si trattava dei miei genitori, coloro che avevano sfidato tutte le leggi dei mortali e immortali pur di stare insieme.
«Non avresti mai portato mamma qui senza essere sicuro che non le
avresti fatto del male» gli rivelai un attimo dopo aver
allontanato il palmo della mia mano.
Lui non disse nulla sul momento, come scosso da chissà quale verità, finché non ripeté il mio gesto.
Poggiò una mano sulla mia guancia, accarezzandola con il pollice. «Hai ragione, non avrei potuto».
«Lui era convinto del contrario, sai? Si credeva il grande leone…» scherzò mamma.
«Ero un grande leone!» si difese papà, lanciandole
uno sguardo. «Un leone testardo, masochista e…»
«Innamorato della mamma!» lo interruppi, ridendo e abbracciandolo forte.
Era il mio papà, non avrebbe mai fatto del male alla mia mamma,
ma ciò che mi colpì di più fu quello che disse
dopo.
«Non soltanto, sai? Di recente ho tradito la mamma…» mi rivelò con indifferenza.
Il respiro mi si bloccò e cercai i suoi occhi perché mi rifiutavo di credere a quelle parole.
«L’ho tradita innamorandomi anche di te».
«Possibile che tu abbia dimenticato tutto?» gli domando piangendo.
Quanto vorrei tornare indietro, avere il potere di far scorrere le
lancette nel verso opposto e rivivere quei momenti di pace e
serenità, dove il male sembrava non poterci in alcun modo
attaccare.
Smetto di strattonarmi, coprendo il viso con le mani e singhiozzando.
Perché, perché tutto è andato perduto? Non basta averlo avuto lontano per così tanti anni?
Persino il ricordo che ha di me è scomparso come se fossi una persona qualunque.
Cavolo, sono sua figlia! La sua unica figlia! E maledette queste odiose
lacrime! Se fossi un vampiro fatto e finito non avrei il problema di
nascondere questa stupida debolezza.
Come si può spezzare un legame del genere? Come?, mi domando ancora.
Non mi accorgo nemmeno della stretta che si affievolisce. Solo quando
scivolo sul pavimento in ginocchio, mi rendo conto che qualcosa
è accaduto.
Non mi domando neanche cosa possa essere.
Qualunque cosa sia, vorrei evitarla. Vorrei tornare nella mia camera,
chiudere a chiave e tuffarmi nel mio mondo fatto di ricordi felici e
con la presenza di entrambi i miei genitori.
Ma tutto ciò non è possibile e lo capisco quando,
voltandomi verso mio padre e sperando che abbia finalmente visto nei
miei pensieri, sbarro gli occhi.
No, non può essere! Che cosa ci fa lui qui?
Era andato via, no?
Mio padre è a terra, una mano a massaggiarsi il collo come se lo
avessero afferrato per la gola e strattonato con forza fino a fargli
perdere le residue forze.
Dalla parete spunta un braccio candido come la neve. Si ritrae poco a
poco, fino a lasciare un piccolo buco nella parete. Questo comincia ad
espandersi sempre più, finché non prende la forma di una
sagoma umana.
Accidenti! Come ha fatto? Esiste qualcosa che non sia capace di fare?
«Ne dubito, cara» mormora tranquillamente nella mia mente.
Da quella fessura sbuca Sebastian, le mani incrociate dietro la
schiena, il viso duro ma con un lieve sorriso ad incurvargli le labbra.
Un sorriso sfacciato, oserei dire, asciugandomi le lacrime con gesti frenetici.
Jake gorgoglia alle mie spalle, fino a quando non si frappone tra me e
il nuovo arrivato. Un ruggito potente prorompe dalle sue fauci, in
segno di avvertimento. Sebastian getta la testa all’indietro e
scoppia in una fragorosa risata.
Osa persino ridere di fronte al tentativo – sì, tentativo,
dubito che Jake possa anche solo sfiorarlo - di difendermi?
Porto le mani ai fianchi, ostentando uno sguardo fiero che non mi
appartiene. «Ti ringrazio per il tuo intervento,
straniero», sperando che dalla mia occhiata eloquente capisca
cosa voglia dire in realtà, «ma non era necessario».
Non voglio che gli altri sappiano che io e quel vampiro ci siamo già incontrati più di una volta e che…
Ah, accidenti! Solo al ricordo di quelle labbra decise che danzavano
sulle mie fino a qualche momento fa e divento rossa come un pomodoro. E
sicuramente le mie guance lo sono, a giudicare dal sorriso malizioso
che mi lancia quello sciagurato.
Dovrei odiarlo, temerlo proprio perché si tratta di uno sconosciuto.
Uno sconosciuto che hai baciato, Renesmee.
Grazie tante, vocina irritante.
Pff, odiarlo… davvero merita un sentimento così passionale quello “sconosciuto”?
Ecco, ci manca solo lei a beffeggiarsi di me nei miei pensieri.
Anche il tuo corpo ti beffeggia, sai?
Basta!
Scuoto mentalmente il capo dopo questo battibecco interiore. Se mi sentissero gli altri…
Probabilmente diventerei lo zimbello di tutta La Push e dintorni. Per non parlare dei miei parenti.
«No?» sorride beffardo. «Mi era sembrato che avessi
bisogno di aiuto, piccola Renesmee», indicando con un gesto me e
il corpo di mio padre stramazzato al suolo, agonizzante.
Non ha capito che voglio nascondere la nostra amicizia?
Scocco un’occhiata infuocata nella sua direzione, prima di
piegarmi su mio padre e controllare il suo stato. Nel frattempo sento i
denti di Jake tirarmi la maglietta leggermente, nel chiaro segno di non
avvicinarmi.
Mi volto mostrando un sorriso tirato e molto falso.
Sì, falso,
come tutta la tua vita negli ultimi giorni. Chissà cosa direbbe
Jake se sapesse che non solo lo conosci da un po’, ma che ti
anche baciata?
A quella domanda non rispondo. Non so davvero come potrebbe prenderla, ma in fondo perché dovrebbe arrabbiarsi?
È un amico, il mio migliore amico. Dovrebbe essere felice per
me, no? Tutti gli amici dovrebbero mostrare felicità quando
qualcosa – o qualcuno, in questo caso – ti rende tale.
Ma dentro di me so che se dovessi dirgli del bacio, lui non la
prenderebbe bene. O forse sì, ma si tratterebbe di pura
apparenza, cortesia nei miei confronti.
E questo non ti fa aprire gli occhi? O preferisci eludere l’argomento?
Forse sto scappando o semplicemente cercando la vicinanza di qualcuno per non sentirmi più sola.
Un piccolo guaito mi ridesta da quel turbinio di pensieri e vedo Jake
fissarmi in attesa. Nel suo sguardo scorgo apprensione per me e anche
qualcos’altro di indecifrabile. Non è il momento, mi
impongo, papà ha la precedenza. Persino quel vampiro arrogante
che sta in piedi avvolto da un lungo cappotto nero non è
più in cima alla lista delle mie priorità.
«Tranquillo, Jake. Non credo che papà si riprenderà
subito. Sarà meglio che vada a cacciare per lui. Non possiamo
permetterci che resti ancora in queste condizioni» gli spiego.
Scuote l’enorme testa pelosa, richiamando con un piccolo ruggito
Leah. Quest’ultima sbuffa, probabilmente scocciata –
inutile cercare qualcosa che le stia a genio – e corre via, in
direzione della foresta. Mi volto confusa verso il mio amico.
«Che cosa…».
«È andata a cacciare qualche cervo per tuo padre,
così non sarai costretta ad andare tu» mi interrompe una
voce. Sullo stipite della porta noto Embry con le braccia incrociate e
vestiti nuovi, probabilmente presi dalla cabina armadio dei miei
genitori.
«Mmh, ottima idea. Finalmente qualcuno che si degna di ragionare».
Posso strozzarlo? Perché si intromette ancora?
«Se non ti dispiace, qui abbiamo un mucchio di cose da
fare» faccio notare a quello stupido di un vampiro con una punta
di acidità.
«Perché stupido?» sghignazza
mentalmente. Sobbalzo a quell’intrusione e lo fisso, notando che
la sua espressione è seria, quasi finta come la mia.
«Comunque vedo da me che avete da fare, perciò direi che
davvero posso togliere il disturbo» dice ad alta voce. Infila le
mani nelle tasche e comincia a dondolarsi con i talloni, senza muoversi
di un centimetro.
Aggrotto le sopracciglia. Non deve andar via?
«Impaziente di mandarmi via, piccola?».
«Sì, decisamente. Sei d’intralcio e non voglio che sospettino di noi». Prima che possa rimangiarmi quest’ultima frase, dato che potrebbe essere fraintesa, lui mi batte sul tempo.
«Uhm, “noi”… mi piace, suona bene, anche se non capisco perché usarlo adesso…» sorride allusivo, guardandomi intensamente.
Distolgo lo sguardo imbarazzata e, impacciata, gli rispondo: «non volevo intendere proprio quello…»
«Lo so, piccola. Stavo scherzando. So perfettamente che ti riferisci a quel bacio da maestro».
Da maestro!? Un
po’ presuntuoso da parte sua definirlo tale. La sua arroganza non
ha limiti neanche in situazioni inopportune come questa.
«Vuoi dirmi
che non ci pensi ogni istante? Ti ho baciato poco fa. Dubito tu possa
dimenticarti tanto facilmente di me»continua con voce soave e leggermente roca, tanto che un brivido mi sale attraverso la spina dorsale.
Stizzita, sollevo mio padre, aiutata da Jake che continua a guardarsi le spalle nonostante Embry lo tenga sott’occhio.
«Chiunque tu sia, sappi che…» comincia Embry.
«Che non avevate bisogno del sottoscritto, lo so. Renesmee
è stata cristallina. Non c’è bisogno di ripeterlo
mille volte. Ero in zona e sono intervenuto, tutto qui» continua
Sebastian.
«Visto che sei di passaggio, perché non torni da dove sei venuto?»
Sono in salotto, sto sistemando mio padre sul divano. Non riesco a
vederli da qui, ma sentirli sì. Il silenzio che segue quella
domanda mi fa presagire che forse se n’è andato per
davvero, ma invece mi sbaglio.
«Sì, vado. Ero venuto a trovare un amico» spiega il vampiro.
Un amico? Che amico? Non conosco nessuno che abbia parlato di lui qui.
«Hai detto che eri in zona. Per incontrare questo tuo amico,
immagino. Lo conosciamo?» gli domanda Embry, guardingo. Un
amico… chissà chi è.
Jake nel frattempo è tornato umano e resta in silenzio, probabilmente ascoltando la conversazione che avviene fuori.
Come mai non se ne occupa lui di Sebastian? Di solito queste cose rientrano nei compiti del maschio alfa…
«La domanda giusta che in realtà dovresti pormi è:
chi è questa persona che ha taciuto sulla mia
identità?»
Di chi diavolo sta parlando? Vuol dire che qui a Forks qualcuno l’ha sempre conosciuto ma non ne ha mai fatto parola?
«Proprio così».
«Cosa nascondi?»
«Cose che non è il momento che tu conosca».
«E quando sarebbe il momento opportuno?» lo sfido.
«Questo lo deciderò io, piccola. Continua la tua vita senza crucciarti troppo».
Non dovrei crucciarmi? La fa facile, lui. Sono io che ho perso mia madre e mio padre giace sul divano di casa mezzo morto.
«Tu tienilo lontano dai guai e farò tornare tuo padre come prima» mi consiglia sorridendo.
Aggrotto la fronte. «Ne sei capace?».
«Io no» comincia con tono elusivo. «Ma un mio conoscente può interagire meglio, non appena tornerò a casa» mi rassicura.
«Un’ultima cosa…» lo trattengo. Devo sapere,
non posso lasciarlo andar via senza un indizio da cui partire.
«Cosa, piccola?» mi chiede con tono incerto.
È ovvio che, a seconda della mia domanda, lui potrebbe non rispondermi.
«Chi è questo tuo amico?»
Attendo per un po’, ma capisco che ha interrotto la nostra chiacchierata di proposito.
Schizzò fuori dalla casetta, ma è troppo tardi.
Nella piccola radura davanti alla casa non vi è più
nessuno a parte Embry, il quale sembra non avermi notata per via di
quella rivelazione.
«A questo punto non resta che scoprire chi è che ci
nasconde qualcosa» dichiara Jake sbucando alle nostre spalle.
«Quello non è un vampiro comune. Dubito che sia
all’oscuro della sparizione di Bella».
Ci ho riflettuto anche io da quando è entrato nella mia vita
all’improvviso, ma c’è molto altro che nasconde.
Qualcosa di compromettente, evidentemente.
«Lo penso anche io» concorda l’altro, battendo una pacca sulla spalla del amico.
Nella mia mente continua a ripetersi la sua domanda come un disco rotto: chi è questa persona che ha taciuto sulla mia identità?
Angolo autrice:
Dopo
un’assenza piuttosto lunga – perché l’ultimo
aggiornamento risale al lontano primo Dicembre – eccomi tornata
dopo il periodo natalizio. Questo capitolo era pronto già da un
po’, per chi avesse letto il blog in questi giorni, lo
saprà. Infatti l’avevo proposto in anteprima
nell’altro, il blog-archivio ad accesso limitato, nel caso
qualcuno dei miei lettori non volesse attendere il ritorno degli altri.
Perciò spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio infinitamente Meredhit89, senza il suo sostegno e il suo
incoraggiamento non sarei qui e non avreste avuto questo capitolo. Il
capitolo posso dire che sia stato betato in quanto mi ha aiutato a
modificare parole, virgole di troppo e alle volte frasi. Ultima cosa:
non ho risposto ancora a tutte le recensioni, ne mancano ancora alcune
e siccome il mio tempo è quello che è - ovvero poco -
e non voglio rispondervi frettolosamente, spero che
chi aspetta una mia risposta pazienti ancora. Non
svanirò né mi dimentico di voi. Vi leggo,
apprezzo il vostro entusiasmo per la storia e perciò
l'unico modo che ho per dimostrarvelo è quello di
rispondervi sempre. Grazie a chi ha letto questo papiro di note
che a poco supera persino la lunghezza del capitolo xD